31 dicembre, 2014

La Leggenda del Saggio Pettirosso.

Che strana casa era quella.
Col grande terrazzo, con le sedie colorate, fiori d'estate e piante intirizzite d'inverno, e quell'andirivieni di cani e micini, e gattoni e figlioli di ogni foggia.
E lei.
Lei che faceva colazione in pigiama guardando fuori, il Pratino e il Lillà, lei che non dimenticava mai, nemmeno negli inverni più gelidi, di lasciare bricioline e mangimi veri, quelli comprati in negozio, per uccellini fighissimi.

Che strana mattina fu quella.
Era stata una notte freddissima, il termometro era andato molto più che sottozero, e se ne vedevano le tracce, la brina forte, le foglie della Regia Salvia piegate su loro stesse, come ad abbracciarsi fra loro dicendosi brrrrr.

Federico il Pettirosso amava quel terrazzo e quella casa, e quella strana donna che sfamava colonie di uccellini. Ad ogni inverno, Federico si ricordava di lei e dei suoi semini, e le faceva visita, becchettando le bricioline non prima di essersi guardato attorno, guardingo e fiero, come solo i pettirossi furbissimi sanno fare.

La vide.
Era una mattina strana, di quasi festa, di fine imminente, di grandi speranze e grandi rimpianti, di gran voglia di liberarsi di tutto, come di un fardello ingombrante, come del sacchetto dell'umido, il più in fretta che si può.
Guardava fuori, come al solito, persa nei suoi pensieri, ai figlioli sparsi sù e giù per lo Stivale, al suo Sposo che presto sarebbe stato ben oltre lo Stivale, col sole, le dune, l'oceano. Lontano.

Federico si avvicinò alla finestra. Gatti non se ne vedevano. Prese il coraggio a due zampine e le parlò.
- A che pensi.
- A niente, gli rispose, nemmeno tanto stupita della domanda.
- Non si può non pensare a niente, anche i pettirossi lo sanno.
- Beh, allora penso...penso...penso a questo anno che và via e che non vedo l'ora che se ne vada sul serio e per sempre.
- Come mai.
- Non salvo nulla di questi mesi, o pochissime cose, così poche che stanno tutte in uno scatola, nemmeno tanto grande, che puoi tenere agevolmente anche sul comodino, per dire.

Federico il Pettirosso la guardò meglio.
Nel gelo del terrazzo, aveva voglia di capire il perchè di tante cose, sapere una volta per tutte che direzione prendevano i pensieri di lei,  quando volavano al di là del Pratino. Qualcuno si piantava subito,  oltre la siepe, appena dopo le robinie, Altri invece, gli capitava di incontrarli nelle sue traiettorie di uccellino, durante i suoi voli lì vicino, nelle lezioni di volo ai suoi piccoli, nelle gite la domenica, con sua moglie, l'Evelina.

Federico il Pettirosso era un pettirosso curioso.
Ma voleva bene a quella donna strana, che aveva sentito spesso ridere di gusto e qualche volta piangere in silenzio, la mattina presto, quando nessuno degli abitanti della casa la potesse in qualche modo scorgere.
- E' stato davvero un anno così brutto?
Lei lo guardò. 
E gli avrebbe anche risposto, se solo ne avesse avuto il tempo.
Così, le disse.
- La mia famiglia ed io abitiamo sull'Acero nel Prato Grande, e da anni ci sfamiamo nel tuo terrazzo, e da anni guardiamo l'avvicendarsi delle cose, le volte che ridi e le volte che no, le volte che sei contenta e balli in cucina, e le volte che sei ferma immobile, e guardi lontano e nessuno di noi, nemmeno l'Evelina, capisce mai cosa ti succede. Per questo, voliamo bassi e saltiamo sui rami, sempre più vicini, per vedere se magari riusciamo a farti pensare ad altro per un pò. Vederti triste non ci piace.
Lei sorrise.
Federico continuò.
- Vogliamo vederti sempre così, come sei oggi. Magari non in pigiama, ma che ridi, magari con un bel rossetto e non con la faccia slavata del primo quarto d'ora dopo la sveglia, ma che ridi, che sai e che ridi, che ci pensi e che ridi, che hai pensieri, sì, ma che ci ridi sù, E dimentica i giorni duri dell'anno vecchio, è quasi andato, lo vedi.
C'è un anno nuovissimo che sta atterrando da qualche parte, fatti trovare carina e in ordine, come diceva tua nonna.
L'anno che verrà sarà luminoso e chiaro, avrà con sè cose belle che non ti so raccontare ora, ma sono sicuro che ti piaceranno. E se magari non ti piaceranno tanto, so già che troverai comunque e sempre, il modo per colorarle un pò, per farle più belle di come sono in vero.

Lei sorrise di nuovo.
Era vero.
Quell'anno andava via ed lei era pronta a quello nuovo, con una bella forza, con una gran voglia di fare tante cose, di tornare a sognare, a giocare, a ridere forte, a cantare piano ma più spesso.
A stare bene.

Quel giorno, accanto al pane e ai semi fighissimi, qualche briciola di panettone e un pò di uvetta.
Dopotutto, era festa anche per loro.

Federico becchettò veloce e volò via.

Le sembrò di averlo visto sorridere con lei.



23 dicembre, 2014

CiaoNatale.

Il mio Natale è rosso.
Rosso come la festa, rosso come il cielo qualche volta, al tramonto.
Rosso come le matite di velluto che compro a manciate da Tiger.
Rosso come l'agenda nuova, che non vedo l'ora di iniziare, anzi, l'ho iniziata già e ci ho scritto un pezzo di una canzone, come le quindicenni, come le sceme, ma mi sembrava il modo migliore per augurarmi di scriverci solo cose belle, lì sopra.

Rosso come la tovaglia che ho ricamato fino a notte fonda, per arrivare in tempo, per farla cucire in tempo. Alla prima macchia, lo so già, mi sentirò male. Ma fa niente.

Rosso come l'amore.
Rosso come il fuoco del camino.
Rosso, come il rossetto delle feste, come gli smalti sberluccichi che mi scambio con mia figlia, rosso e basta. 
Non lo amavo tanto, il rosso.
Quest'anno, mi ha preso secca.

Il mio Natale è pieno di cose.
Pieno di persone, di affetti, di abbracci fino a non farti respirare, quasi, quelli che dentro hanno tutto, MiSeiMancato, MiManchiSempre, MenoMaleCheSeiQui.
Pieno di tortellini, di ragù da primato,  di tovaglioli piegati ad alberello, di contare cento volte quanti saremo, di stilare con mia madre liste di cose da fare, come tanti natali fa. Tu Fai Questo, a Quello Penso Io. La felicità.

Pieno di pensieri dolcissimi, pieno di attenzioni apparentemente da nulla, pieno di Amiche che prontivia, si rompono costole così, tanto per fare. 
Pieno di lucine intermittenti, da guardare ipnotizzata senza pensare a nulla, di ghirlande e di pigne raccolte in collina, di candele che sanno di pino vero e di bosco e di vasetti di marmellata ricoperti di stelline.

Il mio Natale è semplice e bellissimo.
Auguro al mondo intero cose belle, che qualcuno disegni cuori sullo specchio del bagno, che ti regali il suo ultimo 1% di batteria, che ti sgridi sorridendo perchè hai fatto casino sul sito, e che intanto ti mandi un sacco di cuoricini, ma un sacco proprio, che ti pensi da lontano ma che ti voglia bene da vicino, che indovini quel che senti senza nemmeno vederti, che pur detestando le canzoni di Natale fa finta di nulla al centesimo JingleBellRock.

E adesso, apro la porta a questo Natale,  alla mia famiglia, ai miei amori che ho tutti qui, in un delirio di letti e lenzuola, e tombole e baci e film e regali e dolcetti e cuccioli e bellezza.

Apro la porta.
Ciao Natale
Ti stavo aspettando
Tanti auguri anche a me.



17 dicembre, 2014

Alci, tenerezze, ritorni e sorpese.


Sono stata brava.
Ho fatto proprio bene,
Complimentoni a me.
A farmi catturare dalle luci e dall'agrifoglio, a tuffarmi, di testa proprio, dentro a questi bei giorni di cose belle, di piccole felicità, di contentezze spicciole, di centesimi di allegria, di belle sensazioni.

Sono momenti belli che raccolgo, che tengo lì,  figurine di un album sgualcito ma meraviglioso, reso spesso dalla colla, ci mettevo tonnellate di Coccoina, io, nelle figurine, non tanto perchè servisse, quanto perchè mi piaceva l'odore.
Credo di essere stata un pò dipendente dalla Coccoina, ancora non sono chiare le tracce che ha lasciato in me, sniffare colla a 7 anni non è che sia una bella cosa per nessuno, però la Coccoina è così buona. Ancora la sniffo, ogni tanto, al supermercato.
Son ben strana, lo so.

Sono giorni che mi faccio un regalo al giorno, che parlo sgrammaticata ma che rendo l'idea, che mi fermo davanti al cancello di Palazzo Reale col naso all'insù a guardare la meraviglia che ho intorno, dentro, vicino non proprio vicino ma lì, e mi sento così bene che rido come una scema, da sola, a Torino.


Ho mille cose ancora da fare, la maglia con l'alce per il Figliolo Grande aspetta di essere supervisionata dall'Amica Afef, che mi farà un corso privato, così, al volo.


Mi meraviglio del mio stare, mi meraviglio delle cose che ho, mi meraviglio perfino di me.

Raccolgo i miei giorni belli e ne faccio una collezione, spero di completare presto un nuovo album, e un altro e un altro ancora, non chiedo poi molto, solo non sentirmi più pesi sul cuore, non avere gli occhi pesti, tristi e lontani, non sentirmi sempre come sul punto di andare in mille pezzi, di cadere giù, di scivolare fino in fondo a un burrone, di volare giù da una cascata improvvisa, che non ti aspetti, proprio lì dove prima c'era un lago placido.

Così è la mia attesa del Natale, il mio personalissimo Calendario dell'Avvento.
Ogni giorno, un regalo.
Oggi, un barattolino di Coccoina.

Ho tante cose, ancora, da incollare.




09 dicembre, 2014

Luccica.

Ne sto mettendo ovunque.
E' tutto un luccicare, un brillare, uno sfavillare.
Ho ricoperto vasi di vetro e terracotta, giro armata, con la pistola della colla a caldo, individuo la mia preda e giù di brilli.
Ho illuminato l'illuminabile, fatto magheggi impossibili con prese e prolunghe, tende di stelle e luci da esterno.
Ho riesumato vecchi fili argentati dell'albero, inutilizzati da un bel pò, e con essì ho avvolto vasetti e vasoni.
Più che una casa, il Circo Orfei.

Nell'armadio, ho cercato le cose più lucenti, e le ho impilate per bene, sono belle anche solo da guardare, si mettono solo in questo periodo dell'anno, quando nessuno fa caso se sei agghindata da Holiday on Ice, dopotutto, è festa tutti i giorni.

Voglio che sia così.
Mi piace, e sia.

Voglio che sia tutto sfavillante e luccichi, voglio solo brillantini e glitter, almeno per un pò, fino a quando non ne avrò la nausea.

Voglio che tutto brilli, voglio la luce, nonostante la tempesta di vento e di acqua che si è abbattuta questa mattina sulla collina, voglio che ogni cosa sia illuminata.
E io, con lei.

Mi tuffo con incoscienza in questi giorni di attesa e meraviglia, mi preparo al niente, probabilmente, ma non importa, non sarà la meta ma il viaggio, ne faccio una filosofia di vita, ancora una volta.

Perciò, mi diverto, gioco, ballo Greygoose in accappatoio con mia figlia, scrivo messaggi sui vetri appannati, lascio bigliettini, faccio telefonate lunghissime e piene di progetti e di cose belle, stilo menù impossibili, non so nemmeno quanti saremo, e che importa, alla fine.

Amo i miei giorni luccicanti,  sono una delle cose su cui posso contare, oltre a me, alla mia voglia di cose che brillano, di luci intermittenti, di lustrini e di paillettes.

Mi illumino da sola di queste piccole gioie inutili ma preziose, non c'è angolo di questa casa che non abbia una candela, una pallina, un rametto di pino.

Felice di essere così, oggi, vanesia e brillante, un pò oca e molto incosciente, il buio è sempre in agguato ma si combatte, nessun buio al mondo mai resiste agli attacchi di sorrisi grossi così e canzoni urlate la mattina presto, sono il Generale dell'esercito dei Brilli, ho un piano perfetto per sconfiggere la malinconia, guarire la tosse e imparare a sognare.

Tornare, a sognare.

05 dicembre, 2014

Lento Natale.

Forse, un pochino occorrerà sforzarsi.
A me, Natale piace.
Non i giorni immediatamente prima, pieni di affanni, pieni di gente che corre, che si danna e si lamenta. Non è questo, il mio Natale.

A me, piace il Natale lento quello che dici BehC'èAncoraTempo, e che fai una lista delle cose da fare, dacchè da qualche anno in qua, ti punge vaghezza di farli da sola, i regali di Natale, siano essi maglioni complicatissimi, sciarpe e calzettoni per figlioli recalcitranti e bellissimi, scialli per Principesse Psichedeliche, cose del genere.

IL LentoNatale è quello che comincia nel week end dell'Immacolata, e cioè questo qui.

Che ti fa cercare le scatole delle palline, comprare autostrade di tulle, e quest'anno sarà rosso, è deciso, che ti fa guardare la gonna coi lustrini  e già pensa a quale festa la metterai,  che ti fa sgombrare il lato del divano dove stazionerà l'albero, quest'anno a grande richiesta l'AlberoZen tornerà a far bella mostra di sè coi suoi rami secchi, pochi addobbi e tante luci. Mi piace pensare che venga da Spargi, ma potrebbe venire anche da Budelli, per dire. E' lì vicino che l'ho trovato, ed è da lì che l'ho portato a casa, fin qui, in continente.

Il LentoNatale si srotolerà con grazia, con qualche piccolo accorgimento, con qualche minimo trucco per non scivolare, suole di gomma su ghiaccio, catene sulla neve, maglioni pesanti contro il freddo.

Resisterò.
Agli attacchi di malinconia, alla tristezza sottile e improvvisa, alle volte che mi sembra che la strada sia troppo ghiacciata e non so andare nè avanti nè indietro, come quella volta sugli sci, bloccata dal vento freddo, dalla paura, da un inizio di tempesta e io lì, ferma, a non sapere cosa fare, se scendere o restare, ma restare dove.

Rivoglio giorni belli e normali, voglio un bel sentirmi e un sentirmi bene, rivoglio i miei occhi che ridono e che non ho più, rivoglio dormire senza svegliarmi fino al mattino. Voglio ritrovare la bellezza nelle cose, la piccolissima gioia di un bel buongiorno, di un  bel momento solo per me.

Il LentoNatale mi aiuterà.
Bevo a piccolissimi sorsi questi giorni di ProvaGeneraleDiFelicità, ci soffio sopra come si fa con la cioccolata bollente, e poi passerò col dito sul bordo della tazza per non perderne nemmeno un pochino, nessuno può frapposrsi fra me e il mio stare bene, nessuno è più felice di chi vuol esserlo davvero, dove ho messo i miei occhi che ridono, adesso li trovo.




01 dicembre, 2014

RossoDicembre


Che più rosso non si può.
Ho deciso di farmi piacere questi giorni, ho deciso di avere giorni che mi piacciono, ho deciso di piacermi nei giorni che ho.

E' bello quando inizia dicembre, è un mese pieno di luce e di cose belle, è un mese dove è proprio vietato avere il muso, fare questioni di principio, essere noiosi.

Ho deciso che il mio dicembre sarà rossissimo, rosso è il colore delle feste e di feste, a partire da oggi, ce n'è una ogni giorno.
E se non c'è, me la invento.

Una specie di Calendario dell'Avvento personale, ogni giorno una cosa bella, ogni giorno un bel pensiero, un bel sorriso, un NonImporta quando serve, un NonM'Importa che non è la stessa cosa.

Rosso, quindi
E rosso sarà l'albero di Natale, che è al vaglio del Comitato Addobbi Natalizi di questa casa, che è composto da una sola persona, che sono io.
E rossa sarà la tovaglia di oggi.
E rosse anche le lenzuola, già che ci sono.
E rossa la tisana della sera, quella prima di dormire, che è bello soffiarci sopra e pensare a domani.
                                                       ph. www.bakingmagique.com

Rosso sarà questo dicembre.
E una marea di cose da fare. Tutte bellissime.
Le Luci d'Artista che mi aspettano a Torino, tante feste e tanta ggente, e le feste di qui, i ritorni in questa casa che quest'anno hanno un sapore diverso, li coloriamo di rosso che è il colore della festa, del calore, del CheBelloCheSeiQui.

Rosso, un vestito scintillante, una gonna cortissima e ballerine per volare, e tacchi impossibili per guardare le cose da un'altra prospettiva, rosso come il rossetto più sfacciato, rosso come la sciarpa rossa che luccica anche con la nebbia, rosso, che magari mi taglio i capelli, rosso come il fuoco del camino, come i nastri dei regali.


Sarà un bel dicembre.
Sarà buono con me.
La sarò con lui.
La sono sempre stata.


28 novembre, 2014

Voglio che nevichi.

Sì, vorrei.
Vorrei la neve.
Vorrei guardarla cadere in fiocchi grossissimi, o fine, finissima, di quella che ne mette giù quintali.
La guarderei dalla finestra di sopra, è il posto più bello, per guardare la neve che cade.

O dal divano, spostando le tende che danno sui ciclamini bianchi, e allora, forse non si distinguerebbero i fiocchi di neve dai ciclamini, bianco su bianco, purezza su purezza, mi piace il bianco d'inverno, farò bianco anche l'albero di Natale, qui nessuno ha mai voglia di aiutarmi a fare niente, per Natale, faccio tutto io, monto, smonto, trascino, scarto statuine di babbinatale avvolte nei giornali dell'anno prima, o nella carta con le bolle,  e presepi inusuali, e alla fine è tutto bello, sì, ma restano sul pavimento cartacce e cose e polvere, e ci vuole un'ora buona a sistemare tutto.

Lo farò presto.
Vorrei la neve a coprire tutto il Pratino, tutto il Ciliegio e tutta la Regia Salvia, che è un cespuglio enorme profumato di buono. La accarezzo quando ci passo, come faccio col basilico. Il suo profumo dura pochissimo sulle mani ma che meraviglia è mai, il profumo della salvia.

C'è una me che non si arrende, c'è una me che va avanti dritta e sorride, anche sa a volte è talmente difficile, c'è una me che si racconta delle cose belle, per riuscire a stare in piedi, che sposta mobili come un facchino, poi guarda esausta il risultato e pensa Beh, Era Meglio Prima.

Ma  MeglioPrima non lo è mai.

Sono più belli i verbi al futuro, sono un bel gioco di accenti, hanno un bel suono come di musica, sarà bello domani, sarà bello quello che verrà, sarà più lucido tutto, sarà più bianca la neve, saranno più belli i ciclamini del davanzale, ho imparato a fare i boule de neige ,e  se non scenderà sul serio, potrò sempre fare finta e guardarla da lì.
Ci metto anche i brilli, così la mia neve sarà più luccicante e potrò guardarla quando vorrò, dove vorrò, tutte le volte che vorrò.

Prendete il quaderno a righe, oggi, studiamo i verbi al futuro.











24 novembre, 2014

Vanno via.

Non succedeva da tanto.
Tutti i figli meno uno, meno quello che ha deciso di andare dall'altra parte del mondo, a trovare cosa, chissà.
Tutti i figli qui.
Che significa apparecchiare la colazione con la tovaglia lunga, e scegliere le tazze giuste, a lui piace questa, a lui quell'altra, e i biscotti giusti, la torta che piace a tutti, e i fiori, anche, quelli sempre, mescolando ortensie del giardino seccate e rose belle dell'Esselunga.

Significa avere quasi tutte le stanze occupate, e molti letti disfatti, e corse sulle scale, e un'aria di festa, e tonnellate di fusilli, e provare sensazioni strane, abituandosi a piccole attenzioni mai avute fino ad ora, ma come, sono loro che dicono a me Non Preoccuparti Faccio Io? Da quando.

Significa usare la pentola grande, significa mettere i fiocchi ai tovaglioli, dacchè quando è festa, si usano quelli veri.

Siamo tutti, siamo stati tutti per un pò, un piccolo esercito di uomini e donne, forti i primi, coccolatissime noi, io e la Princi, abbiamo avuto una sera bellissima, io e lei da sole, una sera perfetta che nemmeno c'era la nebbia, e abbiamo cantato fino a farci andare via la voce, anche il giorno dopo. E loro, i maschi, artefici di tutto questo,  ad abbracciarci con lo sguardo, a scuotere la testa ma un pò felici anche loro, non di solo stadio, alla fine, è così che deve essere. 
Così sia.

Vanno via, però.
E i giorni belli finiscono, finiscono sempre e troppo veloci, e il lunedì mattina, questo di più,  è un delirio di zaini e valigie, e treni e aerei e orari e incastri,  e torneranno chissà quando, ancora tutti come ora, ora che risate in cucina, come quando li portavo tutti a scuola, ora che Sbrigatevi, è Tardi.  Ora, sono loro a dirlo a me.

Vanno via.
Ed è giusto e normale, ma normale e giusto non lo è mai, se un attimo prima c'è la rivoluzione,  e un attimo dopo un silenzio che schiaccia e un magone improvviso e leggero, appena prima di chiudere la porta.
 Passerà un mese, forse di più, forse meno, sarà Natale e ancora e ancora, e mi abituerò a  questi figli grandi che dicono Faccio Io, Cucino Io, Lo Prendo Io, grandi, troppo, un pò sorpresi che la piccola di casa prenda la patente fra pochi mesi, Ma Come, Quella Con Le Trecce e il Vestitino di Velluto?

 Figli belli come solo i figli sanno essere, belli sempre, appena svegli, quando ancora me li mangio di baci appena scendono giù e faccio un pò la scema per non sentire magoni e nostalgie, nostalgie di quella vita che è stata e che si è trasformata in un'altra, più grande, diversa, non so, malinconie sottili che si sentono appena, ma che anche loro, come loro, alla fine, vanno via.


18 novembre, 2014

Scelgo.

Di farmi una maglia beige, che la voglio da un sacco e non ci riesco mai.
Scelgo di uscire.
Dalla galleria infinita di tristezze e ansie,  dove mi sono infilata non so come, io mi perdo ovunque, mi perderò anche domani con le mie Amiche, lo so già, nella lunga strada verso Biella, che mai una volta è uguale alla precedente, mai, mai una volta.

Scelgo di mescolare con calma i pensieri, di frullarli un pochino, di passarli nel KitchenAid e ridurli in poltiglia, anzi no, in una bella crema rosa, da decorarci i cupcake.

Scelgo di scioglierli, come si fa con l'Aspririna, io muoio se prendo l'Aspirina, ma mi piace da matti guardarla che si scioglie nel bicchiere, e fa tutte quelle bollicine, e quel bel rumore, ssshhhwwrrrrr. sssshhhhwwwrrrrr, e allora, se non posso prendere l'Aspirina, prendo il Supradyn, che l'effetto è uguale.

Scelgo di aspettare, di stare a guardare, scelgo di fare cose belle che mi fanno sorridere, scelgo di guardare fuori e dire C'è Il Sole, anche se si fa fatica a vederlo, dopo tanta pioggia, dopo tanto fango, dopo tutto quello scrosciare e battere sui vetri.

Scelgo di fare così, ho in testa un maglione beige che voglio da un secolo, tonnellate di vitamine da sciogliere in un bicchiere, non so bene che strada prendere, non lo so mai, nessuno lo sa mai, è tutto un provare, tutto uno scommettere, sarà giusto o non lo sarà, nessuno che ti dica Guarda, Fai Così Che è Giusto, come l'Emanuela che mi suggeriva il compito di matematica, scelgo di sbagliare sempre, scelgo di sbagliarmi e divertirmi, scelgo di riderci di gusto, sopra  tutte le cose che ho sbagliato e ancora sbaglierò, ne ho una collezione che non finirò mai, e allora brindo, brindo alle tristezze, agli sbagli, alle ansie e a me, brindo  col Supradyn, senti che bel rumore.



12 novembre, 2014

Rouge.


E' tempo di frivolezze, lassù nella Casa in Collina.
Ci si fa una sorta di piccola, piccolissima violenza, si cerca di concentrarsi su cose stupide, sciocche, vuote, vanesie e, appunto, frivole.
Ogni tanto, fanno bene al cuore.
Curano, perlopiù.

Le frivolezze medicano ogni sorta di male, le incomprensioni, gli  Io Ho Detto e Invece Tu Hai Detto, sigillano per sempre buste da buttare via, nemmeno nel cestino della carta, ma nell'indifferenziato, così si ha l'idea di averle  buttate più lontano e per sempre. Le leggerezze sbiadiscono paroloni e frasi ad effetto, ripicche, musi, atteggiamenti, offese, piccole ferite. Anche grandi, solo, ci vuole un pò più di tempo. 
Le parole taglienti fanno male, malissimo, bruciano un sacco come quando ti tagli con la carta, o sbucciando la mela, sembra cosa da nulla e invece fa male.

Serve perciò un piano d'attacco.

Ci si è ritagliati il tempo giusto, a metà mattina, per leggere i giornali, tutti, per vedere se si trovava da qualche parte online quella lana grossissima per il cappello con le orecchie, richiesto d'ufficio dall PrinciOcchidiMare.

La vera essenza del frivolo, però, è data dallo scegliere con cura il colore del prossimo smalto, indecisa se Rouge Carat, Rouge Rubis o Rouge Fatal, non è cosa da poco coglierne le sfumature, e poi, con dei nomi così belli, una se li comprerebbe proprio tutti, per il solo gusto di vederli lì, sul ripiano del bagno, o sul comodino, di bearsi degli astucci chiccosissimi neri e oro, o di provarli, con religiosa dedizione, appena dopo aver sparecchiato, caricato la lavastoviglie e rassettato la cucina, in quel momento perfetto che va dalle 14 alle 14,20.
Ci si siede un pò storte sulla sedia capotavola, non il mio posto ma la stessa del caffè di metà mattina, in piena luce e si dà il via alla prova. Meglio se con la Princi, c'è più gusto.

Si raccolgono briciole e sentimenti stropicciati, come un pacchetto di crackers dimenticati in fondo allo zaino.

Passerà, perchè passa tutto, e le discussioni e le divergenze si appianeranno, si aggiustano sempre, a un prezzo, certo, ma le cose si stirano sempre, una strada si trova sempre, che porti vicino, che porti lontano, che non porti da nessuna parte al mondo, ma un sentiero c'è sempre, fosse un viottolo di sassi che porta in cima a una montagna, fosse la stradina che da lì vedi il mare, fosse il vicolo di fango che lo attraversi e sei nel bosco.

Sia bosco o mare, sia sassi o sabbia, non mi son persa mai, non mi perdo nemmeno ora.

Rouge Fatal. Ho scelto.






Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...