30 giugno, 2014

Lavo i piatti.

A mano.
Con la spugna a cuoricini che ho comprato da Tiger.
Col detersivo alla menta.
Con l'acqua tiepida.
Insapono per bene, nel lavello viola e li sposto nel lavello arancione.
Poi sciacquo con cura, accarezzandoli quasi, e li metto ad asciugare lì vicino, su uno strofinaccio pulito, ricamato da me.  Dai Diamanti Non Nasce Niente, c'è scritto.

Lavo i piatti a mano pur avendo una lavastoviglie per mille coperti, superelettronica, supersilenziosa, supertutto.

Lavare i piatti è una specie di terapia, mi sono sempre offerta di lavare i piatti io, nelle vacanze con le amiche, nelle feste dove ognuno porta qualcosa, nelle riunioni di famiglia che non si fanno più, la mia famiglia di origine si è disintegrata da un bel pezzo, e che grandissima invidia ho per quelli che ce l'hanno ancora.

Mi isolo così.
Rifletto così.
Non so per quale principio filosofico, non so per quale perversione, lavo i piatti e penso, come se tutto quello che succede oltre il lavandino non sia affar mio, Sto Lavando I Piatti, Non Vedi?
Penso.
Mi faccio delle domande, risposte non ne trovo nessuna, ma faccio finta di averle, le scelgo con cura nello Scaffale delle Risposte, e le faccio mie, plausibili, opportune, giuste.
E giuste non lo sono mai.

Cerco di cambiare atteggiamento, così come cambio il rossetto, i sandali flat color del cielo che ho comprato due giorni fa e che non ho ancora avuto modo di mettere, color del cielo quando il cielo è bello, non quando è minaccioso e rabbioso e pieno di lampi, che tanto a me piace, non è quello, turchesi, ecco, non color del cielo col temporale. Ma cosa c'entra.

Cambio atteggiamento e faccio finta.
Mi sorprendo a guardare lontano, non le ortensie, non il cancello, ma più in là.
Lavoro a un bel progetto che nascerà a ottobre.
Esco pochissimo
Mi scruto al mattino nello specchio, Allora, Che Giorno Vorrai? 
Normale.
Un giorno liscio e senza intoppi, senza i pensieri che mi schiacciano, senza l'incertezza e la malinconia, senza niente. Senza quella sensazione terribile che ho ancora, da un pò di giorni in qua, e che credevo sconfitta, quella di correre correre e di non arrivare mai da nessuna parte, come nei sogni, quando cerchi di aprire una porta e ti si spezza la chiave, o di fare una telefonata e non ti riesce mai, o di uscire dal mare e nuoti nuoti e la riva è sempre più distante. Hai Mai Provato? Ecco, quella lì.

Voglio dei giorni semplici, perfino noiosi, mi concentrerò, ci metterò tutta la volontà e l'impegno, stufa di essere una donnicciola da niente, che si lamenta,che non trova la strada, la soluzione, il significato, che si commisera,  PoverettaMe.

Sciacquo per bene i piatti belli a forma di cuore, i piattini piccoli di ZaraHome, doso alla perfezione il detersivo che ha un colore così bello, i prossimi sandali color DetersivoDeiPiatti, i pensieri li mescolo alla schiuma leggera, se ne vanno con l'aroma della menta, e scivolano giù dal lavandino, gorgogliando nello scarico, lavo i piatti per non pensare o per pensare meglio, e tutti a chiedermi PerchèLaviIPiattiAMano.

non saprei spiegare.


17 giugno, 2014

Che dire.

A manciate.
Da non sapere quale scegliere.
Si cercano strade, sentierini, scorciatoie, autostrade a 4 corsie da percorrere di notte, con la musica giusta, il mood giusto, per andare dove non si sa, ma non è tanto importante la meta, quanto il viaggio, lo dicono tutti, perfino lo spot del Cornetto Algida.

Il sole non c'è.
C'è la voglia di tirarsi fuori, di raccontarsi una storia bella, di fare in modo di non restare schiacciati dalle cose, di non farsi  cogliere impreparati, di darsi una controllata come si fa con le gomme della Vespa, è iniziata la sua stagione, ecco un'altra cosa bella.

Sono brava a raccontare storie, in fondo è la cosa che so fare meglio insieme al risotto alla milanese e a lavorare a maglia. Le racconto agli altri e le racconto a me, avevo scritto anche delle favole ai miei bambini, a penna su un quaderno a quadretti, ed è andato perso in qualche trasloco, chi lo sa. Si intitolava Le Storie Incantate di DolcePrato. Dovrei cercarlo.

Intanto, faccio progetti, che anche qui sono Campionessa Mondiale. Che poi si concretizzino non è importante, di solito è d'estate che nascono le idee più belle, le cose migliori.
Così, raccolgo tutto e mi trasferisco nella stanza con la finestra bella sulle colline, e lavoro a  tante cose, e non smetto di pensarci mai, mentre riordino pensieri e cose, mentre cazzeggio che si può dire, e fra stendere e riordinare mi concede minuti sani di cose stupide e frivole ma così dannatamente salutari che fanno bene a tutto, al cuore, all'anima e al malditesta, qualora.


Riordino file e cartelle, faccio ordine dentro di me, e anche fuori,  mi sono accorta che mi hanno rubato 3 chiavette USB piene di cose che ho perso per sempre, ma non ci piango, non piango più, e mi dannerò finchè non avrò trovato questa e stamattina va così, sono frivola e stupida, ogni tanto mi perdo nei miei pensieri guardando fuori dalla finestra, oggi, risotto alla milanese, Goditi Il Viaggio, Amerai il Finale, quelli del Cornetto c'han proprio ragione.




15 giugno, 2014

Un regalo per me.

mai visti così belli.
mai visti due così.
una volta soltanto, in un'isola lontanissima, ne ho visto uno in mezzo al mare, proprio sopra la mia testa, che partiva da qui e finiva là, e lo vedevo per intero, un arco proprio, dall'inizio alla fine.
Ieri sera, dopo il delirio di lampi e fulmini e acqua, la meraviglia.
Mi sono girata, e.

Non ho mai saputo spiegare in maniera scientifica il fenomeno dell'arcobaleno, nemmeno ai miei bambini, e allora mi inventavo ogni volta delle storie bellissime, niente di preciso, Sono I Disegni Delle Fate, E' la Scia del Carro di un Principe, Lo Vedi, Sono i Pastelli per Colorare i Sogni.

Ieri sera, mi è piaciuto pensare che tanta meraviglia fosse per me. E per me sola.
Un regalo inaspettato, segreto, da qualcuno che mi conosce bene e che sa quanto mi piaccia restare lì a guardare il cielo, la luna, le stelle, il niente, e quanto mi piaccia il temporale, che ho aspettato seduta in giardino, allora, arrivi o no, perchè del temporale mi piace tutto, il prima, il durante, e anche il dopo.

Ho guardato questa bellezza finchè ho potuto, finchè è rimasta lì, appena fuori dalla mia finestra, così vicino che potevo prenderlo e legarmi la treccia, farmi un braccialetto, uno scialle, non so. E l'ho osservata mentre svaniva, mentre diventava sempre più pallido, dove vanno a finire gli arcobaleni che vanno via, c'è forse un posto dove si conservano, piegati per bene?

Mi sono beata di questo spettacolo, lo hanno visto in mille e ho pensato che fosse solo per me, chi non vorrebbe un regalo così prezioso, così esclusivo, così misterioso.

Stasera, sono ancora vicino a questa finestra.
La collina è sempre lì, ma degli arcobaleni di ieri nemmeno l'ombra.
Regali del genere non sono cose da tutti i giorni.
 Certo che lo so.

Ma non si sa mai.

13 giugno, 2014

Le BelleSere

Le BelleSere si scrivono tutto attaccato.
Sono quelle che ti succedono ogni tanto, quasi mai, che arrivano in momenti in cui tutto penseresti, tutto faresti, tranne che vestirti e uscire. Nemmeno hai bagnato i gerani, nemmeno sei uscita a buttare l'umido. E se lo hai fatto, lo hai fatto svogliata e impaurita. Torno dentro, è meglio.
Poi ti càpita che qualcuno organizzi, faccia e disfi, decida il posto e l'ora, e ti dica, Sbrigati, se tentenni e dici MaSìForseVedremo.
No. TuVieniEBasta.
Le BelleSere di solito sono quelle di inizio estate, che fa caldo sì ma quel caldo bello, si è in mezzo a campi infiniti di grano e di erba, e c'è profumo di tiglio e di foglie a caso, di fiori, di pace.
e c'è anche la luna.
Si chiacchiera fitto, si ride tanto, sono le amiche di sempre, quelle con cui dividi i guai e  le cose belle,  che ci litighi forte, che le abbracci forte uguale, che difendi, che comprendi, che sgridi a volte e che sgridano te. E che ami. E che amano te.
Si sono fatte le 11 così, a dire e dire, a raccontare, ad ascoltare, a farsi un pò coccolare da tanta pace, finalmente, da tanta semplice condivisione, da tanta vicinanza.
Se hai passato dei giorni di buio impossibile, le candele di citronella diventano fuochi d'artificio.

le BelleSere portano altra bellezza e meraviglia, portano leggerezza e stare bene.
Portano 3 micini nati nella notte vicino al tuo letto, che non ci hai dormito proprio, impegnata a rendere partecipe dell'evento tutta la Sparpargliata Regia Famiglia, e a sorvegliare con dolcezza la vita e la forza, il miracolo delle cose, la magia.

E portano parole nuove e nuove sensazioni, la quasi assoluta certezza che ce la si farà, che sarà bello e lo sarà davvero, che si prenderà certo il ritmo di tutto, che cambierà tutto e tutto resterà uguale, e che per nessun motivo al mondo si deve avere paura del buio.

Nulla più di male succederà, se avrò ancora BelleSere tutte per me.


11 giugno, 2014

Effetto domino


Faccio quello che posso.
Quello che riesco.
Un pò poco, in realtà. Raccolgo cocci, disinfetto ferite invisibili ma presenti, scopro debolezze che non credevo di avere, e, a tratti, una forza e una tranquillità preoccupanti, una specie di impallamento, se sto troppo ferma o troppo zitta o troppo calma, non è mai un bel segnale.
e' arrivata un'estate prepotente ma svogliata, non so dire, si cerca di pensare che tutto sia normale e tutto a posto, quando in realtà è tutto così confuso e incerto che non si sa da che parte voltarsi.
Si cerca di prenderla con filosofia.
E limitarsi ai primi danni, che nemmeno sono pochi.
Direi.

si decide in questo istante di smetterla di farla tanto lunga, di darsi un certo tipo di contegno, di raccogliere quel che c'è e farne buon uso, come quando rompi una collana, impossibile rifarla uguale e allora infila perline a casaccio, aggiungine di nuove, più colorate e più lucide. Trovarle non sarà difficile.

La scuola è finita.
La Liceale Innamorata vive questi primi giorni di libertà come si conviene, fra feste e piscine, con quei suoi occhi di mare più brillanti del consueto, il sorriso più trasognato di sempre, cuoricini a quintali su Whatsapp quando mi comunica spostamenti e cambi di programma.

E' tempo di esami per gli universitari, e camicie immacolate per l'occasione, Ho Rifiutato un 26, Era Facile, Voglio 30. I miei figlioli maschi sono la contraddizione, la bellezza, gli unici al mondo che sanno farmi ridere tanto, ma tanto, anche quando ho il cuore in pezzi, l'anima incerottata e mi raccontano in cucina, e mi fanno sentire chef pluristellata anche quando cucino distratta una pasta al pomodoro.
Si preparano valigie e progetti.
Troppi, forse.

Ce la metterò tutta.
raccoglierò forze e sentimento, ammucchierò per bene tutte le mie intenzioni migliori, la forza che sono stufa di avere, il controllo, la maturità anagrafica, il mio ruolo in questa casa e in questa famiglia.
Ce la farò.
Nel frattempo, mi organizzo con piccolissimi accorgimenti.
Una sera con le amiche, domani, come da tantissimo non facciamo più, previsti tacchi dodici e mojiti, ma come, la strada di dove andremo è tutta ciottoli e prato, ma non importa. Rientro previsto forse per le 22. Qualcuno azzarda le 22,30. E già, ci sembrerà di aver fatto follie.
Mi farà bene.

Faccio esperimenti su di me, sono cavia di me stessa, un topo da laboratorio, gli esperimenti vanno fatti più e più volte, alla fine, con le provette giuste, gli elementi giusti, riescono sempre.
Mi risolleverò.

Primo tentativo al mondo di effetto domino. Al contrario.

Si.PUòFaRe.

04 giugno, 2014

Come stordita.

da non farcela più
stordita, come annientata, come vinta, non so
e ci provo a scriverne, magari mi aiuta a capire, magari mi aiuta come sempre a sentirmi un pò meglio, meglio di così ci vuole un attimo, un attimo proprio, non si può andare più in basso di così
se ti alzi al mattino e trovi finestre spalancate e cassetti rovistati, perfino la scatola dei bottoni rovesciata in cucina, e borse sparite e cose che erano lì e non ci sono più
avere i ladri in casa, sapere che qualcuno ha calpestato il tuo pavimento, toccato le cose tue, salito sulle scale mentre tutti dormivano, entrato in stanze vuote e ha frugato, rimestato, e rubato, rubato tutto, rubato la tua pace, la tua tranquillità, i tuoi momenti di casa, rubato il tuo privato, rotto i gerani per scappare, perso in giardino monete e orologi, preso la tua borsa dei ferri, e buttata in un campo, e tu lì, al mattino presto, la tua borsa viola rovesciata poco lontano da casa, a raccattare la tua vita in mezzo all'erba, il rosario, la patente, i tuoi biglietti, le liste della spesa, le caramelle, che ha rubato le cose tue, i tuoi soldi, il tuo anello, qualcuno che ha camminato in corridoio mentre tu dormivi, qualcuno che ha violato la notte in casa tua, che ha rubato le cose che si possono rubare in dieci minuti, che ha spalancato tutte le finestre per essere certi di poter scappare, che ha lasciato le impronte sui gradini e si è pulito il fango dalle scarpe nel giardino del vicino, di corsa perchè il cane gli abbaiava forte.

E' successo ieri notte e adesso sto così, stiamo tutti un pò così, come feriti, come traditi, tristi e spaventati, che nessuno ha dormito ma nessuno l'ha detto agli altri, che nessuno sa dire come sta veramente, che ho pulito mille volte e mille volte sono andata a cercare nei campi se per caso avessero buttato altre delle cose mie, delle cose nostre, pezzi di vita che non servono a nessuno, che non hanno nessun valore per nessuno, se non, inestimabile, per te.

così, stamattina guardo mio marito che guarda il prato, la collina, il niente, le mani in tasca, di spalle ma immagino il suo sguardo che ho visto pochissime volte, ed è probabilmente lo sguardo smarrito che ho io, che abbiamo tutti qui,  nemmeno abbiamo il tempo di arrabbiarci o di imprecare, la tristezza non lascia spazio a niente mai.

Si va,si rimettono insieme le cose, si fa l'inventario delle cose che non si hanno più e ogni tanto se ne aggiunge un pezzo, o si ritrova da qualche parte in casa, questo non lo hanno rubato, questo c'è ancora ed è un attimo, un attimo solo.
Ho pulito fino a consumare le scale, il pavimento, la finestra, ho lavato tutto quello che c'era da lavare.
La mia casa violata, la mia anima ferita, il mio cuore a pezzi, chissà chi li guarirà mai.

30 maggio, 2014

We Own The Night.

Se stasera sono qui.
E' perchè m'è presa secca.
E' perchè se corro mi cascano i pensieri dappertutto, li perdo proprio e non li trovo più. Per fortuna.
E io che non ci credevo.

Grazie a Elena Braghieri per l'ispirazione e l'incitamento.

E grazie a Silvia e Marialuisa, che sono con me come sempre, e mi soccorreranno se quando soccomberò.
Non credo che riuscirò a finirla, anzi, ne sono sicura, ma io corro scialla, mi guardo in giro, magari mi fermo pure a prendere un gelato, che so, o a guardare una vetrina. In ogni caso, le mie compagne di squadra sanno già che se perdono le mie tracce, mi trovano al NikeStore, mi porto i ferri e faccio due giri di maglia, per dire.

Sarà una bella festa.
Mi ci voleva, mi ci voleva proprio.






29 maggio, 2014

La Cretina Ortensia.



Il suo nome non le piaceva.
Troppo altezzoso, troppo altisonante. Complicato.
La Cretina Ortensia viveva nell'aiuola delle ortensie, e dove se no?, ed era quel che si dice una testa matta. Accanto a lei, la siepe delle ortensie più anziane e più giudiziose l'avevano più volte avvertita, ma lei nulla. Era un buona ortensia, alla fine, di gran cuore, perfino simpatica qualche volta. 
Se non fosse che quel maggio si era messa in testa di fiorire prima delle altre.

E mentre tutte erano ancora agglomerati verdissimi di fiorellini senza senso, lei no, lei si pavoneggiava un sacco con quei suoi fiorini rosa acceso, con quelle sue foglie lucide, con quel suo fare altezzoso, altisonante e complicato, proprio come il suo nome.

Ma la Cretina Ortensia sapeva il fatto suo.
Lei fioriva quando le pareva e le piaceva, non ne voleva sapere un bel nulla delle Regole del Giardino, e cioè che le ortensie fioriscono tutte insieme, appena dopo la pioggia dei petali del Ciliegio, che si deve stare buone e composte, rispettando le ortensie più grandi, quelle della siepe nuova, quelle sulle quali  nessuno ci avrebbe scommesso, arrivavano dal giardino del vicino dove avevano abitato per anni, e in molti pensavano che non avrebbero retto al trasloco, e invece no.
La Cretina Ortensia lo sapeva. e lo sapeva bene.

Ma le regole, ogni tanto, andavano in qualche modo sovvertite, sennò, che divertimento c'era, e che sì, lei  sapeva la storia,  che bla e bla e bla, ma in fondo non faceva proprio male a nessuno, aveva voglia di fiorire e fioriva, prendendosi tutto i rischi del caso, tutte le complicanze, pure le smerluzzate dei gerani, per dire, che non perdevano occasione di farle la predica e dirle come ci si doveva comportare, che non era quello il modo.Ma si sa, i gerani son filosofi, e te la spiegano, sempre.

La Cretina Ortensia lasciava dire.
E fioriva, a dispetto del mondo, del Pratino, del Ciliegio e di tutte le altre ortensie dell'Aiuola.
Fioriva, per trovare il coraggio, per fare un respiro lungo e andare avanti, fioriva a dispetto delle erbacce che si abbarbicavano sul suo stelo, che sembra siano solo campanule bellissime e invece sono  infestanti e pericolose, velenose perfino, beh non esageriamo, lei, la Cretina Ortensia, fioriva e fioriva, e diventava da rosa acceso a fucsia brillante, bellissima.

Il geranio, da lontano, nonostante la filosofia e le menate, guardava e sorrideva.

23 maggio, 2014

Di quando il Caprifoglio si innamorò del Geranio.

Erano sempre stati vicini.
La siepe del caprifoglio stava proprio lì, rasente il davanzale dei gerani, i vasi vecchi provenienti da un'altra casa, un pò sbrecciati ma pieni di storia e di storie, con ancora sul fondo i cocci di una vecchia teiera, non si sapeva bene bene a cosa servissero, ma erano sempre stati lì e lì rimanevano.

La siepe del caprifoglio fioriva improvvisa, senza avvisare,  non che avesse prima foglie, poi boccioli e poi fiori, no, arrivava così, un mattino  uscivi e, Toh Guarda, E' Fiorito il Caprifoglio.
In realtà, lo si sentiva anche dalla finestra, quel profumo di limone e pulito e vaniglia, anche, che entrava dolce dalla finestra socchiusa, insieme a quello delle rose, non si sapeva dei due quale fosse il più seducente, il più inebriante, il più romantico.

Quella mattina, il Caprifoglio si innamorò.
Non delle altezzose rose dell'Aiuola di Là, ma del Geranio, il primo della fila, quello che si innaffiava per ultimo, quello più vicino al davanzale.
La scintilla era scoccata, si suppone, la notte stessa, quando fra un pensiero e una chiacchiera, il Caprifoglio scoprì che il Geranio era sì di un bel colore fucsia acceso, aveva sì foglie verdissime e vellutate, era sì in un vaso coi ghirigori che era passato di in casa in casa, ma aveva anche bisogno di essere un pò abbracciato, un pò tenuto vicino.
Ti Regalo Un Pò del Mio Profumo, gli disse, e spinse i suoi rametti sottili e teneri fra le foglie vellutate, in un abbraccio delicato, ma intenso. Dolcissimo.

Il Geranio ne fu felice.
Li trovarono così, la mattina seguente, abbracciati sul davanzale, il profumo del Caprifoglio era tutt'intorno. Le rose, ammutolite a guardare.

Non importa che rivoluzione sia in atto lassù nella Casa in Collina.
Non importa se è tutto così scompaginato e confuso e sparso.
Non importa che viavai di valigie e progetti e biglietti aerei e tirar sù col naso di nascosto,  per non farsi vedere i lucciconi
Sarà sempre tutto bellissimo, se sul  mio davanzale potrò assistere alla storia d'amore tra il Geranio e il Caprifoglio.
Le storie d'amore alla fine, vincono sempre.


20 maggio, 2014

Piove appena.

Gocce alla rinfusa, per niente convinte, come me, forse, gocce sparse, piccolissime, in disordine come i miei cassetti.
Piove poco, piove a tratti, giusto per farti piegare la tovaglia a quadretti sul tavolo di fuori, per non farti stendere, piove solo per non farti mettere gli occhiali da sole, piove per farti un dispetto, piove che nemmeno lui sa perchè piove, ma lui chi?, lui nessuno, è un modo di dire, il tempo, il giorno, chi lo sa.

Se a maggio piove non va bene.
Perchè le rose stanno fiorendo in tutta la loro sfacciata bellezza, il pratino è una delizia, e queste due stupide gocce non possono arrivare così, a rovinare la festa.

Sono giorni di cose accatastate, alcune belle e alcune no, sono giorni di pensieri difficili e di progetti ambiziosi, giorni di cose così belle da non immaginare, giorni di figlioli avanti e indietro da casa, piccole vittorie, grandi notizie dette così, come per caso, Ah, Sai, Ho Deciso Che. Ma come.

Piove così poco che nemmeno piove ha un significato.
E non so se volere un acquazzone o un sole a picco, un mare infinito o una pozzanghera, non so niente di niente questa mattina, che forse sono pioggia stupida anche io, anche io che non so che fare, che non so da che parte girare per essere sicura di essere dalla parte giusta, che non so nemmeno se continuerà a piovere o se smetterà, se uscirà il sole più bello del mondo o se arriveranno tuoni e lampi e fulmini e non so cosa augurarmi, non so davvero che cosa sperare, pioggia scema anche io, goccia insignificante e inutile, che goccia sei se non bagni, che goccia assurda sei se nessuno o quasi si accorge di te, goccia scema di maggio, goccia che non fai rumore, goccia che non sai nemmeno tu da dove arrivi, e allora aspetta sì, aspetta e vedrai, anche la pioggia stupida, lo sai, può diventare un temporale.



12 maggio, 2014

Con la Luna e le Rose.

Non è piena.
Non è quarto.
Sa soltanto quello che non è.
Se ne sta lì, nel cielo di maggio, quando il buio ancora non è passato a trovarla, Sono Il Buio, Passerei a Farti Un Saluto.
c'è un momento perfetto, nelle sere di maggio, quando puoi decidere che cosa farne della sera che ti resta, delle ore che ti avanzano prima di andare a dormire. Leggeresti, finiresti quel mini maglioncino con quella lana fatta di nuvole. 
Ma il richiamo del giardino è più forte di tutto, e dal giardino il cielo si vede così bene, lo puoi studiare, se vuoi, stelle non ce ne sono, non ancora, ma puoi indovinare dove spunterà la prima, proprio lì, sopra l'acero, più o meno.
La Luna Timida, intanto, guarda giù.
Gelosa delle mie rose, che sono esplose in un giorno appena, gelosa di quel profumo di maggio che forse da lassù non si sente e che fa tutto più bello, più leggero e morbido, smussa gli spigoli, trasforma la carta vetrata in velluto pregiato, e i sassi in rubini purissimi.
Ho avuto giorni di spigoli e sassi e carta vetrata.
Non ci vuole un genio, a capirlo. Se da qui sto lontana, se nemmeno ho il sentimento di mettere in fila i pensieri e regalarne un pò, se nulla ho, da dare a nessuno, allora me ne sto sola, scelgo un angolo e mi metto lì, Passerà, mi dico, sono stata sempre così brava a dire Passerà, a dire Massì Che Non è Niente.

Stasera,è il profumo di maggio che mi ha chiamato fuori, e questa luna, che non sa nemmeno chi è e cosa fa, e cosa ci sta a fare in mezzo al cielo, se non sei piena, se non sei mezza e nemmeno un quarto, ma dimmi, che luna sarai mai.

Lei non se la prende.
Lei sa che l'adoro, non si scompone.
Anzi diventa, per me, più luminosa via via, man mano che il buio si avvicina col suo carro, e il cielo passa da celeste a blu, senza quasi darmi il tempo di accorgermene.

Nemmeno la luna resiste al profumo delle sere di maggio, a quest'aria liscia e senza vento, ce n'è stato tanto ieri, e ha spazzato tutto, le nuvole, i pensieri, la malinconia e gli schizzi.
Nemmeno la luna resta indifferente a tanta beatitudine, a tanta pace, a tanto misterioso sentimento.

Io, meno di tutti.




05 maggio, 2014

Make a Wish.

Sono stata in un posto bellissimo.
Non iniziano così anche i temi delle medie?
Sono stata due giorni un pò fuori dal mondo, fra ulivi e specchiere frantumate da un colpo di vento, e vecchi servizi di piatti da perderci la testa, spartiti consunti e tovaglie e posate e cestini da picnic perfetti per i Giorni da Prato.
Ho avuto due giorni di una specie di vacanza, una specie di festa, anche se  freddo, la pioggia, il vento, e a scrutare nuvole nerissime in un cielo che non prometteva nulla di buono,ma invece sì, alla fine.
Amo le cose vecchie, quelle dei rigattieri, dei solai, i divani rovinati, le zuppiere sbeccate, le scatole arrugginite dei biscotti.
Ho avuto due giorni di abbracci e di ridere e di niente, un Bellissimo Niente, maiuscolo, questa volta, quel Niente che ritrovi dopo un pò e che ti fa sorpresa e contenta, ma sì che lo sapevo.
Il Bellissimo Niente nelle cose semplici, in A. che mi si avvicina sorridendo, occhi cerulei e sguardo limpido, Lo Sapevo Che Eri Tu, e che mi racconta di quel suo Amore che è lì, a me, a me che legge ogni mattina, a me che sa, a me che conosce così bene, anche se non mi ha mai visto.
La meraviglia.
Il Bellissimo Niente sono tutte le cose che messe in fila fanno giorni perfetti di carezze, vere o virtuali è di poca importanza, giorni perfetti di piccole soddisfazioni, un cucchiaio di ambrosia, spalmata sulle gallette di riso, così, a rendere un giorno qualunque un giorno speciale.

make a wish.

Il mio desiderio è tenere tutto qui, vicino a me, appiccicato a me, le persone che mi sono care, le persone che con me dividono cose e sensazioni, e sentimenti e progetti e deliri, anche, perchè no.
Voglio che questo maggio profumato porti solo cose belle, e bei momenti e abbracci come quelli di ieri, e belle storie da raccontare, bei disegni da fare, bei cuori da attaccare a un fico sulle colline, in mezzo a tutti c'era anche il mio, che sorrideva.

Il mio desiderio di oggi è di avere sempre il cuore lucido, rosso e semplice,  la mente non è indispensabile,
 Make a Wish and Give it Wings, se il cuore vola, è un privilegio.

Grazie A., di quell'abbraccio.

27 aprile, 2014

Tanto tuonò.


che alla fine non piovve.
cioè sì, ma non quella pioggia a scrosci, piuttosto quella stupida e insignificante che ha il solo merito di mandare all'aria tutti i tuoi programmi di una domenica che è più domenica delle altre domeniche.
Solo, un pò più complicata.

Così, faccio ordine.
Riordino pensieri, cose e magliette da stirare che non stirerò, cerco di concentrarmi su di me e sul disordine del mio tavolo, pieno di bigliettini e matite e promemoria fatti a cuore, su qualcuno non c'è scritto proprio niente, solo un altro cuoricino, disegnato con la stilografica.

Mi disconnetto dal mondo di fuori, vicino o lontano che sia, riordino gomitoli e progetti, ripongo con soddisfazione massima maglioni pesanti e sciarpe, dove ci affondo la faccia quando mi sento persa, e non càpita da un pò, a dire il vero.

che strani giorni questi qui, ti abituano a fiori belli e profumi di sole, camiciole leggere e ballerine dorate e poi ti lasciano un mazzo di erbaccia pestata e ingiallita  e pozzanghere e zero. 
Prendo atto.
Riordino tutto, spolverando con cura gli scaffali, svuotando cassetti pieni di niente giù dalla finestra,  allineando concentratissima gomitoli e sentimenti, che quelli non si riordinano mica, quelli, i sentimenti, scivolano da tutte le parti, non è che li puoi catturare e tenere a bada e catalogare e tenere lì, sentimenti e pensieri vanno dove gli pare a loro, non è che puoi dire Ehi, Vieni Qui, come si fa coi bambini.

Così, in una domenica più domenica delle altre domeniche, con le nuvole che passano così veloci che mi fanno male gli occhi a guardarle, mi concentro su di me, disconnessa dal mondo e dalle cose, stupida che sei, scema che sei, la connessione dalla testa mica la puoi togliere.
quella dal cuore, tantomeno.


20 aprile, 2014

L'emozionante Pasqua della Lumaca Gisella.

Se ne stava così, accoccolata sulla sedia arancione del terrazzo.
Non che avesse perso la strada, ma quella poltroncina di design color del sole, ancora umidiccia di rugiada, era un luogo tranquillo dove godersi il primo sole della mattina, così chiara finalmente.

Quella domenica, la Lumaca Gisella era in visita pastorale al Pratino, dove avrebbe trascorso la Pasqua con sua cugina Lia, che da tempo viveva indisturbata nel giardino della Casa in Collina.
Gisella aveva fatto un lungo viaggio, si era trasferita da quattro giardini più in là, e camminava, si fa per dire, da giorni. Riposarsi un pochino, prima di trovare la casa di sua cugina, non le sembrò una cattiva idea.

Quella era una domenica speciale, al Pratino. La pioggia aveva squassato l'erba nuova e sparpargliato i fiorini rosa caduti dal ciliegio. Del Regio Orto non v'era traccia alcuna, non ancora, e Gisella si domandò dove mai fosse la casa di Lia, Secondo Cavolo Viola a Destra, le aveva scritto sulla foglia del lillà, ma di cavoli viola, nemmeno l'ombra. Era mattina presto e gli abitanti della Casa in Collina dormivano ancora, tutti o quasi, e non c'era nessuno cui chiedere informazioni, la Lumaca Gisella era lumaca educata, avrebbe chiesto Per Favore e Grazie, mica come certe lumache amiche sue.

Rifletteva sul da farsi, quando la sua attenzione venne attirata da una casina piccina, bianca col tetto viola, appesa al muro. Non che fosse una casa elegante, ma sembrava in ordine da fuori, e, anche se avrebbe avuto bisogno di una nuova passata di vernice, aveva un'aria accogliente e pulita. Da poco, una famiglia di uccellini senza nome l'aveva scelta come luogo dove mettere sù famiglia, e da giorni era un gran viavai di uccellini e rametti e piume. Quella casina era lì da molto,disabitata, ed era stata snobbata da Federico il Pettirosso e tutta la sua stirpe, che invece avevano preferito alloggiare sull'Acero Rosso e sul Pioppo Laggiù. I pettirossi, si sa, sono uccelli sofisticati.

La Lumaca Gisella chiese agli Uccellini Senza Nome dove mai fosse, o ci fosse mai stata, la fila dei cavoli rossi del Regio Orto. E gli Uccellini Senza Nome risposero che sì, conoscevano benissimo la Lumaca Lia, quella buontempona di lumaca, così a modo, così gentile, che aveva preso possesso del cespuglio della Regia Salvia, proprio sotto il lillà, non troppo distante da lì. In 77 minuti avrebbe potuto raggiungerla.

Così, la Lumaca Gisella si incamminò, non senza aver ringraziato la famiglia degli Uccellini Senza Nome, e dato un ultimo sguardo compiaciuto alla casetta candida col tetto viola.
Raggiunse la casa della cugina Lia in 73 minuti scarsi.
Festeggiarono la Pasqua con un banchetto speciale, foglie di tarassaco e rugiada del Pratino.

****************

Voglio una bella domenica di cose semplici e cioccolata.
Di pensieri belli da pensare e sole e niente, il bel niente più bello che c'è.
Un augurio di un bel giorno, in qualunque modo lo vogliate festeggiare o sentire o vivere, al mare, sul divano, nel giardino.
O nel  Regio Orto a piantare cavoli viola.
La Lumaca Lia mica può stare sempre sotto il cespuglio della salvia.

17 aprile, 2014

Quasi chiaro.

Il momento perfetto.
Che non è l'alba e non è il buio.
Le giornate perfette, che partono stortissime e poi via via, trovano un senso, il loro giro, la strada tortuosa che si fa quasi sorridendo, la Curva delle Cento Lire, se hai vissuto a Torino lo sai dov'è.

E' quasi chiaro dalla mia finestra, è bello quando non si è del tutto svegli ma non si dorme più, si pensa a poi, a tutto, a niente, alle cose che si devono fare, è fiorito il lillà in fondo al pratino, l'ho visto ieri prima di cena.

Quasi chiaro vuol dire che anche oggi ci sarà il sole e nemmeno ti ricordi  di quando il quasi chiaro è nebbia e pioggia. C'è una luce così bella in questi giorni di quasi vacanza, quanti quasi ho detto già, quasi è una parola che mi piace, si vede anche qui.
 C'è una luce che sa di primavera, di promesse, anche quelle che non si mantengono che poi alla fine è stato bello anche solo promettere, non è mica la meta ma il viaggio, quasi filosofa questa mattina di quasi chiaro.

I pensieri del Quasi Chiaro sono i pensieri più belli, quelli che ti fanno bella la giornata, anche se poi disattesi in un secondo scarso, basta pensarli e metterli lì. Più tardi, nel delirio di una giornata qualunque, con pentole di fango da mescolare come si fa col riso, si avrà cura di scegliersi un momento speciale e pensarli un pochino, i fiori, le cose belle, i gomitoli e quello schema di scarpina che hai in mente da un bel pò.

così, oggi metto in fila solo i pensieri pensati quando è quasi chiaro, degli altri non me ne faccio nulla o quasi, oramai è quasi vacanza e voglio essere leggera, felice e ridanciana, e cantare e sorridere e stare bene, e fare tutto, proprio tutto quello che mi fa felice.
 Tutto o quasi. 

15 aprile, 2014

Improvvisi Iris.

C'ero passata due giorni fa, da lì.
Solo foglie e tronchi sottili. Poco più in là, le canne di bambù con le quali i miei figli piccoli hanno costruito centinaia di lance, capanne, zattere e missili. Degli iris, nessuna traccia.
Ieri, poi, in quel momento bellissimo che è il verso sera, quando hai finalmente l'autorizzazione scritta a fare quello ti va, a trovarti in un posto bello a far le cose che vuoi tu, ecco la siepe degli iris comparire in tutta la sua bellezza aristocratica, l'iris non è un fiore da tutti i giorni, ha quell'aria sofisticata che ti mette un pò soggezione, come quando studi e studi e poi arrivi lì e non sai niente, eppure non sono timida e ho studiato e a casa la sapevo, giuro.

Gli Improvvisi Iris sono apparsi dopo un fine settimana così bello e pieno di promesse e di baci,  di baci e di abbracci e TiVoglioBene, quelli che non ti aspetti, quelli che arrivano dritti dove devono arrivare, al cuore, forse, ma anche più in là, se c'è un posto più in là del cuore, e sono sicura di sì.

Gli Improvvisi Iris avevano fatto una riunione nottetempo e si era decretato fosse quello il momento giusto per fiorire tutti insieme, segaligni e bellissimi, regali col loro portamento altezzoso e poco importava se il loro luogo per spuntare fosse da tempo la radura oltre la rete, quella vicina al campo d'orzo, all'inizio della collina.
Era quello il momento.
C'erano stati molti giorni di sole tutti in fila, e il Ciliegio sì che era fiorito, ma era già tempo di pioggia di petali rosa e il pratino, che la sapeva lunga, non vedeva l'ora di ricoprirsi per un pò di quei gioielli morbidi, di quei fiorellini così delicati. Il Ciliegio è un bell'elemento, non è che puoi dirgli cosa deve fare, ci vuole pazienza, con un tipo del genere.

Così, il Simposio degli Improvvisi Iris  aveva stabilito: Si Fiorisce Lunedì.

Passando di lì, il viola acceso e le corolle eleganti, un pò Hermés, aveva fatto in modo che il mio Verso Sera diventasse straordinario, dopo una giornata sottilmente malinconica, si sta sempre così quando un evento finisce, quando qualcosa che hai aspettato tanto arriva e va via. Come la fine di un incantesimo.

Gli Improvvisi Iris lo sanno.
E si sono fatti trovare lì, al solito posto, un mazzo non reciso mandato da chissà chi, che non devi mettere in un vaso ma che puoi guardare quanto ti pare, se passi di lì, disegnarli, fotografarli e pure parlarci, se vuoi. 

Il Simposio degli Improvvisi Iris ha deciso di rimanere a lungo fiorito proprio lì, nella radura vicino al campo di orzo. Passerò di lì spesso, li guarderò come si guardano le cose preziose ed esclusive, ammirerò la loro perfezione, la loro corolla sofisticata che nemmeno Hermés  saprebbe fare più bella, è un regalo per me questa siepe così viola, che si lascia intatta così com'è, senza coglierne nessuno, sarebbe un sacrilegio.

Nessun Improvviso Iris resisterebbe mai in un vaso di vetro.
E loro lo sanno che io lo so, e allora va bene.





10 aprile, 2014

Giorni da prato.

Che bei giorni questi qua.
sembra maggio, forse giugno, luglio no, a luglio mancano 81 giorni, giorno più, giorno meno.
Sono bei giorni di grandi cose piccolissime,di piccole cose enormi, quanto mi piace giocare con le parole, con le maiuscole, con i superlativi assoluti.

Sono giorni di soddisfazioni, di attesa, di grande lavoro che nemmeno si sente, dove si alterna un giro di Folletto, a una spesa, a un'altro ritocco alla preparazione del Camp.
Che è dopodomani.

Sono giorni di bello, di sole, giorni dove il solo desiderio possibile è stare in un prato, coricati a guardare in sù, o a gambe incrociate a chiacchierare, Ti Racconto Che.

Che belli i prati di questa stagione lucente, che meraviglia perfetta di verde e fiorellini e margheritine e fiorellini gialli insignificanti che diventano soffioni da soffiare via e anche questo è uno spettacolo, se ci pensi bene, come la caduta dei fiori del tiglio, per esempio.
Soffiare un soffione è una roba da nulla, ma seguire la traiettoria di ogni fiorellino, indovinarne la strada, registrare con precisione assoluta l'esatto istante in cui  lui, il Soffione, diventa da palla morbida di lanugine biancastra a un festival di spore tutt'intorno, a un delirio di puntini e infiorescenze buffe, sembrano palme, alberini misteriosi, non lo vedi?

Soffiare un soffione seduta in un prato è esercizio  magico, si fa soltanto quando tutto il resto del tuo mondo ha il suo posto esatto e fermo, quando tutte le cose sono allineate, forse non troppo in ordine, ma non fa niente.
Lo Spettacolo del Soffione Soffiato è qualcosa cui non voglio rinunciare in questi giorni che tutto è così stranamente silenzioso eppure canta, stranamente bello eppure così in disordine, stranamente lucido eppure non diverso da sempre.

Il Soffione era un fiore.
Forse, è proprio questo il suo segreto.

07 aprile, 2014

Un incantevole aprile.


Comincia così.
Un aprile di cose belle e belle cose, di fiori e profumi nuovi, di domeniche che si apparecchia per mille, da quanto non succedeva, non da molto in realtà, ma ieri si è ufficialmente inaugurata la stagione Bed & Breakfast lassù, nella Casa in Collina. 
Ma anche quella del Pranzo della Domenica, Quanti Siete? per sapere se a tavola devo mettere i bicchieri del servizio intero o quelli spaiati, e quale tovaglia, e quanti bicchierini riciclati con le margherite dentro e i fiori del ciliegio e un rametto di lillà ancora chiuso. E il Regio Rosmarino, fiorito anche lui.

Aprile dà il meglio di sè nella settimana che precede il Camp, come prima di un matrimonio, come prima di una festa bellissima che hai preparato nei dettagli, dove tutti hanno messo del loro meglio, e allora non può che essere una meraviglia, e la sarà.

L'energia di questi giorni sarà il polline e i fiori, saranno pensieri scacciati a forza lontanissimo, forse si è imparata la lezione, e si fa esercizio di serenità e bellezza, le cose vanno comunque a modo loro, mai affrettarsi, mai preoccuparsi, ma per una che mescola l'ansia già a colazione è compito difficilissimo e lezione ostica. Vedremo.

La sensazione di questa mattina è quella di uscire a correre nei campi, fra i trattori e l'armonia, o comprare un mazzolino di quelle vecchie cartoline col bordo ondulato, mia nonna le scriveva anche per gli auguri di Pasqua e insieme sceglievamo quelle più carine, con uova e fiorellini, con conigli e pulcini, chissà se ne trovo ancora.

Ne scriverei un sacco, alle persone che vorrei che avessero giorni belli come questi miei, giorni che non hanno niente di speciale eppure sono così straordinari, così assolutamente imperdibili, così semplicemente perfetti che è difficile da spiegare.

Aprile è un mese strano. Può piovere a secchiate o regalarti giorni puri come questi qui, da vivere al meglio e anche di più, semplicemente, senza troppe menate inutili,  i pensieri che schiacciano sono sigillati in un baule in fondo al mare, sarà un incantevole aprile, di quelli da ricordare, controllare la cassetta della lettere, magari, vi arriva una cartolina.


04 aprile, 2014

Rain & Tulips.

Il cielo promette pioggia.
Ma anche la pioggia ha il suo perché, qualche volta. Sono giorni di grandi lavori, di cose belle, altre meno, altre di più, e sono la maggior parte, e alla fine, la scatola delle cose brutte è talmente piccina che nemmeno vale la pena di prenderla in considerazione.
La mia casa è disseminata di colori e tulipani e sacchettini trasparenti, quelli dei biscotti e nastri a quadretti e fogli e appunti volanti. Mi appunto sempre le cose, salvo poi smarrire i bigliettini, e raramente mi scordo di qualcosa, si vede che la mia mania di scrivere basta da sola a farmele ricordare, le cose.
Promette pioggia.

Ci sono mattine che ti svegli male perché hai dormito poco, perché la civetta del tiglio non la smetteva di dire la sua, una volta mi spaventava, adesso invece mi piace.
E poi, ci sono mattine che sì hai dormito pochissimo, ma invece ti svegli già scema e ridi di niente, a colazione, e ti inventi perfino che il pino del Prato di Là si muoveva a ritmo della musica, Mamma Sei Fuori, già di prima mattina è un gran complimento.

Promette pioggia.

E oggi non mi importa. Ho un appuntamento con una distesa dei miei fiori preferiti insieme agli anemoni e al lillà, mi aspettano migliaia di tulipani e cose belle e forse il freddo e la pioggia sottile di aprile, basta che non sia un temporale che proprio non mi serve, la pioggia di aprile è profumata e sa di buono, sarò in mezzo ai fiori, perciò sono contenta e già scema di prima mattina, ho mille cosa da fare e le faccio una per volta, anche la fatica più fatica è più leggera se canti un pochino, pianissimo, come a non voler rompere un incantesimo, come a camminare sulle margherite del pratino, pianissimo per non rovinarle, oggi sono nel mood dei  fiori, c’è qualcosa di più bello? Promette pioggia, faccia pure.


Da domani e fino al 1 maggio, Messer Tulipano, Castello di Pralormo.
Special guest Cuore di Maglia.
Due meraviglie in una.

01 aprile, 2014

Ciao Ciliegio.

Ogni volta è una sorpresa.
Si sa che il ciliegio fiorisce, lo fa ogni anno, che scoperta, è aprile, fiorisce tutto intorno e per ultimo tocca a lui, dove sta la meraviglia.
Eppure.
Eppure la fioritura del ciliegio di casa, quello del pratino, quello che fa rosa tutto intorno nella sua maestosa sofficità, è sempre accolta con un oooohhh si stupore da tutti gli abitanti della Casa in Collina.
Da tempo si sorvegliava, per essere certi di non perdere nemmeno un petalo, per avere, segretamente, il privilegio di essere i primi ad informare gli altri Hai Visto il Ciliegio?

La mattina inizia presto di questa stagione, non ci si vuole privre di nessuno spettacolo al mondo, l'alba proprio davanti al naso, quella che non ti devi spostare per vederla, alzi gli occhi e e l'hai lì, davanti, che bello è passare dal caffelatte al sole, in un istante.

Da stamattina, la scenografia della colazione si è arricchita di un particolare regale, di una nuvola soffice che diventerà rigogliosissima in pochi giorni, e lì rimarrà fino alla prima pioggia o al primo vento rabbioso che la scuoterà  ricoprendo il pratino di un tappeto di petali color meraviglia.

Ma ancora non è tempo.
Non voglio grane quest'oggi.
Non voglio menate, deliri, malinconie e magoni.
Non voglio nulla.
Solo i petali del ciliegio, la quiete accesa di questa casa, il bel sentire, le cose piane, il silenzio, anche.

Voglio ubriacarmi del rosa di questi petali, guardarli e guardarli finchè non mi faranno male gli occhi e credo mai, da quanto li amo.
Voglio immaginarmi un profumo per loro, non ne hanno nessuno, il ciliegio non profuma, ma cosa dici, in effetti è vero, ma se non ce l'hanno non importa, ne inventerò uno e farò finta di sentirlo.
Voglio un giorno normale, voglio che il rosa del ciliegio colori anche i miei pensieri, i miei passi verso dove, la mia strada. 

Verrà la pioggia fra non molto e con lei il vento stupido che spazzerà via i petali preziosi e tutto il rosa e allora questo splendore sarà un tappeto di petali tutt'intorno, ne arriverà qualcuno anche vicino alla porta, è già successo, e allora fiorisci ciliegio, fiorisci in fretta e non aver paura, dal vento non posso difenderti ma da tutto il resto sì, vengo ad abbracciarti e facciamo una festa, e se arriverà la pioggia raccoglierò i petali uno ad uno, in qualche modo mi ci farò una corona e mi nominerò, da sola, Regina del Ciliegio.
Suona bene.


Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...