19 marzo, 2013

Sognare il sole.

Corro.
Corro sempre.
Non scappo. Corro e basta.
Sogno sempre di correre. A prendere un treno, a un check-in, a prendere i bambini a scuola.
Corro , a volte velocissima che prendo il volo, a volte che non riesco e mi impantano e mi infango ma devo correre, correre piu' forte.
Non so interpretare i sogni e nemmeno ci credo.
Che strani i miei sogni della notte anche se credo di sognare solo alla mattina presto, appena prima di svegliarmi, tanto i miei sogni sono lucidi e reali e me li ricordo cosi bene.
Il sole di oggi e' un regalo del cielo, e' una piccola carezza nel pantano che c'e', che se guardi bene non e' vero ma abbiamo imparato cosi' bene a lagnarci che adesso non la finiamo piu'.
Voglio avere solo bei pensieri oggi.
Voglio ridere di gusto e giocare un po'.
Voglio le cose che mi piacciono e le persone con cui sto bene.
E stanotte forse non sognero' di correre e correre.
Stanotte, voglio sognare il sole.

17 marzo, 2013

Tunnel of...socks.


Succedono tante cose in una pigra domenica pomeriggio.
Si whatsappa con le amiche più e meno lontane, che sembra di averle lì, sedute sul divano.
Si twitta, ci si tiene informate sulle cose del mondo, si legge, uh quanto si legge in domeniche così, si fa persino la prova a scrivere sulle Fragole dal telefono. esperimento riuscito.
Ma questo fine settimana verrà ricordato pe run altro esperimento, di quelli che ci perdi il senno, di quelli che credevi impossibili e invece alla fine, di quelli che c'è stato una vera esplosione, un vero trend, un vero dirsi Ma Và? Hai Provato?
Si ho provato e ce l'ho fatta.
Ho imparato a fare le calze, che di per sè è una cosa di poco conto, soprattutto per chi non capisce l'nsana passione che muove tutto questo, che c'è già una rete di informazioni che nemmeno il KGB, e quale filato e quali ferri, se carbonio o bambù, mica cose da nulla, signora mia, non è che noi si comprano i ferri di alluminio alla merceria della piazza, o dal Pesce, e solo chi è del mio paesello può capire questa cosa qui, quella del Pesce, intendo.
Ho imparato a fare le calze.
Ho disfatto, rifatto, ridisfatto e ri-rifatto e questo in un giorno, che mi ci si sono incaponita e che non avevo voglia di impegnare la mia testa in altre cose che non fossero ssk e magicLoop, e ogni tanto tutto questo aiuta, aiuta davvero e questa SockTerapy funziona, funziona alla grande, che fuori nevicava come a Natale e noi qui si facevano calzini, ma non solo io, almeno altre 3 o 4 sparse nella penisola, collegate a parlare di lana speciale, attrezzi speciali e tutte a dire, Ma Che, Davvero? e che roba è mai questa, ma le persone che frequento io sono così, sono quelle che si elettrizzano per queste cose e c'hanno mille mazzi e lazzi, e si concentrano a fare delle cose che non tutti possono capire, a che gusto ci sia a fare così, a sdilinquirsi su uno schema, a diventare bell'e scema perchè hai deciso che ce la vuoi fare e basta. e poi è domenica a la domenica uno la può passare proprio come vuole, o no?

Ho imparato a fare le calze.
la mia domenica è andata via così, ha galleggiato in un bel pomeriggio di casa e casa, di figlioli, di complicità calda e serrata, di cose belle, di progetti, ancora e ancora, perchè se metti insieme la passione e la tecnologia allora viene fuori una cosa gigante come questa qui, che mi sembra enorme e che forse la è davvero, e allora, tutto questo dannarsi su uno schema, tutto questo imparare cose nuove e sentirsi un pò diversa, gente strana che non sono altro, e con me tutte le altre, allora a me piace essere come sono e non mi importa se poi alla fine c'è chi ti dice Che Cooooosa? Le Calze? Ussignur.

A me non importa.

Sono entrata ufficialmente nel tunnel dei calzini fatti a mano, con lane speciali, tinture speciali, ferri speciali, e amiche speciali con cui condividerle, in ogni modo possibile, Twitter, Tumblr, Blogger, ce li ho proprio tutti,  sono troppo social, come dice la mia amica Silvia scuotendo la testa, ma tanto lo so che presto un paio di calze le vorrà anche lei e allora va bene.


15 marzo, 2013

Futuri e Maiuscole.

i giorni scivolano via così veloci che nemmeno ci si rende conto.
senza ritegno, senza rispetto, senza darti il tempo nè la voglia di fare tutte le cose che devi fare, che sono una quantità invereconda, certe gradevoli e certe invece no.

si assiste muti al cambiare della stagione, anche se di primavera poche tracce, in verità, nessun fiorellino nessuna gemma, nessun niente. E questo certo, non aiuta.

ho nel cassetto un migliaio di progetti, un migliaio di idee e una manciata di pensieri pesanti, di una sorta di piccole, piccolissime malinconie, un paio di rimpianti, nessun rimorso, nessuna angoscia che si possa chiamare così, nessuna cosa non detta. o almeno così pare.

i miei giorni sono giorni semplici, semplici e faticosi, qualche volta, semplici e meravigliosi, altre. Qualche volta, tutto insieme. 

in mattine come questa, dove nemmeno faccio la maiuscola andando a capo, dove apro il cassetto dei progetti e non ne trovo nessuno, solo quella manciata di pensieri, mattine dove niente mi riesce, dove il rumore dell'idraulico di sotto mi rimbomba nel cervello, dove il mio parlare è pieno di condizionali, dovrei andare, dovrei fare, dovrei preparare, dovrei scrivere, mi verrebbe in mente solo di sedermi in giardino, se non facesse troppo freddo, o di andare a vedere se alla fine qualche fiorellino è spuntato alla fine della collina, o se davvero l'albicocco non ha nemmeno una gemma.

e invece sto qui, il pavimento non è ancora asciugato e spero ci metta un secolo, lo laverò un'altra volta per avere la scusa di star qui a leggere i giornali e a guardare belle foto e a scrivere cose senza senso e a farmi rimbombare nel cervello i rumori dell'idraulico di sotto.
il cassetto dei progetti si chiude male, succede spesso anche al Cassetto del Tutto che ho sotto il forno e quando è così, lo svuoto per bene e butto via delle cose, ricette che ormai so a memoria, biglietti e scontrini, brutte di temi o fogli di appunti.

farò lo stesso.
butto quella manciata di pensieri che ogni tanto salta fuori, butto i miei momenti che non funzionano, butto le mattine che non mi riesce di fare niente.
e al posto dei condizionali dei bei tempi futuri.
i pavimento asciugherà, e quando asciugherà avrò mille cose da fare, e le farò al meglio.
alla fine, anche le gemme spunteranno.
E con loro, futuri e maiuscole.


11 marzo, 2013

La Morale dei Toast Carbonizzati.


Il lunedì mattina non è cosa da poco, lassù, nella Casa in Collina.La calma indolente della domenica è presto spazzata via da un frenetico preparare e prepararsi, valigie e libri e computer e documenti e cose, perfino la giustifica di un ritardo, un bollettino pagato di cui non si trova la ricevuta, la busta della biancheria pulita, le chiavi, vi aspetto in macchina, dov'è la sciarpa beige, baci sulla porta, voilà.
 Questo lunedì altro non è che la copia fedele di molti lunedì, non foss'altro che stamattina ho bruciato i toast. E allora? Non che sia tragedia o momento da descrivere o da ricordare, solo, non mi capita mai. Metto un'attenzione meticolosa nel preparare la colazione di tutti, apparecchio con cura, secondo i gusti di tutti, mai thè al bergamotto nella tazza del mio Sposo Illustre, mai zucchero in quello della Princi, caffè nero per i figlioli maschi, insomma, stamattina sono scivolata sui toast. Carbonizzata che ebbi la quarta fetta, mi sono fatta qualche domanda.
Che sia la macchina difettosa?che non abbia io più lucidità di calcolare tempi e modi e che sia perciò questa l'inizio della fine?che mi imbamboli come una scema a vedere se piove, dimenticando quel che sto facendo?risposta, ahimè, non ho trovato.

Ma è la mia reazione che mi ha stupito.Se tempo fa mi sarei dannata il sentimento, mi sarei fatta centomila sensi di colpa, mi sarei data dell'imbecillescemadeficiente per una mezz'ora buona, stamattina no. Proprio no.
Mi sono sì lievemente contrariata, ma appena appena, giusto il minimo sindacale.Con fare sapiente ho gettato senza pietà le fette carbonizzate nel secchio dell'umido, e canticchiando sommessamente ho fatto ripartire l'operazione tostatura, con un minimo di attenzione in più stavolta e senza il minimo senso di colpa.
Mi sono perdonata da sola.
La vita è troppo breve per sprecarla ad arrabbiarsi con sè stessi per la bruciatura di un toast.Cosa è in fondo, un pane bruciacchiato confrontato all'eternità?
Lassù, nella casa in collina, anche se piove  e non si ha nessuna voglia, anche se musi lunghi dei figlioli stralunati e assonnati, anche se, anche se, io cerco di prenderla alla leggera, alla leggerissima, certo non mi faccio intimidire da due fette abbrustolite, e che sarà mai, alla fine, carbonizzata una fetta se ne fa un'altra.
Farò di questa massima la mia filosofia di vita, capita di sbagliare, capita di non riuscire, capita di trovare sul proprio cammino fette di pane immangiabili, irrecuperabili e indigeste. Il secchio dell'umido le accoglierà con benevolenza. E noi, fiere di aver lavorato così bene su noi stesse, non ci sentiremmo in colpa, nè inadeguate, nè imperfette, nè nulla del genere, il mondo gira uguale anche senza i miei toast perfetti, i miei figli non ne avranno danni psichici irreparabili, il cosmo, dei miei toast, ma sai quanto gliene importa.
 Anche oggi ho imparato qualcosa. Mai avrei creduto che anche i toast bruciati potessero essere custodi di tanta verità. Posso così iniziare la mia settimana in grazia di Dio. E domani, a colazione, magari le Nastrine, và.


08 marzo, 2013

Oggi.

Oggi, 8 marzo, la mia giornata sarà così.

Avrò questo:
rifletterò su questo

e penserò a questo
Poi farò questo
perchè oggi le donne stanno insieme da

e alla fine...


e lui.
A tutte le donne, una giornata di pace e tranquillità, un pò di festa, qualche pallino di mimosa, una fetta di torta, una risata bella, le persone che ci piacciono intorno e l'augurio di bei giorni e bei pensieri.

06 marzo, 2013

Piove sottile.

Piove.
Piove che non mi piace.
piove che non me ne faccio una ragione, piove che mi fa schifo, piove che mi fa arrabbiare e intristire e immalinconire, piove che non ne ho voglia, che non ha rispetto, che non va bene. Piove che quando pioe penso troppo e pensare troppo fa corrente, lo dico sempre, e le porte sbattono e i vetri si rompono e il rumore di una porta che sbatte è un rumore che ti fa trasalire, improvviso, sbammm! Chi Ha Lasciato la Finestra Aperta? urlo da sotto, ma non risponde nessuno, forse la finestra aperta l'ho lasciata io, è con me che dovrei urlare.
Piove che non mi dò pace, piove che mi dà la nausea, piove poco ma bagna un sacco, la pioggia mi piace che scrosci cantando, che batta sui vetri, che faccia pozzanghere  e le riempia di diamanti immaginari, che bella la pioggia nella pioggia, le gocce sulle gocce, decise, che fan le bolle sul terrazzo, che danzano sul lago, nel mare, perfino nel catino, non questa qui, insignificante, impossibile, impalpabile.
Piove sui miei pensieri di una mattina qualsiasi, le cose da fare scritte su un foglietto, io ferma ad ascoltare il niente, ferma sui dubbi e sulle domande, sulle rabbie delicate, non quelle che ti fanno spaccare i piatti, almeno lo fossero, ma di quelle rabbie leggere, cose di poco conto ma infingarde, non per questo meno noiose. 
Piove sui miei progetti, piove sulle domande, solo gli stolti non se ne fanno mai, solo gli stolti hanno solo certezze, sarò un caso unico al mondo, sono stolta e non ho certezze, piove che il foglietto delle cose da fare è ancora qui uguale a prima, anzi no, ci ho fatto dei ghirigori con la penna seduta al tavolo della colazione, giocando con le dita fra i capelli come faccio quando devo prendere una decisione o quando ho pensieri che mi disturbano o mi fanno male, quando non ne ho voglia, quando mi nasconderei da qualche parte con un libro e soprattutto quando piove sottile, così come fa.

04 marzo, 2013

Voglia di fiori.

Forse è più voglia di colori che di fiori in senso stretto. Non so.
Non importa di che genere.
Forse i tulipani o le rose piccole che si trovano appena prima delle case all'Esselunga, tanto poesia e bellezza imprigionate in un foglio di cellophane, dentro ai secchi di plastica. Le compro spesso, per le mie rose dell'aiuola ancora tempo c'è.
ho voglia di narcisi profumati, di quelli che mi ha regalato Cinzia nel cestino di giunco, che presto pianterò nel giardino per non perdere nemmeno un fiorellino, nemmeno un soffio di quel sapore buono e pulito.
Niente come i narcisi e i tulipani fan capire che il bello è vicino, e che anche se oggi c'è ancora la nebbia, è una nebbia buona, alla fine, accondiscendente, dice Sono Qui ma Non Per Molto.
Ho voglia di fiori eventuali, legati a caso, oppure uno per vaso, ho una vera e propria mania per i vasi vuoti delle marmellate, li uso ovunque e per qualsiasi cosa, ne regalo tanti, rivisitati, rivestiti, pieni di caramelline, con incollati piccole stoffe, perline e pizzi, ricoperti con la lana, il cotone, perfino coi bottoni vecchi. E' un modo per dare loro nuova vita, nuove situazioni, viaggi nuovi in altre case.
Qualche volta, ne trovo qualcuno sul davanzale, l'Amica del Villaggio sa quando in questa casa c'è bisogno di un pò di dolcezza e la dolcezza arriva, puntuale, sottoforma di preziosa marmellata. Mia nonna mi ha insegnato a non restituire mai vuoto nessun contenitore, piatto, ciotola o vasetto che sia. Ci si ingengna perciò.

e' una mattina lentissima.

Forse, ancora non ci si è ripresi del tutto dalla pigra settimana di simil influenza, E' Un Brutto Affare, mi hanno avvertito, sembra cosa da nulla e invece ti trascinerai per giorni, se non ti fermi un pochino.
E in effetti, hanno avuto un pò ragione.

I pensieri si affastellano confusi in un lunedì che non ne vuol sapere, in una mattina opaca e meravigliosa, un compleanno in questa casa, uno dei due di primavera, la piccola di casa oggi compie sedici anni, sedici anni che sembra ieri o ieri l'altro, sedici anni che non mi sono accorta, sedici anni di una bellezza imbarazzante per me, che sono la sua mamma e che la vedo così uguale a me, così vicina, così felice.

forse, a volte vorrei che ancora fosse una bimba col vestitino grigio e le calzine un pò scese, che mi chiedesse di gonfiarle i braccioli, comprarle le figurine, che mi riempisse il frigo di disegni di cuori,  che si addomentasse in braccio a me, che mi salutasse dal finestrino della prima vera gita, che scendesse fiera sulla neve senza bastoncini, che si diplomasse in terza materna col tocco di cartone in testa, che rivedesse per la decima volta gli Aristogatti, che si togliesse da sola le ruotine alla bici.

forse invece, la vorrei esattamente com'è ora, regale quando sorride, riservata, quando si cambia 4 volte prima di uscire, quando canta a memoria le canzoni di de Andrè, quando mi cerca per parlare e parlare, quando arriva come un tifone in casa e corre per le scale e quando invece è così triste che sembra che tutto il mondo la schiacci.

Sedici anni.
voglio che oggi e per sempre tu abbia le cose più belle al mondo, figlia, le più luminose, le più lucide.
voglio che il tuo mondo sia pieno di cose che desideri, che tu le possa sognare un pò, prima, perchè solo così saranno più preziose, voglio per te gli amori più belli, sono la cosa che più conta al mondo, voglio le cose belle che ti fanno bella, intatta e felice come sei ora.

ho conservato quei disegni coi cuori appesi al frigorifero.
e oggi, sono io a regalarli a te.








26 febbraio, 2013

Invisibile.

Io non so cucire.
Attacco a malapena i bottoni che scappano dalle camicie, dacchè si sa, in questa casa se c'è qualcosa che non manca, ecco, appunto, sono le camicie. Ma a cucire, sono un disastro. 
Certo, faccio la maglia discretamente e ricamo magistralmente, oggi si ha voglia di certezze e autocelebrazioni lassù, nella Casa in Collina.
Zero voglia, quantunque. Nonostante il sole, il cielo bello, ma quant'è che non lo si vedeva, un cielo bello così, anzi, proprio non si vedeva il cielo.
Malaticcia, inconcludente, giro e giro su me stessa come la scema del villaggio, non finisco, lascio a metà, senza forze, senza sentimento.
Mi piacerebbe saper cucire. farei una quantità di cose belle, piccoli astucci, sacchettini, porta cose, di quelle che fanno le mie Amiche che invece a cucire ci mettono un secondo, Cosa ti Serve, mi dicono, e in un giorno o due me lo fanno, esattamente come volevo, come la foto che ho mandato, come quel cartamodello comprato a Parigi, perchè lo compri se non sai cucire, così, per averlo, ci sarà qualcuno poi che lo cucirà per me.
Quel che mi piacerebbe oggi è un vestitino a fiori piccolissimi, di una cotonina leggera, coi bottoni dietro, senza maniche, da metterci un golfino e le ballerine celesti, e un cestino di paglia, di quelli piccoli, come quello che aveva mia mamma per andare al mercato, con il foulard legato a un manico.
Oggi vorrei essere invisibile, avere un mantello magico che mi fa sparire, vedo e sento tutto, ma nessuno vede e sente me, sentire non importa, tanto non parlo, ma a vedermi, ecco, nessuno mi vede, proprio.
Osserverei tutto, guarderei tutto, anche da vicino, ma nessuno si accorgerebbe che ci sono, nessuno vedrebbe l'espressione della mia faccia, sono invisibile, dev'essere una sensazione bellissima e tremenda, non saprei. Invisibile per guardare meglio le cose che non capisco, invisibile per non farmi notare, invisibile per vedere l'effetto che fa.
Oggi, mi cucio da sola un mantello che mi nasconde, che fa di me un niente, non ho voglia di andare là fuori, non ho voglia del mondo e dei suoi tranelli, non ho voglia nemmeno del sole, che scioglierà la neve e lascerà fanghiglia e pantano un pò dovunque.
Invisibile sì, per stare tranquilla, per non farmi trovare da nessuno, ho la tosse e mi sento a pezzi, vuoi vedere che stavolta mi son beccata l'influenza, dovrei stare al letto al caldo e bere piano una tisana bollente e leggere fino a svenire e invece ho mille cose da fare e giro giro su me stessa e non concludo niente, e non ho voglia di niente, forse vitamine, forse una spremuta di mille arance, o forse quel mantello magico, quello che rende invisibili e invincibili e forti e coraggiosi e pronti, chissà se le mie Amiche che cuciono ne han pronto uno per me.

24 febbraio, 2013

Home is.

Come amo questa casa, certe domeniche mattina.
E' la mia casa, è casa mia, che non è la stessa cosa. E' il posto dei miei affetti, di tutto l'amore che ho, di tutta la mia vita, di tutta me, di tutto. E' il posto che amo più al mondo, perchè c'è il mondo chiuso qui dentro. Il mio.

E' una domenica di quelle che ne capitano raramente, da qualche mese in qua. Ci siamo tutti.
E sono quelle volte in cui si prendono decisioni importanti, qualche volta dolorose qualche volta meravigliose, si progettano viaggi, vacanze, si sognano futuri colorati, si pensa Quando Sarete Grandi.

Grandi lo sono già, invece.
Sono uomini fatti, lavorano e vivono la loro vita, studiano in altre città, perfino la piccina di casa copirà sedici anni tra qualche giorno. Sedici?? Come Sedici? Ma non è nata l'altroieri, i palloncini e i confetti rosa?

Amo i miei figli di un amore totale, che bella scoperta, li amo quando sono in giro per il mondo, quando camminano nei loro giorni lucidi, pieni di grandi pensieri e grandi avventure, e progetti complicati che il loro padre ascolta sorridendo ma mai disilludendoli. Mai.
Amo i miei figli quando sono lontani, quando penso che il mio amore per loro possa in qualche modo arrivare loro sopra, come a coprirli, come a scaldarli nel freddo che c'è, a proteggerli, a stringerli come quando cadevano dalla bici a rotelle.
Amo i miei figli quando sono qui, quando vengono a respirare l'aria di casa, i sapori di questo posto, che sono sì le torte e il ragù, ma sono soprattutto star seduti intorno al tavolo, la tovaglia lunghissima, apparecchiano con soddisfazione Quanti Siamo, ma vogliono che qualcuno dica loro che siamo tutti, stavolta sì. I miei figli sono una specie di brigata, una ciurma scomposta  e bellissima, un equipaggio perfetto, una compagnia teatrale per quanto mi fanno ridere qualche volta, una banda di delinquenti per come mi fanno preoccupare certe altre, adorabili, affascinanti, bellissimi delinquenti, eleganti e irresistibili anche con la felpa e i capelli lunghi, le barbe sfatte, e i pantaloni un pò strappati e quei visi così uguali fra di loro, solo declinati al femminile per la piccola di casa, ancora coccolata e chiamata come quando piccola lo era davvero.

Questa casa oggi racchiude tutto l'amore della mia vita, i miei figli e l'uomo col quale di figli ne avrei fatti una decina, è il caldo che c'è qui che ti fa scordare le fatiche degli anni difficili attutisce i dolori e li avvolge, li allontana soltanto un pò, i dolori visti da lontano sembrano meno pungenti e ti danno forse la forza di trovare un modo, una soluzione, che forse non c'è, ma almeno ci si pensa.

Se ci si pensa insieme, viene meglio.




20 febbraio, 2013

I miei passi.

Si pensa tanto, a camminare. Molto più che in macchina, forse come in treno, i pensieri del treno sono pensieri che sfuggono, che corrono attraverso le campagne e le case. I pensieri di quando cammini invece, restano lì.
I miei passi mi portano lontano, camminare mi piace, ho un passo veloce, militare quasi, non mi piace ciondolare. Invece, mi piace ascoltarli. Sul selciato, sull'asfalto bagnato, sulla sabbia. Sono passi decisi con le  Superga, passi impertinenti  da ballerine, passi incerti ma regali sui tacchi, passi sprofondati nella neve fresca, a vedere fin dove arriva. I miei passi li ascolto davvero, bucano il silenzio della strada buia che porta fino a casa mia, è illuminata solo per metà e la parte scura è quella che preferisco, soprattutto d'inverno,  l'unico posto dove il buio è un regalo, dove puoi stare sola con i pensieri che vuoi, niente disturba il buio di una strada di collina, nelle sere d'inverno. Non sempre i miei passi mi hanno portato dove volevo, e fatalmente la meta imprevista è stata migliore di quella pensata, succede sempre così. I miei passi mi hanno portato nella vita che mi piace, un'ottovolante di sensazioni e ragioni, di idee e pensieri ammucchiati, prima, e poi disposti per bene, in un ordine improbabile ma rassicurante. Sento i miei passi e penso a quelle volte in cui mi sono sentita sola, sono state poche ma le ricordo tutte con una lucidità che mi impressiona ogni volta, passi di corsa nel viale impossibile di un ospedale a scappare da me e da quello che di impossibile mi stava succedendo, passi nella neve un dicembre freddissimo, passi sulla sabbia, cancellati dalle onde dolci al tramonto, è fatica camminare svelti sulla sabbia, il mare poi rende inutile il tuo camminare, una passata e sembra che il tuo cammino non sia mai iniziato, e invece, cammini da un'ora. Vorrei che i miei passi mi portassero sempre verso le cose che amo, le città che non smetto di sognare, i posti speciali che ognuno ha nel cuore. Vorrei che mi portassero lontano dalle pesantezze e dalla malinconia, dalle persone inutili e saccenti, da chi ha il segreto del mondo chiuso nell'armadio. So per certo che i  miei passi mi porteranno sempre verso cose nuove e colorate, ho rispetto per i passi che mi hanno portato fino a qui, mi hanno insegnato tanto, le lezioni che impari camminando sono sempre le più preziose, quelle da imparare a memoria e, per quanto dure, difficili e faticose, da non scordare mai. Avrò cura dei miei passi, li ascolterò attenta lungo il pezzo di strada buia che porta verso casa, imparerò da loro, se ascolti i tuoi passi difficilmente ti perderai.

18 febbraio, 2013

La vita è una frolla.

Il sole di stamattina presto sbucava appena dalle nuvole, una specie di polenta tondissima, non so nemmeno se fossero nuvole o solo nebbia o tutt'e due insieme, ma non fa differenza, alla fine. E' un giorno pesante, di quelli che non sai da che parte cominciare, ma che hai in te una scorta di buonumore, di cose belle che hai fatto e visto, di sciallamento totale che chissà quando ricapiterà, ogni tanto scappare un pochino fa bene, ci si organizza, la città che ami tanto non è poi così lontana, e quella fiera che volevi tanto vedere alla fine è stata ancora più grande e più bella di come l'avevi immaginata tante volte. La casa è immacolata, hanno persino cambiato le lampadine dell'ingresso, fulminate da tempo immemore. Ora tocca a me. E' un lunedì tranquillo e un pò felice, ci sono tante cose da fare ma si mettono in fila e si faranno una per una, senza troppo sbattimento, in fondo non ci sono scadenze o altre menate, si inizierà con qualche piccola pulizia, una lavatrice di sicuro, forse due, magari le tende a cominciare le pulizie di primavera che speriamo arrivi in fretta, le notizie meteo non sono rassicuranti per nulla, di neve basta, ma di freddo ne arriverà ancora e un sacco, e allora non è che si possa fare molto. C'è in programma perfino un'infornata di biscotti, che ieri si è fallita miseramente la ricetta e si è stati pubblicamente fustigati da chi di biscotti se ne intende un sacco. Pazienza. Non smetteranno di volermi bene per aver cannato la quantità di zucchero e di aver fatto palle invece di panetti, qui si è alla Sorbona del Biscotto, basta un nulla e sei fuori. 
Un bel lunedì a chi passa di qua, a chi sorride fra sè e sè, a chi di sorridere non ne ha proprio voglia, a chi ha dimenticato come si fa. 
Il segreto della vita non lo conosce nessuno, ma c'è chi giura che forse sorridere un pochino aiuta a non affondare, a non perdersi di vista, a non smarrirsi per la strada.
Il segreto della vita io non lo so, oggi sorrido e sorrido molto, non conosco quello della pasta frolla, figuriamoci quello dell'universo. 
Ma quel che di certo so è  che è tutta una questione di equilibri, di miscele perfette, come lo zucchero e la farina, di piccoli regali per l'anima.
Oggi, riprovo la ricetta. Se ancora non viene, farò un'altra crostata. E mi farò un sorriso.
Il segreto dell'universo, forse, è tutto qui.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...