05 marzo, 2010

Potevo esimermi?

Ma certo che no. Potevo forse lasciarli nel negozio di Caterina? Certo che no. Potevo forse dire Belli sì, ma Non Fanno Per Me? Ma come. Questi sono i miei. Le mie. La mia. Il mio. Ecco, il mio va meglio. Perchè infatti, quello raffigurato lassù nient'altro è che...un auricolare. Giaggià. Ci si può sentire in tutta scioltezza, correndo nella bruma, nella neve, nella tempesta, la propria musica dal proprio iPod. Oppure, ci può collegare il BlackBerry e ciaccolare con grazia, avendo però le orecchie bene al caldo e non avendo alcuna tema di beccarsi un'altra multa per Guida da Oca Chiacchiericcia Senza Auricolare, è così che si chiama. Il fatto poi che sia knittato in lana morbidissima e foderato di una specie di peluche lo rende unico nel suo effimero e frivolo genere. In casa mia han detto Adìo, come dicono di solito quando compro qualcosa di improponibile, ma la Princi lo guarda già con aria rapace, Che Bello Mamma. Giaggià. Lo userò per pascolare i cani in collina, nelle fredde mattine di marzo, nel ventaccio of the fork che c'era quest'oggi, nella neve che ci sarà domenica. Ci andrò a correre, dovrò ben ricominciare prima o poi, e non avrò paura di buscarmi il mal d'orecchie, ben protette esse saranno. C'è da sperare che faccia ancora un freddo becco per un pò, così lo potrò per ben sfoggiare, anche sul corso, epperchennò. Felice di questo frivolo acquisto, stasera lo mostrerò al mio Amico Artista, e so già che commenterà Dove C'è Gusto Non C'è Perdenza. E io lo adorerò, seduta stante.

04 marzo, 2010

Il cuore con l'elastico.

Ci si sforza a dare un nome alle cose, catalogarle e definirle, sono questo, sono quello, questo mettilo lì, l'altro spostalo di là, incasellato per bene, definito, si sa cos'è. E' il business, bambina, sono i casi della vita, il destino, le cose, i sentieri che il Cielo ha tracciato per te, l'esistenza stessa. Che importa se il mio cuore và in pezzi e si frantuma e si sfascia, e nemmeno lo sento battere più, non come quelle volte che impazzisce, adesso è lì, sembra sonnecchi in un angolo come fa il gatto, ma non dorme mica, è che non respira e non si muove, sta lì e basta. Sono passata da un posto dove ce l'ho lasciato, il mio cuore, un pezzo di me, un pò della mia storia, ognuno di noi se ne porta appresso una, di storia, e se la inventa ogni giorno. Ho lasciato il mio cuore in questo posto e adesso sono qui e mi sento estranea e a casa, e ho un magone così forte che non riesco a fermarmi e non mi fermo infatti, è come se all'improvviso tutto si fermasse, e non ricordo nulla e ricordo tutto, ogni quadro, ogni angolo, ogni singola mattonella scheggiata, e di scheggiato ora ho solo il mio cuore che non ne vuol sapere di venire via con me e vorrei un cuore con l'elastico per riportarmelo via, me lo legherei per bene al polso, come si fa coi palloncini e coi bambini, e io che bambina non sono, ho sola voglia di uscire di qua e alla svelta, che m'importa della storia che ho scritto qui e di tutto quello che qui dentro è successo, delle puntate della mia vita che ho registrato qui, è un film che nessuno vedrà mai, ma adesso fatemi andare, fatemi andare via che mi è scaduto il tempo, ho finito l'aria dentro al serbatoio, vado via e non so nemmeno se mai ci tornerò, un cuore con l'elastico ma l'elastico si è rotto e il mio cuore, forse non tutto almeno un pezzo, è rimasto qui, nascosto sotto una mattonella scheggiata.

03 marzo, 2010

Un giorno così.

Si guarda dall'alto. O almeno si cerca. E' talmente deprimente, così assurdamente brutto e triste guardarlo bene, che si cerca di essere in qualche modo distaccati, elevarsi, nel senso figurato del termine, anche. Ci si appollaia su pensieri discreti, si cerca di non perdere il filo, il lume della ragione, il sentiero, la pazienza, quante cose possono perdersi in una volta sola, e in un momento, mi ha sempre affascinato la differenza fra perduti e persi, intatti eppure distrutti, perfetti eppure mancanti, che bello giocare con le parole, dare loro un senso diverso da quello che hanno in realtà, liberarle, aprire il cancello e dire, Bene, Da Oggi Tu Significhi Questo, non sarà per sempre, solo per un pò. E' difficile da capire, non me lo spiego nemmeno io, è un concetto che so bene e che ho chiaro, ma lo capisco io sola e lo tengo per me. E' un lento pomeriggio, come tanti, da tanto in qua, è un pomeriggio che non và via, ti si appiccica come la colla, l'odore della candeggina, i peli del gatto, è un pomeriggio che non suona, non ha colore e non ha sapore, non ride non balla, non fa nulla, è un pomeriggio fatto a matita, di plastica, farlocco, di latta, di cartone molle lasciato alla pioggia e sfasciato, di un fazzoletto di carta disintegrato in lavatrice. Lo si guarda da qui, si cerca il sentimento nelle cose più semplici, si è fatta una torta di mele, solo per avere il profumo in casa, è così buono il profumo della torta di mele, ce l'avevo anche spray, una volta, ma non era la stessa cosa. Guardo dall'alto questa roba che scende dal cielo, il giardino stanco, e stanca forse mi sento anche io, e non lo dico mai, non sopporto quando chiedo ComeStai? SemprediCorsa, mi dicono a volte, ma che risposta sarà mai, essere di corsa non è stare, come stai tu, che cosa senti, che cosa vedi in un pomeriggio del genere, se pensi anche tu che a farti un caffelatte e mescolandolo piano ci si possa forse sentire un pò meglio, se magari tra un pò avrai anche il tempo di fermarti e fare in modo che il di fuori non combaci col di dentro, e che la tua anima resti a colori, intatta e ciarliera, e la tua risata suoni e i tuoi pensieri escano fuori selvatici e veloci, non rattrappiti e legati, e stropicciati come tenuti troppo in tasca e sgualciti e rovinati per sempre, fai attenzione ai brutti pensieri, bottiglie rotte e carta vetrata, quelli belli invece vanno incartati per bene, lucidàti ogni tanto, tenuti nella vetrinetta in salotto, e non importa se il salotto nemmeno ce l'hai e figurarsi la vetrinetta, tu consérvali e non lasciarti abbindolare, ripàrali e proteggili, sorreggili e correggili, qualora il caso, può succedere di tutto in un giorno come questo, appiccicato di foglie bagnate, lento e immobile, che non ha suoni e colori, che non ride e che non balla.
tumblr.la douleur exquise.

02 marzo, 2010

Colori.

Sì, ne ho voglia. Di colori a manciate, ne ho la nausea di nero e di grigio e di calze e di maglioni e maglioncini. Ho voglia di colori acidi e diversi e pastello, anche, sarà questo sole romantico, questa luce che c'è, si dice che domani pioverà di nuovo e per settimane, ma oggi chissene, alla fine. Ho girato il divano dall'altra parte, per vedere meglio di fuori, non so se ad est o ad ovest, l'ho girato di là e basta, ogni di là ha un di qua, che si chiami est o ovest, o sopra o sotto, è solo una convenzione. Filosofia spicciola. Spesa fatta, il Povero Orfano Frigo era vuoterrimo, deserto, assolutamente lunare, tristissimo. Ora, sorride beato anche lui, ben rifocillato, rimpinguato a dovere dalla Vivandiera che sento di essere, qualche volta, la spesa è roba da donne, si chiudano le orecchie le femministe all'ascolto, sembra che comprare un etto di prosciutto e sei uova causi danni cerebrali irreversibili agli abitanti di sesso maschile della Casa in Collina. Che sono la stragrande maggioranza, se si escludono i due cani, femmine, e il gatto, transgender. La Princi ed io ben lo sappiamo, e incassiamo con eleganza. La voglia di colore si specchia anche nella spesa, ho comprato mele Fuji rosse e verdi, acquistato ogni forma di biscotto solo per avere due tazze panciute bianche e verdi e azzurre, per farci colazione, per metterci le penne, le viole quando ci saranno, il rametto dell'alloro vicino alla radio della cucina. Il sole quieto che c'è fuori, il verde timido dei prati mi dice che non è qua per restare e che non durerà. Che m'importa alla fine, è bello guardare la luce che 'è ora, qui e adesso, e quel che sarà domani, che sia, se ne ha voglia, io qui sto, a tutto c'è rimedio, financo al bug della Playstation 3, colori, sì, laverò tutte insieme le coperte della sera, quelle per guardare la televisione, e le stenderò in terrazza, modello Ponticelli, per il solo gusto di aggiungere colore a colore, certo il sole non le asciugherà, è ancora troppo pigro, mi sa, ma sarà bello vederle lì fuori, e alla luce di questo mi sa che il bug della Play3 non ha risparmiato nemmeno me. Mi sa proprio, mi sa.
tumblr.la douleur exquise

01 marzo, 2010

A casa.

E alla fine sono a casa, due giorni di piccola vacanza, di una Roma calda e primaverile e lenta e caotica, rumorosa e silente come solo Roma sa essere, e così bella, sempre. Torno a casa, che tanto c'è da fare, altro che stare in giro a fare la scema, ma quale scema, ho incontrato persone così speciali, donne così belle, che siamo state a parlare delle ore, a prenderci sottobraccio e a ridere come fossimo cognate ad una festa, hanno attraversato per me il traffico e la città, mi hanno accompagnato nei deliri delle strade, fatto piantine su fogli giallini a righe, per paura che mi perdessi, chiamato poi, per sincerarsi che non fossi finita chissaddove. Torno a casa, dopo la Rai e dopo il sole, torno qui, se la sono cavata così bene ma hanno una specie di muso verso di me, sei tornata? ah, bene, ma nessuno di loro ha voglia che me ne vada ancora, eppure forse succederà, non subito certo, ma succederà, per poco, certo, ma succederà. Non sono convinti, non la sono nemmeno io, e mentre mi giro nella testa la lista delle cose da fare e realizzo che nessuna di queste mi piace almeno un pochino, che avrei da scrivere e da leggere e da organizzare quel Camp di cui si parla da un pò, e forse, da organizzare per bene e daccapo c'è soltanto il mio frigorifero, la mensola del bagno, il cassetto dei rossetti e tutta la mia vita, penso a come mi sento, opaca dopo aver brillato, ferma dopo aver corso, impantanata dopo aver volato.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...