30 aprile, 2006

Buongiorno.

Ultimo nato. In una domenica mattina che mi sa che piove, tra un pò. Ma che ieri ci ha graziato, la grigliata in giardino, decisa così, al volo e come tutte le cose, riuscitissima. E poi penso. E decido che in fondo, sono fatta così. Non ho mezzi termini, non sono per le indecisioni, le cose a metà, i progetti a matita, le brutte copie da ricopiare in bella, i forse e i ma. Troppo diretta, forse, o tutto o niente, o bianco o rosso, o Gucci o Prada, o con me o contro, o limone o panna, o al latte o fondente nero. Sono un'amica faticosa. Impegnativa, lo so. Perchè pretendo esattamente quello che dò. Cioè, il massimo. Pochi lo sanno e condividono, quasi nessuno capisce. Ma non importa. Negli anni ho affinato una tecnica minuziosa e precisa, spietata, perlopiù. Io chiudo, sparisco. Non dopo aver dato qualche possibilità, lo si intenda bene, non dopo aver cercato di capire, di spiegarmi e farmi spiegare, di chiarire, a costo di prendermi delle grandissime porte sulla faccia, schiaffi, figurati, certo, ma che bruciano come quando si prende troppo sole, anche se non rimane il segno. Non visibile dal di fuori, almeno. Ho poche amiche. Ho pochissime amiche. Forse 3. Quelle vere, intendo. E una la sto perdendo, forse l'ho persa già. senza un motivo vero, o forse sì, e non mi ha spiegato o forse l'ha fatto e non ho capito, ma allora, che amica è?. Troppi forse per i miei gusti, per la mia legge, per la mia educazione, per il mio modo strambo di vedere le cose, per il mio tutto o niente, per il modo di essere che sembra ma non è, un pò Trilli un pò Giovanna D'Arco, tutto sembra per caso ma niente, niente, niente lo è. Queste le mie riflessioni del mattino, mentre stiravo la mia nuova creazione, mentre ho alzato le spalle e mi son detta, un'altra volta, fa niente, una domenica mattina che tra un pò piove, mi sa.

28 aprile, 2006

Echantillon gratuit.


Qui ci vuole un bel giro in profumeria. Giusto così, per sentire che c'è di nuovo, annusare nuove fragranze, guardare un pò i colori e via. La cosa che guardo più di tutte in assoluto, sono i packaging. Che a volte sono davvero geniali, siano flaconi di profumo, siano rossetti o palette. Soprattutto le edizioni effimere, cioè quelle che ci sono per un pò e poi basta e potresti anche piangere, ma proprio, quell'indispensabile braccialetto Dior con i due gloss, mi dispiace signora, è già esaurito. Tragedia. Ma da simili calamità mi riprendo molto in fretta, non c'è che dire. La profumeria è una specie di parco dei divertimenti, dove si può provare un pò di tutto, quel lillino lì, un rosa più acceso, osare un viola choc, profumi a manciate, dal kiwi alla tuberosa, dal ribes alla magnolia. La beatitudine. Un'altro aspetto non secondario sono i campioncini. Le commesse più zelanti e professionali sanno che il campioncino in sè e per sè è una garanzia di sicuro e costante acquisto per il prossimo quinquennio, se consegnato nelle mani della persona giusta. E io, modestia a parte, la nacqui. Così, anche quest'oggi ho avuto il mio bel regalo. Lillipuziane pastiglie di rossetto, un profumino da collezione, svariate creme in microtaglia, un bagnoschiuma. Il tutto racchiuso in un astuccino elegante e morbidissimo. Ero felice. In una giornata cominciata un pò così, i campioncini Chanel hanno fatto la loro bella parte. Ma ai profani o semplicemente ai pragmatici, leggi, mio marito, l'operazione campioncino suona maledettamente beffarda. Egli si domanda, infatti, nella più totale innocenza, di quale entità deve essere l'esborso in euro, per godere di tali dorati privilegi? Beata ingenuità. Meglio non sapere.

Ansia a colazione.


Una definizione vera non ce l'ho. O meglio, ho quella del dizionario ma non serve. E' una cosa strana, che solo chi ha provato sa. Non occorre che succeda qualcosa, per fartela venire. Arriva e basta, come un parente all'improvviso, passavo di qua. E non ha un momento esatto, nell'arco della giornata. Quando arriva, arriva, un pò come Natale, come le vacanze, come la rosolia. Si sta male. Non è una risposta alla domanda cos'hai, certo, ho l'ansia, si risponde, ma esattamente, che cos'hai, accidenti? Niente, e tutto. E' come se qualcuno avesse lasciato aperta la finestra, e la porta, anche e facesse corrente, una corrente d' aria che ti corre proprio lì, nello stomaco e un pò più in sù, come quando hai la tosse, che si sente il vuoto. E respiri a fatica e sospiri, anzi, per colmarlo una volta per tutte, il vuoto che c'è. Non servirà. Ti attardi sotto la doccia, gli occhi chiusi e il getto forte, a tratti caldissimo a tratti freschino, vediamo, adesso passa, adesso passa. Tutto è faticoso, persino versare il latte o lavarti i denti, e ti guardi e ti dici, ma che cos'ho e in fondo lo sai benissimo, che non è urlando ai ragazzi che svanirà, che non è comprando qualcosa o facendoti una lampada come ti consiglia chi non gliene importa proprio niente di te, della tua ansia e dei tuoi fatti, te lo dice così, meccanico e molto finto. Ma lei, rimane lì. Un vento non troppo forte, che ti fa essere, a seconda dei casi, troppo attiva o troppo ferma. Non ho ancora imparato a dominarla, a fermarla, a vincerla. Nè mai imparerò, mi sa. Vorrebbe dire che sì, forse dovrei prendere le cose con buonsenso e leggerezza, con tatto e diplomazia, e che finalmente ho trovato il modo di chiudere a scelta, la porta o la finestra, in modo che non sbatta più. Impossibile, mi sa.

27 aprile, 2006

Il grissino.


In un periodo dell'anno in cui il 99 per cento della popolazione compresa tra i 18 e i 75 anni, in previsione di impietose prove costume si mette a dieta, parlare di cibo assume via via sembianze da peccato mortale. Ma tant'è. Non so se avete mai fatto caso, ma il momento immediatamente successivo alla spesa, se essa viene fatta in prossimità dell'ora di pranzo, è una strisciante e subdola trappola. Ella passò dal fornaio, quello che fa i grissini così buoni, adorati dalla famiglia tutta. Li comprò e commise l'errore di sistemare il crepitante involucro, non già nel baule dell'auto, a distanza di sicurezza, ma proprio lì, accanto a sè. Lo sgranocchio del grissino è specialità tipicamente femminile, nel lasso di tempo che và dalle 12 e 30 e le 13. Osservare intorno per averne conferma. Il grissino si sgranocchia con gusto, in un momento di sbrano, come lo chiamano i miei figli, che lo yogurt delle 10 è lontano e i figlioli escono a rate dalle rispettive scuole, in un giovedì come questo, e del marito non si ha notizia, almeno se riederà per pranzo oppure no. Il grissino si gusta non già con gli incisivi, che fa troppo Lavinia Borromeo, ma di lato, di guancia, insomma. Per salvarsi in tempo, a casa, ci gusteremo (!) un meraviglioso finocchio scondito, a fettine sottilissime. E domani, doppia razione di aquagym. Un'unica raccomandazione è d'obbligo. A misfatto compiuto, spolverarsi con grazia e noncuranza: le briciole sul decolletèe, che volgarità.

Svegliarsi col cucù.


Possiedo una di quelle sveglie che, a mio avviso è stata smontata dalla MIR e regalata a me. Non si limita a segnare l'ora e a svegliarmi. Fa strane cose. Fruscii, cinguettii, rumore di vento e di onde, sibili e cose così. Tecnologia alla massima potenza. Stamattina, però, è stata battuta sul tempo. Ne sarebbe felice Ermete Realacci. Perchè stamattina, appunto, la mia sveglia è stata, intorno alle 6, il canto del cucù. Meraviglia del creato, il pennuto ha preso casa o meglio nido, credo sul ciliegio, forse sull'acero, nel mio giardino. E credo anche che ci sia stata una bella lite di condominio, nel senso che Federico il pettirosso, da qualche giorno non si vede. Il mistero si infittisce vieppiù. Il suo cibo è ancora lì, forse al cucù non piace. Magari è un cucù vegano. Lì per lì, a sentire al fiorir del giorno quel suo cucù, cucù, cucù, ti verrebbe voglia di tirargli qualcosa, che so, il libro che ti è cascato sul naso ieri sera, il nano che hai accanto al letto, un qualsiasi corpo contundente che non gli faccia male, per carità, ma che almeno lo zittisca, ancora 5 minuti, per piacere. Ma poi, in fondo penso che sono proprio fortunata. MIR o non MIR, svegliarsi così ti fa sentire in pace con la natura circostante e l'Universo tutto. Solo, che nome posso mai dare ad un cucù?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...