31 ottobre, 2012

Aspetto la tempesta.

Dicono che ci sarà una tempesta. La Tempesta di Halloween l'hanno chiamata. A guardar fuori sembra un qualunque giorno schifido di quasi novembre, niente che faccia pensare a qualcosa di tremendo. Qui ci si organizza, però, ad ogni eventualità atmosferica, ad ogni cambiamento climatico, financo a qualche inondazione, maremoto, cose così. Pioverà e pioverà tanto, e tutto si risolverà così, be tappati in casa coi figlioli in transumanze miste, un week end lunghissimo per la Princi Liceale, che ieri sera ha saccheggiato il mio armadio, quello dei vestiti belli, alla ricerca di un abito consono per la festa che ha stasera, ma guarda un pò che fine fanno i vestiti belli, mah. La tempesta arriverà e non ci troverà impreparati, se avremo cura e rispetto di organizzare tutto per benino, di avere provviste a sufficienza e chiacchiere, da fare e da ascoltare. La tempesta si aspetta in graziadiddio, sotto una coperta calda e con un bel film, magari che parli di mare e di sole, o con una storia d'amore travolgente e complicata, o con un bel libro, un libro non ti lascia solo mai, trovi un angolo di casa e una poltrona e ti ci butti dentro, diventi uno dei protagonisti, come quello che ho finito in questi giorni, regalo di Cristiana,  e che mi ritrovo a pensare ogni tanto. Mi organizzo con le cose di casa mia, con il calore che sanno darmi le persone che questa casa la abitano e la illuminano, con i nostri pranzi improvvisati, le nostre cene con un numero imprecisato di commensali, il caos beato di questa posto che amo. La tempesta si aspetta con una sorta di sollievo, arriverà e passerà, non ci lasceremo travolgere, non ci faremo nemmeno bagnare un pochino, la guarderemo dai vetri e vedremo cosa succederà, già inizia il vento e i fischi alle finestre e sotto la porta non promettono nulla di buono. Lo troverò io, il buono di tutto questo, mi farò bellissima di pensieri dolci, di progetti nuovi, di giorni belli che verranno, mi metterò una smalto acceso e un rossetto che luccica, sono pronta, la tempesta può arrivare, se vuole, squassare il pratino e gli alberi là in fondo, la guarderò, le dirò Non Mi Fai Paura, sei solo acqua sporca e fango e vento, il blu del cielo, appena dopo, arriverà.





30 ottobre, 2012

La Vera Storia del Ragno Verde.

La Casa in Collina, con tutti i suoi abitanti, era da sempre teatro di storie e leggende, di piccole e grandi tradizioni, qualcuna imparata, la maggior parte inventata, per questo o quell'altro bambino a seconda dei casi. Benchè ingegneri, universitari, matricole e liceali, ancora si racconta di quella volta, di quella sgridata memorabile impartita a un paio di figlioli, i due maggiori, per aver distrutto un formicaio una domenica pomeriggio. E ancora per aver ucciso sogghignando un ragno placido e del tutto innocuo che aveva lavorato alacremente per fare la sua casa sull'albicocco della casa di prima. Non si Devono Trattare Così Gli Animali, tuonava il Padre, e uno dei due bimbetti piagnucolanti si azzardò a dire in sua difesa  Ma io Ho Paura dei Ragni!

Nacque così la storia del Ragno Verde.

Il Ragno Verde era un delizioso animaletto a sei zampe, forse il più grazioso di tutta la sua famiglia, non peloso, non schifoso, di un bel verde acceso, fosforescente, quasi.
Il Ragno Verde non abitava sempre nella casa in collina, ma giungeva in uno specifico periodo dell'anno.
Il Ragno Verde era indifeso e non dava noia a nessuno, anzi, erano sempre così puntuali le sue apparizioni che alla fine ci si era affezionati anche un pochino, dandogli un nome, Camillo, e considerandolo un pò come uno di famiglia. E quanti Camillo v'erano stati in quella famiglia, nipoti e pronipoti, e pronipoti dei pronipoti. Tutti uguali, tutti verdi, tutti, rigorosamente, Camillo.
Camillo era un burlone.
Si faceva trovare nei luoghi più disparati, anche se in realtà non lasciava mai la zona della cucina, quella più popolata, perchè ai burloni, si sa, piace la compagnia.
Una mattina, Camillo si presentò sul ripiano accanto alla macchinetta del caffè, forse attirato dai mille colori delle capsule, magari cercandone una che ben si intonasse con il suo vestitino fluo.
Non era un gran mattina, una donna stropicciata e scarmigliata, armeggiava con sguardo vacuo lì vicino, firmava un libretto delle assenze senza troppa concentrazione e ascoltava distrattamente le notizie alla radio.
Camillo la vide e le si avvicinò. I ragni  non sono certo tipi da grandi confidenze, sono timidi e qualche volta perfino superbi. Ma Camillo capì che la donna scarmigliata aveva bisogno di lui.
Infatti.
Appena lo vide, la donna si scosse, CAMILLO! gridò. Scese la fanciulla dal piano superiore, accorse lo Sposo, soddisfatti e felici che anche quell'autunno Camillo avesse scelto la loro casa per abitarci.
Era un segno. La donna stropicciata si dette una smossa, si disse che era arrivato il momento di cominciare la giornata con un certo piglio, che il mondo girava da ore e lei se ne stava lì, imbambolata a cincischiare e a perdere tempo. Camillo, dal canto suo, dopo un breve giro sul muretto si rintanò in alto, sulla parete arancione, indeciso sul da farsi ma felice di aver dato una sveglia alla padrona di casa.

Camillo o non Camillo, stamattina va così, era partita storta e si lavora alacremente per raddrizzarla, si cerca in ogni modo di fare tutto e farlo bene, di non avere retropensieri, retrogusti e retrocessioni  di nessun genere, si sceglieranno con cura i pensieri da pensare, eliminando con decisione quelli che opprimono lo spirito.

Dalla parete arancione Camillo guardava giù, indeciso su dove fare il suo capolavoro di casetta.
Nessuna mano mai avrebbe schiacciato nè lui nè i suoi discendenti e questo gli dava di sicuro una certa tranquillità, una beata certezza, una specie di sottile felicità.

29 ottobre, 2012

Le somme.

Si diceva arrivasse il diluvio, che scendesse dal cielo questo mondo e quell'altro, che avrebbe piovuto per giorni e giorni. Invece un bel niente, vento sì, qualche goccia, niente di che. Ci vuole altro per chiamarlo diluvio. La settimana corta, quella che inizia il lunedì e poi c'è già una festa a metà, anche se proprio festa non è, ma ci regala un ritmo lento, quel che serve a raccogliere le idee, a fermarsi, a riflettere. Rifletto sì, penso e penso e alla fine mi fanno male gli occhi da tanto pensare, e mi frigge la testa e un pò mi arrabbio e un pò mi intristisco e poi mi dico che forse con un bel vaffanculo si potrebbe risolvere tutto e allora non mi intristirei e nemmeno mi arrabbierei che non so quale è peggio delle due, se la rabbia o la tristezza, che rabbia + tristezza, uguale, riga, fa delusione, è una somma fin troppo facile, la so fare perfino io che coi numeri non c'entro niente e infatti non sono numeri ma sentimenti e nemmeno con quelli sono brava, li rovescio, li spreco qualche volta, soprattutto l'entusiasmo, la voglia di fare delle cose, esagero, lo so, ma è così che dicono le mie istruzioni, ma chi l'ha detto poi. E' sole regalato, il lunedì mattina è pronto per essere scartato, con gli avanzi del week end sparsi un pò dovunque, la quantità di coperte sul divano la dice lunga su quanti fossimo ieri a guardare un film alla tv, c'era un vento freddo fuori e dentro il thè fumante e gli avanzi della torta di Michela e tutti rintanati sotto le copertine, quelle piccole da divano che servono per uno soltanto e che se ci vuoi stare in due ti devi per forza abbracciare, è questo il bello delle copertine che lasci sul divano, solo che se si è in mille ce ne sono una quantità poi, al lunedì mattina, da ripiegare e riporre. Lascio che la luce di fuori entri nelle mie stanze, anche quelle più nascoste, lascio che questo freddo frizzante e in un certo senso atteso, corrobori e dia vigore a tutto quello che incontra, passi fra le tende e atterri sul divano, a far le somme non sono brava, perciò cancello, ci tiro una riga e ne faccio un'altra, una mela + due mele fa tre mele, oppure calma + pace, vediamo se mi viene.

26 ottobre, 2012

Calma.

E' quel che ci vuole per una giornata come questa. Calma, che tanto è venerdì, che ci sono tutti i figlioli a casa, che tanto domani c'è una bella festa a Cuore di Maglia, che poi c'è la domenica e si può scegliere di fare quel che si vuole, anche stare in pigiama tutto il giorno e magari uscirci anche, a buttare l'umido, a cogliere le ultime rose, il pigiama è una libertà che non ha eguali, è una ricchezza che non si smette mai di apprezzare. Calma, che oggi si ha già l'ansia di buon mattino, non sarà nulla di grave, è un controllo e basta, che si deve fare e basta, come il vaccino, come l'antitetanica, come la filaria ai cani di casa, sì, tutto vero ma non è che ce n'ho tutta 'sta voglia. Calma, oggi arriverà il freddo siberiano, almeno così si legge sul giornale, emmenomale, non mi piaceva il fatto che facesse ancora così caldo, è strano eh? 26 gradi, a fine ottobre si deve andare in giro con le sciarpe di lana e magari anche i guanti, di quelli così belli come ha fatto Afef, con le stelle, ma senza dita, che sciccheria, in modo che si possano sfoggiare i colori più belli di smalto, i rossi accesi, i ciliegioni scurissimi, perfino quelli pitonati per mani da gara. Calma, magari oggi arriveranno quelle scarpe che si aspettano da oltreoceano, le porterà il corriere e ti farà firmare su quel tablet con la penna di plastica, oppure se non ti trova le lascerà sul pianerottolo e le troverai quando ritorni a casa. Calma, è un fine settimana che inizia adesso, in questo istante preciso, le cose si fanno sempre con calma e controllo, inutile che ti faccia girare la testa, inutile che ti faccia prendere dal panico, è cosa da nulla, si deve fare e si fa. Bonjour, è ottobre inoltrato, qui si gira ancora senza calze, si parla di smalti, di scarpe, di niente, perfino del tempo,  per far passare la paura.

24 ottobre, 2012

Stiro e twitto.

Tema. Stirare. A me stirare MI schifa.Cioè, non proprio che mi schifa, ma non è che mi piace. 
Ecco, venticinque errori di grammatica e sintassi in una riga sola, niente male.

Che stirare non sia pratica che mi faccia impazzire è ormai cosa nota. La trovo un'enorme perdita di tempo, eccezion fatta per le camicie del mio Sposo e di qualche Figliolo che hanno da essere impeccabile senza pieghe nelle maniche, senza l'ombra di uno stropiccio, senza niente, come tirate a piombo. Devo dire che a stirar camicie son diventata bravina, ma uno fa di necessità virtù, non  che se vai a stare al Polo debba continuare a farti schifo la granita, per dire.
Non amo stirare e perciò mi son organizzata. La radio, per forza di cose, che a guardare la tv combino guai, in realtà stirare guardando la tele te la fa passare meglio, anche se più che guardarla la senti e allora che differenza fa. Oltre a ciò, mi organizzo be sul serio per le ore che passerò attaccata all'asse da stiro, oggetto abiurato in casa mia al pari dell'abiurato stendino, ma di questo ho già parlato diffusamente.
Mi organizzo che chi non stira in compagnia è un ladro o una spia e allora, tengo lo smartphone vicino all'appretto, vicino ai fazzoletti candidi e a forma quadrata, giammai rettangolare, accanto alle magliette ben piegate da stirare a rovescio, non sia mai che si cancelli con un colpo di ferro innocente una scritta o un disegno, l'ho già fatto, ahimè, e so bene di cosa parlo. Lo Sposo Illustrissimo appartiene a quella corrente di pensiero che vuole le camicie appese, non già piegate come nella scatola ma senza gli spilli, che ancora me lo devono spiegare perchè nelle scatole delle camicie ci mettano gli spilli che è un'enorme perdita di tempo anch'essa. sia a metterli che a toglierli, per dire. Il mercoledì mattina, lassù nella casa in collina, s'ha da stirare fino alle convulsioni, fino a stramazzare a terra priva di sensi, tirandosi dietro nella caduta pure il ferro da stiro che avrà il buongusto di non cadervi sulla testa per non compromettere la già compromessa attività cerebrale, ma di frantumarsi al suolo. Esagggggerata. Però, avrei qualcosa di interessante da twittare alle mie amiche squinternate, da Instagrammare, da condividere su Facebook, così da sentirmi un pò meno sola, sommersa da quintalate di pantaloni e tovaglie e lenzuola, deh, le lenzuola, la prova provata e  perfetta che stirare è inutile come fare il letto, tanto poi si disfa uguale, se mi sentisse mia nonna mi manderebbe un fulmine a incenerire il ciliegio in giardino e allora sì che twitterei.

Le donne del 2012, quelle che stirano e ammirano obtorto collo, quelle che fan di necessità virtù, sono quelle che stirano e twittano, che mandano nel web la loro mattina grigia di nebbia illuminata soltanto dalle lucine del ferro da stiro. Sono quelle che sanno che la vita è un bel mucchio di panni da stirare, molte camicie, molte magliette, moltissime lenzuola con gli angoli, i peggiori, o le tovaglie di lino. E twittando e sorridendo, si stirano tutte.
Cominciamo con i fazzoletti però. Stamattina a tribulare non c'ho voglia.

Uso improprio di alcuni termini dialettali, ripassare i verbi, voto 4.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...