11 novembre, 2009

L'estate di San Martino.

Lo sai?, si chiama estate di San Martino. Te la raccontavano alle elementari, e fa parte di quelle cose che sai, ma che hai nascosto in qualche parte della memoria e che quando qualcuno te la racconta, dici, massì, quella, come ho fatto a non pensarci, San Martino, il mantello e tutto il resto. Il resto è qui, oggi. E' in questo sole caldo, è nel giro coi cani nel primissimo pomeriggio e caldo lo fa davvero, una specie di regalo, in una giornata storta, ma storta per davvero, con un'ora buona passata nello scantinato di un ospedale, non proprio una passeggiata in Montenapoleone, anche se smanettavo come una pazza sul Blackberry, per non perdere il filo, il senso, la grazia. La paura è una roba strana, che ti assale anche quando una vera ragione non c'è, ma chi non ha paura di andare in ospedale, foss'anche per un controllo, foss'anche per una roba da niente. La passeggiata, perciò, è un regalo che mi sono fatta, ad annusare il sole di fuori, a camminare sulle foglie secche e sentire lo scratch! sotto le scarpe, e vedere, magguarda, che fra le foglie secchissime c'è un'erbetta che è una delizia, verde smeraldo, gioielli per me. Le colline laggiù, la città, il campanile del Duomo che si vedono così bene in giornate come questa. L'estate di San Martino è un evento che non accade, se non lo fai accadere tu, se qualcuno non ti racconta la storia, se non dici, ma è vero, senti un pò che caldo che fa, di stare ancora senza calze, freddo non ce n'è. Il sole scalda di più nei giorni in cui hai avuto paura, nei giorni in cui ti sei sentita un pò persa e un pò nei guai. E allora scaldami, sole di novembre, abbracciami e stringimi come sai, regalami le foglie secche, un pò gialle e un pò rosse, fammi sorridere, consola questa fifona che non sono altro, raccontami tutte le storie inventate. Ascolterò, intrecciando una corona di smeraldi con l'erba nuova della collina.

Non ho cuore.

Non è che tutte le albe sono uguali, hanno lo stesso colore, e lo stesso fascino, e la stessa magia, O forse, dipende solo dal modo in cui le si guardano, come ogni cosa, del resto. Uno può guardare fuori, la pioggia a scrosci, il vento, le grandine e dire, Chemmeraviglia, mentre poi, un giorno perfetto di brezza e fiorellini ti innervosisce, o ti fa schifo, a piacer vostro. Stamattina l'alba era meravigliosa, rosa e basta, colorata a pastelli, leggerissima, luminosa, regale. Ma è un'alba strana, nella casa in collina. E' un'alba strana per me, che sì, ho visto, era bellissima. Ma che non ho il cuore adatto per guardarla bene, stamattina. E' da un pò che non l'avevo, questo peso sull'anima, questa pugno che stringe e stringe, questo cuscino a soffocarmi, questa paura. E' da un pò. E i motivi sono mille e nessuno, uno sì, nello specifico, ma aspetterò che sia passato per raccontarlo anche a me. E sarebbero giorni così belli e preziosi, giorni di una felicità semplice, di quelle che compri dal droghiere, con le caramelle gommose dentro ai vasi di vetro, la carta oleata, lo spago giallino per avvolgere la torta. Giorni, normali e bellissimi, uguali e diversi, non so come dire, il sole che c'è, le foglie colorate, la nebbia, ogni tanto. I pensieri si affastellano in disordine, non ce n'è uno che si lasci pensare con calma, sono tutti lì, ammucchiati, a sgomitare, per farsi pensare prima, c'ero prima io, no io, e qualcuno si accantona, si scarta, si rimanda indietro, si mette sotto, come le camicie quando stiri, questa la stiro dopo. Poi il mucchio finisce e la camicia ti tocca, così come il pensiero che hai rimandato e rimandato, adesso ce l'hai lì. Sospiro e sospiro, a darmi forza, a cercare coraggio, a battere veloce le mani insieme, una sola volta, come faccio quando sono in difficoltà, piacevole o meno, gradevole o meno. Sù, domani sarà già passato, avrò pensieri morbidi e caldi come un gomitolo di cashmere, e mi si perdonerà se stamattina ho questo peso, se non mi riesce proprio di pensare a cose belle e colorate. A far le cose, le più semplici, ci vuol cuore. E io, stamattina, non ce l'ho.

09 novembre, 2009

Alta gioielleria.

Non è quel che si dice una giornata da incorniciare. Aria strana, nella casa in collina, strano clima atmosferico e non, una specie di sabato, dacchè domani è festa grande del Santissimo Patrono, perciò tutti a casa da scuola. Ho urlato piuttosto, mi sono girate piuttosto, contrariata piuttosto. Succede, mi pare ovvio. Unica nota leggiadra in tutto questo polpettone di guai e vicende e questioni e tritamenti, un giro in città con la Princi, di quei giri veloci e improvvisati, Mi Serve Un Quaderno, e poi si gira e si gira, per vetrine e negozi, così. E per l'appunto così ho pensato di gratificarmi, acquistando in tutta scioltezza un preziosissimo paio di orecchini, molto kitch ma molto chic, la Tour Eiffel, madame, voilà, per lei che c'ha la fissa di Parigi, mi sembra il minimo. Ora sono miei. Costo dell'operazione : 3 euro e novantacinque, direi che è un bello spendere. La Princi guarda e approva, Facciamo Uno Ciascuno? Essia. Sperimento così la terapia dello shopping compulsivo per attutire incazzature e affini. Speriamo funzioni. Una maglia con la Gioconda? La prossima volta.

08 novembre, 2009

Di Noro e castagne.

Ora, la lana Noro è il piano attico. Il top dei top dei top. Il massimo. Cinque stelle Lusso Relais & Chateaux. Una lampada di Ingo Maurer. Un macaron di Ladurée. La Kelly di Hermés. Il piegaciglia di Shu Uemura. Un profumo di Creed. Bene, ho finito. La lana Noro io l'adoro. E anche se certe mie Amiche dicono che lascia i pelucchi (bestioline, è l'angora, no? ma tutto vi devo insegnare?) a me essa, la Noro, fa impazzire nel vero senso. Per quella sua morbidezza cosmica, per quei suoi colori polverosi, degradanti, avvolgenti, meravigliosi. Oggi, domenica di sciallo totale, tutto dedicato alle attività che ciascheduno più gradisce in assoluto, ho messo sù in cinque e tre otto Marianna una sciarpa preziosissima con due trecciolone di questa ambrosia di lana, la Kochoran, per intenderci meglio, un sapientissimo mix di lana purissima, angora e seta. Il modello di Ravelry, due ferri che sono armi improprie, tra una mezz'ora sarà pronta. Giusto in tempo per le castagne. Che c'azzecca la Noro con le castagne? Un bel niente, ma la castagna và come il pane, lo sanno tutti. E costa molto, molto meno della Noro. Ragionamento complicato, ma in una domenica di pioggia vale tutto. Al resto, ci si pensa poi.

Per Eloise.

I bambini li porta il Cielo. Scendono piano dalle nuvole, galleggiano e si posano leggeri nelle case, nei lettini di pizzo, nelle capanne di fango e paglia, su strade di sassi e ghiaia. I bambini li porta il Mare. Li accarezzano le onde, li cullano appena e li adagiano lì, tra la schiuma e le stelle marine, i pesci e le conchiglie. I bambini li porta il Vento. Soffia dolce su di loro, li protegge e li avvolge, arrivando da chissaddove. I bambini sono schegge di luce, mondi sommersi e sconosciuti, diamanti purissimi, stelle comete. I bambini li porta la Luna. Li illumina d'argento, li veste di polvere magica per renderli invincibili, li nutre di desideri e promesse, di albe e di futuro. I bambini li porta la Pioggia. Li lava e li rinfresca, e regala loro goccioline invisibili di forza e saggezza, bellezza e fortuna. I bambini li porta il Sole. A scaldarli con i raggi più preziosi, scelti apposta per loro, sul suo carro fantastico per un viaggio attraverso il mondo, fra galassie e universi sconosciuti, fra missili e pianeti. I bambini sono alchimie perfette, equilibri irripetibili, storie magiche raccontate una sola e milioni di volte, nessuna uguale a un'altra, luminose, antiche e sconosciute. I bambini sono il regalo del mondo al mondo, il respiro della Vita, una scommessa del destino con il cuore, il miracolo più bello.
A Eloise arrivata ieri, su quel carro del Sole che per un attimo ha illuminato Parigi, fra le nuvole e la pioggia, i ponti e le foglie del lungoSenna.

07 novembre, 2009

Di sabato sera.


E tanti ce ne saranno, di sabati come questo. La partita di sabato sera alla tv è quanto di più deprimente, da un lato, e meraviglioso dall'altro, possa mai verificarsi lassù, nella casa in collina. Ognuno si sceglie un posto sul divano, ognuno inteso come maschio adulto e poichè in grazia di Dio, di maschi adulti ne ho una discreta somma, la Princi ed io non siamo invitate a tale evento. Nè ci terremmo in modo particolare, s'intenda bene. Così, la scrivente si inventa una sera del tutto nuova, del tutto libera, del tutto sua, dacchè la Princi, a cena da una compagna, riederà alla casa paterna verso le ore 21. Le sere d'inverno, anche se inverno ancora non è, hanno una magia tutta speciale. Spesso si condividono con gli amici, e spesso hanno questo sapore di vacanza regalata, di libertà assoluta, di solitudine compiaciuta e gradevolissima, che farò nelle prossime 3 ore, dal prepartita al durantepartita, al dopopartita e al buonanottepartita? La scelta risulta ardua, e si comincia a rifugiarsi lassù, nello studio in piccionaia, si gironzola sul web, si legge a tratti, si sceglie una bella musica e ci si inventa qualcosa. Che belli i pensieri del sabato sera, sono diversi da quelli delle altre sere, non ci avevo pensato. Sono così leggeri, così maleducati, anche, escono fuori a dozzine come le rose, di idee se ne hanno sempre un mucchio, si pensano una quantità di cose che le altre sere, ma nemmeno per l'anticamera. I pensieri del sabato sono gomitoli nuovi, morbidissimi, hai tutto il tempo di guardarne per bene la composizione, esaminarli con la massima cura, rigirarteli tra le mani, passarteli sulla guancia, per vedere che effetto fa. I pensieri del sabato, di quei sabati che nessuna amico e nessun figliolo e nemmeno lo Sposo, sono bottoni mischiati, non ce n'è uno uguale a un altro, e ognuno racconta di sè, ognuno ha il suo corso, la sua storia, e la sua strada. I pensieri del sabato sono lettere che non spedisci, sono progetti ambiziosi e complicati che mai e poi mai riusciresti a fare davvero, ma in sere come questa è così facile dire, Ecco, Farei Così. Si può fare tardi, stasera, si può decidere di leggere fino alle 2 con la lucina piccola, si può fare la maglia sul letto, a gambe incrociate e l'iPod, si può guardare fuori dalla finestra e chiedersi pigramente, chissà domani che tempo farà. Per le grane e le questioni, per le ansie dei prossimi giorni che non è che non ce ne saranno, anzi, di più, tempo ci sarà. Ma non ancora, non adesso, non di sabato sera.

05 novembre, 2009

Tiberio, il coniglio.

Non è mistero, le mie colazioni sono spesso affollate. A parte gli umani che condividono con me la casa in collina, e che sono, diciamo, una discreta quantità, ho una serie di animale e animaletti di varia foggia e dimensione, specie di appartenenza e genere, scelti, come cani e gatti, e imposti dalla natura circostante, e ivi si leggano ragni, cimici, e coccinelle, dacchè in collina siamo e non a Manhattan. Serpenti a sonagli e tarantole ancora no, per fortuna. In realtà, la natura impone anche una serie di deliziosi esserini, pettirossi, uccellini variopinti, gazze ladre e loro, i coniglietti. Ne avevmo adottato uno, tale Tiberio, anni fa, da quando una sera ne stavo per fare un pasticcio di coniglio sotto le ruote della macchina e giuro, non avevo cuore di scendere a vedere cosa fosse successo, e lui se ne stava lì, illuminato dai fari a due millimetri, o forse cinque, non so, e i bambini piangevano dal sedile dietro, Ecco, E' Morto, Mamma, ma non che non è morto, e mi sono sentita una delinquente anche solo per aver rischiato di. Comunque, tutta queta manfrina per dire che Tiberio era vivo e vispo, e da allora, ogni coniglietto che incontro sulla strada di casa è sempre Tiberio, anche se sono passati una decina d'anni, e quello che incontro sarà il bisnipote del bisnipote di Tiberio, ma ha sempre la sua codina bianca a ciuffo e allora come fa a non essere lui. Stamattina, caso raro, ne è entrato uno in giardino. Ha passeggiato un pò sulle foglie del pratino, e guardava dai vetri, non so se me e il mio Sposo a colazione, o se mi è sembrato soltanto, ma insomma, era lì. Lì per lì ho smesso un attimo di respirare, mi veniva da dire Siamo Al Completo, ma avevo un musetto così buffo e quell'espressione da saputello che hanno tutti i coniglietti che mi è venuta voglia di aprirgli la porta. Ma si sa, i coniglietti, sono dei fifoni, ma dei fifoni, e appena mi sono avvicinata se ne è andato a gambe zampe levate, spaventatissimo, forse da me, scarmigliata o dal mio tintinnare di campanelli e ferraglia, la stessa che mi fa stare un buon venti minuti al metal detector degli aeroporti. Tiberio, o chi per esso, si è dissolto nella nebbia a piccoli balzi furtivi, ma spero che mi faccia di nuovo visita, un giorno o l'altro. Per allora, sarò preparata: un velo di gloss e niente braccialetti. AI coniglietti, si sa, il rumore dà noia. E anche agli sceriffi del metal detector. Mi sa che dovrò rivedere la chincaglieria che indosso.

03 novembre, 2009

La luna a cena.

Si era già vista da subito, che quella non sarebbe stata una luna qualunque. Quando si hanno di queste sorprese, quando uno, una cosa non se l'aspetta proprio, è ancora più bello, come è più bello e luminoso il sorriso di chi sorride poco, magguarda, non ci avevo mai pensato. La luna di stasera è una luna speciale, ed è bella, così bella che a guardarla ti ci perdi. E' stata lì per tutto il tempo della cena, noi che la cucina dà di là e non di qua, che di là è più bello e guardi fuori anche a colazione, e la giornata inizia meglio se mentre sbadigli guardi fuori, non importa se il pratino vicino o la collina lontana, l'importante è avere del verde da guardare, e non ti stanchi, non ti stanchi mai anche se il paesaggio è sempre il solito, ma che cambia con le stagioni, così. La luna di stasera guardava il passato di verdura nei nostri piatti a fiori e frutti, la tovaglia bordeaux, i bicchieri diversi perchè così mi piace. E ascoltava, ascoltava. Le cose qualunque che si dicono in una casa qualunque in cima alla collina. Stasera, nessun urlo ha scosso la tavola, càpita sempre più di rado, in realtà, ma anche qui, quando càpita, càpita che merita, ed è lo stesso discorso del sorriso, se ci pensi bene. La luna ha sorriso, per le solite cose dei ragazzi, le battute e le scemenze che mi fanno ridere fino alle lacrime, qualche volta, a dire Che Figli Scemi ma a non volerli mai diversi da quello che sono. La luna era lì, sempre lì, e la vedevo anche da seduta, e alla fine ho dovuto abbassarmi a sfiorare il piatto, Cosa Fai, Guardo la Luna e lei guardava me. Aveva cose da dirmi, cose da luna, pensieri dorati, luminosi come lei. Lei racconta fantastiche storie di stelle comete, di missili e navicelle, di astronauti e satelliti. E storie torbide e desideri, preghiere e sospiri, segreti e magie. E sa che l'adoro e che la guardo sempre, ovunque io sia, e sa che sono contenta stasera, perchè è stato così bello averla accanto per cena. La inviterò, un giorno o l'altro. Ma mi toccherà cambiare menù: il triste e avulso passato di verdura non piace a nessuno, figuriamoci alla luna.

02 novembre, 2009

Ne cambi più tu...

...di Obama! Questo mi disse un attimo fa la mia Amica del Muretto, quella del 12, quella che sa i venti, quella che ci scambiamo il pane e il basilico, quella che abbiamo 8 figli in due, quella che chiacchieriamo delle ore, quella che mi ha insegnato una canzone in sardo, quella che mi scrive con la stilografica verde.

Vero è ben, ho cambiato numero di cellulare e fede abbiate, perciò, chi aveva il mio vecchio presto avrà quello nuovo. Sono solo alla C. Abbiate pietà.
Perchè, Barack, l' affascinantisssssimo Barack, quanti numeri cambierà? Dovrò chiedercelo, a quella del 12
.

E' così che piove.

Piove così e basta. E' un giorno strano di un pò festa e un pò no, Commemorazione dei Defunti, come è scritto sul calendario, il giorno dei morti, si dice così. La Princi a casa da scuola, il Liceale invece no, il Giurisprudente e la Biondina da qualche parte per casa, il JuniorIng già tornato al Politecnico. Si comincia così una settimana che sarà più corta del solito, lo vedi, lunedì è già quasi passato, a colazione si è guardato fuori e si è detto Che Meraviglia per darsi un tono, un bel mix di pioggia e nebbia sul pratino e sui fiori dell'ibisco che non ne vogliono sapere di smettere di sbocciare. Millemilioni di cose da fare, come sempre, e più di sempre, non se ne ha granchè voglia, se ne avrebbe invece di un libro e di una tazza di latte, o di quel thè prezioso che arriva da chissà dove, da bere, certo, soprattutto da annusare, come le rose, come la Coccoina, come i profumi che ti spruzzi in profumeria, questo che buono, questo sa di mela, ma che t'importa, hai sempre il tuo appiccicato addosso, persino sul telefono ne rimane un pò, non avrai esagerato? Piove e piove e basta, nulla c'è da dire, c'è disordine su questo tavolo, e quando lo noto io vuol proprio dire che non è in disordine, di più, ma in questo groviglio di gomitolipennefogliappuntipostitevidenziatoricd
burrocacao pastelli monetine una stringa
matitepile bigliettidellametro libri uncucchiaino l'iPod

ci trovo tutto il mio universo, e ho zero voglia di mettere a posto e allora e perciò senti le gocce sul vetro che rumore che fanno, come che cosa, non senti che piove.

Senza titolo.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.


Alda Merini

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...