17 aprile, 2011

Di domenica.

Dei giorni della settimana, non saprei dire quale possa essere il mio preferito, mi piacciono più o meno tutti, non ci ho mai pensato, sono domande che non  hanno grande senso se formulate ad individui maggiori di anni sei. Forse, al di sotto ci si può ragionare. Mi piace il lunedì per il mercato di piazza Garibaldi e per le incursioni con le mie Amiche al Banco Incasinato dei Bottoni Spaiati e dai gomitoli di Sandra e Raimondo. Il martedì non saprei, il mercoledì perchè di solito vado a Torino e il giovedì perchè c'è il knit, e poi il venerdì arrivano tutti e sono contenta perchè poi è sabato e, ovvio, domenica. Con la mente affollata da ragionamenti di altissimo spessore sociale Ella si accingeva a vivere appieno una Bella Domenica lassù, nella Casa in Collina. Dormiente la tanta parte dei suoi abitanti, acciambellata nell'angolo di divano a lei assegnato, quello vicino al muro, così ci puoi impilare le tue cose,  i libri, le copie di Elle che non finisci mai di leggere, il cestino dei gomitoli e una serie di progetti, fogli e cose, meraviglioso ciarpame che solo un individuo disordinato sa affastellare con tanta grazia, che sembra frutto di ore di studio, per come sta tutto in bilico, per come vive di vita propria, governato da misteriose leggi di gravità, che a prendere qualcosa da sotto frana tutto. La domenica era fatta così, Ella lo sapeva benissimo. Non v'era bisogno alcuno di formulare grandi pensieri, grandi concetti, bastava girar lo sguardo di pochissimo e far volare la mente oltre la finestra, riflettendo sulle umane sorti: lasagne o arrosto? La tavola della colazione era già pronta da ieri sera, come al solito, profumatissimi  lillà fra le tazze, i biscotti e il Nesquik, nessun programma a brevissimo, solo leggere i giornali, ciondolare un pò, avviare un pranzo ma con grande, grandissima calma. Di domenica, la lentezza è regina nelle case come questa, dove nel pesantissimo vaso di cristallo viola, il più prezioso dei regali di nozze, qualcuno ha infilato un ramo di alloro lungo quanto una spada medievale, dono del Regio Vicino. Dove gli unici rumori consentiti sono il chiacchierare degli uccellini che abitano da qualche giorno il ciliegio del pratino. Dove ci si sveglia random, dalle 8 alle 14, dove le tazze col caffelatte vengono tolte appena prima di servire le tagliatelle, giusto, dovrò pur pensare anche al ragù, per l'alloro non c'è problema, non mi devo nemmeno spingere fino in fondo alla siepe, è lì in ingresso, nel Preziosissimo Vaso. In case come questa, di domenica, è la meraviglia.

14 aprile, 2011

Languida sera.

Così luminosa che proprio non mi veniva in mente nessun altro termine che fosse più adatto. Languida, sì, come certi sguardi, come certe volte, come certi momenti di perfezione, di bellezza, il verde delle foglie nuove, il campo seminato di fresco lungo la strada, che bel colore che ha, verrebbe da farci uno scialle leggero, impalpabile, di un marrone biscotto, di quelli che lasci nel forno un pò di più. Languida, come certe parole, come certi toni di voce, chiara come se stesse per piovere, e invece no, come se avesse appena piovuto, e invece no, le nuvole sono scure ma per nulla minacciose, il cielo è lontano, dietro le colline, fa persino un pò freddo, ma non è importante, è tutto così assolutamente bello, ragazzi che sbucano da ogni parte della casa, miei, non miei, non fa differenza, il prossimo week end si prevede sold out lassù, nella Casa in Collina, e già si stilano piccolissimi programmi, che quasi per certo non si faranno, ma va bene uguale. E allora. Allora non c'è motivo di nulla, inspira, espira, concèntrati e prosegui, non c'è motivo di aver quella paura sottile, quel senso di piccolissima angoscia, non tanto, solo un pò, farai tutto e lo farai al meglio delle tue possibilità, lo si dice sempre quando si ha paura di non farcela, qualche volta funziona qualche volta no. Oggi, nella bottega sgangherata di un rigattiere, mi sono persa  dentro libri vecchissimi, un trattato di Filologia Romanza, un libro di Liala foderato con la carta da regalo a gigli dorati, Un Amore di Dino Buzzati, che sono stata sul punto di comprare e poi ho lasciato lì, perchè non lo so nemmeno io, forse perchè mi sembrava di non fare la cosa giusta, come mi accade spesso, ma domani ci torno e li prenderò, mi sembra il minimo da fare, sarebbero stati perfetti comprati quest'oggi, con la credenza e il tavolo, sgangherati anch'essi ma così affascinanti, era il giorno giusto per chi crede nel destino, nei cassetti ci ho trovato due aghi da maglia e qualche uncinetto arrugginito, era da fare, dei libri romantici per una sera così, luminosa e decadente, sembra che piova e invece no, languida, ecco, non avrei potuto trovar parola migliore.

13 aprile, 2011

Che vento c'è.

E' colpa sua, è stato lui a svegliarmi questa notte, erano le 3,22, mi sveglio sempre a quell'ora o giù di lì, chissà perchè poi. Solo che non sono riuscita a riaddormentarmi subito, sempre per colpa sua, sempre lui. Il vento di notte è bello solo se hai sonno, e senti il sibilo con gli occhi chiusi. A guardar fuori, invece, il Pino Grande del Prato Grande scarmigliato e scosso, davvero, un vento fortissimo che quasi mai qui, a guardar fuori scarmiglia e scuote anche te, che ti fai albero, e allora di dormire non se ne parla più. Di notte il vento non scarmiglia solo gli alberi, ma anche i pensieri che intricati lo sono già per conto loro, mai fermarsi a pensare, mai cercare di districarli, col vento e il buio, non funzionerà. Nemmeno la civetta che abita il Pino Grande del Prato Grande, ieri sera se l'è sentita di dire qualcosa, scarmigliata anche lei, insonne forse, ma zitta. Il vento della notte lucida il cielo con lo spruzzino, fa brillare di più le stelle, e ti fa ricordare tutte le favole berbere che ti hanno raccontato nel deserto, sul firmamento e i suoi misteri. E nel pratino, sempre lui, il vento, ha scosso così tanto i rami del ciliegio che adesso per terra è un tappeto meraviglioso rosa confetto, che se avessi coraggio mi ci siederei dentro e ne prenderei a manciate, o forse li chiuderei in un barattolo, un barattolo di petali rosa sul ripiano della cucina, che rimangano sempre intatti e freschi a ricordarmi di questa notte di vento e buio, che si deve guardar fuori e basta, senza pensare, senza provare a capirci qualcosa, senza tentare di districare i pensieri confusi e ingarbugliati, nemmeno a provarci, non funzionerà.

11 aprile, 2011

Piccola me.


Credevo fosse più semplice. Credevo di farcela, Ho Studiato Abbastanza, mi dicevo, sarà come coi suoi fratelli, lievemente diverso, lievemente soltanto, ci saranno da fare alcune aggiustature, ma sono preparata, ho gli appunti di tre esami precedenti, sì, anche di quello che è diventato mio quando aveva 13 anni, proprio nel momento peggiore, e forse è stato proprio lui ad insegnarmi come, con i suoi fratelli. Sarò pronta. E invece no, pronta non la sono affatto. Sono giorni che stridono per la Principessa degli Zaini Scarabocchiati. Quattordici anni e il mondo addosso, un giorno a schiacciarla, il giorno dopo a portarla in trionfo, un giorno nel fosso, un giorno sulla luna. E' normale, mi dico, lo sapevo, anche io forse alla sua età, ma è cosa da non dire, i miei anni di allora non si riconoscono con i suoi di adesso, è tutto più veloce, a volte più semplice, a volte così complicato. Dove sbaglio è la prima domanda, ovvio, ci deve sempre qualcosa nei miei figli che deve, assolutamente deve essere colpa mia, in qualche modo. Ma lei, occhi di mare verde, di erba nuova e smeraldo, mi scivola via. Parla poco, ascolta molto, o forse sembra, persa a volte dietro una carovana di zingari che sono i suoi pensieri e sembra qui, a tavola con noi, ma forse è in qualsiasi altro posto del mondo che non è questo. Cosa devo fare con te, Principessa del Sole, che mi rubi  maglie, occhiali e braccialetti e il profumo che ad abbracciarti stretta sento me, e ti dico Sicura Che non Ti Chiamino col Mio Nome? E tu sorridi piano e dolce come sei tu. E poi non dici, o dici pochissimo, e stai spesso nei tuoi pensieri e in quel regno perfetto che è la tua stanza, e suoni e suoni e poi parti per un viaggio che sai solo tu, le cuffie nelle orecchie e scrivi e scrivi, distante, distante da tutti, distante da me. Io sto qui e aspetto, che arrivi da me la donna nuova che stai diventando, che mi dica le cose che senti e che a chiedertele sono solo piccole frasi, Tutto Bene, Tranquilla, ma tranquilla non sono e vorrei riuscire a guardare dentro quel cuore che ti ho regalato e sapere quello che c'è, cosa gira nei tuoi pensieri, cosa sono tutti i silenzi e tutti quei musi e quelle risate che arrivano improvvise quando ti sento parlare al telefono. Ma so che non sei tu, ma io a dover cambiare, so che devo riavviare tutto, e studiare e imparare  la nuova Te che sei, e che devo sapere quando è ora di parlare e quando invece di stare zitta e aspettare. Arriverai, lo so. Forse non mi chiederai di rifarti una treccia o di aiutarti a colorare ma io sono qui, lo stesso, per ascoltarti e stringerti, non mi scivolare via, sono qui perchè è il mio posto e tu sei tra le mie gemme più preziose,  Principessa della Casa in Collina,  piccola Figlia, piccola me.

08 aprile, 2011

Relax on Friday.


E ci vuole. Ieri è stata una giornata così intensa,ero un pò tesa, un pò infularmata, non è che capiti tutti i giorni, e poi il vicolo era così bello, pieno di sole e di carinerie, le viole del pensiero, le tovagliette belle, le candele che anche se spente facevano una così bella figura. E le foto e tutte le cose che la giornalista ha voluto sapere di Cuore di Maglia e cosa e come e perchè, e le foto e il set allestito con una cura mai vista e le mie Amiche, per niente indisciplinate, ma compunte e composte, insomma, nemmeno tanto, ma così preziose come al solito, rumorose il giusto, chiacchierone il giusto, loro sono così, belle così. Dopo il caos di ieri, oggi il nulla, il niente liscio, il sole e basta, i fiori e basta, la beatitudine è possibile se trovata in posti insoliti, un angolo del giardino dove il JuniorIng ha trapiantato le piante aromatiche, il pratino tagliato di fresco dal Liceale col tosaerba nuovo di zecca, rosso lacca, rosso vivissimo, Rouge Dragon, per intenderci. Beatitudine spicciola, semplicissima, ci sono cose inaspettate nella primavera che inizia, ci sono piccoli stupimenti che fanno bene al cuore, le fragole al mercato, il burrocacao che si squaglia un pò se lo lasci in macchina, voglia di frivolezze invereconde, una maglia a righe, forse la gonna a pallini, un anellino da pochissimi dollari da comprare on line. Ci si appresta, come dico sempre, a vivere al meglio questi giorni di fine settimana, che non sono più pigri giorni da divano e libri, ma giorni frizzanti di aria aperta e di amici, un invito al pranzo di domenica, come si fa coi parenti e loro un pò parenti lo sono davvero, e poi i ragazzi, qualcuno a casa qualcuno no, che il Giurisprudente  sotto esami serrati e allora non riederà che a metà settimana. E' bello pensare alla propria vita come una scatola di bottoni, quelle di latta dei biscotti, piene di cose tintinnanti e colorate, bottoni neri e opachi, bottoncini rosa, ricoperti di stoffe a righe, impreziositi da perline e luccichii, opachi di osso, piccoli da camicia, automatici che non si incastrano o non hanno compagni, ganci spaiati, bottoni magnifici e bottoni orrendi, rotti, da buttare via. A cercare dentro la scatola dei bottoni, oggi se ne troveranno solo di dorati e lucenti e quelli neri e inutili, quelli col filo ancora attaccato, quelli che non servono nemmeno per la tombola, di quei bottoni oggi nella scatola proprio non se ne trovano. La primavera, che grande invenzione.



07 aprile, 2011

La messimpiega


Buongiorno, disse a se stessa guardandosi nello specchio. Buongiorno, disse al gatto acciambellato sul suo libro, chissà perchè, si acciambellava sempre sulle cose sue, sui fogli, sui golfini lasciati sulla poltrona, che gli piaccia il mio profumo? si domandava spesso. La mattina prometteva bene, il profumo dei fiori entrava dolcissimo dalla finestra aperta, il ciliegio del pratino era esploso all'improvviso, una nuvola rosa contro un cielo di alabastro, stamattina che poesia, rise nello specchio del forno in cucina. Erano già tutti fuori, si erano salutati alla spicciolata sulla porta di casa, e baci e baci e ciao, fai attenzione. Il caffelatte intiepidiva sul tavolo, briciole di biscotti, mezza brioche lasciata lì, un cuccchiaino appiccicoso di Nutella, un computer aperto sul Corriere della Sera. Buongiorno, si disse, ancora era così presto per ripassare le cose da fare, leggere la lavagna della cucina, svuotare la lavastoviglie. Si regalò così un quarto d'ora di nulla, non era molto, ma era abbastanza, lo faceva spesso, ed era un quarto d'ora così prezioso, irrinunciabile, perfetto. 

E questo è l'incipit.

Quel che viene dopo è una rutilante giornata di cose e di cose, una sopra l'altra, forse una fila interminabile agli uffici dell'Acquedotto Municipale, stendere due lavatrici, essere già di corsissima intorno alle 9, passa di qua, e vai di là, niente caffè sul corso questa mattina, che scusate, vado proprio di fretta, oggi è un giorno speciale, mica un giorno qualunque, un'intervista, sì, un'intervista, ma non alla radio stavolta,  di quelle col giornalista e il fotografo, mica salame e fave, mica la Sagra della Porchetta, noi qui non si perde tempo, qui ci si organizza, come mi han trovato non lo , quel che so è che questa cosa piace tanto, tantissimo e ci credo, hai una vaga idea di quanti bambini e quante cose abbiamo fatto e quante coperte spedite e quante scarpine e quanti pacchi e quanto di tutto, eh? Così, il mio bel quarto d'ora stamattina col piffero che lo posso fare, e ho fatto colazione quasi in piedi e sparecchiato a una velocità che sembravo MySky quando vai veloce per saltare la pubblicità, che io stamattina c'ho da fare, devo preparare tutto e i pavesini e tutto il resto, ma no che non devo fare un dolce, signora mia, ma come glielo spiego, anzi sì, aspetti,  la prossima volta che sarà sotto il casco dal parrucchiere, coi bigodini in testa, vedrà tutte noi e dirà, Ma Io Queste Qui Le Conosco, e infatti, e uscirà da Mariuccia Coiffeuse prendendo in prestito il giornale per farlo vedere alle sue amiche, bella fresca di messimpiega. Ussignur, la messimpiega, non ci avevo pensavo. Non faccio in tempo, la messimpiega un'altra volta.

06 aprile, 2011

Ode alla Bolla.

Io non so attaccare i chiodi. E questo è un dato di fatto. Ancora si racconta in Canavese di quella volta che presi le misure per attaccare dodici quadretti dodici con un ferro da maglia, tenuto da me, ovvio, ancorchè storto. La vicenda è presto chiarita, non son fatta per le precisioni, e perciò inchiodo male, inchiodo dita, inchiodo e faccio voragini, spacco chiodini e li faccio volar via, insomma, il dramma. Oggi, invece, m'è punta vaghezza di inchiodare quel quadro del cielo stellato che da tempo immemore staziona nella stanza di due dei miei figlioli, distrattamente appoggiato alla parete, com'è uso a New York, lo so, ma qui siamo in Monferrato e allora. Così, mi sono attrezzata. Prendi un martello, quattro chiodini eccetera, ma questo era il testo di una scellerata e blasfema canzoncina che cantavamo secoli fa ai campi di Azione Cattolica. Se si sapesse in giro che non sono sposata in Chiesa perchè ho scelto un uomo diversamente celibe, beh, ma torniamo al quadro. 
Ingredienti: chiodini, martello e bolla. Ora. Sull'uso della bolla non sono granchè preparata, nel senso che ho dovuto fare un corso accelerato per capire benebenebene  come potevo utilizzare quella meravigliosa barra color glicine che è di una  tale sfolgorante bellezza, che solo io possiedo in quanto solo a me l'ha regalata il mio Amico Eugi e che fino ad oggi è stata usata come fermacarte, soprammobile e righello, ma mai per il suo uso precipuo.  Così attrezzata perciò, mi sono recata nella stanza dei ragazzi, ancora coi letti disfatti, e ho dato il meglio di me nell'attaccare il quadro suddetto. Non una roba semplice, nel senso che è una mansarda e le mansarde si sa hanno tutti i tetti sghembi e storti, comincio dalla cosa più difficile, come  a dire, imparo a cucinare e faccio  il sushi, che non è proprio una scemenza, quel dannato riso, la volta che ci ho provato, mi è scappato dappertutto. Insomma, non una cosa da nulla.
Il risultato però è stato brillante. Ora, il Cielo Stellato troneggia nella stanza della figliolanza.

La PrinciOggiSorridente ha immortalato tutta la sequenza. Felice lei, felice il Liceale che finalmente vede tutto il firmamento, felice io che ho finalmente capito che la bolla della bolla non deve andare a destra e nemmeno a sinistra ma nel mezzo, bestia che non sono altro. Da oggi attaccherò quadri fino allo sfinimento. E dritti, per giunta. Son soddisfazioni.

Bello.

Colpa del sole, se è tutto così lucido e bello, se lucide sono le mattine e anche i pensieri e le cose da fare, che belle mattine queste qua, si prendono le belle giornate come un regalo cui non si ha ancora del tutto diritto, fra un mese o due ci si abituerà e allora il sole sarà una consuetudine, nemmeno ci faremo più caso. Adesso invece, è una scoperta, una benedizione, una sorpresa ogni giorno, anche oggi sarà bello, e lo si dice con una sottilissima allegria, anche se si è ancora scarmigliate e si ha un sonno, ma un sonno, ma quanto si dormirebbe stamattina e che spreco sarebbe, però. Fuori ci sono tutti i profumi del mondo, tutta la luce, l'erba nuova e il ciliegio, l'elefante lavato in lavatrice steso ad asciugare, ho avuto il mio daffare anche con l'alce, a spingerlo dentro e a tirarlo fuori per le corna, scarmigliato, come me. E' tutto immobile e bellissimo, un set per un film semplice e colorato, la camicia azzurra, la bicicletta, l'aria frizzante e il pane nel cestino. Son giorni così belli questi qua che quasi hai paura a dirlo, che razza di educazione, ma si dice sottovoce, tenendo un pò il respiro, come se respirando bene tutto svanisse e andasse via. C'è profumo di cose belle e da niente, ci sono pensieri ordinati, ben pettinati e puliti, tutti in fila, educati, abituati come si è a certi  pensieri laceri e sgradevoli, maleducati e sporchi, adesso tutto sembra così pulito e sa di buono, è il sole, la vita, i vasi piantati di fresco, il nuovo basilico, l'arcobaleno che fa il lampadario sul muretto della cucina, le nuvole sottilissime su una lavagna di blù, se canti piano anche quelle andranno via.

04 aprile, 2011

Dieci son poche.

Lei mi aveva invitato da molto, a fare questo elenco.
E prima di Lei, mi era venuta voglia, dopo aver letto l'elenco di Roberto Saviano, di fare anche il mio personalissimo elenco delle 10 cose per cui vale la pena vivere.
Non è difficile, ma non è neppure facilissimo.
Dieci possono sembrare tante o pochissime, a seconda dei casi.
Qui, le mie.

Aspetto le vostre, qui, nei commenti.
Magari, ci scappa anche un regalo, chissà.
(Si chiama giveaway, è molto in voga fra i bloggerssssss seri)






Le 10 Cose Per Cui Vale La Pena Vivere.
Svolgimento


1)      L’isola di Santo Stefano in Sardegna.
2)      Guardare la neve che viene giù, ma da sotto.
3)      La Kelly di Hermés
4)      Cantare con mia figlia in macchina,  scoprire che le piacciono le stesse canzoni che piacevano a me e avere quattordici anni fino a casa.
5)      Svegliarsi a notte fonda, passare a mente ogni stanza, sapere chi dorme in quei letti e vicino a te, e sentirsi invincibile, al sicuro e felice.
6)      La pizza stracchino e rucola ma senza pomodoro
7)      Gli occhi di mio marito
8)      La spiaggia di sera
9)  Le mie amiche quelle vere
10) I libri di Andrea de Carlo


1)    

Sorge.

E' la bellezza, la regalità, l'infinita meraviglia. Un pò di inquietudine, anche, un soffio appena, Ci Sarà Anche Stamattina? Ma sì. A partire dal mese di aprile, lassù, nella Casa in Collina, la colazione si fa in tre. La scrivente, l'Illustrissimo Sposo e il il Sole. Si fa precedere da uno spruzzo di luce, che diventa via via sempre più forte, sempre più esteso nel pezzo di cielo, inonda la collina che prima lo nascondeva, si fa linea, e poi ciglia, e poi fettina, e poi spicchio e poi arancia, così. Lento e veloce, un miracolo di ipnotica beatitudine. Qualcosa si deve pur trovare in questo bel lunedì di aprile, l'illusione che l'inverno se ne sia andato del tutto si fa certezza via via che i giorni passano, i golfini e i sandali, le borse colorate, l'abiura di calze e stivali e sciarpe di lana, se proprio si deve un cashmere sottilissimo, coi ferri del 3, per dire, e cotone, cotone a manciate. E qualcosa si troverà infatti, è una mattina chiara di fiori  di cose pulite, i figlioli sorridenti, un miracolo anche questo, ma ho insegnato alla PrinciIndecifrabile, che ogni mattina deve trovare almeno un motivo, tre sembravano troppi,  per aprire la porta di casa ed essere contenta, solo uno. La lezione successiva è due, a tre ci sarà il diploma di Figliola Cresciuta. Ora, frequenta con brillanti risultanti la terza classe dell'Adolescente Scontenta del Mondo. Ma ci si lavora. I maschi, certo, sono stati meno impegnativi. Così, con prosa e poesia, alternando riflessioni cosmiche e appuntandomi a margine Comprare il Latte, inizio con leggiadria e concentrazione la mia bella settimana, cose da fare un sacco ma con calma e gesso che sono non solo le regole del biliardo, ma anche le mie, da adesso, da questo istante preciso. Il sole, nel frattempo, è alto, molto più in alto del ciliegio in punta in collina, e illumina e scalda, asciuga e rincuora. Chissà se anche domani farà uguale.

01 aprile, 2011

Sai che c'è.

In realtà è una domanda, Sai Che C'è? E che c'è. C'è che è una bella mattina lucidata di fresco, non fa caldissimo ma si sta così bene anche scalzi, di fuori sul terrazzo a stendere, da brava donna di casa, che così le cose asciugano col sole di tutto il giorno. C'è che l'ansia stamattina ha fatto un giro per di qua, ha suonato il campanello, detto Sono Io, ero tentata di non aprirle nemmeno, ma poi alla fine è entrata lo stesso, maleducata com'è, dalla finestra aperta, facendo il giro dal pratino, scavalcando la siepe delle ortensie e le sue  foglioline nuove, i vasi delle rose bianche che hanno resistito all'inverno così come la salvia e il rosmarino, che forse lo ha scaldato il gatto andandoci a dormire dentro per un pò. Non si è fermata molto, aveva fretta, giusto il tempo di farmi restare un pò così, come imbambolata, come mi succede sempre meno ultimamente, ma succede, solo ogni tanto. C'è che è un bell'inizio di fine settimana, che è anche l'inizio di un nuovo mese, aprile è mese di grandi fioriture e di pioggerelline timide, di quelle che non bagnano nemmeno, speriamo sia davvero così. Si ha davanti un grande foglio bianco, di quelli da agenda, con le righe e le ore, e ci si può scrivere di tutto fino a domenica sera, cosa fare, cosa non fare, alle 11 questo, alle 4 quell'altro,  si potrà fare merenda sul terrazzo, bere un caffè riflettendo sulle nuove erbe aromatiche da piantare, aprire l'ombrellone color crema che fa così estate, e guardarlo solo, stando al sole. C'è che devo inventare uno scialle per il nuovo Summer Book, c'è che voglio leggere un libro nuovo che nemmeno ho ancora comprato e che ancora non so, c'è che voglio stare così, gli abitanti di questa casa tutt'intorno, nel delirante vai e vieni del week end, tutti operativi ed io lievemente oziosa, lievemente indolente, lievemente fannullona, a pensarci bene non si fa nemmeno fatica, se si è come un pò in pace, se si riesce a scacciare l'ansia a calci nel culo, mi si permetta, se questo stare è quel che desidero, quel che più amo al mondo, quello che voglio, ecco che c'è.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...