31 maggio, 2006

Prima di cena.

Un bel momento. Un pò prima delle 20, tanto c'e ancora luce fino a tardi, l'inverno è cosa lontanissima oramai. Certo, bello non fa, ma per tutt'oggi c'è stata una luce strana di lampo non visto, come un raggio di sole che da un nascondiglio non trovato diceva, sono quì. Fuori, nel prato si gioca a pallone, si và in monopattino, sì, anche sull'erba, che male c'è?, si gioca col cane, si aspetta la cena, in quella serenità intatta che scandisce gli ultimi giorni di scuola. Il liceale tanto sereno non è. Ancora non è chiaro se i suoi pensieri sono turbati da greco e filosofia o piuttosto dalla fanciulla con gli occhiali che sorride nella foto di classe. Non indagherò. Ho cucinato un coniglio alla salvia, oggi và così. Forse arriveranno degli amici più tardi, le notizie di SkyTg24, la partita dell'Italia, magari qualche verbo di francese da ripassare, una comunicazione da firmare, un ricamo nel cestino, qualche pagina di libro. La serata sarà tranquilla, normale, semplice. Da manuale. Meglio, direi.

Variazione in corso d'opera.


Allora, per prima cosa: Kjaretta, Sigrid, Piperita e tutto il Simposio della cucina d'autore, cortesemente, non inorridite. Sono per le cose semplici e non mi vengono neppure tanto bene. Ho già prenotato una serie di lezioni presso ciascuna di voi, abbiate pietà. Si era detto Pollo al Curry. Egli, il Pollo, è diventato Pollo al Curry ai Peperoni, oppure Pollo ai Peperoni con Curry. Insomma, una miscellanea, ecco. L'aspetto è carino, invitante, il profumo anche. Vedremo se sarà gradito. Volete la ricetta? Ecco qua. Ci vuole il pollo, prima di tutto, una cipolla, uno scalogno, un pò di curry, un pò di peperoni gialli e rossi, sale e pepe. Beh, non è chiarissimo, ma visto che non faccio Olivier di cognome, fatevela bastare. Ho altre qualità, riconoscetelo in coro unanime.

Di rose e caprifoglio.

Bello, no? Anche se non è la festa di nessuno, anche se non è domenica, apparecchiare per bene fa bene al cuore. Poi, il pane fresco, un fiore del giardino dentro alla bottiglia della nonna, le tovagliette tricot style trovate ieri all'Oviesse, i piatti con l'anemone...Stamattina mi sono portata avanti. Ho dedicato un pò del mio tempo alla casa, ai miei cassetti con la rivoluzione francese al loro interno, al mio armadio simil saccheggiato. Lavori manuali e inusuali per sgombrare mente e cuore. Sul fuoco sfrigola tranquillo del pollo al curry, farò una pizza e una macedonia per i fanciulli che riedono da scuola fra non molto. Desperate Housewife? A piccole dosi, una volta ogni tanto, ha anche il suo fascino, come dire.

30 maggio, 2006

W il wafer.



Nel 1970 avevo 7 anni. Ero una graziosa bimbetta coi capelli lunghi, la Graziella e sono cresciuta con serie turbe psichiche per non avere mai avuto in dono il Dolce Forno. Son cose che segnano, c'è poco da fare. La merenda, all'epoca, non si sceglieva negli scaffali del supermercato, ma era la mamma a comprarla dal droghiere della piazza. Il wafer ha fatto così il suo prepotente ingresso nella vita dei bambini di allora. Il tempo dei Loacker era ancora lontano, c'erano soltanto due gusti, alla vaniglia e al cioccolato, ovvio, ed erano venduti in pacchettini rettangolari e sottili. Li ho ritrovati, in un discount. All'esorbitante prezzo di 64 centesimi di euro. Son soddisfazioni. Il wafer è beffardo. Gioca d'astuzia. E' un vero protagonista, un battitore libero, una primadonna. Non si può intingere, non si può spalmare, fa tutto da solo. Amministratore unico, il wafer trova il suo vero e assoluto tripudio in una semplicissima operazione che forse ho inventato io e che scuoterà le anime dei più. I puristi grideranno allo scandalo, ma son qui a confessarvi, in questa serata di fine maggio, che la scrivente conserva il wafer in frigorifero. E lo consuma a multipli di due, ben sposando il friabile con la frescura sottile, la morbidezza del ripieno con il rigore del ghiacciatino. Concetto difficile ma non difficilissimo. E di sicuro effetto. Consigliato per tacitare lievi arrabbiature con qualche z, riprendersi da una giornatina niente male, premiarsi un pochino. Male non fa. Alla sola condizione di non leggere le calorie. Il wafer, accidenti, ne ha una cifra vergognosa. Come farebbe ad essere così buono, se no?

29 maggio, 2006

Di mandorla.

Forse è un pò stucchevole. Forse troppo dolce. Forse un tantino appiccicoso. Ma buono, buono, buono. E' il profumo che ho comprato quest'oggi, e che ho eletto Profumo Della Stagione Duemilasei. Mandorlo di Sicilia, Acqua di Parma. Tutto sommato un bel pomeriggio, alla ricerca di un degno regalo per un architetto stiloso, qualche vetrina con l'Amica, incedere ozioso e borse di paglia introvabili ma va bene uguale. Il Mandorlo se l'è cavata bene, ha il grande potere di farti sentire una fettina di torta, una granita, un dolcetto da assaggiare. Sei lì che ti annusi i polsi e l'avambraccio e dice mmmmmh, che buono. Costo dell'intera operazione poco più di 30 euro, e il solito tripudio di campioni e regalie. Un bel programma per la serata, le cose brutte sembrano lontane e, forse, un pò meno brutte, dai. Sospiro, sorriso allo specchio, dopo una mano santa sotto forma di doccia. Gusto mandorla, per forza di cose.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...