02 ottobre, 2015

Sapessi.






Sapessi che giorni ci sono, da queste parti
Frenetici, incredibili dalla bellezza, incredibili dalla confusione, dai panni da stirare, dal disordine, dalla pulizia maniacale, dall’infinito silenzio, come infinito, il silenzio non è infinito, finisce quando urli e di urlare qualche volta ne ho troppa voglia e qualche volta nemmeno ci riesco.

Sapessi che belli i pomeriggi, quelli come ieri che c’era ancora il sole e sembrava ancora estate, potremmo andare dritto, prendere l’autostrada e andare al mare, sapessi che bello il mare quando è autunno, il mare non si arrende mai al freddo e alle nuvole, il mare non le sa le stagioni, il mare non sa fare i conti proprio come me e allora è bello sempre, anche quando fa freddo e quando pioviggina piano piano, che non fa rumore e nemmeno te ne accorgi.
 Ecco,il mare è bello anche così.

Sapessi che belle le sere che la luna è grande quasi mezzo cielo, così piatta e lucida, che sono io la prima a vederla, perché spunta dietro l’albero di questa stagione e a cena sono seduta così, davanti all’albero, è sempre questo il mio posto, anche con mille ospiti, ognuno in questa casa ha un suo posto quando c’è, il mio è sempre questo, così vedo l’albero, così vedo la luna, per prima.

E sapessi le cose che mi vengono in mente, sapessi i giorni, le ore, i minuti, sapessi che voglia che ho di fare una festa grandissima, con tutte le persone che più amo al mondo, e sapessi che tristezza infinita mi viene quando ci penso, sapessi che male, proprio qui, fra il cuore e l’anima, ma l’anima di preciso dove sta, che non l’ho studiato.

Oggi è un giorno bello, per me, è il mio compleanno e vorrei sentirmi felice e leggera, vorrei farmi una torta, ho già comprato le candeline, stasera saremo non so nemmeno quanti, non tanti, però.

Voglio un giorno di quelli perfetti
Voglio un bel compleanno, voglio un giorno per me, voglio me per un giorno, un giorno soltanto, fare cose normali in un modo speciale.

Voglio essere come il mare.

Che non sa fare i conti, che non si arrende alle nuvole e alla pioggia, che non sa le stagioni ma che è bello anche così. 

17 settembre, 2015

Che nemmeno le nuvole.

                          ph.Robert Doisneau

La Stupidera.
Non saprei come chiamarla, se no.
E' quel che mi prende a questo punto dell'anno, che non è estate e non è autunno, che un pò piove e un pò no e il sole non si vede, c'è quel tempo immobile ma che non fa freddo, che ancora l'abbronzatura appena appena, ancora i sandali, magari, le calze ma và, per quelle si aspetta novembre, e poi ancora.

La Stupidera non è una patologia, ma uno stato dell'anima.
I guai e i pensieri si sono ammucchiati per bene in un angolo della casa, con la scopa nuova colorata, quella con l'Infinito scritto sul manico di legno, ce l'ho scritto io a pennarello.
Si è presa la paletta carina, quella con la principessa e il principe, e si son raccolti tutti.
Dopodichè si è aperta la pattumiera dell'indifferenziato e si sono buttati lì, con grazia e soddisfazione.
Operazione completata.

La Stupidera può manifestarsi con vari sintomi.
I più diffusi sono risate cristalline, dopocena a tavola a dir scemenze con questo o quel figliolo che transita da questa casa, scelta accurata di smalti, rossetti e financo burrocacao, riunioni indette per decidere apparecchiature per matrimoni, e quale scarpa e quale borsa, scelte di filati, mi faccio la frangia, mi iscrivo a tango, dò il bianco in cucina, che ne dici?

La Stupidera acchiappa, secca e improvvisa, dopo mesi di buio totale o quasi.
Dopo giorni pesantissimi, faticosi come scalare montagne di sassi, che ti franano mentre cammini e pensi di essere in cima e invece scivoli un pò più giù, un pò più giù ogni volta e non arrivi mai.
Dopo notti assurde, dove il cuscino è spine e vetri rotti, dove dormi a tratti, dove spalanchi gli occhi e studi il soffitto, le piante sul davanzale, i tetti davanti e ti alzi e giri e giri, come a cercare qualcosa che hai perso, e sai benissimo che quella persa sei proprio tu e vatti a trovare, adesso.

La Stupidera  non dura mai tantissimo e non so se è un bene o un male, ma occorre approfittarne e di corsa, come il detersivo per i piatti in offerta all'Esselunga.

Perciò, mi regalo questi giorni stupidi di cose leggerissime, di piccoli passi verso il meglio del mondo, ognuno ne ha uno di Suo Meglio del Mondo e il mio meglio è questo qua, per ora, questa vaghezza morbida, questa elegante indolenza, questa lentezza con la quale faccio diecimila cose insieme, questi pensieri di critallo, lucidissimi e fragili che niente incrina, niente graffia, niente fa opaco,  nemmeno le nuvole.







10 settembre, 2015

Il Mio Ultimo Primo Giorno.

Fra pochi giorni, la scuola.
Bella scoperta, ne parlano da giorni.
Per me, un giorno speciale, come ogni anno.

Questa volta, di più.

Anche la Princi di casa, infatti si appresta a concludere il ciclo delle scuole superiori e farà trionfante il suo ingresso al Ginnasio Liceo Giovanni Plana da maturanda. Insomma, fa la quinta.
L'ultimo anno.
Dall'anno prossimo, il primo giorno di scuola non ci sarà più, a casa mia.

Sollievo o malinconia. Chi lo sa.
Più malinconia però.

Sono passata indenne o quasi da anni, secoli di cose di scuola.
Ricordo con terrore, tenerezza e malinconia l'anno in cui avevo un liceo, una scuola media, un'elementare e una materna. 
Tutto insieme. Tutti insieme. Le nostre mattine, le nostre uscite dalla porta, sghembi, scarmigliati, in ritardo, frignanti, con la colazione in mano, le nostre partenze verso la scuola, i miei vicini ancora se le ricordano.

Ho comprato negli anni 25 compassi, un numero imprecisato di squadre e righelli e goGNOmetri, come qualcuno dei miei figli scrisse sul diario, deriso dalla restante squadra dei fratelli per settimane.
Tubetti di colla, pastelli di ogni tipo, a cera, normali, acquarellabili, stellari.
Pennarelli grossi, fini, medi, quaderni a righe, a quadretti di un centimetro, a quadretti di tre centimetri, a righe di prima, di terza, di millesima, quadernini, quadernoni, quaderni con gli anelli, a spirale,  ho scritto nomi su quaderni, foderato casse di libri, scritto con emozione Classe Prima A.

Ho firmato centinaia di giustifiche, ritardi, votacci, voti bellissimi, note,,  L'alunno gioca con la cerbottana durante le lezioni, l'alunno disturba, l'alunno ha dimenticato il quaderno di inglese per la quinta volta. Ho letto decine di temi, stramaledetto gli inutilissimi compiti delle vacanze, guardato foto di classe ridendo di gusto, da qualche anno le foto si fanno un pò in maschera, non impalati e serissimi come ai tempi miei. Ho preparato merende, compilato buoni mensa, ascoltato poesie a memoria, ripassato verbi e tabelline in macchina, baciato riccioli davanti al cancello, accettando con mestizia l'invito sorridente e imbarazzato a non farlo più.

Ho fatto viaggi a portare libri dimenticati, fogli a righe per la verifica, ho fatto corse per ritirarne qualcuno malaticcio, ho accompagnato i primi giorni di materna con un magone infinito, ricamato nomi sui grembiulini, fatte trecce appena prima di entrare, li ho aspettati con ansia fuori dagli esami di maturità, ho vissuto notti prima degli esami per 3 volte, di già, e quest'anno ci sarà l'ultimo.

Il mio ultimo primo giorno di scuola mi mette un filo di tristezza.
Non so bene come chiamarla, crescono tutti, sono tutti per la loro strada, e dall'anno prossimo ci sarà anche lei. Che accompagnerò per l'ultima volta al suo ultimo primo giorno, perchè è soprattutto il suo. Mi guarderà con quegli occhioni di smeraldo, scuotendo i capelli lunghissimi che questa settimana sono finalmente del loro colore originario, ed entrerà, felice e un pò emozionata, come ogni volta.

Sono anche un pò felice.
Felice per questi figlioloni che ho.
Felice di quello QuasiMio, Ingegnere confuso e dolcissimo. Felice del mio Dottore che presto volerà dall'altra parte del mondo, felice del mio Futuro Designer che mi dice BuonanotteMamma su whatsapp alle 3 di notte, e felice di questa dolcezza che ancora non mi capacito sia diventata così grande così presto.

Io qui sono.
Conservo le loro vite, il loro cuore nelle mani, ho una scatola di pastelli che ha dentro tutti i sentimenti di questi anni lunghissimi di Primi Giorni di Scuola.
Ci sono stati altri primi giorni per loro, ce ne saranno.
e io sarò sempre qui.

Non rifarò loro le trecce, non preparerò loro la merenda, ma li bacerò sempre, davanti a ogni cancello, ovunque nel mondo.







01 settembre, 2015

Il Calendario.

Ho un calendario appeso in cucina.
Bella scoperta, chi non ne ha uno.
E poi agende, bigliettini, quadernini vezzosi, quadernini serissimi, a quadretti, a righe, senza niente.

Il calendario della cucina è il documento più importante in assoluto.
Quando una cosa è scritta lì è sacrosanta, come se fosse scolpita nella pietra, più o meno.

Girare il foglio del calendario è cosa solenne.

Il Primo Settembre, lo è un pò di più.

Il mio calendario non ha le righe e non ha scritti i nomi dei santi.
Ha solo i numeri
E la fasi della luna.
E ha dei quadroni, per scriverci, che ci devo scrivere di storto sennò, la parola Veterinario, per esempio non ci sta.

Ma ci stanno i cuori, per i compleanni di casa.
E le stelle, per ricordarsi di mettere fuori l'indifferenziato.

E gli arrivi e le partenze, parte Lui, torna Lei, Inizio Vacanze, gita a Roma, Londra, Parigi, Costantinopoli, ritirare aspirapolvere, dentista, KnitCafè, punti interrogativi dei quali spesso non ricordo il significato, Cena da Loro Qui, Pranzo da Loro Là.

La pagina bianca di un calendario è piena di promesse.
E un filo di ansia, appena appena.
Non c'è ancora scritto nulla, 
Nemmeno Scuola, il 15.

Ho una scatole di matite colorate, di pennarelli un pò scarichi e di evidenziatori di mille colori.
Le userò per scriverci gli impegni di questo mese strano, non chiassoso come agosto, non languido come ottobre, settembre è il mese degli inizi, delle riprese delle cose, del ricominciare, magari cambiando o rimanendo sempre uguali.
ma forse, è proprio cambiando che si rimane uguali.
Ed è stando fermi che forse, si va avanti.
Si sta lì, ad osservare le cose che scivolano, le cose perse, quelle che verranno, ed ha tutto un fascino morbido e sottile, come la mussola di certe vecchie gonne, ne avevo una a fiorellini verdi e rosa, avrò avuto sei anni, giravo su me stessa in cortile, per vederla ruotare intorno a me, e alla fine ero come un pò ubriaca, da tutto quel girare e da tutti quei fiorini verdi e rosa.
Se chiudo gli occhi, la vedo ancora.

Voglio un calendario colorato.
Voglio scriverci solo cose belle.
Disegnerò su questa pagina stelle e cuoricini,
Per ora, guardo le caselle bianche e prendo un bel respiro.
Due fiorellini, uno verde e uno rosa, forse, aiuteranno.

E buon settembre a me.






22 agosto, 2015

L'estate che verrà.

E' fatta di sabbia e sassi e scogli e schiuma e profumi di cocco e di agrumi e di Nivea e di farniente, guardando in sù.
E' fatta di cose, di pensieri ingarbugliati, di ansia, quella che non ti lascia mai nemmeno un secondo, di figli sparsi, saranno arrivati, partiti, rincasati, saranno in giro dove, con chi, staranno bene, saranno al sicuro, uomini fatti e una quasi donna ormai, eppure.

La mia estate è fatta di cose belle.
Questa qui e tutte quelle che verranno. Che non posso saperlo ma mi piace pensare che sarà così.

Ho ritrovato cose e persone e luoghi e sensazioni e momenti.
Ho toccato una mancanza grande come il tutto il mondo, mi rendevo conto di parlarne sempre, Abbiamo fatto così, quella volta, siamo passati da, abbiamo incontrato la tempesta per accontentarla, aveva dimenticato i documenti, era sparita dietro gli scogli, avevamo riso per ore.

Ho ritrovato il piacere delle colazioni al sole sottovoce per non svegliare nessuno, che dormono ancora tutti e la giornata sarà lunghissima, ci sarà il sole, c'è profumo di salvia e rosmarino e focaccia, programmi nessuno, un tavolino sul mare, una passeggiata fra gli ulivi e gli oleandri, fin dove vedi l'universo, se guardi giù, il mare di fuori che sembra più grande e liscio visto da qui.

E' la pace.
Ritrovata e sognata, è il raccogliere i pensieri come si fa con le briciole, ammucchiandoli per bene per tenerli tutti nella mano, che nessuno ti scappi via. Sarebbe un peccato.
Lascio andare lontano le ferite, quelle che posso, quelle che riesco, le disinfetto col mare e col sole, e con quest'acqua lucente, presto spariranno tutte, lasceranno solo una cicatrice invisibile, che si vedrà per poco e poi sparirà del tutto. Ti ricorderai che era lì, ma non la vedrai più. E sarai salva.

E' l'estate. 
Questa che è ancora qui, fra il tempo incerto e le nuvole alte, fra i temporali e i gerani, fra l'uva quasi pronta e i muretti a secco, fra i sentieri e il segno del costume, nuovi amici, e amici di sempre, che taci e sanno, che parli e sanno, che guardi e sanno uguale. E chiacchiere e progetti sontuosi, un pareo al giorno, smalti color del cielo e spritz allo zafferano. 

Sono io.
Gioco alla roulette tutto quello che ho, punto tutto su un cielo perfetto dietro un ulivo disegnato, ad ogni estate imparo qualcosa, non ho capito bene cosa ho imparato in questa qui, ma ancora non è finita e non finirà mai, se voglio.
E vorrò.

quel che è chiaro è che ci son cose che hanno una fine e un inizio, altre che inziano dalla fine, altre ancora che non finiscono mai. E che non è sparita dietro gli scogli. 

O forse, sì.




Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...