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31 agosto, 2016

L'Amore Sparso.


                                ph. La Douleur Exquise

Ovunque.
Di là e di qua dal mare.
Oltre le montagne, semplicemente alla fine dell'autostrada. Comunque, lontano.

Semino amore e pensieri un pò dappertutto, ho un mappa nel cuore, me ne servirebbe una vera, per capire davvero dove devo mandarlo, una di quelle carte con le bandierine, uno qui, l'altro là.

Sta finendo l'estate. Forse è già finita e nessuno lo sa, e ci si illude che ancor abbia in serbo per noi qualche sorpresa di cristallo, lo stesso dei bicchieri belli, che li guardi e si rompono, nessun servizio resta da dodici per molto tempo, così le sorprese. Guai a desiderarle troppo, si frantumano in un secondo e resta solo il rumore delle scaglie finissime, mentre cerchi di raccoglierle. A modo suo, un concerto.

E'passata un'estate quasi normale, ma normale cosa, se non sono mai dove vorrei essere e con chi vorrei, o meglio sì, ma non ci sono mai tutti, e radunarli è sempre più complicato,  tengo a mente date e giorni, e biglietti fatti e biglietti che invece no, e week end che forse, ed è un lavoro faticoso che poi la gioia di un abbraccio fortissimo scioglierà. Fino alla prossima volta.

Spargo così tutto quello che ho, i miei consigli e le mie chiacchiere, parlo sempre troppo, ma è quando sto zitta che ci si deve un pò preoccupare, non il contrario. 

L'amore si lancia in aria come i coriandoli, si rovescia, come i brillantini per fare i biglietti di Natale, ne facevo di bellissimi da bambina e li distribuivo a tutto il vicinato, non sono sicura che piacessero davvero, forse erano troppo pieni di brilli e troppo colorati. Adesso me ne rendo conto.

Rovescio così il mio sentire, il mio amore accudente e protettivo, capriccioso e impegnativo, lo rovescio e guardo dove va, saprà lui dove arrivare, non c'è amore al mondo che non conosca bene la strada, e di amori, che io sappia,  non se ne è perso mai nessuno.
Lo lascio uscire dalla finestra, volare fin dove deve e dove sa, lo guardo fino a quando riesco, come si fa con gli aerei, alla fine diventano tutt'uno col cielo e non li vedi più.

E se l'amore che ho  somiglia un pò a me, che non so leggere le cartine e a volte mi perdo e non so mai bene quel direzione prendere agli svincoli , vorrà dire che disegnerò una strada.
magari coi brilli, che si vedono anche col buio.

L'amore, quello vero, non si perde mai.
Nemmeno oltre il mare.


01 agosto, 2016

Agosto, sì.

Non che lo ami particolarmente.
Non è un mese che mi faccia impazzire.
Sì, mi piace, ma non so dire.
preferisco forse giugno, forse dicembre.
Anche febbraio, magari.
E poi ottobre, che è il mio mese.

Agosto, sì.
Immobile e deserto,e  caldo.
E i saldi.
E il mare.
e le valigie.
e le carte d'imbarco.
ma per quelle, ci sarà tempo, non ancora.

E' il mese dell'ozio, del letto disfatto sempre, delle lenzuola di lino bianchissime.

E' tutto fermo, calmo, nemmeno sgradevole, è tutto dolce e normale, di quella normalità straordinaria, di quella quiete accesa che un pò spaventa e un pò affascina, di quell'essere dentro una semplicità che credevi un pò persa, sbiadita, e invece te la ritrovi  in fondo alle tasche, in fondo alla borsa, tra i centesimi, le briciole, le mollette e le carte di gomma da masticare. Qualcuna, con la gomma dentro.

E' tutto così, bello e normale.

Per questo, me ne sto a far niente da qualche parte, si prevedono arrivi e partenze nella Casa in Collina, non ho voglia di nulla per non correre il rischio di rovinare tutto, che vada tutto avanti così che per me va stra-bene, come dicono i miei figli, agosto arriva e ci si sente così normalmente straordinari, si comprato piatti in stra-saldo, libri, si pensa poco o tantissimo, a seconda di come gira il vento.

Agosto caro, stai per avere la tua grande ed unica occasione di dimostrare quanto sia ancora così bella questa estate bizzarra,  e di ben comportarti come ti ho insegnato.

nessuno conosce il segreto del mese di agosto, ma tutti sanno della sua magia sorniona, dei suoi poteri nascosti, dell'alchimia perfetta che sa inventare,  delle lune che tira fuori all'improvviso, dei temporali che tiene in serbo per le occasioni speciali.

e nessuno al mondo sa, quanto sia abile a trasformare il normale in straordinario.
nemmeno lui.


16 giugno, 2016

La Collezione di Pastelli Viola.

Ho una collezione di pastelli viola.

Qualcuno comprato, irresistibilmente. Quando vado in cartoleria per altro, esco sempre con le Bic Cristal d'oro e d'argento, e un pennarello o un pastello viola. Deve essere una patologia, non so.  Adesso, i pastelli  li vendono anche sciolti, non c’è bisogno di comprarne una scatola intera. ne basta uno, due al massimo,  Ne ho una quantità. Molti li ho sottratti dagli astucci delle elementari dei miei figli. Quelli che non sono dimenticati, intendo.

 Li tengo per me.
Sparsi nella borsa, sul tavolo, in mezzo al quaderno sul comodino, chi non cw l'ha, un quaderno a righe sul comodino, per scrivere prima di dormire o appena sveglia. Mi capita, ogni tanto. Quando sono tanto felice o tanto triste. A seconda.  Scrivo e scrivo. Incipit, capitoli di libri, sceneggiature brevissime.
Non rileggo mai.
Fra mille anni, ritroveranno il mio quadernino sul comodino e diventerà un best seller.
Ma i pastelli viola sono un’altra faccenda. Non li uso. Non coloro mai. Anche adesso che è diventato tendenza. Non coloro. Li guardo.

Li tempero ogni tanto, li rimetto a posto nel loro vasetto  trasparente, li metto in gradazione mentre parlo al telefono, per  concentrarmi o per distrarmi, chi lo sa, ma non li uso mai. Li guardo e basta.
Così come guardo i miei giorni di adesso, l’estate che non arriva, le cose che ho e quelle che non ho più, questi cieli impossibili che non sanno di caldo e di giugno, ma a me in fondo va strabene, io amo i temporali, le gocciolone sul terrazzo, i tuoni, i lampi, le saette nel cielo, l’odore dell’acqua, hai mai fato caso che il temporale ha un odore bellissimo. E poi, i temporali sono viola, lo sanno anche i sassi.
Guardo le cose mie come i pastelli viola del vaso, di marche diverse, alcuni quasi nuovi, alcuni usatissimi.
A volte mi viene voglia di usarli, di colorare le giornate che proprio non girano, di lilla chiaro, di viola intenso, di glicine tenero, di pervinca acceso. Niente. Non li tocco, li lascio lì. Ci sono cose che vanno lascaiate così come sono, perché non c’è una ragione né le puoi cambiare, né possono andare diverso da come vanno. Forse, nemmeno colorandole.

Guardo i miei pastelli come si guarda una mappa, meglio se di un tesoro nascosto da qualche parte che ancora non so dov’è, ma lo troverò presto,  ho questa sensazione, i tesori  si trovano sempre sulle spiagge e sono forzieri pieni di monete d’oro, e escono un poco dalla sabbia e tu hai la mappa in mano e dici, dieci passi di qua, sotto l’albero di là, scavi pochissimo ed eccolo lì.
Sono certa che il forziere sarà viola.

E se così non fosse, lo coloro io, che tanto, ho i pastelli.

13 giugno, 2016

La Leggenda Delle Improvvise Amarene.




Le amarene mi piacciono.
Sono forse una delle pochissime, ma mi piacciono.
Anche come temperamento, intendo. Maturano per gradi e non tutte insieme, non si danno troppe arie e insomma, hanno meno pretese delle cugine ciliegie. Sono più popolari, non so come dire.

Mi piacciono sì, ma non  ho mai piantato nessun albero.
Qualche anno fa, a  uno dei miei Figlioli, insieme all'Amata dell'epoca, punse vaghezza di piantare un albero di amareno agli Argini, a testimoniare il loro amore eterno. Lo trovai un bel gesto romanticissimo e fuori moda, per questo molto prezioso.
La storia d'amore naufragò burrascosamente sei mesi più tardi, ma l'Amareno del Figliolo e dell'Amata è ancora lì. Chissà, magari qualcuno ci fa pure la marmellata.

Questa mattina presto, mentre passavo in rassegna alcuni interventi da fare sulla siepe del Pratino, quale non fu il mio stupore nel vedere una miriade di bottoncini rosso rubino che mi guardavano, dalla siepe medesima.
Ma come.
nessuno vi ha mai piantato, qui.
Questo è il posto del ribes e delle more, questo è l'angolino dove la siepe di solito fiorisce, proprio qui qualche anno fa c'era il caprifoglio, che è morto al freddo e al gelo dell'inverno 2011.
Che qualcuno o abbia piantato a mia insaputa?
Impossibile.
Il mistero di infittiva vieppiù.
E tale rimarrà.

Il Mistero delle Amarene Improvvise, nate senza motivo al fondo di un Pratino qualsiasi, non dà segni di essere risolto, e va bene così.
Ne ho raccolte una manciatina, sistemate in una ciotolina sbeccata ma bellissima, adagiate con grazia in un letto di foglie verdissime e le ho messe a tavola, la Maturanda ed io, per il pranzo sotto all'acero in terrazzo. Calmeranno gli scleri prima degli esami e poi con quel bel colore rossissimo, fanno allegria.
Benvenute Improvvise Amarene, avrò cura del vostro alberino e dei frutti che vorrete regalarmi.

Non ci si deve mai chiedere il perchè delle cose, perchè il mondo gira uguale come vuole lui, e puoi dannarti e sbattere la testa al muro e girare su te stessa fino a non capire più niente, che tanto, sempre niente ci capirai.
 Il mondo va dove vuole, un pò come quei carrelli dell'Esselunga con le ruote bloccate e hai voglia a spingere e a tirare, la direzione la decide lui. Così, il destino.

E il mio destino ha voluto per me un albero di Amarene.
Improvvise.
Dolcissime.

la felicità è una cosa semplice.





10 maggio, 2016

Senza colore.

Maggio sì.
Maggio coi boccioli delle rose, coi vasi che stanno avendo ora i fiori che le mie amiche hanno già da mesi.
Non sono brava con i fiori.
Oggi, non sono brava con niente.
Nemmeno ieri in realtà.
Ho iniziato cento volte un lavoro, disfatto, iniziato un'altra volta, sbagliato, iniziato di nuovo, strappato e buttato.
Ho scritto cento cose, cancellate, rifatte, ho tirato sù una riga, io scrivo a penna, spesso, non con la tastiera, che cancellare con la penna sembra di cancellare un pò di meno, è vero che cancelli ma quello che scrivi resta sempre lì e lo puoi rileggere, così, vedi come si legge ancora?

Piove.
Piove finissimo, un pò sì e un pò no.
Piove e non si riprende.
Piove che non si trova una soluzione, una risposta, un bel niente.
Per questo amo i temporali.
Che piove da maledetto e poi finisce.
Non questa roba qua, che non è niente di sicuro, un pò c'è e un pò no.

Che pioggia sei se nemmeno fai rumore sui vetri, che pioggia sei se bisogna guardare cento volte contro l'acero e dire, forse piove, forse no, e poi guardare per terra, goccioline che non significano  niente, solo che hai lasciato fuori le lenzuola e sono inzuppate e lì resteranno perchè non hai nemmeno voglia di ritirarle le sciacquerò di nuovo, e chemmimportammè.

Ho voglia di colori, invece di questo cielo scemo che non sa nemmeno lui che cosa sia, se viola o grigio e lillino, no, lillino no, mi piacerebbe e invece è questo colore che non sai dire, se glielo chiedo, non lo sa nemmeno lui.

Di che colore sei cielo stamattina, coraggio, dimmelo tu, rispondimi, trova un senso alle cose che non so, alle risposte che non so dare, ma forse, le domande che non hanno risposta non vale nemmeno la pena farsele, o no?

Di che colore sei, cielo senza nuvole, che sei tutto uniforme e piatto e noioso, noioso come quei giorni che non passano mai, fra documenti e cose, fra i letti disfatti e la polvere e le ragnatele dell'ingresso, come se i ragni si fossero svegliati tutti adesso, e tutti qui. Io non uccido i ragni, li accompagno con grazia verso l'uscita, forse è per quello che a volta trovo costruzioni finissime di alto design.
Ma sempre ragnatele sono.

Ho voglia di colori, del blù del mare aperto, il candore delle vele, voglio il cobalto del cielo, il rosso di un tramonto infuocato su un'isola, voglio colori a manciate, pennelli diversi che colorino i miei pensieri che oggi sono di tutte le tonalità possibili dell'indaco e del niente, voglio pastelli temperati per colorare questo dieci di maggio che di maggio non ha niente se non il nome sul calendario, sono brava a colorare, non esco dai bordi, coloro concentrata e con mano leggerissima, e anche un paesaggio a matita diventa un'esplosione di colori lucenti.

Ma niente, non ho vernice, non ho pastelli, non ho niente di niente, solo il grigio del cielo, questa pioggia cretina come me che piove sulle prime rose dell'aiuola.

Il cielo resta lì, nel suo grigio impossibile, nel suo silenzio e nel suo mistero.

e io lo guardo senza fare niente, in un dieci di maggio che non ha alcun significato, che non ho nemmeno un pastello, nemmeno un colore, che un pò piove e un pò no.








01 maggio, 2016

Portami, maggio.


..le rose inglesi dell'aiuola, il profumo che mandano in certe sere quando fa caldo, un pò vaniglia e un pò limone, non è vero che sanno di rosa, non queste.

Portami la loro bellezza, quella perfezione di petali e fusto, dolcezza e forza, spine e velluto. Tutto il mondo è così.

Portami, maggio, quei cieli che sai, quella luna piena che aspetto, quegli azzurri sbiaditi dal sole a picco, portami il prato verdissimo, le ciliegie che sorveglio da settimane, perfino i ribes, che altro non sono che palline verdissime, ci vorrà ancora un sacco, ma almeno, sono lì.

Portami abbracci e cose belle, portami giorni lucenti, semplici, portami il ridere delle persone che amo, portami gli occhi trasparenti di chi mi guarda come sa, portami un pomeriggio su una spiaggia qualsiasi, il rumore delle onde e io seduta lì.

Portami le colazioni sul terrazzo, che l'acero nessuno lo ha tagliato ed è enorme e bellissimo e i rami arrivano fino sul tavolo ma nessuno osa toccarlo, forse perchè nessuno qui sa come fare, in realtà, e poi è così bello e le cose belle si lasciano così come sono. O forse no, perchè solo più belle, possono diventare.

Portami, maggio, le cose che mi piacciono, un sentiero non troppo difficile, dove possa correre verso cosa non lo so, portami una fontana di acqua fresca e un prato dove possa cadere di schianto, quando  sono così stanca e felice che non riesco nemmeno a respirare e non ho più gambe e non ho più sentimento, portami un posto dove possa chiudere gli occhi e riaprirli e dire, ok, è tutto a posto, che lo dico sempre e non succede mai.

E portami me, portami sempre le mia voglia di fare le cose, la mia dannatissima voglia di essere felice, anche con quasi il niente, portami la sensazione di sentirmi in pace, portami me come sono da sempre, fai in modo che le pentole di malinconia che mescolo ogni tanto non mi cambino mai, che mi facciano sempre essere entusiasta del mondo e delle cose e della vita e delle persone, e se non puoi portarmi quelle che non ho più, almeno lascia il loro sguardo fisso su di me, ovunque siano.

E benvenuto maggio, mese dolcissimo di fiori belli e felicità.
Toccami il cuore coi tuoi profumi e coi tuoi giorni, ti annuserò, sai di vaniglia e di limone, e forse, anche di rosa, forse.





29 aprile, 2016

Risvegli.




Non è solo aprire gli occhi.
non il muoversi, nel letto, il girarsi, dal fianco, al sotto, o da dove.
E' quell'attimo infinitesimale, impercettibile, insondabile.
La perfezione.

Si aprono gli occhi, a volte si strofinano, ci si stira un pò, giusto per controllare che tutto sia a posto, che tutti i muscoli siano pronti a un nuovo giorno.
Per il cervello, c'è tempo.

Piccoli riti preziosi, guardo fuori  il cielo che c'è, non che me ne importi, ci si bea di quegli istanti luminosi e ancora così pieni delle ombre della notte, mai provare a ricordare che cosa si è sognato e se, in questi momenti non viene in mente, non si è concentrati abbastanza, non ancora.

Si è in una specie di giardino segreto, un cartello indica Sono Sveglia Ma Non Del Tutto, e non c'è tempo di pensare a niente, nemmeno alla giornata che verrà, che di solito non è che sia tutta sta passeggiata fra le rose, ma almeno ci si tenta.
Si cerca con cura fra i  pensieri, quelli più belli da pensare. E ci si fa abbracciare per un pò.

Ci si culla, ancora 5 minuti, tempo ci sarà per correre e correre, non penso a niente, non sono niente, sono tutt'uno col mio letto e la finestra, col piumone che ancora non ho tolto, tutt'uno con i miei pensieri più lucidi, intatti, se chiudo gli occhi non c'è rischio di addormentarmi di nuovo, uhm, sicura?  Il cuore dice di sì, che forse c'è, la testa sta facendo due flessioni e dice E' Ora, ma il cuore no, il cuore è testardo e cocciutissimo, sta ancora così bene lì dov'è.

Perchè non accontentarlo, in fondo.

La testa può darsi tutte le arie che vuole e dire Si fa Così, Si fa cosà.
E' il cuore che vince, sempre.
Sempre.
Sopratutto la mattina presto.





21 aprile, 2016

Il Glicine della Caserma.






Lo amo sì.
Non è un mistero.

Lo amo perchè è complicato, bellissimo, del mio colore preferito.
Lo amo perchè ha un buon profumo.
Lo amo perchè appare all'improvviso, un giorno non c'è e il giorno dopo è lì.
Ne ho stilato perfino una mappa, precisissima, così da non perderlo mai.

Il glicine è la meraviglia.
Questo qui,si chiama Il Glicine della Caserma, ed è il più bello di tutti, da quando una mano demente ha sradicato quello enorme della Zuccherificio.
L'ultimo che ho avuto  ed era mio, si chiamava Nonostante. Qualche volta, lo sogno.

Che strano fiore sei, glicine, grappoli di tenacia e tenerezza, resisti a tutto, cresci ovunque ti si ami, entri ed esci dalle finestre delle caserme abbandonate, nessuno si cura di te, eppure, sei di una bellezza che toglie il respiro.

Che stano fiore sei, glicine, che non si si può cogliere, nè mettere nel vaso, ti si deve guardare e basta, da lontano, sentirne il profumo, di quelli così belli che devi sentire per forza chiudendo gli occhi, ci hai fatto caso?, i profumi che ti piacciono ti fanno chiudere gli occhi e sussurrare CheBuooono, appena appena, perchè nessuno deve sentire.

Che complicato sei, Glicine della Caserma, col tuo tronco sottile e le tue foglie verdissime, non si capisce dove nasci, chi ti ha mandato, chi ti ha piantato e in quale giardino, da fuori non si vede dove cominci, e quanto mi piacerebbe scavalcare il muro della caserma, sono esploratore urbano, lo faccio spesso,  ed entrare e vedere per bene, capire per bene, stare un pò con te, sapere fin dove puoi arrivare, fin dove puoi far fiorire quei tuoi fiori così belli. 

Ma lo so che resterai lì.
Non scavalcherò nessun muro, perchè è troppo alto e troppo in vista, i glicini son fiori complicati, si fanno gli affari loro e non si concedono, se non per pochissimi giorni all'anno. 
Ti guarderò da lontano, rischierò di andare a sbattere ogni volta che passo di lì, resterò un minuto in più sull'incrocio per guardarti meglio, per riempirmi gli occhi come faccio sempre, le volte che ho cose belle da guardare e non sono poi così tante.
Mi piaci da morire, glicine selvatico che nessuno cura, non so mica se c'è qualcuno che ti ami più di me.

Tu resta fiorito un bel pò, questo ti chiedo.
Vederti mi basterà.







24 marzo, 2016

La forma del cuore.

Che bella forma ha il mio cuore quest'oggi.

è tonda e perfetta.
e ride. Lui, ride.

Ride dal mattino presto, ride da ieri, ha anche frignato un pò, ieri, come fa spesso.
Ho un cuore strano, sa fare tutto.

Sa ridere sì, morbidissimo, e poi sa piangere, molte più volte, uh, quante volte, spigoloso e ruvido, un cuore stupido, cocciuto, un cuore che non ammette sbagli mai, nemmeno alla sua padrona. 
Si dice, Padrona del Cuore? Non so.

Il mio cuore ha forme diverse, a seconda dei giorni, 
E a seconda dei giorni fa cose diverse.
Ieri, per esempio, ballava e saltava.
Oggi, si riposa un pò, ma ha sempre un bel sorriso stampato sulla faccia.
Ce l'ha una faccia, un cuore? Non so.

Il mio cuore è la parte di me che mi piace di più, ma se fosse davvero così dovrei smettere di maltrattarlo. A parte il ginocchio sinistro quando corro, è la parte di me che mi fa più male a volte.
è la parte di me che dovrei ascoltare di più
o ascoltare di meno
e ragionarci.
Si riesce a ragionare con un cuore? Non so.

le cose che so di lui non sono molte in effetti.
Ma lo amo.
Amo il mio cuore per come mi fa vivere la mia vita bizzarra, i voli che mi fa fare, fin lassù in cima al cielo e fin laggiù, più sotto le pozzanghere, le miniere, i burroni più profondi, le gole nascoste, gli anfratti che se non ti ci togli da sola nessuno al mondo mai ti troverà. e ti salverà. E quanto ai burroni lo sai, prima di caderci dentro, si vola.


Il mio cuore sa leggere e scrivere, e legge e scrive dentro ad altri cuori, che un pò mi appartengono, qualcuno l'ho fatto io, e ieri li ho visti ridere tutti, i cuori che ho fatto io, non occorre mestiere per fare dei bei cuori, i cuori più belli vengono da soli. Certo, li devi aiutare un pochino.
E poi ci sono gli altri cuori, i cuori degli altri, non tutti, quelli che leggono nel mio, che parlano col mio, quelli che dicono la stessa parola nello stesso momento, quelli che uno fa un pensiero e l'altro lo dice a voce alta.
I cuori miei.

Il mio cuore è in buonissima compagnia.
E oggi ha la forma della felicità, perchè di questo deve trattarsi, mi pare.
Perchè a dispetto delle volte che il mio cuore è stretto e non si muove, e non guarda da nessuna parte e se ne sta lì in mezzo al petto a fare nulla, nemmeno a battere, quasi, oggi il mio cuore ha voglia di correre e di ridere e di saltare, e di fare capriole nel prato, e fermarsi solo quando fa girare la testa.
Perchè la testa e il cuore litigano spesso.
Ed è tutto un HoRagioneIo, No, io. E Taci.

Ma poi, basta una capriola, un bel sorriso e fanno pace.









17 marzo, 2016

Le Cose Belle




                                ph. La Douleur Exquise

le cose belle arrivano sempre.
Non senza fatica, non senza pensieri. Non senza piangerci, almeno un pò. E piangere qualche volta cura, solleva, ti fa sorridere fregandoti gli occhi, o asciugandoli con le dita, mai con il dorso della mano, le donne hanno uno strano modo di asciugarsi gli occhi, lo fanno con discrezione, e controllano che poi sia tutto in ordine, come a dire, Sì, Piango, Ma Voglio essere Ancora io, Sono Sempre Io, Non è Niente, MI Passa Subito, sono ancora a posto, non col trucco sbavato e gli occhi pesti. 

Le donne si asciugano le lacrime con timidezza, come a scusarsi, come a non farsi vedere, come a volerle ricacciare indietro, da dove sono venute.

Sono più brave degli uomini.
Forse, perchè piangono di più.

Le cose belle però arrivano.
Arrivano notizie, arrivano parole, arrivano gesti. Sorrisi immaginari. Baci da lontano. Progetti che si avverano. Arrivi e partenze. E molto altro.

Le cose belle sono dentro a un cassetto, nemmeno tanto segreto.
Non è nemmeno chiuso a chiave.
Perchè le cose belle le vai a vedere spesso, e disordinata come sei, la chiave la perderesti ogni volta.
E' bello guardarle, anche se non hanno ancora preso forma, e finchè sono lì, sono ancora così tue e così perfette che quasi quasi, sarebbe bello anche lasciarle lì dove sono.
Ma sarebbe un peccato.
Mortale, per giunta.

Le Cose Belle Mie sono un migliaio circa.
Ho un cassetto enorme a contenerle tutte, e ogni tanto lo apro, le riordino, è il cassetto più ordinato che ho, mica come quello della biancheria, o il Cassetto del Tutto sotto al forno in cucina.

Le Cose Belle sono lì, aspettano con pazienza di diventare cose vere, di diventare bei pensieri e non restare progetti o idee o sorprese da fare, che bisogna starci attenti, o feste da organizzare o piccolissimi viaggi, anche solo un giro lungo verso chissà dove. Sono lì, incartate con la carta colorata, con i nastri giusti, perfino coi quotidiani, ho da sempre questa mania di incartare i regali coi giornali e le riviste, e vengono dei pacchetti meravigliosi, che forse, sono ancora più belli del contenuto.

Succede che le Cose Belle abbiano una pazienza infinita, e qualche volta tardino ad arrivare, o qualche volta smarriscano la strada, e siano così in ritardo da farti arrabbiare, come i 120 minuti del Frecciarossa quella volta, o le volte che fai errori grossolani di valutazione e temi e modi e luoghi, e allora le Cose Belle un pò si risentono e senti una voce dal cassetto che dice Non E' Il Momento, non ancora, e allora sì magari ti risenti pure tu, e ti ci incazzi pure, e piangi e urli e strepiti e dici la qualsiasi cosa e fai volare telefoni e sbatti la testa al muro e le mani sul volante, casomai,e  una quantità di situazioni differente, a scelta, come le caramelle.

ma le Cose Belle sono sempre lì, nel cassetto ordinatissimo che sai solo tu dove sia.
E aspettano.
E tu aspetti loro.

C'è un arrivo, una partenza, un'altra festa di laurea e mille altre Cose Belle da preparare, lassù, nella Casa in Collina.

Non è detto che non si piangerà più.
Ma adesso, sorrido, sorrido così tanto che mi fa male la faccia.

che avevo perso l'abitudine
ma sorridere, più di piangere,  è la cosa che mi riesce meglio.










05 marzo, 2016

Dieci Anni.

















10 anni di me

Della mia vita

Delle cose mie

Ho scritto tanto, quasi ogni giorno.
Quasi ogni volta che ero così felice da volare

Quasi ogni volta in cui ero così triste che non  mi accorgevo  di piangere, se non fosse stato per i singhiozzi, che sentivo uscire come se nemmeno fossero miei. Ho scritto tanto, tanto di tutto, frivolezze e cose pesantissimi, ho scritto dei miei figli e della mia famiglia strampalata , sparsa e meravigliosa, dei miei viaggi, le mie vacanze da zingara, le mie partenze, i miei ritorni,  ho scritto di avventure bellissime accadute senza uscire da questa casa e da questo giardino, dal pratino che conoscono in tanti, dalla casa in Collina che a volte è rifugio e meraviglia e teatro di festa e bellezza e altre volte così silenziosa da far paura, un minimo rumore e non dormo più.
Dieci anni.

Rileggo ogni tanto, mi piace ritrovarmi nei post che ho scritto, ve ne regalerò uno al giorno e mi vedo così diversa e così uguale a 10 anni fa, avevo dei bambini e non degli uomini fatti e delle donne quasi, le feste di laurea erano così lontane, certamente ero più bella, forse più serena, di sicuro più ansiosa, o forse no, non saprei dire.

Rileggo per sapere come sono stata, rileggo per imparare, imparare sempre, che tanto gli sbagli si fanno lo stesso anche se studi di matti, non è così semplice.
A volte la vita ti corre dietro, altre ti si siede vicino e ti sorride. Altre invece, ti prende a schiaffi così forti, e ti strattone, di qua e di là e ti maltratta e ti fa dire Basta, che ti copri la faccia con le mani ma che stai lì a prenderle, perché non è che ha i altra scelta, mai.

Dieci anni.
Amo questo blog come uno dei miei libri preferiti, quelli che torno a rileggere ogni tanto, quelli che so a memoria e ogni volta mi stupisco di una frase, di una virgola messa nel posto giusto che è una pennellata di poesia, e allora cerco di trasporla, la poesia, nei giorni miei che di poesia hanno proprio poco o niente, che non sono molti, ma  insomma.

Così, continuo a scrivere.

Per me, per le persone che qui si riconoscono, che qui trovano da sorridere qualche volta, o da riflettere o da dire Che Scema. Continuo a scrivere questo libro bellissimo, come va a finire non lo so, non sono brava coi personaggi e coi finali, con gli incipit invece sì, e allora, i libri più belli iniziano con C’era Una Volta, io inizio con grazie, a chi mi legge da sempre, e grazie a loro, alle Fragole, che mi hanno permesso di non impazzire, di non lasciarmi andare, di tirar fuori dal cilindro qualcosa che mi facesse bene, e in qualche modo mi facesse soffiare il naso, tirar su col naso e nascondere il fazzoletto. E andare avanti.

Grazie Fragole Infinite.
 Da chi ogni giorno salvi e accarezzi. Da chi ti ha voluto. Da me.
Che son passati 10 anni ma sono sempre io.


05 marzo, 2006

Mi sa che il momento è arrivato.


Cento volte? Mille volte? Almeno una dozzina!
Le volte che ho provato a creare un blog. E chi sono, mi dicevo, la scema del villaggio?

Così, eccolo.
Un pò di me, molto della mia vita e delle cose che sono mie, i figli, i libri, i fiori, le ricette,i biglietti del cinema, gli scontrini, i nastri dei regali.
Io, insomma.
Mi ricorda molto i diari che facevo da fanciulla.
E' divertente.

L'unica cosa che mi mancherà, sarà attaccare le foto con la coccoina.


01 marzo, 2016

First.

Lo sai com'è il sole sulla nebbia?
così.
Che un pò c'è e un pò non c'è, e la nebbia non fa più tanta paura, se sai che c'è un sole sotto.
Il Primo di marzo.
Un passo verso le cose belle, verso il caldo e l'allegria, dimentichiamoci del freddo e delle pozzanghere e dei vetri ghiacciati la mattina presto.

Il Primo marzo, bello come tutti gli inizi, bello come i primi baci, il primo ghiacciolo della stagione, le prime viole, che in realtà sono state lì tutto l'inverno, nell'aiuola delle rose, a farmi compagnia.

Primo Marzo, è così bello pensare che fra poco è primavera, e a primavera tutto è concesso, tutto è permesso, abbiamo il passaporto pronto e andiamo dove ci pare a noi, un pò leggeri, un pò incoscienti, certo, farà ancora freddo, certo che l'inverno non lo so mica se è davvero finito, ma di sicuro non sarò io a farlo iniziare di nuovo.

Disegno per me un prato a fiorellini azzurri piccolissimi, di quelli che non puoi cogliere ma solo guardare, mi regalo piccolissime felicità accessorie, che studio e studio e non imparo mai, a coglierle davvero, a sapere che ci sono e che sono lì, appiccicate, sempre accanto, così vicine che ti basta chiudere gli occhi e sentirne le carezze. 

Disegno per me un cielo stellato, di quei cieli d'inverno che si guardano quando si esce sul terrazzo a notte fonda, per far entrare o uscire questo o quell'altro gatto, e ci si attarda lì, infreddoliti, in pigiama, unici spettatori del firmamento più perfetto, del silenzio buio e di quelle lucine che affascinano, che belle sono le stelle d'inverno, i cieli lucidi, le notti chiare.

Disegno per me un mare infinito, senza onde, di un blu che sembra verde, trasparente che si vede il fondo, ci metto una spiaggia di ciottoli piccoli e ci disegno anche me, seduta, a leggere o a guardare lontano, e chiedermi che cosa c'è oltre l'orizzonte, e magari mi invento una storia, che coi numeri e coi disegni non sono tanto brava, ma con le parole forse sì, e allora, mi invento la storia del Primo Marzo e me la racconto sottovoce, non so nemmeno come inizia e non so ancora il finale, ok, la scrivo, e mentre scrivo sento il sole e il rumore del mare, e perfino l'odore della salsedine e del vento, e inizio spiegando per bene come fa mai ad esserci il sole sotto la nebbia.

Se capisci questo, è tutto più facile.








26 febbraio, 2016

Di venerdì.

Di venerdì è tutto più bello.
Più liscio, non so come dire, meno complicato, più grazioso, meno ostile, meno di tutto, più di tutto.
Anche se non ci sono grandi programmi, di venerdì sembra tutto più morbido.

Sono giorni che galleggiano, giorni che sembrano a tratti disegnati col compasso, altri scarabocchiati di malagrazia, con la penna che non scrive, o a matita, con la punta non temperata. Mi piacciono le matite, anche solo da guardare, quelle con la gommina in cima, ne ho di tutti i colori, scrivono tutte grigio, ovvio, che scoperta, ma mi piace averle diverse, tutte insieme in un bicchiere e ogni tanto temperarle, guardarle, scriverci delle cose. E magari cancellarle, ma non con la gommina in cima, con una gomma vera. La gommina in cima non si usa MAI.

Credo sia una patologia.

E' un bel venerdì di un nebbione che non si vede nemmeno a parlare, volevo correre agli Argini ma di mattina presto non c'è nessuno e anche io che non ho paura di niente e adoro la nebbia, correrci dentro da sola non mi sembra una buona idea, di mattina presto, che non c'è nessuno e non è che ci sono orchi e malintenzionati ma insomma, non va bene.

E' un bel venerdì che stasera sushi con un'amica e figlioli al seguito, alzi la mano chi non ama il sushi, beh, non fa niente, il sushi o lo si ama o lo si odia, e io lo amo, ci ho perfino chiamato un gatto Sushi e pure Sashimi ma questo non fa testo, e  credo che anche questa sia una forma di patologia, dare nomi improbabili a cani, gatti,  pettirossi e pipistrelli.

E' un venerdì confuso, dove si avrebbe voglia di ridere come scemi per non farsi venire nessun tipo di magone al mondo, nessun tipo di pensiero al mondo, di venerdì le cose sono più leggere e luminose, si ha voglia di felicità, leggerezza, cose belle e cose sceme, cose da raccontare, cose inusuali e squilibrate,  fare i gradini di casa 3 per volta, ballare in cucina, cantare forte svuotando la lavatrice, parlare da sola, sorridere tanto. Anche da sola, sì.

E allora, mi regalo un fine settimana come piace a me, i pensieri gettati lontano come con la fionda, stanca di essere a pezzi, li raccolgo e li incollo di nuovo tutti insieme, per la centomiliardesima volta.

Quello che vedo mi piace.
Non si vedono incrinature, nemmeno i segni della colla, mettersi insieme è un lavoro di cesello e abilità, si impara sempre qualcosa ogni volta, peccato che la volta dopo già non te ne ricordi più, non perchè non stai attenta o studi male, no, è proprio perchè è  così che va il mondo, la vita, le cose.

E ora, mi preparo un thè profumatissimo nella mia cucina un pò in disordine, metto in fila le cose di questo venerdì opaco fuori e dolcissimo dentro, provo ad essere leggera e felice, provo a cantare, provo a ballare, provo a correre più veloce che posso, mi rimetto insieme, mi incollo per bene, non è difficile, mi riesce sempre benissimo, di venerdì.




08 febbraio, 2016

Stai attenta.

                                          ph.MissWallflower


Stai attenta.
Stai attenta a te.
Imperativo, stai attenta, non distrarti, concentrati, non fare scherzi, non perdere il controllo mai.

Sto attenta, sì.
Sto attenta alla strada, alla nebbia, alle pozzanghere, sto attenta al sole, quello che si vede e quello che invece no, anche lui può essere pericoloso se ti abbaglia e non ci vedi, sto attenta al marciapiede, al semaforo, sto attenta sempre.

Attenta alle cose che ho, alle cose che custodisco, alle persone che sono stata chiamata a proteggere, cullare, ascoltare, anche a urlarci dietro,qualche volta, non sempre.
Sto attenta alla mia casa, al mio disordine, ai vasi del davanzale che vogliono fiori nuovi e non so mai che fiori metterci di questa stagione, ci metterò le violette finte che non è vero che sembrano quelle dell'incrocio, come dicono i miei figli, ma vedere questa macchia di colore da lontano fa allegria, è solo da vicino che vedi che le violette sono finte, va bene così.

Sto attente ai miei libri, quelli che leggo d'un fiato e quelli che invece doso con sapienza, perchè mi piacciono così tanto che so già che mi mancheranno quando li avrò finiti, che scoperta, allora rileggili, leggere e rileggere non è mai la stessa cosa, mai, anche se in qualche libro ci ritrovi emozioni perfette e tue ogni volta che lo rileggi, fosse anche la centomiliardesima.

Sono due giorni di quasi vacanza nella Casa in Collina, la Maturanda dorme ancora un pò, io mi sveglio all'alba e leggo e scrivo e parlo anche da sola, parlo col gatto, parlo con me, passo il Folletto e parlo da sola, lo squilibrio vero, allora adesso faccio così, poi così, e pensa se succede questo o se non succede, e se, e se, e se.

Sto attenta.
Ai verbi, condizionali e futuri, ai verbi passati non ci voglio nemmeno pensare,passato e trapassato non fanno più per me, mi ci sono macerata anche troppo, basta, via, next.
Sto attenta a camminare sulla strada giusta, spalle drittissime e sguardo fiero, mi specchio nelle vetrine, mi piace quello che vedo, c'è un pò di felicità immotivata che esce fuori dalla borsa, insieme al cordino dell'auricolare, il centomiliardesimo, anche li, li pesto, li perdo, li fulmino, li compro bellissimi e non funzionanti, ma che bello è avere l'auricolare a forma di fragola comprato alla bancarella dei pakistani per euro 3 e fa niente se non funziona.

Sto attenta a me, a non farmi schiacciare da niente, a gestire anche le menate sorridendo, le mie pentole di fango, come si chiamano se no, le cose che non hai voglia e che invece devi fare.
Sto attenta a non inciampare, a scegliere con cura le cose che mi fanno felice, e a buttarmi nelle cose che non so nemmeno bene cose siano, ma per queste, vale la regola delle violette del vaso, che da lontano sembrano finte e che da vicino sono ancora più belle, inspiegabilmente.

Succede sempre il contrario.
Stavolta invece no.





22 gennaio, 2016

La Leggenda del Pesce Rosso.

Viveva un pesce rosso in una boccia di vetro.

Era stato vinto a una riffa di paese, quella con le palline da tirare nei barattoli, ed era stato portato a casa in un sacchettino di plastica. Bello non era, ma aveva quel suo sguardo fra lo stupito e il menefreghista che hanno tutti i pesci rossi.

Fu sistemato in una boccia di vetro sopra al mobiletto della cucina.
Fu chiamato Ettore.

Ettore guardava il mondo dalla boccia, non  si chiedeva nulla di nulla, nuotava, girellava avanti e indietro, ogni tanto dal cielo pioveva una briciolina di qualcosa, Ettore risaliva in superficie, sbocconava la briciolina e tornava a girellare.

Un giorno, accadde qualcosa di strano.
Accanto a lui, fu sistemato con cura un altro vaso pieno di acqua ma nessun pesciolino come lui all'interno.
Piuttosto una rosa.

Era una rosa bellissima, rossa, dal gambo lunghissimo ed elegante. In cima, un nastrino rosso con appiccicato il nome del fioraio dove era stata acquistata. 

Ettore, curioso come solo i pesci rossi sanno essere, riaffiorò e riaffiorò decine di volte per vederla bene. E riaffiorò così tante volte, e la vide così bene ma così bene, che alla fine se ne innamorò.
Di quei petali vellutati, di quell'ordine perfetto, di quel rosso intenso, di quelle foglie verde scuro, perfino dell'adesivo dorato con scritto CarloFioriTorino.

La rosa lo guardava. 
bella era bella, altezzosa forse un pò, ma quello sguardo dolce del pesciolino Ettore l'aveva conquistata.
Si guardarono per giorni da lontano, la Rosa nel suo vaso, Ettore dalla sua boccia.
Ma come tutti i pesci rossi degni di questo nome, Ettore era anche molto, molto coraggioso.
Così, un giorno, aspettò che venisse loro cambiata l'acqua e mise in atto il piano che aveva pensato tutta la notte.
Con un guizzo, Ettore saltò all'improvviso nel vaso di cristallo della Rosa.
Fu un pomeriggio bellissimo.
Si presentarono, piacere Ettore, piacere Rosa,  e iniziarono a raccontarsi, la vita nel negozio dorato dei fiori, la musica nel carrozzone dello Spettacolo Viaggiante,  e parlarparlareparlare e ridere così tanto, senza pensare a niente, come fanno gli innamorati, che può cadere il mondo che nemmeno se ne accorgono. 

Quel pomeriggio però, finì.
In casa, appena si accorsero che Ettore era finito nel vaso della Rosa non ne furono contenti.
Lo presero di malagrazia e lo deposero nella sua boccia.
Il vaso di Rosa fu portato in un'altra stanza.

Non si rividero mai più.


Non importa se sei Rosa o Pesce Rosso.
Ogni tanto, un salto lo devi fare.









Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...