29 giugno, 2006

Il piccolo Principe.



E così, eccoci qua. In giorni in cui il popolo gossipparo nulla si fa sfuggire della saga del suo illustre, blasonato, cifrato, sabaudo, reale paparino, eccoci qua a spendere due paroline su di Lui. Il principino. Tanto per dirne una, è belloccio. Un pò CiccioBello, ma belloccio, dai. Forse perchè ha 7 cognomi ed è principe Diqua e Duca Dilà, però, come dire, fa la sua figura. Del tipo, se mio figlio mi dicesse, "Studio filosofia con il Fili, oggi pomeriggio", diciamo che mi passerei almeno il lucidalabbra per portare loro la merenda in camera. E forse, chi sa, permetterei anche mia figlia di fare loro una visitina, e lì per lì, recitargli una poesiola. Dopotutto, è sempre un principe, no? Dovere di ospitalità. Ma, alla luce dei fatti, considero che forse il Nostro Principe, che, non scordiamolo, è figlio del Nostro Re e di quel donnino di Marina Tutankamon Doria, non ha la minimerrima (!) idea di cosa sia la filosofia, e quindi sono felice che il 7 del mio figliolo liceale venga da qualche pomeriggio insieme al suo compagno Francesco, delizioso ed educatissimo fanciullo, ma molto più plebeo. E fin qui, ci siamo. Ma, una domanda mi ottenebra. Sarà per caso la maledizione delle felpa? Avevo giust'appunto notato, tempo fa, il lancio di una linea di felpe riportanti lo stemma di casa Savoia. Marca Hydrogen. Ohibò. A parte che non avevo ben chiaro il target. Chi poteva ricavarne gusto ad andare in giro travestito da Palio di Siena? In effetti l'illustre stemma gentilizio è piuttosto, come dire, impegnativo. Ma soprattutto. Chi era quel tale che aveva affidato il rilancio della sua Azienda ad una linea di felpe, tra l'altro molto carine, molto care e molto contraffatte? Così, non dormendoci la notte, mi sono detta. Continuate, figlioli miei a studiare per benino, se anche avete un debito, e pazienza, chessaramai. Ma che mai, mai, mai, vi venga in mente di lanciare una linea di felpe. Esse portano rovina e sfacelo, per non dire una sfiga, ma una sfiga, signora mia! Una maledizione. Che sia colpa di Tutankamon?

27 giugno, 2006

High protection.

Lo sport più praticato sulle spiagge, questo non lo devo insegnare a nessuno, è guardare. Senza alcunchè di morboso o torbido, senza velleità di rimorchio, si guarda e basta. E si vede un campionario di bellezze, indigene e d'importazione. Nonostante, e per fortuna, la spiaggia dalla scrivente frequentata sia poco più che deserta, ci si diletta osservando l'andirivieni sul bagnasciuga. Il soggetto Pal.Dep, che sta per palestrato/depilato, non incontra per nulla i miei gusti personali e non solletica in alcun modo le mie più scellerate morbosità. Temo infatti l'effetto anguilla. Nel senso che, il Pal.Dep di solito, e non so come, è sempre lucidissimo, e avrei il terrore che, nella foga dell'abbraccio, mi sgusciasse via. Non fa per me. Il muscolo va bene, ma il troppo non mi aggrada. Però, dato che la mia spiaggia è soprattutto frequentata da surfisti, diciamo che il fenomeno è piuttosto frequente. Capello biondo compreso. Beh, talvolta lo spettacolo è, per così dire, piacevole. Un'altra categoria sono i papà. Stranieri, anzichenò. Con la calma piatta lasciano il surf e si occupano dei piccini. Un tantino disgraziati perchè lasciano la diafana creaturina sguazzare nudissima senza la minima protezione sotto il sole a picco dell'Isola. E qui, entra in azione la mamma mediterranea. Mossa a compassione e sinceramente preoccupata, sottrarrà da insolazione certa la piccola olandesina, offrendo con amorevole gentilezza un tubo di crema protezione 60. E qui, scatta il dialogo. Che può anche non avere un seguito, anzi, nel 99 per cento dei casi non ne ha, ma, come si dice, un Thank You Very Much da un armadio a 4 ante con l'accento esotico, il bicipite tornito e l'occhiale a specchio, come dire, manda l'ego a mille. Innocenti soddisfazioni di fine giugno.
Di solito, compro la Nivea. Da domani, protezione mille. Non si sa mai.

26 giugno, 2006

Comprare, ajò.


E' una bella lotta. Da sempre, da che ho memoria e bazzico le italiche spiagge, li vedo. In realtà, nei primi anni 70, vendevano perlopiù tappeti. Me li ricordo, sulla spiaggia di Varigotti, e mi impressionava come camminavano, sembravano sempre stanchi e senza un'età definita. E mi stupiva anche che avessero i sandali come i miei, quelli di gomma per gli scogli, da colonia, insomma. Cambia la spiaggia ma il succo della questione è che anche il mercato degli ambulanti, siano essi senegalesi o argentini, ghanesi o pakistani, si è in un certo senso evoluto. Occhiali da sole, teli bagno, costumi brasiliani,cestini africani, CD e borse simil griffate. Che ti prende un colpo, ne hai comprata una identica di Vuitton, bucherellata, dicendoti, questa non la copieranno mai, hai speso più o meno uno stipendio e adesso eccola lì, in mano a Mohamed. Io, mio malgrado, gli ambulanti li attiro, non so. Forse, perchè sono sempre attorniata da una buona dozzina di figlioli, miei e non, e questo, lo si sa bene, è una legge di mercato. Vai dove ti porta il target. Troverai sempre un bimbetto che ha perso le biglie, la pallina dei racchettoni, una bimba leziosa che vuole un braccialettino, una bandana. Quest'anno, però. mi sono ripromessa di non dilapidare una fortuna in parei, magliettine e cose del genere. Che la voce si sparga. Ho dozzine di cestine, telibagno e deliziosi braccialetti di conchiglie. Come dire, ho già dato. Guardo e basta. E, avendo il cuore tenero, offro, come oggi, una bottiglia d'acqua fresca nel torrido pomeriggio isolano, o un pacchetto di crackers, lì per lì. Anzi, ora che ci penso, potrei fare uno scambio. Sarebbe il primo caso in letteratura in cui una borsa di Prada o giù di lì viene barattata con una fettina di melone. Miuccia non sarebbe contenta, mi sa.

24 giugno, 2006

Sì.


Leggo e rileggo quel cartoncino color crema. Ma è proprio il mio nome, è proprio il suo? Oggi, finalmente. So benissimo che non devo fare tante storie, in fondo da domani non cambierà proprio niente. Ma forse, cambierà tutto. Ho un tailleur verde di taffetas, aspetto gli invitati insieme a lui, ai suoi figli, ai nostri figli, che sono due, e l'ultimo ha soltanto un anno e che sarà vestito come gli altri, camicino crema, bermuda sabbia, e Superga blù, con le calzine traforate della festa, ma starà in braccio alla baby sitter, anzichè al tavolo consiliare. Non è roba da tutti i giorni, in un paesino di 400 anime come questo. In Municipio, poi. Non ho usato i confetti ma le pastiglie Leone, verde, lilla e fucsia, come i fiori, come il decoro della torta. La casa è perfetta, il prato sembra colorato coi pastelli, come le ortensie, come i camerieri di Platti che si aggirano con tripudi di tartine e flute. Ho nascosto il mio vestito dalla vicina di casa, me lo passerà furtiva dal giardino, quando lui non vede. Sarà anche una cosa non comune, ma rispetto le tradizioni. Something new, something blue...Le mie amiche di sempre mi spiano dalla porta del bagno e quando sono pronta ed esco, il vestito lungo, semplice, accollato, solo i fiori freschi intorno a un cappellino da educanda, hanno gli occhi lucidi, come me. Mio fratello mi tiene, per la scala del Municipio, ha paura che caschi. Si va.
Lui è già lì, ovvio. Mi guarda come non mi avesse mai visto, come se non avesse mai riso con me, pianto con me, visto mettere al mondo i suoi figli, chiaccherato con me in cucina a notte fonda, fatto check in, code in autostrada, spese, feste, litigate. Come non fossi io. Come se mi avesse conosciuto due giorni fa. Non mi dice nulla. Nemmeno io.
Solo sì. Ed è un sì pieno di tutto, che dirò e dirò ancora, per sempre.
Oggi, dodici anni fa.

Cinquemila.


E grazie. Delle cinquemila volte che avete letto le mie cose, perchè proprio non saprei come chiamarle, cose, ecco. Delle cinquemila volte che avete detto, massì, andiamo a leggere che cosa ha scritto questa mattina. Delle cinquemila volte che avete un pò spiato, un pò vissuto, un pò guardato dal buco della serratura. Delle cinquemila volte che avete un pò riso e un pò pianto, un pò stampato le "cose" per averle sempre lì, un pò ricopiato le improbabili ricette, condiviso o dissentito. A tutti, grazie mille. Ma che dico, CINQUEMILA!!!!

E poi, alla fine.


Anche il sole si è deciso. Oggi, estate piena. La meraviglia pura. Una brezza leggera, che ti fa decidere se spiaggia, piscina, o il nulla liscio, un libro all'ombra, o guardare in sù, a niente fare. Pensieri, parecchi, e confusi, perlopiù. Mi dico che in posto così, con un cielo così e un mare così, non ci può permettere nemmeno per un secondo di stare male. Infatti, non è esatto. Non sto male. Non io, almeno. E visto che sono abituata a condividere, con la mia ristrettissima cerchia di persone care, ogni risata, ogni sospiro, ogni lacrima, ogni sorriso e ogni singhiozzo, oggi vorrei essere accanto a chi di me forse un pò avrebbe bisogno, per non sentire il rumore che fa il suo cuore, per asciugarsi gli occhi, per sentirsi forse, meno sola. Da dire non ho niente, scrivo e scrivo, ma nei momenti giusti non mi esce niente di appropriato, non sono brava, ecco. Pasticciona. Ma è da stamattina che mi ronza in testa la frase di una canzone di Ligabue. "Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà." Perchè lo riprenderà, acciaccato, aggiustato, ma lo riprenderà. C'è da scommetterci.

22 giugno, 2006

Corni da nebbia.


Un pò Jane Eyre, un pò Anita Garibaldi. Però, che fascino. Stamattina non mi stupirei se vedessi su Maddalena le guglie del Duomo. E ieri, dal porto, questi corni da nebbia dei traghetti, sordi e un pò sinistri, mai sentiti prima. Certo, non è bel tempo. Dirò. Che magari oggi cucinerò qualcosa di complicato, forse anche una torta per gli infanti, e magari andremo a vedere La Tomba del Gigante, che altro non è che un ammasso di sassi, ma che già il nome mette una certa agitazione. Dirò. Che questa estate beffarda, incerta e strana non finisce di sorprendermi, nel bene e nel male. E soprattutto dirò, dal profondo del cuore, una frase che ho trovato in un libro da ragazzina, ricordo vagamente il contesto, ma che ho portato con me, negli anni, e che ho persino ricamato per la camera dei miei figli appena nati. "Ogni bambino che viene la mondo porta il messaggio che Dio non si è ancora stancato degli uomini". A chi sa.

21 giugno, 2006

Giugno, Ventuno


Più che solstizio d'estate sembra Santa Lucia. O San Martino, meglio. La nebbia, infatti impedisce questa mattina la vista della Maddalena, di solito proprio lì, da spolverare. Non è importante. In questo posto, anche la nebbia ha un suo fascino. E in attesa di una maestralata che spazzi via tutto e ci restituisca il cielo di raso che siamo soliti vedere, vediamo di organizzarci la giornata. Un'amica, ieri, accingendosi a preparare la valigia per le sue vacanze, mi ha chiesto novità dalla Costa. Onorata di essere stata investita da cotanta responsabilità, ci ho riflettuto. La vera novità è che non ci sono novità. E vado ad illustrare. Niente di stravolgente, per l'estate duemilasei a quanto pare. Sembra infatti che si prediliga il classico, il certo, e che la semplicità sia la protagonista. A parte le zeppe di sughero che le più lungimiranti modaiole portano, modestia a parte, da anni, sono le cose già viste ad essere di tendenza. Le solite Havaianas, le solite, ma mica tanto, ceste di paglia. Dopo un solo giorno sulla spiaggia, ecco il mio frettoloso ma veritiero resoconto. Certo, sarà ben più dettagliato quando le spiagge saranno un tantino più affollate, e magari la temperatura salirà un pochino. Ma come recita un antico adagio "Meglio la nebbia in vacanza che il sole a picco in città". Se non erro.

20 giugno, 2006

Niente male.


Arrivati in tutta scioltezza. La famiglia a ranghi serrati, "solo" 2 figlioli e "solo" un micino, Philadelphia, ancora troppo piccina (o piccino????) per stare a casa accudito dai vicini. La nostra fama deve averci preceduto, a sorpresa, in nave ci è stata assegnata la Suite Imperiale Dodici Stelle Ultralusso TipTap Gold, che tradotto vuol dire un letto matrimoniale e due lettini. Viola, per giunta. Si vede che si sono detti, beh, questi qua sono stati già abbastanza bersagliati nell'ultimo mese, facciamoli iniziare le vacanze comme il faut. Certo, arrivavamo da Vienna, il che vorrà ben dire un qualche cosa, no? Che dire, tutto liscissimo, più che perfetto. C'è un solino smilzo ma niente ci fa, ha fatto freddo fino a ieri, si racconta. Così, in questo primo pomeriggio di un giugno qualunque, dò ufficialmente inizio alle vacanze duemilasei. Che ne sarà di me ancora non mi è propriamente chiaro, considerando che, così, tanto per dirne una, la deliziosa signora peruviana alle dipendenze della mia turbolenta famiglia, ha ben pensato di rassegnare le sue dimissioni circa 6 ore prima della nostra partenza alla volta dell'Isola. Un gioco da ragazzi. Si sopravvive, certo. Ho giusto comprato un set di spugnette viola ciclamino che si intonano a meraviglia con il rosa del lavandino genovese (e sottolineo, genovese) della cucina. Se Cenerentola dev'essere, che sia quantomeno con una discreta dose di charme. Dovrò solo risolvere il problema del Cif. Il giallo, signora mia, è troppo out quest'estate. Anche in Perù. Ma questo, avrei dovuto immaginarlo.

19 giugno, 2006

Sanno.


Di biscotto e borotalco, quando rimbocco loro le coperte nelle notti d’inverno, quando mi sveglio e vado a guardarli, il respirare tranquillo e i loro sogni segreti dietro le palpebre chiuse, le ciglia lunghissime immobili, una specie di sorriso addormentato. Sanno di sonno e di pigiama, la mattina presto, a tirarsi le coperte oltre la testa e a dire no, ancora cinque minuti. Di vento, quando tornano a casa, il motorino lì fuori, il casco in mano e le lacrime di traverso agli occhi, quelle innocue però, quelle che l’aria e i moscerini. Sanno di buono, di matita temperata, di mani sporche di terra e di inchiostro, di thè alla pesca e di dentifricio. Sanno di appena stirato, di fresco e di baci, quelli veloci dei saluti, non fare tardi e comportati bene, quelli più caldi delle coccole, i baci che consolano, ho preso 5 mamma, e ho studiato tanto, sono caduta dalla bici, ho sbagliato un rigore. Sanno di pioggia, di acqua calda, usciti dalla doccia a gocciolare in giro, la festa è tra poco, di aria calda del phon, di deodorante, di profumo rubato ai fratelli più grandi, al loro padre, a me. La camicia delle grandi occasioni, quella bianca dei diciottesimi e delle cresime e delle comunioni, magari coi jeans strappati e le mutande di fuori. Sanno di neve, le guance rossissime e gelate, le labbra bianche di burrocacao e il casco fucsia, il pile per non prendere freddo, il numero per la gara e l’emozione che ho nel guardarli venire giù. Sanno di sale, sanno di mare, di crema e di cocco, di sabbia e di Cornetto Algida. Sanno di quaderno nuovo, di bagnoschiuma alla ciliegia, di balsamo per i capelli e di cioccolata. Sanno di me. E ogni volta, ogni singolo giorno, nonostante le urla e le sgridate, ogni volta mi ritrovo a raccontarmi di quanto li amo, di quanto stia bene insieme a loro, di quanto li veda crescere e cambiare, di quanto siano per me la mia anima e il mio cuore. Perché i miei figli, più di tutto, sanno d’amore. Il più grande che c’è.

18 giugno, 2006

Il valzer di Strauss


Sassolini ce n'erano, e tanti anche. Ma si sa, visitare un castello non è roba da tutti i giorni. La meraviglia vera. E le rose, i gelsomini e i caprifogli, tutti perfetti, disegnati, profumatissimi. Sono sempre un pò intimidita e fiera quando sono in questi posti, senza tempo, senza data, gli stessi dei libri di storia, cose che abbiamo imparato a memoria, nomi che abbiamo in massima parte un pò odiato, diciamocelo. Metternich, Maria Luisa d'Austria, e quel Congresso di Vienna nel? nel? e cosa hanno deciso? e chi c'era? Insomma, non importa. Bello davvero. La città mi è piaciuta molto, troppo ordinata e perfetta, ma mi piaceva quello che si respirava. I viennesi un pochino meno. Freddini, vagamente scortesi e sospettosi. Non bocciati, solo rimandati al prossimo viaggio. E, signora mia, niente infradito per visitare i castelli. La Principessa, ben lo si sa, ancora Prada non la conosceva.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...