14 agosto, 2013

L'inganno delle Haribo.

A tonnellate.
Si compravano nella latteria di via Roma, in quei sù e giù dei pomeriggi di novembre, dopo lo studio, la nebbia ad avvolgerci, il loden verde e le mollettine con le ciliegie. Il lattaio le pesava con fare da scienziato, fissando il quadrante della bilancia e a volte togliendone una, una soltanto, per non sforare dalle 100 lire. Idiota.

ieri ho fatto un piccolo viaggio con due mie amiche, compagne di scuola, di banco, per anni. Certo, non era un viaggio di piacere, ma il solo fatto di ritrovarsi e chiacchierare e raccontare ed ascoltare, ha fatto sì che ci fosse anche del bello, alla fine.
Ci mancava solo lei.

Abbiamo parlato tanto, sì, e forse era un pò l'ansia a farci parlare e parlare, come a non voler sentire un peso, da qualche parte, come a scacciar via un'angoscia che non sai da che parte venga, invisibile eppure presente, una mancanza.

E' incredibile come negli anni il tuo ruolo in un gruppo non cambi, e sono sempre io, la più fifona, quella che non ha rubato il burrocacao nella gita a Firenze, quella che non ha marinato la scuola quella mattina di maggio. E così, eccoci, noi tre in piedi accanto a un letto di ospedale, le mie amiche sono sempre più brave di me a fare le cose, e ancora una volta il coraggio non lo trovo e non riesco a parlarti, perchè nemmeno so se mi sentiresti, e ti guardo anche se non mi vedi. Ma so che sai che sono qui, che siamo qui. Ed è uno strazio sottile, e ci si sente così straniti e io così stupida. Sei tu ma non sei più tu, e vorrei dire e fare ma resto così come di marmo, come interrogata su una cosa che non so, e nessuno a suggerire.

Vorrei che dal primo banco arrivasse la soluzione, vorrei che qualcuno mi bisbigliasse quanto fa, che angolo è, una data qualsiasi, se è attivo o passivo,  i complementi no, quelli ero io a suggerirli, sempre.
Allora saprei che cosa dire. Adesso, no.

veniamo via che ci parliamo a sguardi, ci conosciamo da mille anni e sappiamo bene come siamo, gli occhi non mentono, le parole qualche volta non hanno un gran significato, gli occhi invece, quelli sempre.

E non sappiamo quale disegno, quale mappa del destino e quali domande e cosa e come e perchè poi.
Interrogate, ma nessuna di noi risponde.
Impreparate, un'altra volta.

All'autogrill di Bologna compriamo le caramelle gommose della latteria.


ci manchi, Grazia.









12 agosto, 2013

La Notte delle Stelle.

Ma dove vai esattamente?
A Carate.
Ah. A fare cosa?
Da UnFiloDi, sai, la KnitHouse piena di gomitoli e gatti e persone carine, quella col giardino ordinato e quelle montagne di schemi e poi Lulù...
Ho capito, ho capito ma...perchè parti di pomeriggio?
Perchè dormo là.
Cooooosa?
Sì, dormo là. In giardino.
.....
Che faccia fai?
Dormi là?!? In giardino?!?
eccerto, è la notte delle stelle, difficile vedere le stelle in salotto, non credi?
E poi cosa fate?
Guardiamo le stelle e facciamo la maglia. E stiamo sveglie. E facciamo after, come dicono i miei figli.
........
........

La mia notte di San Lorenzo è stata una notte speciale.
Non solo perchè mi sono presa della squilibrata da almeno 3 persone, ma perchè l'ho passata in un modo inusuale, inusitato, da squilibrata, appunto, e contenta che sono.
Un KnitPigiamaParty per la notte delle stelle, con tante amiche squilibrate come me che colà si son trovate per passare una notte diversa, a guardare il cielo, a chiacchierare avvoltolate nei sacchi a pelo come a quindici anni scarsi, a fare a maglia un progetto di Emma Fassio che ha diviso con me il viaggio, il caffè delle 2, le chiacchiere prima di dormire e la parte di prato che ci eravamo scelte, posizione strategica per avere tutto il firmamento a portata di mano e ad esprimere così una quantità invereconda di desideri.
Una bella sera.
Una bella notte.
Freddina, in realtà. come mai avrei immaginato una notte d'agosto. Ma bellissima. Invero avremmo anche potuto dormire belle scialle e comode al chiuso ma allora, dove stava lo squilibrio il divertimento?

Ho guardato le stelle da un prato a Carate Brianza, da un giardino curatissimo e pieno di lucine e candele e veli e biscotti e tisane e Nespresso e lampade e scoppi di risate improvvise alle 3 di notte, la Marina è indisciplinatissima, lo sanno tutti.
Ho chiacchierato e fatto la maglia, e visto 3 stelle luminose e velocissime, improvvise, nel cielo d'agosto di Carate Brianza, coi grilli  e le amiche e mi sembrava così strano essere lì ma così bello, un pò in campeggio un pò in gita, che cosa strana.

Ho espresso 3 desideri.
Il cielo è uguale dovunque, da qualunque parte tu lo possa guardare e in qualunque modo tu lo intenda.
Le stelle poi, scelgono di cadere proprio sopra il tuo naso per darti modo di essere contenta, lì e in quel momento, anche solo per un pò.
Amo il cielo e le sue stelle, il suo mistero e la sua luce scura, la sua immensa bellezza, il capolavoro di luci e santità, di perfezione e imponenza che mi affascina ogni volta.

Conservo le mie stelle cadute in una tasca nascosta e ogni tanto  tornerò a guardarle, a lucidarle, a vedere se sono ancora lì.
Le troverò.
nessuna stella mai ha deluso chi le ha trovate.
Nessuna mai.

08 agosto, 2013

CiaoCiao Temporale.

Stamattina c'è stato il temporale.
di quelli belli che piacciono a me.
anche se ero in città e senza ombrello, non come l'AmicadellePerle che l'ombrello ce l'aveva eccome, ma aveva i sandalini di gomma tutti brilli ma sempre di gomma e di correre sotto la pioggia proprio non se ne parlava, che sennò femori e menischi si mescolavano insieme, così ci siamo dette, andiamo in fretta ma senza correre che sennò ci si ammazza, e alla fine ci siamo bagnate un sacco che lei per solidarietà l'ombrello non l'ha mica aperto.

Il temporale ha dato il meglio di sè non appena sono arrivata a casa.
E buio buio, fulmini e lampi chiarissimi, e di quei tuoni che sembrano polverizzare il tetto proprio sopra la tua testa, questo significa che il temporale è proprio qui, a me sta cosa di contare dal lampo al tuono non mi è mai entrata bene bene in testa, ma si sa che zuccona sono e ci sono cose che proprio non capisco, che mi rifiuto di capire, che non mi impegno, come i venti, le divisioni con la virgola, le tariffe degli smartphone e questa cosa qui dei lampi.
E molto altro ancora.

Il temporale dà una scossa a tutto, tutt'intorno e ancora in giro, ovunque, comunque e quantunque.
Il temporale squassa il pratino e il Regio Orto, e perfino il ficodindia tutt'attaccato, che non è tanto contento del fatto che piova. Lui siculo è, viene da un giardino di Cefalù, non è che si entusiasma del clima del Monferrato, se lo fa andare bene, certo, per amor mio, che lo accudisco e ci parlo, ma non è tutta sta contentezza quando piove.

Il temporale mi piace perchè sa di buono, non saprei descrivere l'odore del temporale ma mi piace perchè sa di pulito, perchè lava via anche la polvere dal terrazzo, e rinfresca e rinnova e fa più salubre tutta l'aria, e sa di acqua e di bellezza, e anche un pò di cielo, perchè è da lì che viene.

Del temporale mi piace il buio e poi la luce.
Mi piace il rumore e il silenzio subito dopo, e poi ancora il rumore, sia del tuono che dei goccioloni.
E rimango lì, incantata, ad ascoltarlo e ad annusarlo, il temporale, nessuno nel globo terracqueo credo che annusi il temporale, io sì.

Il temporale dura poco, fa spavento prima che arrivi, fa bellezza quando c'è, si fa mancare quando va via, e senti i tuoni in lontananza e dici E' Passato e sembrano tanti saluti lontani, come quelli che facevi dal retro del pullman in gita scolastica, CiaoCiao, ridevi certo, ma c'era sempre un pò di malinconia, c'è sempre malinconia nei saluti fatti con la mano da un finestrino qualsiasi.
CiaoCiao Temporale d'estate, torna presto fra queste colline, e grazie per lasciarmi in regalo un sole più lucido e chiaro

Del temporale, la cosa che mi piace di più, è il sole che c'è ora.

06 agosto, 2013

La Mancata Fioritura dei Gerani



Ci si era messa d'impegno.
Aveva scelto con cura maniacale tra le piantine del vivaio e del mercato, quelle con la sfumatura giusta, dal bianco al viola intenso, passando per il fucsia e il rosso acceso.
Li aveva sistemati sul davanzale, annaffiati con cura, sorvegliati, ne aveva tolto i fiori rovinati con un gesto deciso come le aveva insegnato sua nonna, alla base del gambo, così.
I gerani sono fiori grati a chi li cura bene e danno il meglio di loro stessi con sole, acqua, acqua, sole. Null'altro.
I gerani le piacevano.  Ne aveva trasportato uno dalla montagna al mare pur di tenerlo con sè, dandogli  perfino un nome, Felice.
Era convinta che i gerani avessero molte potenzialità, non soltanto quella di stare imbambolati sui davanzali.
Si chiedeva perchemmai non si avesse notizia di qualcuno che avesse donato un mazzo di gerani. Eppure, mica era vietato.
Da qualche tempo però, i gerani del suo davanzale non c'erano più.
O meglio c'erano, ma soltanto le foglie.
Nessuno dei vasi aveva più un solo fiore, e tutto quel gran lavoro di cromia e di sfumature non era servito proprio a nulla.
Si fece qualche domanda.
Li aveva innaffiati sempre? Si disse di sì.
Li aveva liberati dai fiori rovinati? Si disse di sì.
Li aveva forse trascurati per qualche altro fiore? Si disse di no.
Li aveva soffocati forse con il fertilizzante, come quella volta delle ortensie? Si disse di no.
La faccenda si faceva complicata.

Poi, le venne in mente di quella volta, qualche settimana fa, che le punse vaghezza di svolgere la tenda a rigoni, invisa a tutta la famiglia, uguale a quella di tutte le altre case, che se ne stava sempre arrotolata su se stessa. E che diamine, mormorò fra sè e sè, se non la svolgiamo d'estate, quando mai? Nessuno amava quella tenda, qualcuno aveva anche proposto di toglierla, tanto non si utilizzava mai ed era così triste, a righe grosse bianche e marroni, ma Ella decise ugualmente di farla entrare in funzione, non che ce ne fosse bisogno, ma così, per provare.

Da lì, l'illuminazione.
La tenda aveva tolto ai gerani il sole necessario, tutta la luce bella che faceva fiorire i fiori rossi, e fucsia, e bianchi e rosa pallido e bianchi e viola.
Se ne rese conto un mattino, riavvolse la tenda triste a rigoni ed aspettò.
Non passò molto tempo, e i bocciolini di geranio cominciarono a spuntare tra le foglie verdissime.

Era così anche per lei
Si rese conto di avere qualche volta una tenda sulla testa che le impediva di essere quella che era per davvero, facendo di lei solo un fascio di foglie verdi e tristi e senza colori.
il sole non passa attraverso le tende a righe bianche e marroni.
i gerani non fioriscono se tenuti all'ombra
il cuore fa uguale

mai come quel giorno si sentì così geranio
bastava solo attendere la fioritura, quella nuova.

con la tenda a righe bianche e marroni ci fece un falò.










05 agosto, 2013

Invisibili cicale.



Non so nemmeno che faccia abbiano. Non le saprei disegnare. Non come l'ape o la formica, io le cicale non so proprio come sono fatte. Ma le amo. Mi piace il suono monotono, il concerto che mettono in piedi ad un certo punto della giornata, mi piace immaginarle ben disposte, tutte in ordine, con una cicala direttore d'orchestra, e tutte le altre intorno, senza spartito, magari in frac. 
A loro modo, ogni giorno raccontano una storia diversa, un capitolo nuovo, anche se è sempre lo stesso motivo, la stessa nota ripetuta miliardi e miliardi di volte.

Ascoltava le cicale.
E a loro affidava i suoi pensieri e il suo sentire, quei piccoli pesi, i macigni e i sassolini, le brezze leggere  e i ventacci, gli smeraldi e le bottiglie rotte e tutto quello che faceva di quella estate la sua estate.
Ci provò una volta, a raccontare qualcosa di bello alle cicale.
Fu un mattino presto, l'Orchestra Invisibile aveva già iniziato la sua romanza, si schiarì la voce ed iniziò, C'era Una Volta, ma le cicale no, suonavano e suonavano, la solita musica, le solite note.
Poi, ci fu una pausa.
Allora, prese coraggio e nel silenzio  del sole d'agosto, quello immobile e caldissimo, iniziò a raccontare una storia alle cicale del Pratino, che forse nemmeno erano nel Pratino ma nella siepe grande, o chissà.
e raccontò una storia vera, o forse vera per metà, di un viaggio bellissimo sotto il mare, fra conchiglie e stelle marine, e raccontava e raccontava nel silenzio del sole d'agosto.
Sembrava che finalmente le cicale la ascoltassero, che avessero sospeso il loro concerto per sentire la sua storia.
ma ad un tratto, una cicala, una sola, intonò una nota e subito dopo le altre, e le altre e le altre ancora, nella completezza della più grande delle orchestre sinfoniche.
Ancora una volta non l'avevano ascoltata e la storia del viaggio in fondo al mare rimase a metà.

Le cicale non ne vogliono sapere di stelle marine e pesci colorati.
a loro, basta il fieno, i campi di grano tagliato, le vigne acerbe e le siepi di rovi, con le more quasi mature.
Loro raccontano di colline verdissime e campanili e lucertole immobili e siepi di ortensie da tuffarcisi dentro. A loro, non importa nulla della tua storia.

Le cicale non ascoltano, cantano e basta, e non sapranno mai le meraviglie del fondo del mare, non capiranno mai la danza delle stelle marine e i misteri delle conchiglie, che se sei fortunato ci puoi pure trovare una perla dentro.

Vàllo a spiegare alle cicale.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...