11 settembre, 2006

Undici settembre.


Si è visto tutto e si è scritto tutto e letto, anche. Sono passati cinque anni da quella fine estate e tutti, proprio tutti si ricordano esattamente dove erano e con chi. Quando. Quando è successo, quando hanno interrotto le trasmissioni e dato il via ad edizioni speciali di telegiornali e notiziari e aggiornamenti. Quando ci si è accorti che non era un film, non era un montaggio, ma che era tutto vero. la memoria storica dei bambini di allora si è arricchita di qualcosa che noi, per esempio, quelli della mia generazione, quarant'anni o giù di lì, non avevamo registrato ancora. Noi abbiamo Milena Sutter, il terremoto del Friuli, Piazza Fontana, Vermicino. Poche tremende cose. Oggi, cinque anni fa, i miei figli guardavano i cartoni con gli amici in piscina, io avevo un ghiacciolo alla menta, una maglia a fiorellini e stavo consolando mia figlia che era scivolata sui sassolini. Chiacchieravo con un'amica. Mio marito stava tornando dal golf e avremmo dovuto uscire a cena. Undici settembre duemilauno. Nessuno più è stato quello di prima, e forse un pò si è dimenticato, ma a rivederla e rivederla, quella immagine da viedogioco che videogioco non è, ci si ricorda all'stante dove si era e con chi. E chi si è chiamato al telefono per primo. Undici settembre duemilauno. Oggi, cinque anni fa.

10 settembre, 2006

Il regalo.


Non è Gucci e non è Prada. Nemmeno Chanel. E nemmeno lui della foto, purtroppo. Un libro, signora mia, comprato venerdì pomeriggio e bevuto d'un fiato,così, come un bicchiere d'acqua dopo una corsa, scivolato via. Il libro più bello degli ultimi sei mesi, ma non è vero, il libro più bello è sempre l'ultimo letto, si sa. In questi due giorni confusi e scioccanti, che il ritorno è stato un trauma vero, due giorni in cui non si è avuto tempo nè voglia di niente, intente a preparare, organizzare, controllare, libri, quaderni e astucci e zaini e matite e cose,e la spesa, accidenti, ma quanto ci vuole per riempire un frigorifero vuoto da mesi. Voglia zero, entusiasmo meno 2, come Bolzano. Lo so, la capiscono in pochi, ma non importa. E allora, via, con la spesa alle Regie Truppe si fa scivolare nel carrello l'ultimo romanzo di Andrea De Carlo, una specie di scialuppa di salvataggio in questa frenesia che mescola la fine delle vacanze e l'inizio della scuola, ancorchè. Lo si terrà per non perdersi, si leggerà sul divano, tra il frastuono della casa e le voci dei figli, o appena si hanno 5 minuti di pace, o prima di dormire. Ci si estranierà per proteggersi, ci si coccolerà per non schiattare, per sopravvivere, forse. Per scappare. Letto in due giorni scarsi, la bellezza vera, la violazione delle regole di grammatica, mai due "e" nello stesso periodo, e Lui ne mette una manciata, ma che importa. La storia è bellissima, ed è banale dirlo, ma prende, sinuosa, e non ti staccheresti mai e fa stare attenti e sospesi, come tutte le sue, perchè lo sa, cara la mia signora, io li ho letti tutti, ma proprio tutti, non lo sapeva, non me ne sono persa neppure uno. Bello, consigliato, 5 stelle lusso. "Mare delle Verità", Andrea de Carlo. Da acquistare domani stesso, domani stesso iniziare e dopodomani finire. Nonostante scuola, ufficio, frizzi e lazzi. Niente male.

08 settembre, 2006

A casa.

Un pò storditi. Ma contenti, in fondo. Moooooolto in fondo. Bene, si riprende, alla fine. Si cerca di concentrarsi sulle cose da fare, magari un progetto importante, forse il Salone Nautico, chi lo sa, oppure, più semplicemente, il riordinare il garage, o comprare dei bicchieri nuovi. Non funziona, eh? Comunque, bello. C'è qualcosa di splendido in ogni cosa, se ci si fa bene caso. Le valigie disfatte in pochissimo, come a volersi un pò liberare da tutta la sabbia, il sale, gli scontrini, gli abbronzanti a metà, i balsami per i capelli, le mollettine per la spiaggia, le conchiglie raccolte, i bastoncini dei gelati conservati, gli elastici colorati, i sassi fatti a cuore, i braccialetti comprati dagli ambulanti, il pettine a denti larghi, la carta da gioco trovata sulla spiaggia...vado avanti? Meglio di no. Oggi giro di Ricognizione & Rifornimento per quaderni e affini e Punto della Situazione per compiti delle vacanze. Lo splendido in ogni cosa? Beh, in quasi.

04 settembre, 2006

Calma piatta.


E un pò di freddo. E un'aria di fine estate, di poca gente in giro, di dismissione generale. L'estate è finita sul serio, stavolta. Si torna a casa fra 3 giorni. Si finiscono gli ultimi compiti, ci si dedica ai due più piccoli, non si hanno grandi programmi. La mente, inutile star lì a girarci intorno, è già a casa, al lavoro da riprendere, ai libri da ritirare, alle cose da fare, ai progetti perlopiù scellerati che nascono solo dai momenti di calma perfetta come questa. Si lavano i parei, le tende, i cuscini. In spiaggia, alle 7 fa troppo freddo per restare a vedere il sole che và giù, ci vuole un golfino. Ma è bello uguale. Si ha come la sensazione di dover collezionare, raccogliere una quantità di immagini e sensazioni da tenere lì, da ascoltare quando sarà inverno pieno, quando ci sarà la nebbia e la pioggia a scrosci, la neve, magari. Per il momento siamo ancora qui. E c'è qualche nuvola e il sole non si vede se non a tratti e ci si deve sforzare per mandare via quell'ansia, sottile e insolente, quella che si fa sentire solo prima dei cambiamenti, che ti fa visita di tanto in tanto, come una zia, come mia madre, che passa domani in visita pastorale, i 20 minuti canonici che mi dedica ogni sei mesi. Non ci si arrenderà. E anche se il cuore batte forte, a tratti, e a volte devi fermarti un secondo per sentirlo perchè ti sembra di non sentirlo più, non importa, non è grave. Respira forte. Passerà.

01 settembre, 2006

Ode al savoiardo.


Gli ingredienti sono semplicissimi. E’ lui ad essere complicato. Un incapace, ecco. Il savoiardo è uno strano biscotto, un bell’elemento, non c’è che dire. Una specie di Wanda Osiris della biscottiera. Se la tira. E’, innanzitutto, il più grosso di tutti. E su questo non ci piove. Soprattutto quello sardo, che è grosso il doppio. In più, ha quell’aspetto segaligno, dinoccolato, tristanzuolo anche; fa pensare a un maggiordomo, peccato che da solo, povero illuso, non serve proprio a niente. Nel senso che a morderlo è ottuso, un po’ gnucco, vagamente insipido e ti dona in men che non si dica la classica “secchezza delle fauci”. Se non fosse per i suoi amici, caffè, crema al mascarpone e cacao, passerebbe la sua vita negli scaffali del supermercato. O tutt’al più verrebbe acquistato da qualche fanciulla che decida, dopo un’estate di scialo calorico, di mettersi un po’ in riga. E poi, con lui si sbaglia sempre. Si inzuppa sempre o troppo o troppo poco. Se lo lasci un attimo di più a sguazzare nel latte, spaf! Ti si rituffa dentro, o meglio, mezzo dentro la tazza e il resto sulla tovaglia immacolata. Una tragedia. Lui, il savoiardo, non fa una piega. Non gli importa della sua scarsa personalità, della sua inettitudine, della sua totale incapacità di combinare, da solo, qualcosa di buono. Ma intanto cova in cuor suo la più atroce delle vendette, il modo più cruento di fargliela pagare. Ma come , a chi? Al suo acerrimo nemico, il mite Pavesino. Riuscirà il Pavesino ad avere la meglio? E’ quanto sapremo alla prossima puntata.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...