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05 marzo, 2016

Dieci Anni.

















10 anni di me

Della mia vita

Delle cose mie

Ho scritto tanto, quasi ogni giorno.
Quasi ogni volta che ero così felice da volare

Quasi ogni volta in cui ero così triste che non  mi accorgevo  di piangere, se non fosse stato per i singhiozzi, che sentivo uscire come se nemmeno fossero miei. Ho scritto tanto, tanto di tutto, frivolezze e cose pesantissimi, ho scritto dei miei figli e della mia famiglia strampalata , sparsa e meravigliosa, dei miei viaggi, le mie vacanze da zingara, le mie partenze, i miei ritorni,  ho scritto di avventure bellissime accadute senza uscire da questa casa e da questo giardino, dal pratino che conoscono in tanti, dalla casa in Collina che a volte è rifugio e meraviglia e teatro di festa e bellezza e altre volte così silenziosa da far paura, un minimo rumore e non dormo più.
Dieci anni.

Rileggo ogni tanto, mi piace ritrovarmi nei post che ho scritto, ve ne regalerò uno al giorno e mi vedo così diversa e così uguale a 10 anni fa, avevo dei bambini e non degli uomini fatti e delle donne quasi, le feste di laurea erano così lontane, certamente ero più bella, forse più serena, di sicuro più ansiosa, o forse no, non saprei dire.

Rileggo per sapere come sono stata, rileggo per imparare, imparare sempre, che tanto gli sbagli si fanno lo stesso anche se studi di matti, non è così semplice.
A volte la vita ti corre dietro, altre ti si siede vicino e ti sorride. Altre invece, ti prende a schiaffi così forti, e ti strattone, di qua e di là e ti maltratta e ti fa dire Basta, che ti copri la faccia con le mani ma che stai lì a prenderle, perché non è che ha i altra scelta, mai.

Dieci anni.
Amo questo blog come uno dei miei libri preferiti, quelli che torno a rileggere ogni tanto, quelli che so a memoria e ogni volta mi stupisco di una frase, di una virgola messa nel posto giusto che è una pennellata di poesia, e allora cerco di trasporla, la poesia, nei giorni miei che di poesia hanno proprio poco o niente, che non sono molti, ma  insomma.

Così, continuo a scrivere.

Per me, per le persone che qui si riconoscono, che qui trovano da sorridere qualche volta, o da riflettere o da dire Che Scema. Continuo a scrivere questo libro bellissimo, come va a finire non lo so, non sono brava coi personaggi e coi finali, con gli incipit invece sì, e allora, i libri più belli iniziano con C’era Una Volta, io inizio con grazie, a chi mi legge da sempre, e grazie a loro, alle Fragole, che mi hanno permesso di non impazzire, di non lasciarmi andare, di tirar fuori dal cilindro qualcosa che mi facesse bene, e in qualche modo mi facesse soffiare il naso, tirar su col naso e nascondere il fazzoletto. E andare avanti.

Grazie Fragole Infinite.
 Da chi ogni giorno salvi e accarezzi. Da chi ti ha voluto. Da me.
Che son passati 10 anni ma sono sempre io.


05 marzo, 2006

Mi sa che il momento è arrivato.


Cento volte? Mille volte? Almeno una dozzina!
Le volte che ho provato a creare un blog. E chi sono, mi dicevo, la scema del villaggio?

Così, eccolo.
Un pò di me, molto della mia vita e delle cose che sono mie, i figli, i libri, i fiori, le ricette,i biglietti del cinema, gli scontrini, i nastri dei regali.
Io, insomma.
Mi ricorda molto i diari che facevo da fanciulla.
E' divertente.

L'unica cosa che mi mancherà, sarà attaccare le foto con la coccoina.


01 marzo, 2016

First.

Lo sai com'è il sole sulla nebbia?
così.
Che un pò c'è e un pò non c'è, e la nebbia non fa più tanta paura, se sai che c'è un sole sotto.
Il Primo di marzo.
Un passo verso le cose belle, verso il caldo e l'allegria, dimentichiamoci del freddo e delle pozzanghere e dei vetri ghiacciati la mattina presto.

Il Primo marzo, bello come tutti gli inizi, bello come i primi baci, il primo ghiacciolo della stagione, le prime viole, che in realtà sono state lì tutto l'inverno, nell'aiuola delle rose, a farmi compagnia.

Primo Marzo, è così bello pensare che fra poco è primavera, e a primavera tutto è concesso, tutto è permesso, abbiamo il passaporto pronto e andiamo dove ci pare a noi, un pò leggeri, un pò incoscienti, certo, farà ancora freddo, certo che l'inverno non lo so mica se è davvero finito, ma di sicuro non sarò io a farlo iniziare di nuovo.

Disegno per me un prato a fiorellini azzurri piccolissimi, di quelli che non puoi cogliere ma solo guardare, mi regalo piccolissime felicità accessorie, che studio e studio e non imparo mai, a coglierle davvero, a sapere che ci sono e che sono lì, appiccicate, sempre accanto, così vicine che ti basta chiudere gli occhi e sentirne le carezze. 

Disegno per me un cielo stellato, di quei cieli d'inverno che si guardano quando si esce sul terrazzo a notte fonda, per far entrare o uscire questo o quell'altro gatto, e ci si attarda lì, infreddoliti, in pigiama, unici spettatori del firmamento più perfetto, del silenzio buio e di quelle lucine che affascinano, che belle sono le stelle d'inverno, i cieli lucidi, le notti chiare.

Disegno per me un mare infinito, senza onde, di un blu che sembra verde, trasparente che si vede il fondo, ci metto una spiaggia di ciottoli piccoli e ci disegno anche me, seduta, a leggere o a guardare lontano, e chiedermi che cosa c'è oltre l'orizzonte, e magari mi invento una storia, che coi numeri e coi disegni non sono tanto brava, ma con le parole forse sì, e allora, mi invento la storia del Primo Marzo e me la racconto sottovoce, non so nemmeno come inizia e non so ancora il finale, ok, la scrivo, e mentre scrivo sento il sole e il rumore del mare, e perfino l'odore della salsedine e del vento, e inizio spiegando per bene come fa mai ad esserci il sole sotto la nebbia.

Se capisci questo, è tutto più facile.








26 febbraio, 2016

Di venerdì.

Di venerdì è tutto più bello.
Più liscio, non so come dire, meno complicato, più grazioso, meno ostile, meno di tutto, più di tutto.
Anche se non ci sono grandi programmi, di venerdì sembra tutto più morbido.

Sono giorni che galleggiano, giorni che sembrano a tratti disegnati col compasso, altri scarabocchiati di malagrazia, con la penna che non scrive, o a matita, con la punta non temperata. Mi piacciono le matite, anche solo da guardare, quelle con la gommina in cima, ne ho di tutti i colori, scrivono tutte grigio, ovvio, che scoperta, ma mi piace averle diverse, tutte insieme in un bicchiere e ogni tanto temperarle, guardarle, scriverci delle cose. E magari cancellarle, ma non con la gommina in cima, con una gomma vera. La gommina in cima non si usa MAI.

Credo sia una patologia.

E' un bel venerdì di un nebbione che non si vede nemmeno a parlare, volevo correre agli Argini ma di mattina presto non c'è nessuno e anche io che non ho paura di niente e adoro la nebbia, correrci dentro da sola non mi sembra una buona idea, di mattina presto, che non c'è nessuno e non è che ci sono orchi e malintenzionati ma insomma, non va bene.

E' un bel venerdì che stasera sushi con un'amica e figlioli al seguito, alzi la mano chi non ama il sushi, beh, non fa niente, il sushi o lo si ama o lo si odia, e io lo amo, ci ho perfino chiamato un gatto Sushi e pure Sashimi ma questo non fa testo, e  credo che anche questa sia una forma di patologia, dare nomi improbabili a cani, gatti,  pettirossi e pipistrelli.

E' un venerdì confuso, dove si avrebbe voglia di ridere come scemi per non farsi venire nessun tipo di magone al mondo, nessun tipo di pensiero al mondo, di venerdì le cose sono più leggere e luminose, si ha voglia di felicità, leggerezza, cose belle e cose sceme, cose da raccontare, cose inusuali e squilibrate,  fare i gradini di casa 3 per volta, ballare in cucina, cantare forte svuotando la lavatrice, parlare da sola, sorridere tanto. Anche da sola, sì.

E allora, mi regalo un fine settimana come piace a me, i pensieri gettati lontano come con la fionda, stanca di essere a pezzi, li raccolgo e li incollo di nuovo tutti insieme, per la centomiliardesima volta.

Quello che vedo mi piace.
Non si vedono incrinature, nemmeno i segni della colla, mettersi insieme è un lavoro di cesello e abilità, si impara sempre qualcosa ogni volta, peccato che la volta dopo già non te ne ricordi più, non perchè non stai attenta o studi male, no, è proprio perchè è  così che va il mondo, la vita, le cose.

E ora, mi preparo un thè profumatissimo nella mia cucina un pò in disordine, metto in fila le cose di questo venerdì opaco fuori e dolcissimo dentro, provo ad essere leggera e felice, provo a cantare, provo a ballare, provo a correre più veloce che posso, mi rimetto insieme, mi incollo per bene, non è difficile, mi riesce sempre benissimo, di venerdì.




08 febbraio, 2016

Stai attenta.

                                          ph.MissWallflower


Stai attenta.
Stai attenta a te.
Imperativo, stai attenta, non distrarti, concentrati, non fare scherzi, non perdere il controllo mai.

Sto attenta, sì.
Sto attenta alla strada, alla nebbia, alle pozzanghere, sto attenta al sole, quello che si vede e quello che invece no, anche lui può essere pericoloso se ti abbaglia e non ci vedi, sto attenta al marciapiede, al semaforo, sto attenta sempre.

Attenta alle cose che ho, alle cose che custodisco, alle persone che sono stata chiamata a proteggere, cullare, ascoltare, anche a urlarci dietro,qualche volta, non sempre.
Sto attenta alla mia casa, al mio disordine, ai vasi del davanzale che vogliono fiori nuovi e non so mai che fiori metterci di questa stagione, ci metterò le violette finte che non è vero che sembrano quelle dell'incrocio, come dicono i miei figli, ma vedere questa macchia di colore da lontano fa allegria, è solo da vicino che vedi che le violette sono finte, va bene così.

Sto attente ai miei libri, quelli che leggo d'un fiato e quelli che invece doso con sapienza, perchè mi piacciono così tanto che so già che mi mancheranno quando li avrò finiti, che scoperta, allora rileggili, leggere e rileggere non è mai la stessa cosa, mai, anche se in qualche libro ci ritrovi emozioni perfette e tue ogni volta che lo rileggi, fosse anche la centomiliardesima.

Sono due giorni di quasi vacanza nella Casa in Collina, la Maturanda dorme ancora un pò, io mi sveglio all'alba e leggo e scrivo e parlo anche da sola, parlo col gatto, parlo con me, passo il Folletto e parlo da sola, lo squilibrio vero, allora adesso faccio così, poi così, e pensa se succede questo o se non succede, e se, e se, e se.

Sto attenta.
Ai verbi, condizionali e futuri, ai verbi passati non ci voglio nemmeno pensare,passato e trapassato non fanno più per me, mi ci sono macerata anche troppo, basta, via, next.
Sto attenta a camminare sulla strada giusta, spalle drittissime e sguardo fiero, mi specchio nelle vetrine, mi piace quello che vedo, c'è un pò di felicità immotivata che esce fuori dalla borsa, insieme al cordino dell'auricolare, il centomiliardesimo, anche li, li pesto, li perdo, li fulmino, li compro bellissimi e non funzionanti, ma che bello è avere l'auricolare a forma di fragola comprato alla bancarella dei pakistani per euro 3 e fa niente se non funziona.

Sto attenta a me, a non farmi schiacciare da niente, a gestire anche le menate sorridendo, le mie pentole di fango, come si chiamano se no, le cose che non hai voglia e che invece devi fare.
Sto attenta a non inciampare, a scegliere con cura le cose che mi fanno felice, e a buttarmi nelle cose che non so nemmeno bene cose siano, ma per queste, vale la regola delle violette del vaso, che da lontano sembrano finte e che da vicino sono ancora più belle, inspiegabilmente.

Succede sempre il contrario.
Stavolta invece no.





22 gennaio, 2016

La Leggenda del Pesce Rosso.

Viveva un pesce rosso in una boccia di vetro.

Era stato vinto a una riffa di paese, quella con le palline da tirare nei barattoli, ed era stato portato a casa in un sacchettino di plastica. Bello non era, ma aveva quel suo sguardo fra lo stupito e il menefreghista che hanno tutti i pesci rossi.

Fu sistemato in una boccia di vetro sopra al mobiletto della cucina.
Fu chiamato Ettore.

Ettore guardava il mondo dalla boccia, non  si chiedeva nulla di nulla, nuotava, girellava avanti e indietro, ogni tanto dal cielo pioveva una briciolina di qualcosa, Ettore risaliva in superficie, sbocconava la briciolina e tornava a girellare.

Un giorno, accadde qualcosa di strano.
Accanto a lui, fu sistemato con cura un altro vaso pieno di acqua ma nessun pesciolino come lui all'interno.
Piuttosto una rosa.

Era una rosa bellissima, rossa, dal gambo lunghissimo ed elegante. In cima, un nastrino rosso con appiccicato il nome del fioraio dove era stata acquistata. 

Ettore, curioso come solo i pesci rossi sanno essere, riaffiorò e riaffiorò decine di volte per vederla bene. E riaffiorò così tante volte, e la vide così bene ma così bene, che alla fine se ne innamorò.
Di quei petali vellutati, di quell'ordine perfetto, di quel rosso intenso, di quelle foglie verde scuro, perfino dell'adesivo dorato con scritto CarloFioriTorino.

La rosa lo guardava. 
bella era bella, altezzosa forse un pò, ma quello sguardo dolce del pesciolino Ettore l'aveva conquistata.
Si guardarono per giorni da lontano, la Rosa nel suo vaso, Ettore dalla sua boccia.
Ma come tutti i pesci rossi degni di questo nome, Ettore era anche molto, molto coraggioso.
Così, un giorno, aspettò che venisse loro cambiata l'acqua e mise in atto il piano che aveva pensato tutta la notte.
Con un guizzo, Ettore saltò all'improvviso nel vaso di cristallo della Rosa.
Fu un pomeriggio bellissimo.
Si presentarono, piacere Ettore, piacere Rosa,  e iniziarono a raccontarsi, la vita nel negozio dorato dei fiori, la musica nel carrozzone dello Spettacolo Viaggiante,  e parlarparlareparlare e ridere così tanto, senza pensare a niente, come fanno gli innamorati, che può cadere il mondo che nemmeno se ne accorgono. 

Quel pomeriggio però, finì.
In casa, appena si accorsero che Ettore era finito nel vaso della Rosa non ne furono contenti.
Lo presero di malagrazia e lo deposero nella sua boccia.
Il vaso di Rosa fu portato in un'altra stanza.

Non si rividero mai più.


Non importa se sei Rosa o Pesce Rosso.
Ogni tanto, un salto lo devi fare.









20 gennaio, 2016

Se non lo sai.

                                                       ph. La Douluer Esquise


 Se non lo sai, lo devi imparare.
Devi imparare a fare tutto, devi essere tutto, se no, non la sfanghi, non ti muovi di un millimetro, mentre il resto va avanti e tu invece rimani lì.

Se non lo sai devi studiarlo, mandarlo a memoria, imparare a sorridere anche quando non ne hai voglia, imparare a parlare anche quando non hai parole, a stare zitta quando invece di parole ne hai una tonnellata e sono lì, prone ad uscire, tutte insieme, non importa se dal vivo e nel telefono.

Se non lo sai lo devi sapere, allora sàllo, SeNonSaiLeCoseAlloraSàlle, roba da manuale di grammatica italiana, quello che conservi, che ogni tanto sfogli per le gare di complementi, che cos'è d'agente o di causa efficiente, sono bravissima coi complementi. E in pochissimo altro.

Così studio.
Studio le cause e gli effetti, le ricette scritte nelle buste dei risi pronti, studio gli ingredienti del cioccolato bianco, che amo così tanto, le composizioni dei filati, studio me, che a volte mi sembra di sapermi cantando e invece mi devo ancora ripassare un pò, che non sono pronta.

Forse pronti non si è mai per niente, è solo il destino, se esiste, solo la storia che qualcuno ha scritto da qualche parte per te ma chissà chi l'ha scritto e chissà dove l'ha messo, il foglio con la tua storia, che magari uno sguardo glielo darei, così, per sapere.

Sono giorni confusi e fin troppo precisi, forse è l'inverno che non arriva che ci regala il privilegio di essere un pò frivoli e ancora niente calze con le ballerine, sacrilegio, e ancora nessun mal di gola, non c'ho mai niente, io.

Giorni che si srotolano velocissimi, mi piace il mio tempo che passa, se passa così, vuol dire che presto cambierà tutto o non cambierà niente ma la lentezza mi uccide e se va tutto più in fretta mi piace di più.

nel frattempo, studio
Situazioni, persone e complementi.
Ripasso un'altra volta la parte che riguarda me, la evidenzio col pennarello e me la ripeto sottovoce.
E speriamo che non mi chiedano proprio la parte che non so.



06 gennaio, 2016

Balla con me.

Balla.
Balla nel sole.
O sotto la pioggia.
Balla e basta.
Balla nel prato, balla nella collina dietro casa, balla sul sentiero dove si scivola, dove rischio di cadere ogni vola, sulle foglie umidissime che sembrano di vetro e che si appiccicano.
Balla come me, insieme a me, nel campo incolto che non si capisce nemmeno dove finisca, è un prato strano, un pò in discesa, e ha un boschetto di tre alberi tristi in inverni e opulenti in estate.
Come tutti gli alberi, a pensarci bene.

Ballo così, ballo in salone, dove si fanno esperimenti sulle casse della tv, e in un attimo c'è il volume a palla e dovrei dire Abbassate!!!! e invece no, non faccio una piega  e ballo da squilibrata i Coldplay, e salto e giro giro su me stessa, e ballo col gatto in braccio, e canto forte, non so tutte le parole ma non fa niente, è ballare che devo, non cantare. Mica viene Chris Martin a controllare. 

Ballo perchè sono contenta di me.
Ballo perchè è così bello far finta di essere da un'altra parte, su una spiaggia, magari, 
Ballo perchè c'è un sole timido e bellissimo, un sole che mi racconta delle belle storie, che mi promette un anno luminoso e trasparente, che mi fa bella, spettinata e bella, bella come ti fa la felicità, la consapevolezza, la voglia di fare delle cose, l'energia.

Ballo e sono felice, oggi e per sempre voglio pensare alle cose lucide, e ridere, ridere tanto, giocare a nascondino con la fatica e la malinconia, e non farmi trovare mai, mi faccio trovare solo da chi voglio, succedeva anche nel cortile della scuola, all'intervallo.

Ballo per me, ballo per le persone che mi guardano in salone e ridono con me, e scuotono la testa, ma che sono felici come me di vedermi così scema e leggera.

Non sarà così per sempre, e certo che lo so, e ci saranno giorni complicati e magoni infiniti e solitudini così grandi e delusioni e incazzature e urla e minuti così pesanti da sembrare secoli di polvere e veleno, ma adesso non mi importa, non me ne importa niente.

Ballo e rido, scema e leggera, va bene così.


14 dicembre, 2015

Il Freddo Chiaro.

E' freddo così.
è freddo che non si capisce.
Se nebbia e sole nascosto, e tramonto, appena appena, Esco a Vedere il Tramonto, che bella frase da dirsi. Si vede poco, le montagne sembrano lontanissime, ma c'è una striscia corallo che fa vedere che sì, il sole è qui, anche per me, mica solo al mare.

E' freddo bello.
Ci sono piccolissimi pensieri, lucide cose da tenere al caldo, ci saranno ritorni e viaggi e un sacco di gente avanti e indietro da questa casa, si contano già, Quanti Saremo? e già la domanda fa stare bene.

Ho piccoli regali da scartare, me li sono fatti da sola, e sono quelli più belli.
Sono i regali perfetti, quelli che non sbagli mai il colore, nè la misura, non sono mai nè troppo grandi nè troppo piccoli, E' Proprio Quello Che Volevo, càpita così di rado.

Ed è questo che volevo. Questa me.
Questa me ridanciana e un pò scema, che saltella e corre nel freddo che c'è, che esce a vedere il tramonto, che cerca le stelle cadenti d'inverno, perchè ci sono, lo sai, e se la nebbia non te le fa vedere, niente ci fa, ce le immaginiamo, e va bene uguale.

Ho finalmente voglia di questi giorni brillanti, non ci sarà niente di speciale, ma proprio per questo saranno straordinari, ritornare alla normalità anche se solo per qualche settimana, è cosa preziosa e bellissima.

Così, mi regalo tutto quello che mi viene voglia di regalarmi, cose minuscole e cose giganti, sensazioni, perlopiù, sorrisi chiari, di quelli che fai senza pensarci, si è mescolato così tanta pesantezza e tanto buio, adesso la luce chiarissima di questo freddo bello ti fa strizzare gli occhi e ti spaventa un pò.

Ma dopo il buio, abituarsi alla luce, è un attimo proprio.
Col freddo, lo stesso.


26 ottobre, 2015

Ci voleva la nebbia.

E quanta stamattina.
La strada che sparisce, le foglie gialle che spiccano di più, i fari che brillano male, come non messi a fuoco, non so come dire.
La nebbia mi piace.
Lo so che non si dice, ma è bella, a modo suo.

Ci ho inventato storie, fatto viaggi impossibili, ci ho corso dentro e sarà meglio che riprenda, si corre meglio dentro alla nebbia, l'ho guardata miliardi di volte, dal divano, dal letto, nei miei guardare fuori che fanno male, qualche volta, in piedi con la fronte stampata sul vetro, Ma Cosa Guardi? Non So.

La nebbia ha un suo perchè, una sua ragione ben precisa, nel disegno della natura e delle cose, nulla è lasciato al caso, nemmeno lei.

La nebbia è velluto incolore che ti fa uscire i pensieri più belli, non è vero che fa malinconia, certo, qualche volta sì, ma più spesso ti fa romantica e calma, non è pioggia a innervosire, o caldo afoso a stremarti, o neve candida che fa allegria. 

La nebbia racconta sottovoce le storie che sai a memoria ma che solo con lei saltano fuori, ti porta profumo di funghi e umidità, e castagne e noci da raccogliere sotto l'albero e spaccare con la pietra sul muretto.

Ti racconta di misteri e di segreti, di piccolissime magie, le cose che nasconde fino all'ultimo e che ti appaiono all'improvviso, come certi pensieri, come certe soluzioni a questioni con le quali ti lambicchi il cervello da giorni. Era così facile, come ho fatto a non pensarci prima.

Con la nebbia sono più tranquilla, mi piace  e non mi fa paura, ci sono nata, ha un fascino speciale per me che vengo dalla bassa, regala al mio giardino un mantello nuovo, opaco e morbido, certamente elegante, decadente e un pò nostalgico, non per questo triste o scialbo.

Lascio che la nebbia faccia il suo dovere, la guardo dalla finestra e me la prendo comoda, mi racconto una storia nuova così, giusto perchè c'è l'ora solare e farà buio presto, metto in fila le cose da fare e le faccio con calma, la storia sarà lunga, me l'ha raccontata la nebbia, e lei di storie corte non ne sa.





05 ottobre, 2015

Una Famiglia Sgangherata



Tanti
Belli
Bellissimi
Tutti
E sparsi
Sparsissimi
Quasi tutti.

Ho una famiglia numerosa.
Una famiglia numerosa e bellissima
Una famiglia numerosa, bellissima, e sgangherata.
Sgangheratissima. Uno di qui, l'altro di là.
Valigie e zaini. E borse. E contenitori per il ragù, gli agnolotti quelli buoni, il piumone da portare sù, che è quasi ora.
E il volo seguito sul computer. Atterrerà fra 5 minuti.
E Skype a manetta
E messaggi su whatsapp., Condividi la Posizione, così sappiamo dove sei e siamo tranquilli.

Il casino.
L'ansia a mille, qualche volta.
la solitudine di certe sere.

Forse, se avessimo fatto diversamente, se ognuno di noi si fosse sempre fatto i fatti suoi, chiuso nel suo mondo, adesso, forse staremmo meglio e non ci faremmo tanto caso.
Invece no.
Noi siamo quelli che stiamo tanto insieme, che  bussiamo alla porta di quelli che studiano per dire, Prendi Un Caffè Con Me e allora si scende in cucina e si parla per una mezz'ora, magari ci si azzuffa pure, 
Noi siamo quelli che siamo sempre tanti e abbiamo sempre qualcuno in più, fidanzati o amici, siamo quelli che tutti o nessuno, siamo la voglia di stare insieme sempre, dei viaggi di Natale, della casa senza tante porte, per vederci sempre e non chiudersi a chiave.
Siamo quelli che le questioni le discutiamo a cena, e volano paroloni e piatti sul soffitto, beh, quello una volta soltanto, e quando lo  raccontiamo e nemmeno si stupiscono tanto. Il mio Sposo urlava, io piangevo, scene da malavita, e a ricordarlo adesso ma che ridere.

Chi tanto ama tanto urla, si sa.
Siamo quelli del chilo di pasta, dei carrelli stracolmi, delle pentole da reggimento, quelli delle 60 polpette, quelli che il cambio di tutte le lenzuola è una roba tipo da hotel, quelli delle 20 uova.

Ora invece no.
ora, noi siamo quelli sparsi
Siamo quelli uno di qui e l'altro di là, come è giusto che sia.
Ma succede sempre tutto insieme e non è che vada tanto bene.
Amo questa famiglia di un amore infinito e purissimo, di quelle cose da mal di stomaco, insomma, quelle che per loro affronteresti leoni e iene, e pure il topolino minuscolo  che il gatto ti ha portato ieri mattina sulla zerbino, per dire, perchè nessuno ha il coraggio di toglierlo da lì.

Urlo ancora, ovvio, non a tutti insieme, però.
A uno per volta, che forse è meno scenografico.
Ma i vicini, i vicini lo sanno bene.


Prima siamo tanti e il giorno dopo solo due.
In attesa sempre, di essere di nuovo tanti, che dura sempre troppo poco.

Nel frattempo, si congelano ragù e cose, si mettono le lenzuola con le stelle di Natale perchè sarà a Natale che saremo ancora tutti insieme, si cerca di non badarci tanto e ci si concentra su quella volta che li avresti strangolati a turno,  tutti, per non ricordo cosa.

Che ridere, però.




17 settembre, 2015

Che nemmeno le nuvole.

                          ph.Robert Doisneau

La Stupidera.
Non saprei come chiamarla, se no.
E' quel che mi prende a questo punto dell'anno, che non è estate e non è autunno, che un pò piove e un pò no e il sole non si vede, c'è quel tempo immobile ma che non fa freddo, che ancora l'abbronzatura appena appena, ancora i sandali, magari, le calze ma và, per quelle si aspetta novembre, e poi ancora.

La Stupidera non è una patologia, ma uno stato dell'anima.
I guai e i pensieri si sono ammucchiati per bene in un angolo della casa, con la scopa nuova colorata, quella con l'Infinito scritto sul manico di legno, ce l'ho scritto io a pennarello.
Si è presa la paletta carina, quella con la principessa e il principe, e si son raccolti tutti.
Dopodichè si è aperta la pattumiera dell'indifferenziato e si sono buttati lì, con grazia e soddisfazione.
Operazione completata.

La Stupidera può manifestarsi con vari sintomi.
I più diffusi sono risate cristalline, dopocena a tavola a dir scemenze con questo o quel figliolo che transita da questa casa, scelta accurata di smalti, rossetti e financo burrocacao, riunioni indette per decidere apparecchiature per matrimoni, e quale scarpa e quale borsa, scelte di filati, mi faccio la frangia, mi iscrivo a tango, dò il bianco in cucina, che ne dici?

La Stupidera acchiappa, secca e improvvisa, dopo mesi di buio totale o quasi.
Dopo giorni pesantissimi, faticosi come scalare montagne di sassi, che ti franano mentre cammini e pensi di essere in cima e invece scivoli un pò più giù, un pò più giù ogni volta e non arrivi mai.
Dopo notti assurde, dove il cuscino è spine e vetri rotti, dove dormi a tratti, dove spalanchi gli occhi e studi il soffitto, le piante sul davanzale, i tetti davanti e ti alzi e giri e giri, come a cercare qualcosa che hai perso, e sai benissimo che quella persa sei proprio tu e vatti a trovare, adesso.

La Stupidera  non dura mai tantissimo e non so se è un bene o un male, ma occorre approfittarne e di corsa, come il detersivo per i piatti in offerta all'Esselunga.

Perciò, mi regalo questi giorni stupidi di cose leggerissime, di piccoli passi verso il meglio del mondo, ognuno ne ha uno di Suo Meglio del Mondo e il mio meglio è questo qua, per ora, questa vaghezza morbida, questa elegante indolenza, questa lentezza con la quale faccio diecimila cose insieme, questi pensieri di critallo, lucidissimi e fragili che niente incrina, niente graffia, niente fa opaco,  nemmeno le nuvole.







01 settembre, 2015

Il Calendario.

Ho un calendario appeso in cucina.
Bella scoperta, chi non ne ha uno.
E poi agende, bigliettini, quadernini vezzosi, quadernini serissimi, a quadretti, a righe, senza niente.

Il calendario della cucina è il documento più importante in assoluto.
Quando una cosa è scritta lì è sacrosanta, come se fosse scolpita nella pietra, più o meno.

Girare il foglio del calendario è cosa solenne.

Il Primo Settembre, lo è un pò di più.

Il mio calendario non ha le righe e non ha scritti i nomi dei santi.
Ha solo i numeri
E la fasi della luna.
E ha dei quadroni, per scriverci, che ci devo scrivere di storto sennò, la parola Veterinario, per esempio non ci sta.

Ma ci stanno i cuori, per i compleanni di casa.
E le stelle, per ricordarsi di mettere fuori l'indifferenziato.

E gli arrivi e le partenze, parte Lui, torna Lei, Inizio Vacanze, gita a Roma, Londra, Parigi, Costantinopoli, ritirare aspirapolvere, dentista, KnitCafè, punti interrogativi dei quali spesso non ricordo il significato, Cena da Loro Qui, Pranzo da Loro Là.

La pagina bianca di un calendario è piena di promesse.
E un filo di ansia, appena appena.
Non c'è ancora scritto nulla, 
Nemmeno Scuola, il 15.

Ho una scatole di matite colorate, di pennarelli un pò scarichi e di evidenziatori di mille colori.
Le userò per scriverci gli impegni di questo mese strano, non chiassoso come agosto, non languido come ottobre, settembre è il mese degli inizi, delle riprese delle cose, del ricominciare, magari cambiando o rimanendo sempre uguali.
ma forse, è proprio cambiando che si rimane uguali.
Ed è stando fermi che forse, si va avanti.
Si sta lì, ad osservare le cose che scivolano, le cose perse, quelle che verranno, ed ha tutto un fascino morbido e sottile, come la mussola di certe vecchie gonne, ne avevo una a fiorellini verdi e rosa, avrò avuto sei anni, giravo su me stessa in cortile, per vederla ruotare intorno a me, e alla fine ero come un pò ubriaca, da tutto quel girare e da tutti quei fiorini verdi e rosa.
Se chiudo gli occhi, la vedo ancora.

Voglio un calendario colorato.
Voglio scriverci solo cose belle.
Disegnerò su questa pagina stelle e cuoricini,
Per ora, guardo le caselle bianche e prendo un bel respiro.
Due fiorellini, uno verde e uno rosa, forse, aiuteranno.

E buon settembre a me.






25 luglio, 2015

Che non sai.

Lo aspettavo da tanto

da quanto lo amo, aspettavo il temporale, uno, due, tremila gocce, tutte insieme.

Il temporale sorprende nei luoghi più diversi e non ti dà tempo, non ti dà modo di reagire, se non veloce, velocissimo, inizia pianissimo e in un attimo è uno scroscio prepotente e meraviglioso.
L'energia.

Dalla spiaggia, dal prato, come, un attimo fa era chiaro e adesso il cielo è come un livido enorme, basta guardarlo per un secondo e poi te lo senti, il cielo addosso, e non sai se di lui ti piace di più il colore, la luce, il rumore, l'odore o tutto insieme.

O la sensazione che ti lascia.
Lava tutto via
Porta tutto via

si ricomincerà presto, ma adesso è tutto pulito e lucido, illuminato a tratti, tuona, fa un casino da paura,  alza la voce per dire che via, via tutto, lava via tutto che si rifà.

i temporali sono stati inventati apposta per darti la sensazione bellissima di nuovi inizi e nuove storie
e nuove cose

Ha bagnato per benissimo le ortensie che avevo deciso di seccare direttamente sulla pianta, per vedere di che colore sarebbero diventate.

Ha resuscitato gerani che credevo stecchiti, rose impossibili e un pò lasciate al loro destino,  perfino il caprifoglio ranzato a zero, ha mille foglioline verdissime. ma forse, non è tutto merito del temporale.

Temporale d'estate, che mi piaci da morire e nemmeno so perchè.
Temporale che non sai se lo ami per l'odore, il colore, per come ti fa sentire, o perchè sembra che un pò di cielo ti rimanga addosso.
Non è vero, ma fa niente

Torna presto, temporale. Stasera, stanotte, quando vuoi. 
Ti aspetterò dove vorrai, starò attentissima alle prime gocce per non perdermene nessuna.
Aspetto la tua energia, la tua prepotenza, la storia complicata dei lampi e dei tuoni, che fanno così paura a tutti e che io amo così tanto. E nemmeno so perchè.

Ma in fondo
le cose più belle sono quelle che non sai.




16 luglio, 2015

L'Imperdibile Concerto delle Pettegole Cicale.

Dove abitassero esattamente, nessuno lo aveva mai saputo.

Forse nel Grano Laggiù, o nella Siepe Vicina, proprio dietro alla Regia Salvia.

Quel che era certo, era che fossero tante, tantissime.

Iniziavano a cantare ad ogni ora del giorno, soprattutto nel primo pomeriggio, nel sole a picco dei pomeriggi di quello stupido luglio.

Si era provato una volta, a raccontare una storia alle cicale, per farle smetterle, per zittirle, una volta per tutte. Niente da fare. Quelle, zitte non ci stavano mai.

Quella mattina poi, l'assordante frinire che arrivava dal giardino era particolarmente insistente, più forte di sempre.

Si avvicinò un pò di più al Pratino.
Forse, hanno qualcosa da dirmi, pensò.
Ma cosa potevano avere mai, da dire, uno stuolo di cicale chiacchierone, a una tipa scalza in camicia da notte, scarmigliata e nemmeno ancora tanto sveglia, che esaminava con fare saccente il Basilico Rinato e la crescita miracolosa di  tutte quelle piantine con le quali aveva riempito il terrazzo?
Fu presto detto.

Le cicale, si sa, sono esserini pettegoli e sanno tutto di tutti.
per esempio, avevano saputo per prime la notizia del trasloco delle lumache, sapevano che quell'anno la casa viola degli  uccellini era rimasta sfitta, e la sapevano lunga sull'amore impossibile tra il ciliegio e il gelsomino.
ma c'era dell'altro.

In quel frinire continuo, in quelle due note ripetute all'infinito, per ore ed ore, c'era di più.

A starle a sentire, le cicale del pratino raccomandavano prudenza.
Invitavano alla calma, a fare le cose con studiata lentezza, a pensare molto bene prima di provare a stare male, a lamentarsi, a frignare e a dire, AhPoveraMe. Suggerivano altresì di fare un giro al fiume, o al MareVicino, di fare un giro da Feltrinelli per scegliere almeno due libri, da leggere con gusto e meraviglia, all'imbrunire, magari proprio sotto al ciliegio, o sul divano di casa, certamente più fresco ma infinitamente meno poetico. E infine, acquistare un profumo buono col sapore dell'estate, potendo decidere fra Pompelmo o Anice, che non era cosa da poco.

le cicale son del mestiere.

Loro cantano, cantano e cantano, nessuno si cura se stanno bene oppure no, se sono felici o no, se hanno il cuore leggero e colorato  o dolorante e in mille pezzi piccolissimi che raccogli solo con la scopa e la paletta. 
Nessuno si cura di loro.
Loro son quelle che cantano, fan questo da sempre, e nessuno al mondo mai si chiede, Già, Ma le Cicale?

Per questo, decido di seguire i loro consigli preziosi, e farò tutto, o quasi, quello che mi dicono, quello che ho sentito questa mattina presto, che ho individuato  in quel frinire insistente, io col caffè in mano a guardare soddisfatta e piena d'orgoglio i fiorini rosa nel vaso della miseria.

Le cicale san tutto di tutti, e seppur pettegole, dispensano consigli pieni di saggezza.

Ascolto le cicale che la sanno lunga.
Che sanno molto di me.
Che son cicala pure io.


14 luglio, 2015

Smeraldi.

ph.wishespleasure.tumblr.com
è un luglio gelido.
è un luglio che non sa
è un luglio che non me me sono accorta

è un luglio che vivo, come posso, come riesco, cercando le cose belle anche dove non ci sono
le troverò, sono sempre stata brava a trovare smeraldi nella polvere
e mi ci sono fatta collane e diademi e braccialetti col filo da pesca, sottratto alla cassetta verde degli attrezzi, giù in garage

serve un restyling, un altro progetto, serve un viaggio, serve una meta, no, quella no, in realtà.
Serve un pareo, forse un maglione pesante se vai in alto, serve la maschera e le pinne, serve un cestino col picnic
serve un fiume, una piscina deserta, di notte, le candele, scavalcare il cancello e non farsi vedere da nessuno

ho fogli disordinati sparsi sul tavolo, progetti, telefonate che mi fanno ridere tanto, altre che mi fanno piangere forte, faccio tutto, tutto quello che c'è da fare, scopro una leggerezza che non ho mai avuto, l'eventualità, il forse, chissà, se vuole succedere, succeda pure, se è un masso dal cielo mi sposto un pò, se è un temporale bellissimo vado a ballare in giardino, e ballo da squinternata finchè non ho i vestiti appiccicati addosso e i capelli fradici. 

faccio così

non si programma, non si fa nulla, tanto, le cose vanno sempre nella direzione opposta se va bene, ti si scagliano contro se va male, non vanno proprio quando va malissimo e allora, bambina, c'è pochissimo da fare, se non quello che già fai.

fai un giro intorno al tavolo, metti Mozart o una canzone da viaggio, o una di quelle che nemmeno sai le parole e che fai na na na e fai le pause, e poi fischi, una donna non fischia, non è vero, nonna, le donne fischiano eccome.

e brinda a qualcosa
col Martini Royale che ti ubriaca solo a guardarlo, o con l'acqua e menta, va bene uguale.
brinda a te, brinda alla vita, alle cose, alle persone che hai e che vedi, a quelle che non vedi e sono lì, brinda alle piantine nuove del terrazzo, ai gerani che nonostante tutto resistono, brinda alle matite di velluto che compri sempre e ne hai un centinaio e che sono così belle.

e trova smeraldi nella polvere, ma non raccoglierli, stavolta
lasciali lì

se li lasci nella polvere, gli smeraldi brillano di più

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...