31 dicembre, 2010

MMXI

Se i sogni parlano, tu lasciali parlare. E se i pensieri scappano, tu lasciali scappare. A fermarli ci si fa male, qualche volta, ci si sbucciano le ginocchia, ci si strappa la gonna, impigliata nelle spine. Cosa vuoi? Non so. Ho una penna  e un foglio di luce per scrivere le cose che vorrei. Per me, per gli altri, per la mia vita, per i giorni nuovi del calendario, per l'agenda che sa di colla, per questo giorno che sembra che cambi il mondo e invece non cambia proprio un bel niente, se ci pensi bene, tutto è uguale all'uguale, il prima è come il dopo, i pensieri sono gli stessi di ieri e di dopodomani. Cosa voglio. Faccio prima a dire quello che non voglio. Sono brava a fare le liste, le cose da fare, le cose da comprare, la letterina di Natale. Voglio le stesse persone intorno a me, gli stessi volti che amo, l'odore di questa casa, il suo disordine, i suoi rumori. I cuori che abitano accanto al mio, così vicini perchè  li possa sentire, perchè li possa toccare, perchè li amo più forte ogni giorno, più forte, sì, perchè di più non basta. Voglio tenere tutto com'è, non cambiare una virgola, voglio un sonaglino che mi faccia compagnia, voglio un talismano contro la cattiveria, una lampada da sfregare, la mappa del tesoro. Voglio il coraggio che mi manca, voglio la forza che non ho, voglio quello che mi è mancato, voglio il tempo, per ritrovare quello che ho perso, per perdere quello che mi fa male. Voglio me. Voglio tutti i colori del cielo, voglio un arcobaleno da tenere sul comodino, da guardare quando mi va. Voglio un quaderno a righe. E vorrei sapere tutte le cose che non so, vorrei tutte le risposte alle domande che ho chiuse dentro una scatola, insieme ai vetrini verdi della spiaggia, a un fiore seccato, insieme a chi non ha mai capito bene chi fossi veramente. Chi sono non lo so. Sono un teorema che non ha soluzione, sono un vaso incrinato, sono un tovagliolo del servizio bello, ma ho una macchia che non viene via. Sono un graffio sul pavimento, sono i passi sulla strada, sono il vento che soffia forte fra le persiane, la pioggia che canta, la neve che sorride, il sole che ascolta. Sono la luna. Sono i sogni che trovi a pezzi sotto il cuscino, sono i pensieri che non vuoi avere, ma i sogni parlano e i pensieri scappano e tu, lasciali parlare, lasciali scappare.

E' un anno nuovo quello che c'è.
A chi mi ha perso.
A chi dovrebbe sapere tutto e invece non sa niente.
A chi di me non gliene importa.

A chi amo.
A chi ama me.
Buon duemilaundici. 

30 dicembre, 2010

Come non detto.

Lassù, nella Casa in Collina, vigono regole auree che, se disattese, possono causare vere e proprie lotte interne, ribellioni, insurrezioni, boicottaggi, ammunitamenti e altre amenità. Ora, una di queste riguarda la stanza più bella di tutta la casa, quella che dà sul giardino e sulle colline, quella senza tende perchè sarebbe un sacrilegio, quella che è esattamente prospiciente la casetta del pettirosso Federico. Questa stanza è riservata al maggiore dei figlioli, il più alto in grado, come dicono loro, quello al momento fidanzato, quello che ivi risiede stabilmente e non sù e giù dai patri atenei. Un proverbio che invece non funziona lassù nella Casa in Collina, è L'Ozio è il Padre dei Vizi. Nossignore. Quassù l'ozio è il padre delle più aberranti e balzane idee, dei progetti più assurdi, delle imprese più titaniche, è vacanza, perchè non farlo? Già, perchè? Fin qui nulla da dire. Da dire c'è molto invece quando  viene richiesta con sorrisi da copertina e occhioni da Bambi, la mia collaborazione. Il progetto di oggi è infatti lo scambio di stanza di due dei miei figlioli. Un lavoro da nulla, e che sarà mai. Posso con certezza dire che sarà, eccome se sarà. Cavi e fili ovunque, polvere, libri ammonticchiati sulle scale, maglioni a mucchi, un traffico su e giù, sposta di qua, gira di là, imprecazioni da mercato all'alba, parole irripetibili. E io? Già, e io? Io sono stata promossa Direttore dei Lavori, e teoricamente potrei dirigere il tutto stando semisdraiata sulla chaise longue, Paolina Bonaparte del Corridoio, e dire soltanto Questo sì. Questo No. Pura fantascienza. I miei figlioli, creature celesti, ma subdoli e infingardi peggio della rucola, tentano in questo modo di affibbiarmi compiti ben più complicati, del tipo pulire gli armadi dentro, già che ci sono, o il mobile in alto, già che ci sono, e magari lavare i vetri, già che ci sono. Orrore. Io immaginavo questo penultimo giorno di questo schifido duemiladieci all'insegna dell'ozio natalizio, avevo giusto un cappellino da ultimare, ho una merinos fiammata, regalo suo,  su cui emette i primi vagiti un Traveling Woman   che è una delizia, ho libri da leggere, film da vedere, lo smalto, l'impacco di olio ai capelli, e poi, come dimenticare che è giovedì. Bene, a piano d'attacco si risponde con piano d'attacco. Farò finta di niente, imbucherò non vista il cappellino in essere nella borsa, uscirò alla chetichella urlando dietro di me Vado a Buttare La Plastica, e sparirò. Le mia Amiche mi aspettano per la short version dell'ultimo knit cafè dell'anno, posso mica perdermi un simile evento. I miei figlioli, grandi e grossi che sono, ben se la caveranno da soli nella transumanza da stanza a stanza. Al mio ritorno tutto sarà pulito e perfetto, le stanze scambiate, gli armadi a posto, nessuna traccia di libri e cose per le scale. Illusa? Chi lo sa. Io, già che ci sono, vado a buttare la plastica. E t'ho detto tutto.
Photo from: Wool & The Gang.

28 dicembre, 2010

Ode al Cazzeggio Natalizio.

Nulla di blasfemo, per carità. Ma le vacanze di Natale, oltre ad essere state inventate per chiudere le scuole, per spendere una barbarità in scemenze, per prendersi la tosse, per fare l'insalata russa e per litigare con i cognati, esse esistono per darsi al cazzeggio. E, si badi benissimo, in misura maggiore delle vacanze estive. Le Christmas Holidays sono la fiera della coccola, dello stare in casa che fuori fa un freddo becco, a festeggiare  le nozze della coperta col divano, l'occasione per leggere e leggere, per fare un bel nulla, per stare così. Le vacanze natalizie si compongono da sempre di riti ben collaudati, sempre rispettati e giammai rinnegati, si sta così bene a non fare niente, poche commissioni in città, dove è un pò diversa anche l'aria, e poi si si dedica con grande professionalità al Grande Nulla. Devo aver già detto che coi ragazzi tutti a casa, questa casa, appunto, diventa una specie di campus, dove ognuno fa quel che gli va, se vuol dormire fino a tardissimo o alzarsi all'alba, se vuol far pranzo o colazione che spesso gli orari degli uni poco combaciano con gli orari degli altri, se vuol star fuori a dormire, basta che mi avvisi. Si osserva tutto da una diversa prospettiva e con una diversa logica, si è più tolleranti, tranquilli, non so. Si guardano film, ma nemmeno tanti in realtà, si sta delle mezz'ore a far le sceme su FB, si chiacchiera ore al telefono con Betta che ride e ride e che quasi mai l'ho sentita così, si fa la conta, quanti saremo a cena? pochissimi, meglio mi sento, improvviserò. In realtà la casa ha un aspetto strano, ho sigillato con una lamina di alluminio pressofuso la porta della lavanderia, in modo che mi si obnubili con discrezione quanto in essa contenuto da lavare e da stirare, siamo arrivati in 6 con 6 valigie 6, la lavatrice, povera creatura, fa quello che può, ma più di tanto, signora mia, non è che può mettersi pure a stirare e già che c'è ritirare tutto negli armadi giusti, operazione che detesto con tutta l'anima, il cuore e il sentimento. Così, non vedo. E mi balocco con i fatti miei, scrivo e leggo e faccio tardi, che domani, se voglio dormo pure fino alle 10, o gironzolerò in pigiama, guardando fuori e rabbrividendo, immaginando fuori che freddo che fa, cucinerò qualcosa che inventerò al momento, leggerò se voglio, knitterò se voglio, riderò delle battute dei miei figli, assisterò il Sovrano nelle sue imprese di maintenance, ma senza grande impegno, son cose da uomini,  io di 'ste cose elettriche non tocco niente. Così, in questa immensità di cose da fare e la sottile soddisfazione di non farle per nulla, in questa sottilissimo piacere di disubbidire a qualcuno, di non decidere, lassù, nella casa in collina, le luci delle stelline che illuminano la cucina buia e  il gatto che dorme dentro al cestino, fanno di questi giorni i miei preferiti in assoluto, non le feste vere ma i giorni di mezzo, non quelli segnati in rosso ma quelli normali, non le Comandate ma le Improvvisate, non Itaca ma il viaggio. E che m'importa della lavanderia.

27 dicembre, 2010

Insciallah.

Perchè si fa presto a dire Eh già, il Deserto, ma il deserto, quello vero è proprio deserto, nel senso che proprio non c'è niente. E hai sabbia e cielo, e sabbia e sabbia, e cielo e sabbia e le ombre dei dromedari che ti accompagnano sono le sole cose che vedi, e ti dici Sono Proprio io Quella Lì, con quella forma lunga, nemmeno le ombre sono le stesse nel deserto, lo sai? E hai davanti niente e dietro niente, e di lato niente, ma quel niente è forse tutto, tutto quello che ti serve , la tua stessa vita, il tuo sentire. Le scorte di acqua sono nell'ultimo dromedario che chiude la nostra carovana, la tenda berbera che ci accoglierà per pranzo spunterà all'improvviso, laggiù, in mezzo al niente, all'infinito, all'eterno. Ho qui con me quel che mi serve per il mio viaggio  attraverso il mondo, ho i miei figli che scendono dalle dune con lo snowboard, ho imparato le stelle e le  favole berbere, che belli sono questi uomini disegnati, che sorrisi e che occhi profondi e saggi e così rispettosi e colti e sapienti, sanno le cose che si devono sapere in un posto come questo, mi chiamano madame e servono il thè con una maestria semplice di mille anni fa, che nemmeno so copiare, che non ho mai visto, che solo qui.
L'Erg Chebbi è tutt'intorno e anche dentro le mie scarpe, in tasca, è una sabbia così fine che non ho mai sentito e toccato, è sabbia ma sembra acqua per come scorre, per come scende, tra il rosso e il turchese tra sole e sabbia, e sabbia e sabbia.  Berremo thè alla menta seduti per terra, mangeremo omelette berbére che guai a chiamarla frittata, perchè si mangia con le mani e mai gesto mi è sembrato più naturale, più antico. Il tempo sembra non esserci, su queste dune, non sai se passa o se si ferma, non te ne accorgi, non sai, siamo in marcia da ore o da un minuto, non so.
Quello che so è che è stato così bello che nemmeno lo so dire, e che mi ha fatto migliore, ecco, questo lo so dire. E che strano Natale, e che splendido Natale, che mi fa dire quale altro Natale mai, quale altra esperienza mai potrà essere più piena di questa, più incredibile di questa, più perfetta di questa.
Sono in ritardo a dire Buon Natale, lo dico come l'hanno detto a me Joyeux Noel Madame, sorridendo, anche se non abbiamo lo stesso Dio. Il mio Natale è stato questo qui, colori e sabbia, couscous e incantatori di serpenti, la confusione di Marrakesh e la pace antica di Merzouga. Non lo leggeranno mai, non lo sapranno mai, ma quanto vorrei dire a tutti quelli che ho incontrato che hanno lasciato un segno in me così prezioso, così speciale, che è stato per me un vero, magnifico, indimenticabile regalo di Natale. Insciallah.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...