20 maggio, 2009

Il buongiorno delle rose.

Vero è ben. Col sole e la luce, le cose hanno tutto un altro andare. Sono bei giorni di sole, finalmente, di colori esplosi all'improvviso o quasi, di erba fresca, di bellezza, di pace, anche. Così, anche le mattine sono così diverse. Non ci si stringe più nel pigiama, rabbrividendo, e non si sta a letto per più di cinque minuti dopo la sveglia: si apre un occhio, poi un altro, si guarda fuori e quel sole impertinente e tanto atteso ti dice, coraggio, vieni fuori a giocare con me. Anche i figlioli si alzano più volentieri, è tutta un'altra storia andare a scuola vestiti leggeri, mica imbaccuccati nel piumino e avvoltolati nelle sciarpe. Persino il saluto sulla porta ha un sapore diverso. Un profumo di fresca vaniglia, non so come dire, di torta, di rugiada, chi lo sa. Son le rose, appunto. Sbocciate prepotenti ed altere nell'aiuola davanti alla porta. Quest'anno, più belle di sempre, dacchè hanno finalmente tagliato i pini che impedivano al sole di scaldarle e fiorivano, sì, ma un pò a fatica, steli sottili sottili che mal sopportavano tutti quei petali. Così, si salutano i figli che vanno a scuola e non si rientra in fretta dal pianerottolo, anzi, si esce, che importa, si è in pigiama ma chi mi vede a quest'ora e poi, qui si porta anche l'umido in pigiama, è uno dei vantaggi del vivere qui. Ci si sofferma a guardarle, rose di una bellezza antica, le rose inglesi sono diverse, hanno un che di nostalgico, un pò decadenti, così romantiche, un pò vintage, malinconiche, un pò sfioritine, profumatissime. Le adoro. Tanto che non ho cuore di tagliarne qualcuna da sistemare con grazia in un vaso, le lascio lì, almeno per ora. Che grandi meraviglie fa il sole, a quali miracoli pagani si può assistere così, a casa propria, nelle mattine di maggio, profumate di caldo e di fiori, quale miglior buongiorno stamattina, a un' anima semplice, arruffata e in pigiama, incantata a guardare le rose e a sentirsi felice.

18 maggio, 2009

Laura Vs.Circular Needles.

Ho fatto e rifatto. Contato e ricontato. Chiesto lumi. Confrontato spiegazioni, pattern, come si dice da un pò, in inglese e in francese. Quelli in greco erano finiti. Ho fatto.Guardato e disfatto. Rifatto. Guardato e disfatto. Mi sono innervosita. Ho rifatto. E, ovvio, ho ri-disfatto. Ho strappato il filo. Ho contato meglio. Ho buttato un groviglio di filo pregiato nel cestino. Ho rifatto. E poi sono giunta a una conclusione. Elizabeth Zimmerman, che Dio l'abbia in gloria, ha un'avversione verso la scrivente. Io non le piaccio, insomma, dacchè sono l'unica che non riesce a fare questo diavolo di pattern, come si dice oramai. I ferri circolari non mi sopportano, sono inversamente proporzionale al MagicLoop, non sono portata, non sono capace, eppure, mi era venuto così bene quella volta. Ma non finisce così, ho la testa più dura del granito di Maddalena, io, la cara Betty proprio non sa con chi ha a che fare. proverò e riproverò fino allo sfinimento, mio e delle ancelle cui chiederò di assistermi, e porrò così fine alla complotto di cui sono vittima. Già, perchè c'è chi giura di aver visto da qualche parte un gomitolo di preziosissima Noro infilzata con ferri circolari n.3 con applicata una mia fotografia. Ecco, lo sapevo. Qualcuno conosce come si spezza un simile incantesimo?

Vitamine!

A tonnellate. In pastiglie, da sciogliere nel bicchiere, da succhiare sotto forma di caramelline. E' quel che mi serve adesso. Saranno i primissimi caldi veri, sarà che non eravamo preparati dopo un novembre che è durato 4 mesi, ci si ritrova un pò sbaccaliti, dopo la mattinata del lunedì spesa a fare giri in giro, a concludere vicende e incombenze varie, un pò sciaborditi, chissà che vuol dire, imbambolati e stanchi, ma così stanchi, e affaticati, ma così affaticati. Così, ho comprato un intruglio, Complesso Multivitaminico, recita la scatola, con Taurina e Caffeina scritto in piccolino. Ohibò. Diventerò una specie di culturista, niente tette e con dei bicipiti grossi così, culo armonico e coscione a forma di culatello di Zibello? Starò sveglia per notti intere? Mi spunteranno coda e corna e andrò in giro a incornare di qua e di là chi è di rosso vestita? Non si sa. Mi serve però una spintarella, un pò di ricostituente per la bella stagione, un pò di carburante. E poi, questa idea delle vitamine è un pò una fissa, magari non fanno un bel niente, ma dopo che ti sei scolata il bicchiere dove hai sciolto la bustina al gusto d'arancia, chissà perchè, ti senti già meglio. Poteri della suggestione, forse. O forse dell'intruglio magico, chi lo sa. Fattostà che da oggi ha ufficialmente inizio la mia cura di vitamine, per non sentirmi più affaticata. E, già che ci sono, anche per aver voglia di affiancare la mia personal trainer e andare a correre agli Argini. E' la seconda volta che le dò buca. Ma si può andare a correre se piove? Ma certo che no. Noi si va a correre col sole pieno, con le scarpe in tinta, con il gloss coi brilli, insomma, si va a correre per fare scena. Perciò, al prossimo appuntamento con la mia Personal Trainer, che altri non è che la Feroce Afef, non mi farò trovare impreparata: puntualissima, saltellante, tonica, bella carica, bell'e apparecchiata, bell'e viva, direbbero in molti, e, che te lo dico a fare, supervitaminizzata. Aumenterò la dose. Positiva all'antidoping? Beh, mica controlla nessuno.

15 maggio, 2009

Ode al Risotto Pronto.

Chiariamo subito un fatto: mi piace cucinare e sono anche bravina. Ho anche in essere un blog non troppo serio di cucina, non molto aggiornato, in realtà, ma insomma, non è che si può fare tutto. Una delle mie speciali specialità, date le mie origini oltrepadane, è e resta il risotto alla milanese. Fatto con tutti i sacri crismi, il brodo buonissimo, il vino bianco, lo zafferano Tre Cuochi e nessun altro, se no, che risotto è, e via così. Ma ci sono volte in cui mi attardo, che un pò mi sorprendo a dimenticarmi della cena e della tavola da apparecchiare e del desco famigliare e bla bla bla, volte, come ieri, che cinscischio con le amiche del knit a ciaccolare in un dehor, ma era così una bella sera, anzi, un pomeriggio tardi, e che vista l'epica avversione agli aperitivi del mio CoronatoSposo, se voglio tirar tardi a dir stupidaggini è solo con le amiche che lo posso fare. Ben perciò. Ci siamo attardate, a chiacchierare, una telefonata a casa, vi arrangiate se tardo? Ma certo che sì, sono tutti già così grandi. Salvo scoprire che poi, al mio rientro, non si erano mica arrangiati, ma avevano cincischiato anche loro, massì, chi l'ha detto che si debba cenare alle 8 in punto, prendiamoci anche noi il lusso semplice di fare come ci pare una volta tanto. C'è uno strano meccanismo che funziona nella mia umile casa: spesso, quando entro io, ne esce qualcuno. Vado a Cena Da Tizio. Il Giurisprudente certo non si può definire abitante di questa casa, che a contarle, son più le ore che è assente, e se il tetto cade non gli cade in testa, e questa casa non è un albergo e cose così. Fatto sta ed è che nulla di nulla era pronto per cena. Ben perciò (e due!) mi è venuto in soccorso Lui, il risotto delle buste. Di preparazione elementare, conservato con discrezione nella dispensa di cucina, proprio accanto alla farina Enkir del Mulino Marino, alla pasta Setaro e altre leccornie, Lui, Il Riso Pronto è il Salvatore Maximo delle mamme scellerate come la scrivente, che ogni tanto, ma poche volte, giuro!, si attardano all'osteria, trascurando i figlioli in tenera età, lo stanco consorte che riede dopo una giornata di durissimo lavoro nei campi. E' una specie di miracolo, il fatto che, dalla busta liofilizzata esca, in men che non si dica, un piattino di risotto fumante a prova di chef. Però, la pagherò. Eccome se la pagherò quest'oggi, e magari anche domani, cucinando e cucinando per il plotone che saremo, sia che ceniamo a casa, sia che ceniamo da amici, che le regole della buona creanza danno di chiedere sempre Cucino Qualcosa? e allora sì, si spadellerà per ore e ore. Ma il Riso Pronto resta il mio segreto, per sfamare la mia famigliola quando proprio non ce l'ho fatta e mi sono regalata a me stessa medesima (!) un bel pomeriggio che vale più di tanti impasticcamenti, seppur omeopatici. Sensi di colpa? nemmeno uno. Ma i Tre Cuochi dalla dispensa mi guardano malissimo. Non mi hanno ancora perdonato, mi sa.

14 maggio, 2009

Tricot, merci!

Eccome se mi dispiace. Oggi, sarebbe stato il giorno della parigina partenza, a trovare questa Amica e la sua Petite Princesse. In realtà era già stato organizzato tutto fin nei minimerrimi dettagli, ma poi, si sa bene che la frase Nulla Osta è da dire con grande, grandissima prudenza, e perciò, molto a malincuore ho dovuto dire adieu al mio parigino viaggio, e alla squisita accoglienza a me riservata. Sigh. Appuntamento non già cancellato, solo slittato, in attesa di tempi migliori. Noi qui nel Monferrato, oggi si knitta. Dacchè è proprio oggi il giorno deputato all'incontro di noi Galline coi Ferri. Poichè a noi, c'è presa secca, si dice così. Con l'arrivo della stagione calda, effinalmente!, noi ci si imbizzarisce come cavalli Appaloosa e via di progetti coloratissimi e speciali, nella loro semplice, artistica realizzazione. Ho già spiegato in più di un'occasione che il tricot del duemilanove non è propriamente un affare da nonnepapere. Noi si ricerca. Il cotone americano che qui da noi non esiste, per quei famosi dishcloths che hanno dato vita a un vero e proprio mercato di schemi, i più fantasiosi. La lana giapponese, quella estone, i ferri speciali, così belli da guardare, con questo gioco di svita e avvita, nuove tecniche di zia Elisabeth, libri acquistati dall'altra parte dell'oceano, modelli di giacchine in un unico pezzo, che fino alla fine non sai cosa diavolo stai facendo, lo ben sa la mia Amica delle Perle. Con questo armamentario, ben dotate del nostro kit che si trova solo qui, oggi si knitterà, stessa spiaggia stesso mare. E non a caso, dacchè so che oggi, in questa sede, si potranno esaminare progetti di borse in cotone e seta, bikini di microfibra all'uncinetto, cappellini vezzosi da sfoggiare sotto il solleone. E tutto senza dimenticare, ça va sans dire, il nostro progetto principe, copertine in cotone per l'Ospedale Sacco di Milano, da consegnare alla fine di maggio. Direi che ce n'è abbastanza. E pensare che c'è ancora chi dice che siam lì a far presine. Quel dommage!
Thanks to KrisKnit.

12 maggio, 2009

La Carovana.

Che mai si creda che tutto faccia rima con solecuoreamore, quassù, nella casa in collina. Pur romanzata, pur sdrammatizzata, molto spesso infiocchettata, così, per rendere gradevoli cose che altrimenti sarebbero tremende di per se stesse, la vita qui è comune a molte vite, i giorni son comuni a molti giorni, e forse, a quel che mi si dice negli scritti che mi arrivano, è proprio questo che rende il tutto se non bello, interessante. Meglio che non ci si incammini in questioni e concetti così spinosi di prima mattina. Si hanno pensieri e spine nel cuore, pensieri lievi e pesantissimi, preoccupazioni di vario tipo, conti da far quadrare, annose questioni, cose di tutti i giorni, invisibili eppure presentissime, vicende, affari, cose. Noi qui ci si è un pò divisi i compiti, a me, manco a dirlo, tocca tenere alto il morale della truppa, niente di grave, certo, le cose solite, ma sono io l'Addetta Cazzate, mi si perdoni il termine ma le qualifiche son qualifiche, io che mi devo inventare in cinque e tre otto un sorriso rassicurante, come a dire SonQua, PossoFareQualcosa, io che mi sforzo un pochino a capire complicati meccanismi, che spolvero e lucido l'equilibrio perfetto raggiunto a fatica in questa bizzarra e adorata famiglia, io che riordino con grazia non già il mio armadio o i miei cassetti, troppo facile, ma i pensieri dei miei figli, i primi bronci della PrinciCheCresce, gli occhi liquidi del Giurisprudente, il pallore del Liceale Risanato, la morbida ribellione del JuniorIng., il mondo incantato e lontano del FiglioDiBahia. E, ultimo ma non ultimo, le vicende del mio Sposo Eccelso, i suoi entusiasmi trascinanti, i suoi progetti che sono i nostri, le sue ansie che sono le mie, i suoi crucci che mi appartengono, le sue tristezze che conosco bene, le sue paure che so a memoria, le preoccupazioni che potei disegnare. Non proprio semplicissimo. Portare avanti questa carovana, fare in modo che non scappi una ruota, che non si caracolli giù da un burrone, che non caschino le valigie dal tetto, che non si venga assaltati dagli indiani o dai cowboy, non fa differenza, che non si finisca a mollo nel Mississippi-Missouri, che qualche cavallo non si imbizzarrisca, che non ci caschi una sequoia sulla testa, beh, proprio un gioco da ragazzi non è. Noi ci si prova. Sembrando solo distaccata e vanesia e un pò scema qualche volta, attentissima ad ogni minimo rumore, fruscio, sospiro, cambiamento, occhiataccia, occhio perso-occhio pesto-occhio lontano, accudendo con dedizione ogni mossa, studiandone gli effetti, cercando di capirne le cause. Il tutto, farcito dalle cose che so fare meglio, canticchiando sommessa scendendo le scale, improvvisando un minuetto con la Princi, giocando un pò coi miei figlioloni grandi, già più grandi di me, accidenti. E a dire al mio IsosceleSposo che noi si condivide, che nella buona e nella cattiva sorte e che in salute e in malattia, e che è vero che non lo abbiamo detto al prete, ma che fino ad ora ha funzionato così bene anche detto al Sindaco, tanto da far pensare che sì, forse tutto fa rima con solecuoreamore. O forse, è la Sezione Cazzate di questa casa ad avere una Presidentessa confusa, vanesia, sfarfalleggiante. Ma sul pezzo. E non è nemmeno una velina.

11 maggio, 2009

Wanted.

Ci ha conquistati un pò tutti, primo in assoluto il mio Illustrissimo Sposo Adorato e Glorificato. Ha una faccia buffa, è dolcissima e dispettosa, capricciosa e adorabile, tenera e vivacissima. Poichè ci seguirà ovunque, date le sue ridotte dimensioni, una specie di gatto che abbaia, avrà i suoi bei documenti, perchè noi, si sa, si fan le cose in regola. E questa la foto tessera da apporre al suo passaporto, che mai si dica che il nostro cane è clandestino, di questi tempi poi, mi aiuti a dire. Restano un mistero le impronte digitali. Ma per allora, ci si sarà attrezzati.

10 maggio, 2009

Carezze.

Le carezze della domenica. Quelle leggere, che si fanno passando, senza fermarsi, che quasi non si sentono ma che fanno così bene. Mica è detto che si fanno con le mani, le carezze. Non solo, almeno. prima di tutto può essere considerata una carezza il fatto di fare colazione intorno alle 11, sul terrazzo di casa inondato dal sole brillante di maggio, che la domenica mattina è ancora più brillante e sembra più caldo, che scoperta, oggi è domenica, si vede benissimo che non potrebbe essere nessun altro giorno al mondo, e che questo sole qui farà asciugare di sicuro le lenzuola stese, o meglio adagiate, io non so stendere le lenzuola nello stendino, c'è qualcuna che è così brava da insegnarmelo? Ho un orpello apposito per le lenzuola ma mi piace che sappiano di sole e di aria pulita e di erba, un pò, e se c'è il sole stendo fuori. In questa affollata casa, con figlioli accampati in ogni dove, si pensa a un pranzo domenicale, ma lo si fa guardando lontano, oltre il pratino verde smeraldissimo, le colline, il cielo, i fiori dell'acacia e quel suo profumo discreto. Si sta così, si beve una pace discreta, un sole così atteso, una beata calma, una specie di quiete composta e profumata, domenicale, morbida, semplicissima. Oggi, la voce sottile della PrinciCorista, che mi commuove sempre un pochino, una merenda sul prato e una domenica sera che scivola via, pigra e silenziosa. Ci sono compiti da finire e lezioni da ultimare, il Liceale Convalescente ma che domani forse andrà a scuola, e carezze, carezze invisibili e silenziose, mille carezze cha fanno un abbraccio, una sera di maggio, nella casa in collina.

06 maggio, 2009

L'infermeria.

Nè tempo, nè voglia, ne grande concentrazione e ispirazione per fermarsi un secondo a rastrellare pensieri sparsi e metterli qui. L'infermeria, situata all'ultimo piano della casa sulla collina, lavora a ritmo incalzante. Antibiotici e spremute, enterogermine e tachipirine a nastro, frullati e banane disintegrate ma comunque di difficilissima ingestione per il Liceale Malato. Miglioramenti ben pochi, ma si dice essere il decorso normale della malattia, che ha avuto la meglio sul vaccino somministrato in tenera età. Che dire. Si fa come si può, non già come si vuole. Così ci si organizza, e volendosi ben fare del male fino in fondo, si attaccano gli armadi, soprattutto quello dell'ingresso, dove vivono in beata promiscuità felpe dimenticate, caschi di figlioli raminghi non meglio identificati e comunque non miei, guinzagli, borse ecologiche della spesa, piumini Moncler e giacchine leggere, impermeabili macchiati e sciarpone tricot. Certo, non che sia una terapia azzeccata. Riordinare un armadio, si sa, ha numerosi effetti collaterali da non sottovalutare: a metà dell'opera si può essere invasi da uno sconforto cosmico,e dentro di sè si ode martellante la domanda Ma Chi Me Lo Ha Fatto Fare. Così, non è raro assistere all'abbandono, seduta stante, della titanica impresa. Si spinge tutto dentro alla bell'e meglio, si butta e si piega quel che proprio non si può fare a meno di buttare e piegare e si chiude l'armadio con un sospiro, meglio se di spalle, senza guardare. Il Pianeta non avrà danni irreparabili se ancora per un pò piumini e cose convivranno more uxorio nell'armadio dell'ingresso. Nel frattempo, salgo in infermeria. Il Liceale deve prendere il suo antibiotico. E io, core di mamma, è già un quarto d'ora che non lo controllo. Gonfio sì, ma bello come il sole.

04 maggio, 2009

Mumps in NY, orecchioni a Manhattan.

Da non credere. Il nostro mini viaggio, la nostra piccola vacanza, in fondo quattro giorni e un pezzo sono un bell'andare, è stata praticamente perfetta, piuccheperfetta fino a sabato mattina. E fino ad allora su e giù per la Madison, e sù per l'Empire, e giù a Ground Zero, e dentro e fuori da un centinaio di negozi e calamite e souvenir e cappellini e mazze da baseball e palline da golf e l'hot dog per la strada e magliettine e sandalini. Poi, il nulla. O meglio, il tanto. Il mio figliolo Liceale ha ben pensato di ammalarsi e non già un raffreddore o un mal di pancia, chi ha figlioli sa che queste cose si mettono in conto. No, lui no. Lui si è preso gli orecchioni. Mumps. A New York. Al quindicesimo piano di un hotel sulla Quinta, un bel mattino si sveglia ed è un altro figliolo, di un bel colorino verde alabastro ceruleo e la guancia gonfissima. E un febbrone equino e male, tanto male. Ho mantenuto una calma da manuale, ho chiamato il Regio Medico in Italia, Che Faccio? Nulla, mi dice, tachipirina e antinfiammatorio, fine. E un giorno e mezzo di letto e di febbrissima, con frasi sconnesse e sonni pesantissimi. Affidata la Princi ad Afef, che l'ha condotta con sè nello scintillante mondo dello shopping newyorkese, io, madre ad accudire il mio figliolo malatissimo, a guardare fuori dalla finestra, a ricamare e a pregare che arrivasse in fretta il momento di andar via. Ora, a casa siamo. Lui sempre maluccio, ma l'odore del suo letto e della sua camera, di sicuro lo farà stare un pò meglio. Ora, si disfano le valigie, si radunano i regalini e le cose, si dosano medicine e spremute, ci si riprende dal jet lag. New York, New York. Come faceva la canzone?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...