17 dicembre, 2014

Alci, tenerezze, ritorni e sorpese.


Sono stata brava.
Ho fatto proprio bene,
Complimentoni a me.
A farmi catturare dalle luci e dall'agrifoglio, a tuffarmi, di testa proprio, dentro a questi bei giorni di cose belle, di piccole felicità, di contentezze spicciole, di centesimi di allegria, di belle sensazioni.

Sono momenti belli che raccolgo, che tengo lì,  figurine di un album sgualcito ma meraviglioso, reso spesso dalla colla, ci mettevo tonnellate di Coccoina, io, nelle figurine, non tanto perchè servisse, quanto perchè mi piaceva l'odore.
Credo di essere stata un pò dipendente dalla Coccoina, ancora non sono chiare le tracce che ha lasciato in me, sniffare colla a 7 anni non è che sia una bella cosa per nessuno, però la Coccoina è così buona. Ancora la sniffo, ogni tanto, al supermercato.
Son ben strana, lo so.

Sono giorni che mi faccio un regalo al giorno, che parlo sgrammaticata ma che rendo l'idea, che mi fermo davanti al cancello di Palazzo Reale col naso all'insù a guardare la meraviglia che ho intorno, dentro, vicino non proprio vicino ma lì, e mi sento così bene che rido come una scema, da sola, a Torino.


Ho mille cose ancora da fare, la maglia con l'alce per il Figliolo Grande aspetta di essere supervisionata dall'Amica Afef, che mi farà un corso privato, così, al volo.


Mi meraviglio del mio stare, mi meraviglio delle cose che ho, mi meraviglio perfino di me.

Raccolgo i miei giorni belli e ne faccio una collezione, spero di completare presto un nuovo album, e un altro e un altro ancora, non chiedo poi molto, solo non sentirmi più pesi sul cuore, non avere gli occhi pesti, tristi e lontani, non sentirmi sempre come sul punto di andare in mille pezzi, di cadere giù, di scivolare fino in fondo a un burrone, di volare giù da una cascata improvvisa, che non ti aspetti, proprio lì dove prima c'era un lago placido.

Così è la mia attesa del Natale, il mio personalissimo Calendario dell'Avvento.
Ogni giorno, un regalo.
Oggi, un barattolino di Coccoina.

Ho tante cose, ancora, da incollare.




09 dicembre, 2014

Luccica.

Ne sto mettendo ovunque.
E' tutto un luccicare, un brillare, uno sfavillare.
Ho ricoperto vasi di vetro e terracotta, giro armata, con la pistola della colla a caldo, individuo la mia preda e giù di brilli.
Ho illuminato l'illuminabile, fatto magheggi impossibili con prese e prolunghe, tende di stelle e luci da esterno.
Ho riesumato vecchi fili argentati dell'albero, inutilizzati da un bel pò, e con essì ho avvolto vasetti e vasoni.
Più che una casa, il Circo Orfei.

Nell'armadio, ho cercato le cose più lucenti, e le ho impilate per bene, sono belle anche solo da guardare, si mettono solo in questo periodo dell'anno, quando nessuno fa caso se sei agghindata da Holiday on Ice, dopotutto, è festa tutti i giorni.

Voglio che sia così.
Mi piace, e sia.

Voglio che sia tutto sfavillante e luccichi, voglio solo brillantini e glitter, almeno per un pò, fino a quando non ne avrò la nausea.

Voglio che tutto brilli, voglio la luce, nonostante la tempesta di vento e di acqua che si è abbattuta questa mattina sulla collina, voglio che ogni cosa sia illuminata.
E io, con lei.

Mi tuffo con incoscienza in questi giorni di attesa e meraviglia, mi preparo al niente, probabilmente, ma non importa, non sarà la meta ma il viaggio, ne faccio una filosofia di vita, ancora una volta.

Perciò, mi diverto, gioco, ballo Greygoose in accappatoio con mia figlia, scrivo messaggi sui vetri appannati, lascio bigliettini, faccio telefonate lunghissime e piene di progetti e di cose belle, stilo menù impossibili, non so nemmeno quanti saremo, e che importa, alla fine.

Amo i miei giorni luccicanti,  sono una delle cose su cui posso contare, oltre a me, alla mia voglia di cose che brillano, di luci intermittenti, di lustrini e di paillettes.

Mi illumino da sola di queste piccole gioie inutili ma preziose, non c'è angolo di questa casa che non abbia una candela, una pallina, un rametto di pino.

Felice di essere così, oggi, vanesia e brillante, un pò oca e molto incosciente, il buio è sempre in agguato ma si combatte, nessun buio al mondo mai resiste agli attacchi di sorrisi grossi così e canzoni urlate la mattina presto, sono il Generale dell'esercito dei Brilli, ho un piano perfetto per sconfiggere la malinconia, guarire la tosse e imparare a sognare.

Tornare, a sognare.

05 dicembre, 2014

Lento Natale.

Forse, un pochino occorrerà sforzarsi.
A me, Natale piace.
Non i giorni immediatamente prima, pieni di affanni, pieni di gente che corre, che si danna e si lamenta. Non è questo, il mio Natale.

A me, piace il Natale lento quello che dici BehC'èAncoraTempo, e che fai una lista delle cose da fare, dacchè da qualche anno in qua, ti punge vaghezza di farli da sola, i regali di Natale, siano essi maglioni complicatissimi, sciarpe e calzettoni per figlioli recalcitranti e bellissimi, scialli per Principesse Psichedeliche, cose del genere.

IL LentoNatale è quello che comincia nel week end dell'Immacolata, e cioè questo qui.

Che ti fa cercare le scatole delle palline, comprare autostrade di tulle, e quest'anno sarà rosso, è deciso, che ti fa guardare la gonna coi lustrini  e già pensa a quale festa la metterai,  che ti fa sgombrare il lato del divano dove stazionerà l'albero, quest'anno a grande richiesta l'AlberoZen tornerà a far bella mostra di sè coi suoi rami secchi, pochi addobbi e tante luci. Mi piace pensare che venga da Spargi, ma potrebbe venire anche da Budelli, per dire. E' lì vicino che l'ho trovato, ed è da lì che l'ho portato a casa, fin qui, in continente.

Il LentoNatale si srotolerà con grazia, con qualche piccolo accorgimento, con qualche minimo trucco per non scivolare, suole di gomma su ghiaccio, catene sulla neve, maglioni pesanti contro il freddo.

Resisterò.
Agli attacchi di malinconia, alla tristezza sottile e improvvisa, alle volte che mi sembra che la strada sia troppo ghiacciata e non so andare nè avanti nè indietro, come quella volta sugli sci, bloccata dal vento freddo, dalla paura, da un inizio di tempesta e io lì, ferma, a non sapere cosa fare, se scendere o restare, ma restare dove.

Rivoglio giorni belli e normali, voglio un bel sentirmi e un sentirmi bene, rivoglio i miei occhi che ridono e che non ho più, rivoglio dormire senza svegliarmi fino al mattino. Voglio ritrovare la bellezza nelle cose, la piccolissima gioia di un bel buongiorno, di un  bel momento solo per me.

Il LentoNatale mi aiuterà.
Bevo a piccolissimi sorsi questi giorni di ProvaGeneraleDiFelicità, ci soffio sopra come si fa con la cioccolata bollente, e poi passerò col dito sul bordo della tazza per non perderne nemmeno un pochino, nessuno può frapposrsi fra me e il mio stare bene, nessuno è più felice di chi vuol esserlo davvero, dove ho messo i miei occhi che ridono, adesso li trovo.




01 dicembre, 2014

RossoDicembre


Che più rosso non si può.
Ho deciso di farmi piacere questi giorni, ho deciso di avere giorni che mi piacciono, ho deciso di piacermi nei giorni che ho.

E' bello quando inizia dicembre, è un mese pieno di luce e di cose belle, è un mese dove è proprio vietato avere il muso, fare questioni di principio, essere noiosi.

Ho deciso che il mio dicembre sarà rossissimo, rosso è il colore delle feste e di feste, a partire da oggi, ce n'è una ogni giorno.
E se non c'è, me la invento.

Una specie di Calendario dell'Avvento personale, ogni giorno una cosa bella, ogni giorno un bel pensiero, un bel sorriso, un NonImporta quando serve, un NonM'Importa che non è la stessa cosa.

Rosso, quindi
E rosso sarà l'albero di Natale, che è al vaglio del Comitato Addobbi Natalizi di questa casa, che è composto da una sola persona, che sono io.
E rossa sarà la tovaglia di oggi.
E rosse anche le lenzuola, già che ci sono.
E rossa la tisana della sera, quella prima di dormire, che è bello soffiarci sopra e pensare a domani.
                                                       ph. www.bakingmagique.com

Rosso sarà questo dicembre.
E una marea di cose da fare. Tutte bellissime.
Le Luci d'Artista che mi aspettano a Torino, tante feste e tanta ggente, e le feste di qui, i ritorni in questa casa che quest'anno hanno un sapore diverso, li coloriamo di rosso che è il colore della festa, del calore, del CheBelloCheSeiQui.

Rosso, un vestito scintillante, una gonna cortissima e ballerine per volare, e tacchi impossibili per guardare le cose da un'altra prospettiva, rosso come il rossetto più sfacciato, rosso come la sciarpa rossa che luccica anche con la nebbia, rosso, che magari mi taglio i capelli, rosso come il fuoco del camino, come i nastri dei regali.


Sarà un bel dicembre.
Sarà buono con me.
La sarò con lui.
La sono sempre stata.


28 novembre, 2014

Voglio che nevichi.

Sì, vorrei.
Vorrei la neve.
Vorrei guardarla cadere in fiocchi grossissimi, o fine, finissima, di quella che ne mette giù quintali.
La guarderei dalla finestra di sopra, è il posto più bello, per guardare la neve che cade.

O dal divano, spostando le tende che danno sui ciclamini bianchi, e allora, forse non si distinguerebbero i fiocchi di neve dai ciclamini, bianco su bianco, purezza su purezza, mi piace il bianco d'inverno, farò bianco anche l'albero di Natale, qui nessuno ha mai voglia di aiutarmi a fare niente, per Natale, faccio tutto io, monto, smonto, trascino, scarto statuine di babbinatale avvolte nei giornali dell'anno prima, o nella carta con le bolle,  e presepi inusuali, e alla fine è tutto bello, sì, ma restano sul pavimento cartacce e cose e polvere, e ci vuole un'ora buona a sistemare tutto.

Lo farò presto.
Vorrei la neve a coprire tutto il Pratino, tutto il Ciliegio e tutta la Regia Salvia, che è un cespuglio enorme profumato di buono. La accarezzo quando ci passo, come faccio col basilico. Il suo profumo dura pochissimo sulle mani ma che meraviglia è mai, il profumo della salvia.

C'è una me che non si arrende, c'è una me che va avanti dritta e sorride, anche sa a volte è talmente difficile, c'è una me che si racconta delle cose belle, per riuscire a stare in piedi, che sposta mobili come un facchino, poi guarda esausta il risultato e pensa Beh, Era Meglio Prima.

Ma  MeglioPrima non lo è mai.

Sono più belli i verbi al futuro, sono un bel gioco di accenti, hanno un bel suono come di musica, sarà bello domani, sarà bello quello che verrà, sarà più lucido tutto, sarà più bianca la neve, saranno più belli i ciclamini del davanzale, ho imparato a fare i boule de neige ,e  se non scenderà sul serio, potrò sempre fare finta e guardarla da lì.
Ci metto anche i brilli, così la mia neve sarà più luccicante e potrò guardarla quando vorrò, dove vorrò, tutte le volte che vorrò.

Prendete il quaderno a righe, oggi, studiamo i verbi al futuro.











24 novembre, 2014

Vanno via.

Non succedeva da tanto.
Tutti i figli meno uno, meno quello che ha deciso di andare dall'altra parte del mondo, a trovare cosa, chissà.
Tutti i figli qui.
Che significa apparecchiare la colazione con la tovaglia lunga, e scegliere le tazze giuste, a lui piace questa, a lui quell'altra, e i biscotti giusti, la torta che piace a tutti, e i fiori, anche, quelli sempre, mescolando ortensie del giardino seccate e rose belle dell'Esselunga.

Significa avere quasi tutte le stanze occupate, e molti letti disfatti, e corse sulle scale, e un'aria di festa, e tonnellate di fusilli, e provare sensazioni strane, abituandosi a piccole attenzioni mai avute fino ad ora, ma come, sono loro che dicono a me Non Preoccuparti Faccio Io? Da quando.

Significa usare la pentola grande, significa mettere i fiocchi ai tovaglioli, dacchè quando è festa, si usano quelli veri.

Siamo tutti, siamo stati tutti per un pò, un piccolo esercito di uomini e donne, forti i primi, coccolatissime noi, io e la Princi, abbiamo avuto una sera bellissima, io e lei da sole, una sera perfetta che nemmeno c'era la nebbia, e abbiamo cantato fino a farci andare via la voce, anche il giorno dopo. E loro, i maschi, artefici di tutto questo,  ad abbracciarci con lo sguardo, a scuotere la testa ma un pò felici anche loro, non di solo stadio, alla fine, è così che deve essere. 
Così sia.

Vanno via, però.
E i giorni belli finiscono, finiscono sempre e troppo veloci, e il lunedì mattina, questo di più,  è un delirio di zaini e valigie, e treni e aerei e orari e incastri,  e torneranno chissà quando, ancora tutti come ora, ora che risate in cucina, come quando li portavo tutti a scuola, ora che Sbrigatevi, è Tardi.  Ora, sono loro a dirlo a me.

Vanno via.
Ed è giusto e normale, ma normale e giusto non lo è mai, se un attimo prima c'è la rivoluzione,  e un attimo dopo un silenzio che schiaccia e un magone improvviso e leggero, appena prima di chiudere la porta.
 Passerà un mese, forse di più, forse meno, sarà Natale e ancora e ancora, e mi abituerò a  questi figli grandi che dicono Faccio Io, Cucino Io, Lo Prendo Io, grandi, troppo, un pò sorpresi che la piccola di casa prenda la patente fra pochi mesi, Ma Come, Quella Con Le Trecce e il Vestitino di Velluto?

 Figli belli come solo i figli sanno essere, belli sempre, appena svegli, quando ancora me li mangio di baci appena scendono giù e faccio un pò la scema per non sentire magoni e nostalgie, nostalgie di quella vita che è stata e che si è trasformata in un'altra, più grande, diversa, non so, malinconie sottili che si sentono appena, ma che anche loro, come loro, alla fine, vanno via.


18 novembre, 2014

Scelgo.

Di farmi una maglia beige, che la voglio da un sacco e non ci riesco mai.
Scelgo di uscire.
Dalla galleria infinita di tristezze e ansie,  dove mi sono infilata non so come, io mi perdo ovunque, mi perderò anche domani con le mie Amiche, lo so già, nella lunga strada verso Biella, che mai una volta è uguale alla precedente, mai, mai una volta.

Scelgo di mescolare con calma i pensieri, di frullarli un pochino, di passarli nel KitchenAid e ridurli in poltiglia, anzi no, in una bella crema rosa, da decorarci i cupcake.

Scelgo di scioglierli, come si fa con l'Aspririna, io muoio se prendo l'Aspirina, ma mi piace da matti guardarla che si scioglie nel bicchiere, e fa tutte quelle bollicine, e quel bel rumore, ssshhhwwrrrrr. sssshhhhwwwrrrrr, e allora, se non posso prendere l'Aspirina, prendo il Supradyn, che l'effetto è uguale.

Scelgo di aspettare, di stare a guardare, scelgo di fare cose belle che mi fanno sorridere, scelgo di guardare fuori e dire C'è Il Sole, anche se si fa fatica a vederlo, dopo tanta pioggia, dopo tanto fango, dopo tutto quello scrosciare e battere sui vetri.

Scelgo di fare così, ho in testa un maglione beige che voglio da un secolo, tonnellate di vitamine da sciogliere in un bicchiere, non so bene che strada prendere, non lo so mai, nessuno lo sa mai, è tutto un provare, tutto uno scommettere, sarà giusto o non lo sarà, nessuno che ti dica Guarda, Fai Così Che è Giusto, come l'Emanuela che mi suggeriva il compito di matematica, scelgo di sbagliare sempre, scelgo di sbagliarmi e divertirmi, scelgo di riderci di gusto, sopra  tutte le cose che ho sbagliato e ancora sbaglierò, ne ho una collezione che non finirò mai, e allora brindo, brindo alle tristezze, agli sbagli, alle ansie e a me, brindo  col Supradyn, senti che bel rumore.



12 novembre, 2014

Rouge.


E' tempo di frivolezze, lassù nella Casa in Collina.
Ci si fa una sorta di piccola, piccolissima violenza, si cerca di concentrarsi su cose stupide, sciocche, vuote, vanesie e, appunto, frivole.
Ogni tanto, fanno bene al cuore.
Curano, perlopiù.

Le frivolezze medicano ogni sorta di male, le incomprensioni, gli  Io Ho Detto e Invece Tu Hai Detto, sigillano per sempre buste da buttare via, nemmeno nel cestino della carta, ma nell'indifferenziato, così si ha l'idea di averle  buttate più lontano e per sempre. Le leggerezze sbiadiscono paroloni e frasi ad effetto, ripicche, musi, atteggiamenti, offese, piccole ferite. Anche grandi, solo, ci vuole un pò più di tempo. 
Le parole taglienti fanno male, malissimo, bruciano un sacco come quando ti tagli con la carta, o sbucciando la mela, sembra cosa da nulla e invece fa male.

Serve perciò un piano d'attacco.

Ci si è ritagliati il tempo giusto, a metà mattina, per leggere i giornali, tutti, per vedere se si trovava da qualche parte online quella lana grossissima per il cappello con le orecchie, richiesto d'ufficio dall PrinciOcchidiMare.

La vera essenza del frivolo, però, è data dallo scegliere con cura il colore del prossimo smalto, indecisa se Rouge Carat, Rouge Rubis o Rouge Fatal, non è cosa da poco coglierne le sfumature, e poi, con dei nomi così belli, una se li comprerebbe proprio tutti, per il solo gusto di vederli lì, sul ripiano del bagno, o sul comodino, di bearsi degli astucci chiccosissimi neri e oro, o di provarli, con religiosa dedizione, appena dopo aver sparecchiato, caricato la lavastoviglie e rassettato la cucina, in quel momento perfetto che va dalle 14 alle 14,20.
Ci si siede un pò storte sulla sedia capotavola, non il mio posto ma la stessa del caffè di metà mattina, in piena luce e si dà il via alla prova. Meglio se con la Princi, c'è più gusto.

Si raccolgono briciole e sentimenti stropicciati, come un pacchetto di crackers dimenticati in fondo allo zaino.

Passerà, perchè passa tutto, e le discussioni e le divergenze si appianeranno, si aggiustano sempre, a un prezzo, certo, ma le cose si stirano sempre, una strada si trova sempre, che porti vicino, che porti lontano, che non porti da nessuna parte al mondo, ma un sentiero c'è sempre, fosse un viottolo di sassi che porta in cima a una montagna, fosse la stradina che da lì vedi il mare, fosse il vicolo di fango che lo attraversi e sei nel bosco.

Sia bosco o mare, sia sassi o sabbia, non mi son persa mai, non mi perdo nemmeno ora.

Rouge Fatal. Ho scelto.






09 novembre, 2014

Viaggio Sola.


Scapigliata.
Ingarbugliata.
Come quando un gomitolo arriva, non so come, fra le zampe di uno dei gatti che abitano la Casa in Collina. Che sono tre, alla data.
Spettinata.
Le domeniche di novembre non è che siano il massimo della vita, di solito.
Oggi, meno del solito.
Pensierosa, mi farò coccolare dal divano, leggerò fino a che mi faranno male gli occhi, è uno dei modi che conosco per non pensare a niente, leggo e scrivo, scrivo e leggo, scrivo e leggo e faccio la maglia, solo che a fare a maglia i pensieri te li ritrovi tutti ancora lì, punto dopo punto, aumento dopo aumento, ferro dopo ferro, e allora non è tanto terapeutico in domeniche come questa.

Oppure, mi trasporto da un'altra parte, vado a Parigi domani, adesso, fra mezz'ora, prendo un maglione e lo spazzolino, a Parigi ci si va da sole, quando si va con la testa e basta, testa che non si deve perdere, per così poco, poi, che testa vuoi perdere mai.

Così, quando si scappa per finta, ci si ritrova subito al Charles de Gaulle, e poi sulla metro e si arriva da qualche parte, ci si balocca un pomeriggio intero a Place del Vosges, si cercano vetrine scintillanti e piccoli negozi nascosti, e bancarelle di libri, e chioschi di fiori e poi il Flore, ma quanto la meno con 'sto Flore,  il Flore che amo così tanto e ci sono stata una volta soltanto, ho già sul tavolino di giunco  il mio cafè au lait nella tazzina spessa,  e so che la prossima volta sarà speciale, quella vera, intendo, al Flore ci sono stata milioni di altre volte col pensiero, leggendo quel libro che so quasi a memoria, in italiano e in francese, ci sono stata con l'anima, col cuore, coi pensieri, quando avevo voglia di andare via da qui, quando avevo voglia di andare via dagli altri, via da tutti e via da me.

Ci vado oggi, via da tutti.
Ho già la carta d'imbarco, sono già lì che guardo giù, dall'aereo intendo, e del resto, di tutto il resto non me ne importa un bel niente. O quasi.

Così, Parigi aspettami, arrivo fra mezz'ora, i viaggi più belli che so li ho fatti col pensiero, che chiudo gli occhi e sono dove ne ho voglia, come ne ho voglia, ma poi li riapro e sono ancora qui, sul divano, scapigliata come mai, arruffata, vestita a caso, con le calze diverse perchè non ne ho trovate due uguali nel cassetto,  a tratti un pò felice e a tratti molto meno, e fuori non ci sono i tetti di Parigi e il Flore ma i gerani quasi morti e un cielo che fa schifo, scrivo e leggo, leggo e scrivo, ma alla fine, i pensieri che non vuoi mica se ne vanno via così.








06 novembre, 2014

Vivace.


Questi giorni, ancora non li ho capiti.
Non che mi sforzi.
Di solito, capisco le cose abbastanza in fretta, al volo, la mia maestra delle elementari, quando ci andò a parlare,  disse a mia madre che avevo un'intelligenza vivace. Tornò e lo disse a tavola. Si guardarono tutti sbigottiti.
Intelligente è intelligente, si leggeva nelle facce, ma quel vivace rovinava un pò tutto.

Non sono migliorata, mi sa, con gli anni.
E forse, sono rimasta solo vivace. E basta.

Sono giorni che, messi in fila sembrano belli. Presi ad uno ad uno sono uno sfacelo.
Inconcludente, ciarliera, distratta, ho tremila progetti e ne ho finiti solo due, il tavolo ingombro di fili, bottoni, fogli e penne, stilografiche e matite, e gomme, per cancellare, non mi piaceva scrivere a matita, adesso invece, che ne ho comprate manciate di tutti i colori possibili, invece, mi piace.
Volubile che sei.

Sono giorni che dovrei rimettere mano all'armadio, ho cominciato il lavoro improbo del cambio di stagione con largo anticipo, per far la figa, per dire, lo faccio in pochissimo, che ci vuole, in fondo, siamo quattro gatti, stavolta.
Non ho fatto bene i conti.
Non ho fatto bene i conti con me.
Che non sopporto sistemare, mettere ordine, o meglio sì, ci sono volte che mi acchiappa e sistemo cassetti e dispense e ripiani e tavoli, e dopo pochissimo sono di nuovo distrutti dal disordine, dalle cose impilate, dai libri, dai foglietti. Da me.

Cerco di finire i progetti che ho, quelli sui ferri, quelli della tovaglia di Natale, che viaggerà arrotolata verso una casa diversa da questa, e che là sarà usata, per la prima volta, chissà.
Sono giorni che, a disegnarli, non saprei da dove cominciare, se prendere i pastelli o no, il cielo non promette nulla di esaltante, nemmeno ad impegnarsi, e chi come me è Campione Mondiale di Azzurro Oltre la Nebbia, sa che fatica, in giorni così.

Mi ostino.
Resisto.
Vedremo.

Farò di questi giorni, giorni che si possano colorare a piacimento, come Roselline di terza, il più difficile, quello senza i quadretti.
Dell'ordine, vedrò di non farmene importare nulla.
La mia intelligenza vivace mi fa trovare il maglione che cerco anche sotto tonnellate di altri maglioni.
E una volta trovato, sentirmi felice e fiera  e ridermi da sola nello specchio.

L'armadio resta com'è.
Tempero i miei pastelli e mi metto a disegnare.
Noi vivaci, siam fatti così. 









Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...