06 maggio, 2015

Fior di Robinia.


Ovunque, ce n'è.
Sul sentiero, dopo la siepe, sulla strada nascosta.
Ogni tanto, i rovi ci provano ad abbracciarla, a soffocarla, seducendola con foglioline vellutate e promesse di bacche lucide e perfette.
Non ce la fanno.

E' Fior di Robinia, quello che cresce in questi giorni.
Puoi chiamarlo Acacia, se vuoi, ma Robinia è più bello.
E' profumo di miele e di pulito, sono grappoli candidi, belli a vedersi, morbidissimi da accarezzare. 
Impossibili da trattenere, non durano molto, nemmeno si possono mettere in un vaso, per dire. Ci ho provato, sfioriscono subito.

Il Fiore di Robinia va tenuto lì dov'è, guardato e basta, non colto, lasciato lì.
Bearsi del suo profumo e della sua innocenza seducente, sfiorandolo appena, guardandolo da lontano per la nuvola che fa, osservandolo da vicinissimo, fino a farsi accarezzare un pò, è come lavarsi la faccia col miele, ma appìccica di meno.

Voglio fiori di robinia ogni giorno sulla mia strada.
voglio siepi candide e candidi pensieri e candida la borsa e candidi i  pantaloni leggeri, ballerine luccicanti, sandali glamour che ci si può anche andare al mare. Già, il mare.

Fiori di Robinia che sanno di bello e di buono, che riempiono di miele le mani e la testa.
Guardare  e non toccare.
Filastrocche a memoria, Ogni Cosa al Suo posto e Un Posto ad Ogni cosa.

Il mio, è vicino al miele.

I rovi non vincono, non vincono mai.


28 aprile, 2015

Mattine che piove.

Mattine così.
Che piove e piove e ancora piove e dopo piove e poi piove e torna a piovere, e smette di piovere e riprende a piovere.
Piove e basta.

Prudente, avevo ritirato l'Abiurato Stendino, avventata lo avevo rimesso fuori, me lo sono dimenticato sotto gli scrosci.
Lo guardavo dalla finestra, come a sfidarlo, col cavolo che vengo a prenderti, resta lì, a riempirti di petali persi del ciliegio, che stupido albero, resta regale e fiorito quattro giorni al massimo, poi arriva la pioggia e ciaone proprio.
Lo stendino resta lì.
A prendersi tutta la pioggia del mondo, le fodere dei divano stese e inzuppate, più pulite di così.
E i petali che cadono

Lascia che piova ogni cosa, lascia che venga giù dal cielo quello che vuole.
Non ci sono grandi soluzioni, non ci sono incantesimi da fare, se non darsi un andare e tirarsi fuori, provando a tentoni la strada migliore, come quando manca la luce e cerchi le candele.

Lascia che tutto vada come deve andare, non so se da qualche parte è scritto, non so se qualcuno ha fatto un disegno divino per me, qualcuno o Qualcuno, non lo so bene, c'è chi dice di sì, che ognuno di noi obbedisce a un progetto più alto, che ognuno di noi ha una strada ben definita e da lì non si scappa, che abbiamo una parte stabilita in una storia gigantesca.

Io faccio lo stendino.

sono in un angolo del giardino, vicino al lillà e alla siepe della Regia Salvia. Da lì vedo cose meravigliose, le colline, gli arcobaleni, i fulmini gli aerei e le nuvole.
Mi girano intorno talpe e micini, e gatti e cani e ricci e lumache. Una volta, una biscia.

Mi scaldo col sole alto
Mi piove addosso quando mi dimenticano qui.

Un giorno pioggia.
Un giorno i petali rosa del ciliegio.
Qualche volta tutt'e due,

Meglio i petali.




22 aprile, 2015

Cambio borsa.

E' una specie di rito
è un momento cui ci si deve dedicare con concentrazione, senza nessuno intorno.
Un atto che non si riduce a prendere  le cose da una borsa e metterle nell'altra. 
E' di più.

le borse delle donne sono universi paralleli, contengono il mare, il mondo, gli scontrini degli ultimi 4 anni, rossetti senza tappo che fanno danni, burrocacao, penne che non scrivono mai e stilografiche senza cartuccia.
e fogli.
e appunti
e briciole
e monetine
e cibalgine senza scadenza, e queste di quando saranno?

cambio borsa.
lo faccio spesso, ho una busta con un kit di sopravvivenza, ed è la sola cosa che sposto senza pensarci sù.
Il resto, lo esamino.
questo serve ancora, questo no, qui ero, qui facevo, qui avevo detto, un pò come scorrere le fotografie, c'è la vita dietro uno scontrino, un biglietto del cinema, una carta d'imbarco, una multa, la lettera di un'amica scritta a mano, ho ancora amiche che mi scrivono lettere con la penna e le conservo tutte.

Rifletto.
Se buttare tutto o no, se tenere tutto a memoria, ci sono cose che hai scolpite dentro, non serve mica il documento per ricordartene.
Si deve avere il coraggio di buttare via, ogni tanto.
Non solo dalla borsa.

Nella mia di stamattina ho trovato di tutto, ho avuto borse ben più confusionarie e disordinate, ciucci e bustine di camomilla, briciole, merendine, leccalecca mezzi succhiati e avvolti alla meglio nella loro carta di origine. Il guaio è stato quando il Chupa alla cocacola si appiccicò al cellulare, un pomeriggio al parco. E quella volta che un bibe di camomilla si aprì, e lo addormentò per sempre.

Stamattina niente Chupa, ma caramelline sparse, bollettini pagati di gite scolastiche, un gomitolino di lana avanzato, un uncinetto viola, infinite liste della spesa, perline. Perfino un cacciavite a stella.

Cambio borsa per fare ordine.
Per riordinare me, le cose che ho, le cose che sento
per dire, questo lo tengo, questo lo butto, si fa così anche con i cassetti, ma i cassetti basta scegliere di non aprirli.
la borsa, invece, ce l'hai sempre lì. 
e sono cose che ti porti in giro sempre, che sono sempre con te.
e ci frughi spesso, riordinare la borsa non è come riordinare il portafoglio, quello si fa alla posta, soprattutto se hai il P234 e sono al P200. E' successo. E quando è stato il mio turno avevo appena finito.

Avrò una borsa color fragola nuova di zecca, stamattina, ordinatissima, senza nulla che sia fuori posto.
L'unica a sentirsi fuori posto, sono io.

Cominciamo dalla borsa.
Il resto, verrà.


08 aprile, 2015

Ma Sì.


                                ph. LaDouleurExquise


Non che sia una risposta.
Stai bene? Ma Sì.
Il sì non vuole congiunzioni.
Il sì, sta bene da solo.

Stai bene,
Sì. Benissimo.
Ecco, così dovrebbe essere.

Invece, Ma Sì.

Ma Sì è una somma.
Io che con le somme non ci so fare, che col pratico, il preciso, proprio non c'entro niente.

Sono stata in una bolla per un pò.
La cioccolata, la tovaglia grande, le sedie tutte, i bicchieri belli, mazzi di chiavi da distribuire.
E sveglia ogni momento, tornavano e ridevano piano, mica tanto, i miei figli lo sanno che mi sveglio sempre, che dormo con le galline ma mi sveglio mille volte, e forse, un pò lo fanno apposta a farsi sentire, che ridono in cucina, che quando cerchi di ridere piano e fai ssssshhhhh all'altro per farlo star zitto, beh, è proprio lì che fai più casino. Casino si può dire. 
E finalmente, tutto al loro posto, la mia famiglia tutta, il mio Sposo stanco, la mia vita, eccola qui.
La normalità straordinaria. Il mio privilegio assoluto.

Le bolle non durano.
Volano e volano per un pò, si pavoneggiano coi loro colori bellissimi in trasparenza, volano raso il prato, fanno le sceme col ciliegio che sta per fiorire, gli girano intorno come a dirgli Prendimi! e poi, puff! si trasformano in mille goccioline, una di qua, l'altra di là, com'è giusto che sia.
Ma mica tanto, alla fine.

La somma di tutte queste cose, del mio divano strapieno, della partita con le urla come allo stadio, con parole irripetibili, con cori da curva nel salone.
La somma di chiacchiere fitte, di progetti ambiziosi, Smettila di Dire Ti Ricordi, della tavola apparecchiata per tutti.

Non ci si perda d'animo.
Non si stia lì a far la scema.
Non si stia lì a dire, sì però.
Forti abbastanza, duri abbastanza, magoni ricacciati chissaddove, respiri profondi e camminare.

Non si può andare da nessuna parte,  se si risponde Ma Sì.




24 marzo, 2015

L'improvvisa visita dello Scoiattolo Giangiacomo.

Non era quella che si potesse facilmente definire Una Gran Mattina.

Non si capiva se piovesse oppure no, se ci fosse la nebbia oppure no.
Certo, a guardar fuori dalla finestra della cucina, il luogo deputato a raccogliere i pensieri freschi della mattina presto, non c'era di che stare allegri.
Si consumava così una colazione lenta ma senza sentimento, di quelle che stai un pò con la tazza a mezz'aria, che nemmeno ci avevo messo attenzione a sceglierla, la tazza, ritrovandomi così, in procinto di festeggiare la Santa Pasqua, a bere il caffelatte nella tazza con l'agrifoglio.
Errore madornale, ma che la dice lunghissime sullo scazzo del martedì mattina.
(Scazzo si può dire?)

Com'è, come non è, si era lì a guardar fuori, il vuoto, il nulla cosmico, l'eventuale, quando qualcosa di rosso planò con un balzo sul tronco dell'Acero.

E no che non era un gatto.
E no che non era un uccellino.

Uno scoiattolo mai visto prima d'ora era giunto da chissà dove e chissà perchè, nell'Acero Grande del Pratino.
A visite improvvise, noi qui, ci si è abituati.
Ma a memoria, nessuno scoiattolo mai aveva varcato il cancelletto verde.

Avvicinandomi con fare sornione alla finestra, lentamente per non spaventarlo, ho potuto osservarlo meglio.
Non che fosse una bellezza, ma aveva un musino dolce, due occhietti furbi e due manine minuscole, che usava per tenersi ben saldo al tronco. Nel frattempo, mi guardava. Non scappava, non faceva niente. Mi guardava e basta.

Lo scoiattolo Giangiacomo vive oltre la siepe, insieme ai suoi cugini scoiattoli, e la sua mamma Agnese gli ha insegnato che mai mai mai deve intrufolarsi nei giardini degli umani, perchè gli umani, si sa, sono esseri bizzarri e non hanno dimestichezza con gli scoiattoli impauriti e sprovveduti e l'unica cosa che sanno fare con essi è impagliarne qualcuno da tenere in salotto sopra a un centrino di pizzo.
Per questo, Giangiacomo aveva gli occhi terrorizzati.

Tranquillo Giangi.
Non ti impaglierò.
Non conosco la ragione per la quale tu sia arrivato fino a me, forse perchè il noce del Prato Grande ancora non ha frutti per te e sei in cerca di cibo, e al Prato Grande si mormora che qui, in questo giardino con le sedie colorate e un sacco di gatti, gli uccellini hanno una casetta lilla e scorte di semi appesi ai rami, alle quali magari chissà, avresti potuto attingere anche tu.

Non ti farò del male, Scoiattolo Giangiacomo che mi guardi con gli occhi a palla, sono contenta di trovarti qui in questa mattina grigissima. Metterò per te qualche semino, studierò per bene cosa mangiano gli scoiattoli, ho giusto qualche mandorla e qualche gheriglio, pensi che possano bastare?

Domattina, più o meno a quest'ora, ti aspetterò.
Avrò un pigiama ben stirato e non questa maglia sgualcita che ho trovato in fondo al letto, sarò carina per te, e avrò pensieri meno confusi, meno limacciosi, avrò idee brillanti e belle storie in testa.
Torna a trovarmi, Scoiattolo, e non scappare,
Resta un pò sul tronco davanti a me e fatti guardare bene, quanto bello sei.

Cercherò di esserla anche io.
A cominciare dalla tazza.

21 marzo, 2015

La Leggenda del SeccoAlbero.

Che Te ne Fai Del Sole, gli aveva detto un giorno, da Instagram, passando di lì.

Che strano albero era mai, secco, allampanato, altissimo, senza una sola foglia, senza un solo fiore, senza nulla.
A metà del sentiero, proprio di fronte al CampoDiGrano, se ne stava lì, come ad abbracciare tutto il cielo, con quei buffi rami senza niente.
Aveva tutta l'aria di voler essere lasciato in pace.

Lo vedeva ogni volta che passava e ogni volta si domandava, MaChe TeNeFai.

Quel giorno, volle avvicinarsi un pò di più.
Come a dire, vengo a vederti da vicino, vengo a studiarti un pò, mi ti siedo accanto e parliamo un pochino, non c'è nulla di male a parlare con un albero, ancorchè senza nemmeno un fiorellino, così, giusto per fargli un pò di compagnia, dacchè nessuno si sognerebbe mai di parlare a un albero del genere. 
Certo, lui ci metteva del suo.
Non sembrava uno che volesse dare confidenza, ma nessuno al mondo è fatto per stare da solo. 
Non è mica da tutti parlare con un albero così.
Agli alberi fioritissimi e carichi di ciliegie o di albicocche, o alle querce secolari, sono capaci tutti. Di parlarci, intendo.

Così, iniziò a chiacchierare.
Gli raccontò di quella volta che, e poi di quando, e poi ancora che buffo era stato quel giorno e che spavento quel pomeriggio che...quando all'improvviso, posò lo sguardo meglio sui rami.

Invisibilissime, appena accennate, come appena uscite da non so dove, nuove nuove, lucide lucide, impercettibili quasi, che bisognava strizzare un pò gli occhi per vederle meglio, eccole lì: gemme.

Si chiese se le avesse mai notate prima e si rispose di no.
Si domandò se magari ci fossero anche il giorno prima, ma era pronta a giurare di no.

Niente. Il SeccoAlbero, quello cui sembrava non importare un bel niente del sole e della pioggia e dell'ineluttabile passare dei giorni e delle notti, e delle lune piene e delle mezzelune, e del cambiare delle stagioni e dei solstizi, si era arreso.
Che cosa sarebbero diventate quelle gemme invisibili nessuno poteva saperlo, anzi, probabilmente solo foglioline tenerissime e magari qualche sparuto fiorellino candido, cui nessuno avrebbe saputo dare un nome, ma finiva lì.
L'importante, era che ci fossero.

Ora, non restava che capire per bene che cosa avesse dato origine al miracolo delle Gemme Invisibili.
Nessuno al Prato Grande sapeva al momento darsi una risposta, e tutti si interrogavano ed era un gran allargare di braccia e dirsi Mah! con fare dubbioso e meravigliato, un gran scuotere di teste, ChiLoSa.

ma c'era chi sapeva.

Poco distante da lì, in un'aiuola di rose inglesi non ancora fiorite, un tappeto di viole meravigliose era nato nella notte, e nella notte prima e nella prima ancora, a formare un angolo perfetto di dolcezza e profumo buono.
Il SeccoAlbero, che tanto secco proprio non era, ne aveva sentito le note da lontano e aveva fatto suoi quei bottoncini viola scuro, quei gambi ricurvi verdi di perfezione sottile, quelle foglioline a forma di cuore che tanto aveva rifuggito, chissà poi perchè.

Quell'aroma di caramella, quei colori e quell'impertinenza, nascere così poco distante in un'aiuola delle rose, avevano conquistato il cuore fermo del SeccoAlbero, che aveva deciso di fiorire, non si sa come e non si sa di cosa. 

Il SeccoAlbero si era arreso.
Perciò, aveva deciso di mettere alcune gemme, pochissime, appena appena.
A memoria d'uomo, nessuno al PratoGrande aveva mai resistito al richiamo delle viole, fossero esse nell'aiuola o nel muro, fossero lilla chiaro o violissime, fossero in cespuglio o due a due.
Anche il SeccoAlbero non poteva dire di no a un profumo buono, alle  piccolissime allegrie che sapevano dare quelle violette semplici, di un'invadenza gentile e lucida che vedeva da lontano e che per niente al mondo mai sarebbero andate colte.


Ora, al PratoGrande, tutti attendevano la fioritura del SeccoAlbero, che sarebbe arrivata di lì a poco.

Le Viole dell'Aiuola, nel frattempo, sorridevano.



17 marzo, 2015

Volo basso.

                           ph.la douleur Exquise
Volo basso.
Raso il marciapiede.
Che non so nemmeno se è corretto. Credo di no. Ma rende l'idea.

Volo basso.
Plano sulle pozzanghere, sul fiume limaccioso in città che sembra davvero l'Hudson, stamattina, e la mia Amica delle Provette e Biancaneve sanno bene di cosa parlo.

Volo basso. 
Sull'albero sradicato all'inizio della mia strada, Sarà stato il vento delle sere scorse. Che tristezza gli alberi sradicati, e che impressione, un pochino, ma come, hai davvero soffiato così forte e io non me ne sono accorta? che poi, neanche è vero, me ne sono accorta eccome.

Volo basso.
Schivo i sassi e le viole dell'aiuola triste delle rose , ce ne sono una marea, di viole, non di rose, sono nate di nascosto fra la corteccia di pino, quella che non doveva far nascere nessuna erbaccia, eppure, guardale lì, viola scurissimo, non come quelle della collina che sono lavanda appena, che poi, come fanno delle viole ad essere color lavanda mi sa che ci devo ragionare un pò sù.

Scema ma non stupida, lavanda ma non viola, mi balocco fra le centinaia di cose di fare e la zero voglia di farle, come succede spesso, Certo, a guardar fuori nemmeno aiuta, i tetti lucidi, il cielo perso, i pini che si muovono appena, giusto per dire, sono qui, ma si vede lontano un miglio che non ne hanno voglia nemmeno loro. Non è mattina.

Troverò un senso.
Troverò un modo.
L'ho trovato sempre, ogni santissima volta.
Mi sembravo persa, e non la ero.
Mi sentivo persa, e non la ero.
Toglievo dal cilindro un coniglio, un amuleto, un incantesimo, una caramella mou.
Farò così anche oggi.

Per cominciare esco a farmi un mazzolino di viole e le metto sul tavolo.
Poi mi mando un bacio nello specchio.
Poi, scarico la lavastoviglie.

Volo basso.
Mi sa che a incantesimi stiam messi male, e anche le caramelle mou sono finite.
Chi lo sa, forse, c'è un buco nel mio cilindro.

13 marzo, 2015

Il Prato Verdissimo.



E' incredibile come non ci si accorga delle cose, qualche volta.
Ho trovato un posto.
un posto che non conoscevo.
Su una stradina di campagna che faccio ogni giorno, anche 3 volte al giorno, da anni.

Sarà stato il sole sfacciatissimo di oggi, un accenno di sentiero appena disegnato in mezzo ai rovi, subito dopo il canneto.
Non è stato semplicissimo, chissà da quanto tempo nessuno passava di lì.

Così.eccolo.
Un prato verdissimo, appena un pò scosceso, recintato da nastri leggeri, ma apparentemente non più frequentato. A terra, l'erba nuova, i fiorini azzurri piccolissimi che sussurrano che è quasi primavera, le margheritine. Da un lato i rovi, dall'altro solo colline. Solo in fondo, laggiù laggiù, la guglia del Duomo e la città.

Che bella scoperta sei,  prato verdissimo di erba nuova.

Ci passo da sempre da qui, a piedi e di corsa, ma mai mi sono chiesta cosa  avrebbe potuto esserci mai, dietro al canneto.
Ho trovato te.

Verrò qui spesso, mi piace questo posto dove nessuno può trovarti, se non vuole.
Mi piace perchè tu vedi tutto intorno e nessuno vede te.

Verrò qui a leggere, a prendere il sole, a riposarmi quando mi sfianco di corsa per scacciare i pensieri, verrò qui  a pensare, seduta in mezzo alle brattee e ai fiorini piccoli, starò attenta a non graffiarmi coi rami delle more, arrivandoci, perchè sono more, secondo me.

Verrò qui quando vorrò stare sola, anche se sola la sono spesso ultimamente, ma mi piacerà sentirmici di meno perchè appena si alza un pò il vento,  le canne bisbigliano delle belle storie e tutto a un tratto sola non lo sei più.
Ci potrei fare una merenda con le mie amiche, venirci a chiacchierare con mia figlia, portare un telo e stendermi a guardare in sù, magari mi vengono delle idee bellissime, o magari, tutto questo cielo sopra mi annulla del tutto e di pensare nemmeno mi riesce. Non sempre è un male. 

E poi, lo spettacolo imperdibile di questa distesissima di verde, di erba perfetta, come di velluto, smeraldi e velluto, velluto smeraldo,  solo per me.

Il Prato Verdissimo è la bella scoperta di oggi, di questo venerdì silenzioso, di questi ultimi giorni pieni di cose, alcune belle e alcune meno.

Molto lieta, Prato Verdissimo.
Spero che nella tua piccola discesa, i pensieri ròtolino giù, giù, fino in fondo alla collina.
O si nascondano per sempre dietro i rovi.
Che sono more, secondo me.




06 marzo, 2015

E dopo il vento.

E dopo il vento arriva cosa.
e dopo il vento cosa c'è.

Era vento da nord.
Il vento da nord è  tramontana, lo sanno anche i sassi.
Lo so perfino  io,  che non li ho mai imparati per bene.

Ha spazzato tutto.
Ha fischiato, sibilato,sbattuto finestre lasciate mezze aperte..
è passato sotto  la porta d'ingresso, ha portato rametti e foglioline, asciugato in mezz'ora le lenzuola a fiori.
e fatto cadere lo stendino.

Ha giocato con le tende, da quanto non lo faceva, da quando queste tende bianche erano in un'altra casa, e con lui ci giocavano ogni giorno o quasi.
da lì si capiva, si decideva in quale isola andare, erano lì davanti, non c'era che da scegliere.

Il vento di ieri sera ha lucidato tutto, arruffato il gatto, disperso le briciole per gli uccellini, ammucchiandole sotto le sedie, sul terrazzo.

che distratto, il vento. Passando veloce, incurante e sfacciato, gli è scivolata di tasca una luna perfetta, tondissima, enorme e dorata, che guardava dalle colline.
Una luna da regalare.

è un bel venerdì.
dimmi cosa ti piacerebbe fare
Se correre in collina, andare a vedere se quell'albero secco è caduto o è rimasto lì, o andare a guardare il mare, sarà mossissimo, così dicono.

Cosa mi piacerebbe fare, oggi, non lo so.
ho i pensieri spettinati, arruffati da un brutto sogno, che mi ha fatto svegliare agitata e strana. Come fosse vero.
Oggi al mare ci andrei sul serio, facevo un gioco una volta,  Pensa a Una Cosa Normale e a Una Cosa Speciale, una cosa che puoi fare e una cosa no.
é la differenza fra normale e speciale che devi sapere a memoria.
Non succede quasi mai.

Mi sa che  al mare non potrò andarci.
 mi metto a stirare.
E mentre, invento la storia di quella volta che il vento perse la luna.

Chissà chi l'ha trovata.







04 marzo, 2015

Dei miei passi invisibili.

Le volte che ti ho camminato davanti.

Saltando sugli scogli, Metti Il piedino Lì
 a schivare il fango, o nella neve, Così Non Ti Bagni.  O sulla sabbia, Così Non Ti Scotti.

Vicino a te con la paura delle giostre, e che coraggio hai avuto e che fiera eri, quel pomeriggio a Gardaland.

E quella volta che ti ho perso nell’erba alta, se chiudo gli occhi ti rivedo, la gonna provenzale e i sandaletti rossi, due anni nemmeno di occhi sbarrati sul mondo. Alta come l’erba alta, bionda come il grano, non hai pianto quando ti ho abbracciato così stretta che nemmeno respiravi,  ma quelle manine a stringermi, se chiudo gli occhi, le sento ancora.

Oggi hai diciott’anni.

Sei la piccola di casa, l’unica, la Princi sempre, il diamante purissimo, per tuo padre e i tuoi fratelli una specie di tesoro da custodire, nascondere un pochino, proteggere, quella che non si sgrida, quella che conquista tutti a sorrisi e dolcezza, a occhioni verdi e baci piccoli.

Che dirti figlia, in questo oggi che diventi grande, ma grande la sei diventata già, in questi giorni che sono scivolati via, che nemmeno mi hanno dato il tempo di vederli bene.

Io che con le parole ci gioco sempre, oggi, faccio fatica a metterle in fila.
Tanto da dirti,
Poco che mi venga.

Se non di fare tutto, tutto  quello che puoi, che sai che è bene, tutto.
Divertiti e gioca e balla e salta sul letto,  e ridi e piangi, anche, perchè è il solo modo che hai per prenderti davvero cura dei tuoi sbagli, tienili in serbo, non dimenticarli mai, tienili lì, accanto ai tuoi sogni, che qualche volta sogni e sbagli sono la stessa cosa. Ma non farli sarebbe un peccato.

Non perdere mai un’alba da una spiaggia, una lotta coi cuscini,  il mare di notte, l’emozione di aspettare qualcuno e di farsi aspettare, il primo gelato della stagione, una corsa sotto il temporale, l'emozione di un concerto, l'abbraccio di un amico, la magia della notte di Natale.

 Regala fiori, e baci, e disegni, e scrivi lettere d’amore, sii una buona amica, quella che sai ci sarà sempre, che abbraccia, sgrida e consola e sta zitta quando serve. E fa ridere, o piangere, a seconda. 

  Lascia bigliettini nei cassetti,  chiedi perdono se sai di aver sbagliato, difendi i tuoi pensieri e le tue debolezze, pretendi rispetto per te e per la tua anima, scrivi sui vetri appannati, chiacchiera ore sulle panchine, leggi tanto, canta sempre, suona ancora.

E ama, figlia, ama più che puoi, ama tutti come sai, come si deve, come ti ho insegnato,  come forse hai imparato da sola, ad amare un pò si impara e un pò si sa, e di amare c’è un solo modo, uno soltanto.

Ama il mondo, la vita, le cose che hai, le persone che incontri, ama davvero, senza filtri, ama tanto,  ama anche gli uomini sbagliati,  perchè è  attraverso di loro che saprai riconoscere il vero e solo custode del tuo cuore.

Vivi questa età intatta, a metà fra la bambina che eri e la donna che sei, ma  non crescere mai del tutto.
Lascia sempre una te scellerata e vanesia, che gioca con la te ragionevole e seria. E’ il segreto della felicità più perfetta. Le scommesse della testa con il cuore, è sempre il cuore a vincerle, lo sai.

 Ora, non cammini più dietro di me. Ora, le mie orme nella neve non ti servono più.
Ora, sono io a seguirti.
E i miei passi invisibili, leggeri che non li senti, trasparenti che non li vedi, sono sempre lì.
Se ti volterai, in qualunque posto al mondo ti troverai,  mi troverai.


Ai tuoi diciott'anni lucenti, alla mia Emma con le trecce e lo zainetto, tutto l'amore che ho,  il mio amore che sa, il mio amore infinito, invisibile come i miei passi.



25 febbraio, 2015

Prestissimo.


Prestissimo lo è davvero, stamattina.
Prestissimo è prima di presto, è un'ora indefinita, prestissimo, prima di tutto, prestissimo e basta.

Che bello vedere il cielo che diventa chiaro.
Il vento di ieri sera ha apparecchiato per me un cielo di un azzurro incerto, di cirri scuri ma lontani, per fortuna. Per me, certo. Come no. Il cielo si scomoda solo per me. Credici proprio.

Fa freddo, farà freddo, non lo farà più.E chi lo sa.  E' come se la primavera stesse per arrivare, ma non trovasse più la strada, non sapesse da che parte passare, ma come, l'alta volta sono passata di qua, e adesso invece.

Preparo cose, scrivo elenchi, fare questo, fare quello passare di là, pagare la luce, comprare lo yogurt, il vetril, anche, che non è che a scriverlo sulla lavagna i vetri si puliscano da soli, Certo che no.

I vetri della cucina hanno una storia scritta sopra.
Ci sono le goccioline delle piogge fini, le gocce grosse degli acquazzoni prepotenti che mi piacciono così tanto, ci sono i miei pensieri, quelli che faccio quando ci appoggio la fronte, appena sveglia, il vetro freddo mi dice che giornata sarà.

I vetri di questa finestra la sanno lunga. E' da lì che devono passare i miei occhi per perdersi appena oltre la collina, è da lì che guardo le nuvole, le scie degli aerei, è da lì che controllo se il cibo degli uccellini è finito, è da lì che scruto il ciliegio, la salvia, il pratino.

Sui vetri appannati ci disegno e scrivo di tutto, poi me ne dimentico, e stamattina, in controluce, TiVa Un'AltraGreyGoose è quello che ci ho letto. 

I vetri di questa stanza raccontano e custodiscono, è da lì che vedo passare le cose, passano di lì i miei stati d'animo, le cose che penso e quelle che non vorrei pensare più, i pensieri belli e quelli meno, quando raccolgo le forze, quando mi sembra di non farcela proprio e quando invece mi dico CheSSaràMai. 

Stamattina partirei con un circo bulgaro, senza meta. Assistente illusionista, domatrice di leoni o bersaglio girevole per il lanciatore di coltelli, non fa differenza.

Salirei su un GreyHound come nei film, sprofonderei sui sedili e mi leggerei un libro intero, e quando lo avrò finito vorrà dire che sono arrivata.

Salirei sulla metropolitana di Parigi e scenderei alle fermate col nome più bello, Hotel de Ville, Chatelet Les Halles, Notre Dame des Champs.

Forse, però, meglio che salga su una scala e lavi i vetri.
Perchè tanta poesia, sono solo vetri sporchi.

Non imparerò mai.










Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...