13 novembre, 2011

Strawberry Knittin' Sunday.

 
Le domeniche autunnali di quasi inverno sono un pò tutte uguali, Di quella uguaglianza che rassicura e scalda, come a dire, domani è domenica e so già che cosa farò. Niente. Non farò un bel niente, e fare un bel niente è già una gran cosa. Domenica verso sera, che è notte fonda se guardi fuori, ma noi si è letto, knittato, ri-letto e ri-knittato, chiacchierato, parlato al telefono con un  figliolo a Londra che riederà domattina e mi sembra un mese che è via, è il più piccolo dei maschi, è ancora al liceo, il fatto che vada via non mi sta in testa, pazienza per gli altri, Ingegneri e  Universitari, che è ovvio che via ci vadano ma lui ancora no, per non parlare della Ginnasiale, Principessa Omioddio, che oggi a pranzo un suo fratello grande aveva da ridire su quel rossetto che le aveva visto la sera prima, Non Era Troppo?  Fatevene una ragione, dico a loro e a me, non è più la sorellina con gli orsetti, le trecce, le camicie da notte con gli scoiattoli, le letterine. E' una figliola di quasi quindici anni, ussignur, quindici anni fra 4 mesi, vi sottrae non vista dall'armadio la t-shirt degli AC-DC, e ieri sera era a una festa, un pò di rossetto forse ci voleva, o no? Ma gli uomini, lo si sa, sono un pò tonni in certe cose da femmine e presto lo imparerà anche lei. Orsù dunque, la domenica sera, malinconica come si conviene, bella piatta come si conviene, fra un pò la minestrina o forse una pizza da qualche parte, bella scelta, un Lora's Capelet  già finito e un Travelling Woman quasi, il libro nuovo di Baricco me lo sono mangiato, per così dire. Le cose di casa sono in fondo queste qua, ci si nutre di beato nulla, di caldo, di divano, di un mandarino per merenda, che ci piace così tanto il profumo che lascia sulle mani. I pensieri sono lì, avvolti nello scialle che è quasi finito, stanno caldi e non ne vogliono sapere di venir fuori, che lì stiano, che non si muovano, che domani inizia una di quelle settimane deliranti fra il sù e giù delle miliardate di cose da fare, devo ancora finire di compilare il censimento, ma si sa, il mio censimento è bello lungo da fare, siamo quasi mille, alla fine. Ho pronti per me giorni tranquilli di freddo invernale, giorni di idee da portare a termine, di shopping on line la sera tardi, di libri e libri sul comodino. Ho storie da raccontare, ho un libro da scrivere, ho sognato che pubblicavo con Feltrinelli, che scema sarò mai, ho decine di camicie da stirare, ho un viaggio da fare a Natale, ho un vaso pieno di bottoni, amiche da vedere, regali da fare. Un bell'inverno che si vede da qui, dal finire della domenica, i figli grandi già sparsi, la più piccola quasi, la mia vita così com'è, bella anche nel beato nulla, anzi, forse proprio perciò.  Buona, domenica.

10 novembre, 2011

Oggi.



E' un pò come volare. Non sai mai bene quando inizia, non sapresti dire, ecco, comincia qui. Sarà la stagione, un pò tutti sono malinconici a novembre, un pò tutti si sentono un giorno potentissimi e il giorno dopo fragilissimi, leggeri, carta velina da stropicciare, o peggio, carta da forno bruciacchiata, che si disintegra se la sfiori, c'hai fatto caso? Complicata che sono, tortuosa, dai ragionamenti contorti, oppure cristallina, trasparente, un vetro appena pulito, il cielo dopo il vento. Succede, mi dicono, è la stagione, sono le donne, in fondo, non sono così, è difficile spiegare? Non so. Non so se è la nebbia di oggi e le foglie gialle, che messe insieme fanno un bel quadretto, non proprio leggerissimo. E' il silenzio di questa casa, oggi tutti in vacanza che è il Santissimo Patrono, ma tutti chi che sono la Princi dorme beata nella sua stanza, e uno di qui e l'altro di là, il Liceale in visita al suo Amore, gli altri due sparsi per il Regno Sabaudo, non è mica San Baudolino lì. Sarà che non sopporto le luminarie, gli stivali di gomma, l'ignoranza diffusa, le pentole lasciate lì da ieri sera, non sopporto la mia faccia scema, bianchiccia, insignificante, che ho visto stamattina nello specchio del bagno. E non sopporto il giardiniere, che ha deciso di tagliare i rami proprio adesso, proprio qui, e quel zzzzrrrrrrr della motosega mi trapana il cervello, mi agita, mi innervosisce. Mi concentro e volo via, trovo la strada in mezzo alla nebbia e alle foglie gialle, trovo il sentiero per uscire da qui, da questo peso che ho, da questo respirare corto, da questa insofferenza riflessiva, nel senso che non sopporto nemmeno me, troppo silenzio o troppo rumore, troppa calma o troppo caos, potessi sollevarmi e guardare tutto dall'alto, potessi salire al decimo piano, ma no, più in alto, per vedere l'effetto che fa, l'effetto che faccio io accoccolata sul divano, un giorno di niente scuola, troppo di tutto, troppo di niente, fragile e scema, ortiche e seta, ghiaia e diamanti,la nebbia mista al sole  oggi è così che va.

07 novembre, 2011

Fango.



Sono giorni fermi, immobili, dove le abitudini che hai, le cose che fai, tu e gli abitanti della Casa in Collina, sono un pò filtrate, come dipendenti da qualcosa che non si sa cosa sia, si è in collina e nessun fiume e nessun smottamento e nessuna frana, ma è tutto lì in agguato, lì vicino, vicinissimo, in città si sente di più, c'è poca gente in giro, l'ho visto stamattina, e quelli che ci sono sono tutti lì, a guardare il fiume marrone e tutto quello che il fiume porta, i tronchi, le assi e tutte quelle cose, sembrano zolle o cosa sono. E' acqua cattiva, acqua limacciosa, acqua schifida, che nemmeno la schiuma rende migliori, mai visto la schiuma sul fiume, eppure c'è. Sono giorni che si guarda in sù, si vedono centinaia di notiziari, si è passato il fine settimana a casa, a tranquillizzare le persone lontane, a dire No, Stiamo Bene, certo che stiamo bene, noi siamo al caldo, non cerchiamo le nostre cose nel fango, nessuno di noi è stato in pericolo, e ci si sente così fortunati a vedere e a sentire quel che è successo poco distante da noi, in centro poi. E ci si sente fortunati sì, ma piccoli e assurdi, e così stupidi, così incredibilmente materiali, lo vedi, passa tutto così in fretta, sei in centro con tuo figlio e l'onda ti succhia via, scivoli lontano e non ci sei più. Rifletto, mi dò un tono, lavoro un pò ai miei progetti, sono ansiogena, lo so, guardo se piove, guardo le previsioni, dico ai miei figli Non Andate Nel Pericolo, ma il pericolo quale sarà mai, e dove, poi. In giornate così si vorrebbe far qualcosa, e forse qualcosa di minuscolo si è fatto, si pensa e ripensa a Genova e a Monterosso, ma pensare non serve a niente, si aspetta la piena anche qui, si guarda il fiume che è già stato così crudele nel '94, esattamente come ieri, il 6 novembre. Che strane pieghe ha il destino, che strani, stupidi giochi fa la natura, che ricorda il giorno esatto, Sono Segni, dice qualcuno, ma segni di che, io non vedo segni, vedo solo acqua, limpida dal cielo e sporca dal fiume, e vedo gente che guarda giù,dal ponte, gente che guarda sù, il cielo, e gente composta e degna, disperata e silenziosa che scava e scava a cercare nel fango quel che resta. O quel che ha perso.

04 novembre, 2011

Umido Novembre.



Il cielo cade giù, stamattina, ti vine da metterci le mani sotto, come quando cadono i libri dalla libreria, o le lenzuola del ripiano in alto, quelli che metti solo quando è Natale e non ci sono mai le federe vicino, le devi cercare nel cassetto o nell'altro ripiano, che è così difficile cercare le lenzuola, se nell'armadio sono tutte bianche e hanno solo il ricamino diverso, e poi ti serve sempre l'ultimo della pila Se invece son colorate il problema non si pone, solo che poi a furia di frugare e frugare sono tutte messe male e nemmeno più si chiude l'armadio. Mah, si diceva con mestizia, è il 4 di novembre, Armando Diaz e tutto il resto, mi ricordo che a scuola ce l'avevano fatto studiare a memoria, che cosa strana. Non che faccia freddo, certo che no, ancora senza calze per far inorridire le mie Amiche del knit cafè, ieri pomeriggio, ma mi sa che qualcuna l'ho convertita, e alla fine avevo ragione io, che le calze si mettono solo a dicembre inoltrato. A guardar fuori il cielo sa di colla, nel senso che sembra colla, un barattolo di Coccoina che non si usa da un pò, bianca sì, ma tendente all'opaco, non so come dire, se ti concentri riesci a sentirne anche l'odore di mandorla, uno dei profumi a me più cari in assoluto, insieme al Vicks e al Borotalco. E' tutto così immobile che si fa fatica a credere che quello fuori non sia un cartellone, un quadro, magari, che ti verrebbe voglia di stare nel letto a fare tutto, la colazione,  lavorare, mangiare, parlare con qualcuno al telefono, fare la maglia, o fare niente. Invece no. proverò a fendere questo biancore di nebbia e di acqua, che è venuta e che verrà, proverò a vedere se vince lui o vinco io, provo a portare un pò di scompiglio fra le foglie gialle e umidicce, scuoto i miei pensieri e scuoto me, metto disordine in questo silenzio intatto, non si muove nulla, lo farò io, sono brava a mettere disordine, anche quando non voglio, anche quando faccio di tutto per tenere a posto, anche quando cerco le lenzuola con le rose, è tutto perfetto nell'armadio e un attimo dopo il delirio, le lenzuola le ho trovate, ma ho una federa soltanto, metterò la musica a manetta, questo bianco di fuori non mi piace, ho un rossetto nuovo di zecca, fra poco vado a vedere se anche in città il cielo è coccoina, e  alla fine, chi l'ha detto che le federe devono essere uguali e poi nessuno al mondo mai controllerà il mio armadio delle lenzuola.

02 novembre, 2011

Non so.



Strano giorno questo qui. Inizia la settimana ed è già mercoledì, è una festa tristissima, forse nemmeno la è, ma certo non ho bisogno di un giorno come questo per pensare a chi non c'è, io non vado al camposanto in questi giorni, non mi piace, ci vado quando ne ho voglia, da sola, senza nessuno e spesso sono soltanto io nel vialetto con la ghiaia e qualche vecchietta con l'innaffiatoio e i fiori, a maggio le rose del giardino, ce ne sono tanti di giardini con le rose là dov'è il camposanto e dove vado per sentirmi figlia di un papà che non c'è più e Dio solo sa quanto poco la sono stata, figlia così, non era proprio il momento di andar via, ma forse non è che il momento lo sia mai, in fondo, ma avrei voluto vederlo invecchiare, vedere se fosse ancora così dannatamente bello anche a 50 anni, e poi a 60 e via così. Non so che fare in un giorno come questo, mi verrebbe da andare a correre nella nebbia, a me piace di più correre con la nebbia che col sole, oppure non so se mettermi a ribaltare casa, togliere le fodere dei divani e lavarle con cura, i vetri, le tende, e tutte quelle menate che si fanno quando si decide di pulire casa da cima a fondo, di solito si fa quando non si vuole tempo per pensare, mai quando la casa è lurida, nessuna casa lo è mai, si pulisce sul pulito, che frase tristissima da dirsi, se è pulito esci, vai fuori, fatti un giro in un giardino, guarda due vetrine, leggi un libro, che pulisci a fare, mah. Quindi non so. Se fare le Grandi Manovre o mettermi tranquilla, tranquillissima in un angolo di casa, un libro nuovo, iniziare un maglione marrone che la Princi Omioddio mi chiede da un pò, cucinare qualcosa, mettere una bella musica e magari stirare. Novembre non è un gran mese, meno male che passa in fretta, forse più di febbraio e anche quello non è che mi stia simpatico, non so se passi prima dannandosi o stando fermi, se riflettere  o far di tutto per non pensare, se fare e fare o star lì, imbalsamata, bell'e abbrustolita come le castagne della piazza. Non so se muovermi o stare ferma, non so se agitarmi o essere in grazia di Dio, nel frattempo scrivo e scrivo, le fodere dei divani mi sa che le tolgo uguale, tanto asciugano in fretta e non si stirano, ribalto casa ma nemmeno tanto, che strano giorno, triste sì, e questa è l'unica cosa che, per certo, so.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...