31 ottobre, 2007

Figlia.

Non voglio che ci sia nessuno con me, esattamente come nessuno ha voluto me. E' da qualche giorno che lo dico, ci vado domani, no, dopodomani, e non ho mai trovato il momento giusto, se un momento c'è, per queste cose. Così, ci vado stamattina. Vado ma non mi piace. E' qualcosa che mi schiaccia, ancora, nonostante tutto il tempo che è passato. E' un dolore che non passa, si attutisce, forse, e a volte nemmeno ci pensi, è lì, in un angolo e ogni tanto si sente. E andare al cimitero, come si deve in questi giorni, non è che farlo uscire, saltar fuori, premere la matita sul foglio fino a quando il segno che ne esce è più spesso e più nero. Piove. Piove di un dolore antico eppure così vivace, piove di magoni ingoiati, di lacrime cacciate giù, ma dove vanno davvero a finire le lacrime che non si piangono? Piove di un ricordo che strugge, di un buco nel cuore, di fiori troppo profumati, di passi su quelle scale, i gradini ad uno ad uno, fatti piano, leggeri e ogni volta è come quella volta, ogni giorno come quel giorno. Ho amato e odiato questo posto, a tempi alterni. Mi piaceva col sole, venivo qui e chiacchieravo, un pò più di un bisbiglio. Qualcuno deve avermi preso per scema. Adesso, invece, mi fa male. Che strano, però, sono grande, adesso, è passato così tanto, avrei dovuto farci l'abitudine. Si può fare l'abitudine ad un amore che và via? Così, resto qui, come mille altre volte e prego, forse, se i pensieri che mi escono possono dirsi preghiere, e ho un senso di rigidità e insofferenza e infinita nostalgia. E di abbandono, anche. Ci vengo sola, senza i miei figli, adesso. Perchè, anche se nessuno mi ci fa sentire e me lo ricorda, io, qui davanti e solo qui , sono figlia. Ancora, figlia.

30 ottobre, 2007

Son domande.

Perchè all'Esselunga vendono il filetto di tonno obeso?
Perchè quando piove la gente rincitrullisce?
Perchè sulle strisce pedonali attraversano uno per volta e tu stai lì delle mezz'ore ad aspettare che passino tutti?
Perchè i carrelli del supermercato sono sempre pieni di porcherie?
Perchè se digiti su Google "Seppie coi piselli" salta fuori la pubblicità di capsule atte ad aumentare il volume dell'attributo maschile?
Perchè se chiedi a qualcuno Come Stai? ti risponde di sicuro "Sempre di Corsa"?
Perchè il 31 di ottobre sono già lì ad allestire luminarie e qualcuno mi ha chiesto anche che cosa faccio a Capodanno?
Perchè c'è gente che quando ti chiama al telefono tu dici Pronto e lei dice Pronto e tu dici di nuovo Pronto e lei di nuovo Pronto finchè tu non la riconosci e si può finalmente iniziare la telefonata senza che nessuno chiami il 118?
Perchè nessuno ha mai beccato in castagna quelli che scrivono sui muri "Sei la mia vita e per sempre sarà" oppure "Io e te 3MSC" per dargli una passata di legnate?
Perchè nelle ricette, quando ti indicano 200 gr. di ricotta, o 500 gr. di gamberetti, aggiungono sempre "freschissimi"? E se fossero di ieri?
Forse è meglio che vada a dormire. Lo dicevo, la levataccia si farà sentire in qualche modo.

Imbambolata.


A me, questa vicenda dell'ora legale e dell'ora solare non ha mai fatto impazzire. O meglio sì, nel senso che proprio mi manda fuori dai sentimenti, come diceva mia nonna, e che nemmeno ho mai capito tanto cosa volesse dire, fuori dai sentimenti, ma mia nonna era così, aveva delle espressioni colorite e personalissime che la rendvano unica, tanto da essere citata da ma quasi quotidianamente. However, oltre che fuori dai sentimenti, si aggiunga stamattina un bello stordimento, una sorta di deficienza, nel senso più letterale del termine. Sbagliai. Errai. Omessi. Dimenticai. Mi sfuggì. Di allineare la mia sveglia all'ora solare. La mia personale, non già quella del mio sposo che suonò ieri. La mia, quella tondeggiante e trasparente che sta sul mio gnomo accanto al letto. Orbene, perciò, eccomi in una buia buiissima mattina di fine ottobre, con la collina bella avvolta nella carta velina, ad aver condiviso il risveglio con i tranvieri e gli operai e i minatori: ore 5,30. Il delirio. E me ne sono accorta solo a colazione, solinga, dato che il mio sposo è assente giustificato e non riederà che questa sera. Così, imbambolata, ecco che ho già letto tutti i quotidiani possibili, qualche pagina di un libro nuovo nuovo, consigliatomi dalla mia Amica e attendo in serenità il momento di svegliare i figlioli, tra un'ora circa. Gli effetti di questa levataccia si ripercuoteranno, lo so già, sul normale svolgimento della giornata. Sverrò, voce del verbo svenire, sul divano, questa sera poco dopo il Tg, non aspetterò neppure Carosello. In fondo, l'omino del parcheggio avrà ragione: "Il suo biglietto, Bambola", mi apostrofa ogni mattina. Ma si tranquillizzi il mio sposo: l'omino in questione è un arzillo signore sulla settantina, con qualche acciacco, fra reumatismi, prostata e cataratta. Imbambolata o meno, sveglia o addormentata, son soddisfazioni.

25 ottobre, 2007

Lesson number one.



Omioddio! Alla fine, sono andata sul serio! All'incontro da Baratti, intendo. Una meraviglia. Certo, mi sono un pò vergognata, diciamola tutta. Avevano tutte in mano lavori da restarci di stucco, quattro ferri, per cominciare, di quelli minuscoli che fino ad ora ho visto solo a Typesetter e a pochissime altre. E poi, ferri circolari, lavori jacquard, guarda che carino, l'ho fatto io, ma cosa vuoi che sia, è solo un...cappottino, una cosina semplicissima. E io lì, tra queste dee del diritto e rovescio, da queste maghe dello knitting, a fare la mia sciarpucola a maglia riso, insignificante e sciocchina. Una dilettante. Mi sono divertita, però. Primo, a guardare le facce di chi ci vedeva, in un ambientino così aristocratico, dame con guance di cartongesso, spilla e guanti di pelle color cipria. Poi, a tradurre in inglese termini come bicerin e a farne lo spelling. Grazie, grazie, grazie a tutte voi, a Cristiana, che finalmente ho conosciuto, che fa cappotti che sono e vere e proprie opere d'arte. Grazie a Kathryn che ha organizzato tutto quanto, a Brenda e al suo ormai leggendario podcast, e a Lorenza, che ha promesso di essere al prossimo Knit cafè di Alessandria. A tutte, un arrivederci a presto. Magari, alla prossima lezione di knitting in inglese. Da non perdere, assolutamente.I want to thank all the knitters I've met today and wish a wonderful journey with wool and needles in our country. Nice to meet you soon and I hope to learn the use of circular needle. Take care.

E perciò.


...dovendomi ivi recare per altre vicende, e trovandomi accidentalmente in questa splendida città che amo da morire, quasi quasi un giro qui lo faccio. Bene, ci si vede colà. Io, mi incammino.

Un'autoreggente ci salverà.


Nel senso di calza, com'è ovvio che sia. Eccheccavolo, vogliamo tirarci un pò sù, in maniera del tutto innocente e casta e pura? Chi l'ha mai detto che le autoreggenti siano sinonimo di postribolo, storie torbide e donne di malaffare? So di donnine con l'espressione di Bernadette che indossano intimo da urlo, ogni mattina, senza per questo aver annotato in agenda Dentista quando invece si recano al motel più vicino. E' una pratica del tutto consentita. In realtà non sono una grande estimatrice di siffatto articolo. La gommina degli elastici mi dà allergia, ho sempre la sensazione che mi scivolino giù, e, diciamolo, non è proprio una bella esperienza. Però piacciono, eccome. E lei, signora mia dalla faccia stupita e scandalizzata, sappia che, se si fa un giro da Calzedonia, le fantasie più belle e più cool sono proprio del genere autoreggente, con un pizzo alto e fascinoso, sexissime, coprenti il giusto e dai colori più eleganti. E quindi? E quindi si rechi. Acquisti a man bassa la fantasia a piccoli pois, oppure quelle righine lì che sotto al tailleur traslucido stanno che è un amore, le abbini unicamente a ballerine ultraflat per scongiurare l'effetto Raccordo Anulare e via. E cosa importa se così apparecchiata stile Mamma dello Sposo si spinge solo fino al mercato a comprare i mandarini di Sicilia. Sotto sotto si sentirà irresistibile, una specie di Michela Brambilla di noialtri. Come dice? teme un raffreddore? Ohibò. Ma come devo fare io, con lei?

24 ottobre, 2007

Lezioni di volo.


No, anzi, di guida. E nemmeno tanto lezione, in verità, che cosa devo insegnargli, se guida già come me o quasi? Và detto che la mia macchina è molto simile a quella degli autoscontri, schiacci e vai, non devi star lì a scalare, cambiare, grattare con la frizione, andar su di giri, partire in quarta e cose del genere. Si chiama cambio automatico, bellina. Comunque, oggi, mi è successo. E mi sono trovata lì, un pò ebete, a guardare questa sventola di figliolo, bello, bello e ancora bello, vestito come me alla sua età, il pullover a punta e la Lacoste, bello come si può essere belli a diciassette anni, bello come lo sono in pochi, fuori dal liceo per me che sono la sua mamma, è maledettamente ovvio, è figlio mio. Ma anche per la Biondina Casco d'Oro, mi sa tanto, e un'altra mezza dozzine di figliole sparse di qua e di là in varie scuole cittadine. Non vuole che parli di lui, si arrabbia sempre o fa finta, mi sbarra quegli occhi a fanale, colore della nutella, colore delle castagne selvatiche, quelle da mettersi in tasca per scacciare il raffreddore, quelle che non si mangiano, colore della palude d'estate, un pò verdastri un pò marroncini, un pò di mio e pò di suo padre, che li ha verdi come il lago. Si arrabbierà anche stavolta. Ma oggi che guidava, con quell'espressione concentrata e strafottente, e fiera anche, Lo Vedi, So Già Guidare, che abbiamo fatto il giro dl villaggio che è tranquillo e non c'è nessuno e non è da arresto immediato, oggi, anche oggi l'ho visto un pò più grande. E adesso non menerò il torrone, dicendo che sigh, quanto è già grande e che non vorrei, ma solo confessargli che ho fatto una grande sceneggiata e che non andava affatto veloce, e che l'ho visto sicuro e capace e che non ho avuto paura nemmeno per un istante, nemmeno quando facevo finta di, e che è bello, bello, bello come il sole. E che io, la sua mamma, lo amo da morire. E adesso, si arrabbi pure.

Il ferro da stiro.


Si capisce da subito. Dalla pesantezza che hanno le gambe a scendere dal letto, dai minuti in cui si indugia sulla sponda, guardando fuori, gli alberi, il cielo e poi di nuovo gli alberi e poi di nuovo il cielo, senza spinta, senza voglia, senza e basta. In realtà, qualcosa non funzionava già da questa notte, quando scalze ci si è spinte fino in cucina, a fare uscire il gatto e a bere, bere, bere tonnellate di acqua per mandarlo giù. Ma lui non si è mosso. E' rimasto lì, appeso al suo solito posto, ben accomodato, pesante e ingombrante, sul petto. Un peso sul cuore. Una nostalgia, non so di cosa. Una specie di tristezza ma no che non sono triste, allora è preoccupazione? ma nemmeno, no, non mi preoccupa niente che non sia di ordinaria amministrazione, le solite sciocche cose di una vita comune e semplice. E allora. Allora è lui, questo fardello che ho, il ferro da stiro che non stira ma sta lì, una specie di stanchezza, una specie di mille sensazioni che non si decifrano, ma nessuna gradevole, in ogni caso. CI si sente un palloncino sgonfio, un soufflè squacciato, una lattina di Coca Cola aperta da due giorni. Si cercherà. Di sciogliere questo ammasso di ferraglia, di spostarlo almeno un pochino, di sorridere, magari e non di stare lì a pensarci sù, e a dire, ecco, lo sapevo, eccolo di nuovo, e adesso? Ci si attrezzerà, in qualche modo, che cosa si fa per spostare i ferri da stiro, si spruzzano quintali di appretto sul collo della camicia, così da farlo scorrere meglio, no? E tu spruzza, coraggio, che il ferro scivolerà. Spruzza, muoviti e sospira, vuota fanciulla che ancora non sai che il cuore, bellezza, no che non si stira.

22 ottobre, 2007

Che ne sarà di voi.

Vedo viola. E compro. Senza un progetto preciso, senza dover dire, devo fare un maglioncino, una sciarpa, un copriteiera, uno scaldanaso, insomma, Così, mi capita di avere tonnellate di lana multicolore, in ogni sfumatura, con brilli e senza,acquistata di slancio, senza pensarci troppo, sprimacciandola per bene come si fa con i cuscini, per sentirne la morbidezza, annusandola, per sentirne il profumo di fabbrica che ha la lana nuova, appena tolta dal sacchetto o dalla scatola trasparente e rigida, passandomela sulla guancia per immaginare che tipo di sensazione potrà mai darmi, una volta addosso a me, o ai miei figli. Così, ecco la fornitura di queste ultime settimane, viola, viola e ancora viola. Di quella più complicata, pelosetta e morbidissima, sottile con dei minuscoli fiorellini di ciniglia attorcigliati al filo, un delirio se la disfi, ma così bella che sembra una specie di nuvola, ne sto facendo un...un... una...beh, ancora non si capisce cosa. Ho messo dei punti e vado sù. E vado in giro coi pensieri, senza muovermi da casa mia, volo, volo e volo, per di qua e per di là, mare, scuola, crucci e magoni, e risate, qualche volta. Sono giorni di strana confusione mentale, strano, inconscio disinteresse alle questioni terrene, una sorta di sonnolenza diffusa, di malavoglia malcelata, di cattivo umore cacciato giù col Supradyn del mattino, di nervoso tenuto sotto controllo riempiendo l'agenda di cose da fare, qualcuna fondamentale, altre così superflue che mi viene da chiedermi se sono scema o cosa. Intanto, un altro giorno eccolo qua, un'insegnante di greco mi attende dalle 10 alle 11, dovrò chiamare l'elettricista e sistemare lo scaffale delle tovaglie, e poi e poi e poi. Che ne sarà, quindi di me. E dei miei gomitoli, anche.


21 ottobre, 2007

Se è domenica.


C'è uno splendido, irripetibile momento, che dura un battito ma che fa stare così bene ed è quel preciso istante in cui si aprono gli occhi e si realizza con voluta sorpresa che è domenica. Così, gli occhi si richiudono e si realizza, al tatto, che forse il tuo sposo è già sveglio da ore e ha chiuso la porta per lasciarti dormire ancora, senza che gli attacchi di figli, e/o cane e/o gatti possano in qualche modo turbare il tuo risveglio. Si sta lì, a pensare a niente, a guardare fuori, o trovando un'altra posizione, rigirarsi sotto al piumone, fuori è freddissimo, speri, così questo calore è ancora più prezioso. Se è domenica ci si alza piano, senza schizzar fuori dal letto e senza fare rumore. Di sotto si preparerà una tavola vera, da colazione vera, tranquilla, senza mai guardare l'orologio del forno. Pranzeremo a mezzogiorno, alla una, alle due? E chi lo sa. Se è domenica, hai il lusso assoluto di poter decidere che cosa fare, se sistemare i vasi dei fiori, se fare maglia o leggere, se guardare un vecchio film, vedere gli amici o se fare proprio un bel niente. Se è domenica, i ragazzi si svegliano tardi e già chiacchierano, non come il giovedì, per esempio, con la loro collezione di MHN e BOH coi quali rispondono ad ogni sollecitazione esterna effettuata prima di uscire di casa. Se è domenica si può anche decidere in tutta calma il menù, lasagne, di solito, che fanno impazzire il Giovane Holden che riede nella casa paterna, dopo una settimana di studio e di pasta al burro. Si sfoglieranno senza troppa attenzione i libri di cucina per improvvisare qualcosa di mai provato, e si farà tutto con ricercata lentezza, sentendo la musica, e canticchiando piano. Il tutto, rigorosamente in camicia da notte e calzettoni,certo non il massimo della seduzione ma in fondo, mica devo fare un calendario. Il pomeriggio sarà all'insegna del casalingo, ci si godrà la propria casa e i suoi abitanti, un thè verso le 6 e una cena improvvisata, salata e dolce insieme, forse la pasta fredda del pranzo, che sa così di domenica sera, uno strascico di festa, come a non farla andare via. Ogni regola viene ribaltata e adattata a quel che più ci piace, forse non son cose che fan tutti, e qualcuno forse avrebbe da ridire per questo metodo un pò selvaggio un pò misantropo. Ma ogni cosa, ogni comportamento astruso e fuori dall'ordinario viene perdonato e testè condonato, se è domenica.

19 ottobre, 2007

Josephine.

Non me lo aspettavo. Certo, qualcuno il posto lo conosceva già, ma insomma, trovarsi lì a fare le sciure, coi figli sistemati, a sorseggiare thè in tazze vintage e disquisire di matcha e couscous, oltre che di aumenti, punti e lane pregiate. Un pomeriggio tranquillo, nemmeno un pettegolezzo, solo una specie di tranquillità antica, eravamo in un salotto meraviglioso, affacciato a una piazza del Duomo così bianca e ordinata da sembrare surreale, ma potevamo essere in un cortile qualsiasi, sulle seggioline di plastica, nel sole, in un ottobre dei primi anni 60. Abbiamo incontrato nuove amiche, scoperto affinità che non si credevano. E' stato bello. Tutto qui.




Quanto alla location, beh, le immagini parlano da sole. E' un ambiente che è anche bello da guardare, seguendo con gli occhi la moquette dorata fin sotto i mobili, i divani da sprofondarcisi sopra, le candele dentro al camino, le lampade retrò. E' un salotto, certamente, ma anche un fine ristorante, dove si possono trovare vini piemontesi e piatti del territorio semplici ed eleganti, agnolotti divini e pollo alla cacciatora, per cominciare, e golosi dolcetti, per finire. Sta diventando un cult, in una città dove ogni novità viene accolta storcendo il naso, questa isola di buon gusto e raffinatezza fa parlare molto di sè. Un grazie speciale a Daniela, attenta padrona di casa, che ha aperto le porte del suo salotto soltanto per noi. Ma, promette, lo riaprirà ogni mese. E ogni martedì, a partire dal 23 ottobre con serate di musica e arte. Eravamo qui per lavorare a maglia e quante cose abbiamo scoperto. Ma guarda un pò.


Il Salotto di Josephine

Via Parma 10

Alessandria

Tel. 0131 253971

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...