28 novembre, 2007

Una carezza.

...per buongiorno o buonanotte, a piacer vostro.

Nel blu.


Ben presto arriverà. Tra dicembre e gennaio, dicono. Uno smalto blu, blu, bluissimo come il cielo, come la notte, come il mare quando è quasi nero, insomma blu. Certo, ci vorrà coraggio, ma sarà solo questione di abitudine, non ci siamo forse in men che non si dica abituate in tutta scioltezza al ciliegioso Rouge Noir? Bene, faremo lo stesso col blu. Leggo qui, mica me lo sono inventato. Sarà bellissimo, e anche se non lo sarà, pazienza, sarà bello andarlo a provare in profumeria, in un solo dito, com'è ovvio, mica si sta lì a spennellarsi tutta la mano. Così, un pò Maga Maghella, un pò fata Turchina, la mano bluissima incontrerà eccome, un pò di mare e di cielo sulla punta delle dita. Si vedrà. E lei, signora cara, la smetta con quel rosa perlato accecante, lo vuol capire sì o no che non è più cool? Va beh, fa lo stesso, come dare Golia a un asino. Continuiamo così, facciamoci ancora del male.

Basta già.


E' come un pizzicore, una specie di prurito, gradevole, per carità, mica quello delle zanzare. Ci si è fermati un momento, il ritmo è calato, e con lui anche l'ansia, quella frenesia cattiva, quella sorta di malumore progressivo. Ora, di progressivo c'è soltanto la calma, la serenità, da ascoltare piano ad occhi sbarrati, per paura che se ne vada di nuovo, da raccogliere, tutto quello che c'è, tutto quello che serve, come quando sparecchi le briciole dal tavolo e le raccogli con la mano, si prende tutto, vale tutto, anche e soprattutto le più piccole cose, come le perline quando le perdi dal barattolo, come la sabbia, infinita e sterminata eppure così piccola. Rastrelli, piccolissimi momenti, una telefonata con un'Amica e un giro al negozio dell'Amica Risanata, andiamo un pò a vedere che faccia che c'ha e come sta, adesso, un fiore, G., un fiore di campo. Proprio lei, quest'oggi, un altro piccolo granello per farmi stare bene, non ci vogliono mica le grandi manovre sa?, basterebbe anche un mazzolino di quel suo basilico che ha sul balcone, cara signora, lo sa, vero? Così, si colleziona un album di cose belle, finalmente, semplicissime, si sgrana, un piccolo rosario di sorrisi, e ci si scopre, ma guarda, all'improvviso contenti, come dirlo , tranquilli, non so, in pace, ecco, e senza più guardare in quel cestino, che bene non fa. Una bella sera, da qui, da questa aiuola colorata. Aiuola, e perchè mai? Son Viola Del Pensiero, così mi chiama la mia Amica, fiore semplice e colorato, vellutato e da guardare, da non cogliere che si sciupa, molto viola, anzichenò.

26 novembre, 2007

Tre cose.



Mi rifiuto di guardare Ghost per la duecentesima volta, l'ho visto in inglese, in francese e forse anche in kazako. E' una sera silenziosa, il mio Sposo altrove, il Maturando al cinema con la Biondina, i figlioli sparsi. Rifletto. A cosa diavolo servono le udienze, folle oceaniche assembrate in ordine sparso nei corridoi, per sentirsi dire, da tempo immemore, potrebbe fare di più solo che non si impegna, a farsi comunicare voti che sai già, comportamenti che sai già, ma che cosa, ti vengono a dire com'è tuo figlio, non lo sai già da sola le facce che fa, gli occhi che fa? E tu sei lì, a niente fare, se non osservare e guardar fuori dalla finestra, ove presente, e spostare il peso dalla gamba sinistra alla gamba destra, le braccia conserte con in mano il cappotto, la borsa che pesa e voglia di essere dal panettiere, alla posta, in cantina, ovunque tranne che qua, qualche chiacchiera distratta con qualche mamma che incontri dai tempi dall'asilo, chiacchiere più serie con la tua Amica, ma attenzione a non distrarsi, qui se passi davanti a qualcuno rischi grosso. Non mi vedranno più, questo è sicuro. Rifletto, poi, in questa sera che galleggia, che si fa vivere senza scosse, la quiete dopo la tempesta, una specie di convalescenza da una malattia invisibile, sulle cose che vorrei, qui e adesso, è un gioco che faccio da sempre, privatissimo, solo mio, che non ho mai neppure scritto, su tutti quei fogli che riempio ogni tanto, sui taccuini, i quaderni a quadretti, i blocchi, i retri dei biglietti da visita, i giorni delle agende, quelli rimasti bianchi e senza appuntamenti. Un gioco da pensare soltanto, e che per questo è così magico e segreto. Vorrei, tre cose per volta. Vorrei avere tempo e voglia e concentrazione per leggere un libro, questa sera prima di dormire, qualche pagina basterebbe, per poi passare dalle parole al sonno, è così bello addormentarsi leggendo, non è raro che si sognino le cose appena lette, e ci si sveglia, dopo, gli occhiali sul naso e la mano che ancora tiene il segno tra le pagine. Vorrei, una coperta a quadrotti, di quelle fatte con gli avanzi, magari ricordo di qualche bisnonna, che mi abbracci e mi scaldi, coi colori un pò sballati, qualche punto che viene via, ma che ha dentro tutte le coccole del mondo. E poi, chissà perchè,vorrei che stasera nevicasse e nevicasse, 3 metri o pressappoco, e che domattina si capisse già dal letto che fuori c'è la neve, e che tutto fosse intatto e candido, bianco nel bianco, silenzio nel silenzio, un pò lunare un pò di zucchero.

Il violino.


C'è bisogno di un sonaglino d'argento, un incantesimo, una pozione segreta. Un cappello magico, un mantello invisibile, una bacchetta coi lustrini. E un buffone di corte, per farti sorridere un pò. Dirai che non fa niente, che sai bene che lei davvero non pensava le cose che ha detto, che la colpa è sempre e soltanto e per sempre e da sempre la tua. La TUA, stupida e insulsa fanciulla, che credevi, di trovare una parola, un conforto, una qualunquissima cosa che ti facesse stare meglio? Che scema che sei, donna fatta eppure tanto ingenua, più vuota di una canna, oca tra le oche, spietata, malvagia, cattiva. Pedalare, non è aria da queste parti, nessuno ha niente da spartire con te, viavia, che non è proprio il caso, di queste cose meglio non parlarne, si nasconde la polvere sotto il tappeto, si fa finta che tutto vada bene, e nessuno si preoccupa di aggiustare la vicenda, di metterci una parola, di dire, sentite un pò, la smettete? E poi, una bella frase killer, di quelle che ti fanno aggrovigliare le budella, e rimanere lì, inebetita col telefono in mano. Bella storia. Sù sù, coraggio, via quella faccia da pollo, millecinquecento altre volte ci si è sentiti in questo modo vacuo, e ci si è sempre tirati fuori da tutto. Vedi? è già passato, un bel respiro, il sonaglino e la bacchetta hanno fatto per bene il lor mestiere. Allora cos'è. Questo amaro nel cuore, questo sapore di chiodi e di niente, questa porta che cigola, questa puntina che gracchia, questo violino che stona.

25 novembre, 2007

Bollicine.

E tante ce ne saranno. La settimana che inizia domani ha un che di delirante, in sè e per sè, un caos cosmico che si sente già da qui, da una domenica sera tranquillissima , una partita alla tv e quindi noi femmine siamo pregate, con licenza parlando, di toglierci di torno. Non già che ci dispiaccia, beninteso. La PrinciSmeraldo ha i suoi piccoli innocenti traffici, ripassare pianoforte, Sparta e chiacchierare fitto con le sue amiche via Msn. Non ci sono più le bambine di una volta. Da parte mia, ho una quantità di cose, quelle gradevoli, quelle che ti siedi e puoi scegliere da quale cominciare, vediamo, stilo la lista dei regali dei Natale, inizio una sciarpa nuova, leggo il mio libro, mi invento qualcosa insomma, quelle belle cose tipiche da domenica sera. Ci si gode in santissima pace le ultime fettine di questo week end, si masticano piano, per farle durare di più, la tavola è ancora ingombra, sprepareranno i ragazzi e il mio Sposo nell'intervallo, si dice. La letizia è apparente, una specie di sabato del villaggio al contrario. Diman, non già tristezza e noia, ma gira di qui e giri di là, e udienze generali del Piccolo Liceale (Ma ci Devi Proprio Andare, Mamma?) e cose, cose e cose, per la settimana tutta. Una settimana frizzante mi aspetta domani, non appena il bip bip della sveglia puntata sulle 06.30 mi farà testè dimenticare l'assoluta pace, il semplice benessere, il tranquillo, beato nulla di queste ore, che niente e nessuno riesce a turbare. Nemmeno Fabio Caressa.

22 novembre, 2007

Il camino.

Non riesco tanto bene a capire che razza di odore sia. Certo non è uno soltanto. E' legno bruciato, acre e forte, è odore di mandarino sbucciato, di arance spremute, ne faccio tonnellate in questi giorni. E poi, il profumo del pane, in sottofondo, si sente appena ma c'è. E l'olio essenziale dell'umidificatore, quello che profuma l'aria e fa dire ai ragazzi che sa di inverno. E' l'odore di casa mia, un pò cannella e un pò vaniglia, sono un pò fissata coi profumi per la casa, ho sempre voluto averne uno che la identificasse, che facesse dire ad occhi chiusi, appena varcato l'ingresso, ecco, sono a casa, appena prima di lanciare le scarpe, il cappotto, mollare la borsa e salire le scale, magari, o buttarsi sul divano a baciare il primo che c'è, forse un figlio o il mio Sposo, come, sei già a casa? Prima di andare in cucina, cucinare o scongelare, prima di sedersi al tavolo e realizzare Mi Serve Un Caffè, Un Thè, una Tisana. Mi piace l'odore di casa mia. Mi fa sentire arrivata, protetta e custode, non so come spiegare. Questi giorni lenti, di qualche figlio malato e di pioggia battente, che ti fan sedere davanti al camino, ipnotica, tirandoti la felpa fino sulle ginocchia, che mi importa, con la felpa di Topolino uno può fare quel che vuole, non è mica un abito di Gattinoni. Guardi il fuoco e pensi e pensi, rifletti sulle cose, che razza di calamita è un fuoco che scoppietta, le lumachine che salgono sù sù, proprio lì da dove scenderà Babbo Natale, ancora per pochissimo, mi sa, la Princi ha capito qualcosa e secondo me fa finta di crederci per non deludermi, per giustificare tutto quel teatrino che facciamo, noi e i suoi fratelli grandi, la tovaglia stropicciata, le lasagne mangiucchiate...forse non vuole smettere di crederci, come me. Giorni immobili e ovattati, che hanno riempito questa casa di termometri e fermenti lattici, di pensieri e di qualche scazzo, siano noiose questioni o qualcosa di più, momenti che non si vorrebbero, e dei quali sì, si vorrebbe fare un grosso mucchio, affastellandoli tutti per bene e sarebbe proprio arrivato il momento, le grane, i dispiaceri, le ansie e le questioni di bruciarle tutte quante nel camino.

21 novembre, 2007

La marachella.


Chi lo ha mai detto che c'è un tempo in cui non si possano più combinare soffici, impalpabili, innocentissimi guai? Chi ha mai decretato, Ecco, da Ora Basta Stupidaggini? Una ogni tanto, diciamo semestralmente, aiuta di sicuro. Vediamo come. Esterno giorno, un mattino come tanti, in una città qualsiasi che sembra sovrastata da una grossa ostrica, tanto è il colore del cielo, cielo? ma siamo sicuri che dopo quel grigio ci sia ancora? Ci si reca dopo alcune noiose incombenze a una seduta antidepressiva, ma quale psicologo, ma quale psichiatra, si và dall'estetista per mettere in ordine di fuori prima di mettere in ordine di dentro, non so se si afferra il concetto, ma quando il Di Fuori è a posto, anche il Di Dentro diciamo che è sulla buona strada. Operazione estremità. Smalto fiammeggiante, un ciliegia elettrico, massì, trattiamoci bene questa mattina, non eravamo noi che soltanto ieri avevamo i malanni dell'umanità tutti concentrati su di noi, che masticavamo sospiri e niente voglie? Bene, vada per il ciliegia. Resta da decidere come farlo asciugare, questo smalto perfetto, questa opera d'arte, questo capolavoro di precisione che la fanciulla ha operato su di me. Nessun problema. A me un sandalo, un infradito, qualcosa che non strusci sullo smalto, che non appiccichi alle calze, che non rovini tutto, insomma. Le ballerine nella borsa, le calze a pois esse pure, il mio bel cappottino damascato con manica a tre quarti, perle a manciate e Kelly di vernice. E la gonna, ovvio, che il candido sandalo si veda benissimo, che male c'è? Le fanciulle alla finestra, non ci credevano che avrei avuto il coraggio, ma il coraggio de che? faccio forse del male a qualcuno a girare di novembre ventuno come se fosse ferragosto? E poi, non ho mica freddo. Il capolavoro è rimasto intatto e intatto rimarrà per giorni, senza sbavature e opacità così noiose e così brutte da vedere. Resta una certa qual piccolissima soddisfazione, l'aver combinato un' inoffensiva marachella, che nessuno punirà, se non con qualche occhiataccia, ho camminato sentendomi buffa e divertita, sorridendo di sottecchi, magari farò tendenza, chi lo sa, piede estivo di fine novembre. Aiuta, qualche volta, il sentirsi ancora capaci di una scena innocua, una specie di sfida, un uovo fuori dal cesto, sono scalza e allora? qualcuno vuol dire la sua? E c'è che sto bene, quest'oggi, nonostante l'ostrica lì nel cielo, nonostante 2 figlioli malaticci e febbricitanti, nonostante pioviggini brodoso da due ore in qua, e se mi verrà la febbre, e pazienza, farò un penso di quattro pagine: NON SI GIRA SCALZE A NOVEMBRE. Ma poi, chi l'ha deciso?

20 novembre, 2007

La Manu.



La telefonata è arrivata a metà mattina, quando la malinconia si era già un pò dissolta, ma non del tutto. Che grande, meravigliosa capacità hanno le persone che ti conoscono da sempre, di esserci proprio nel momento esatto in cui tu hai più bisogno di loro. Ci conosciamo da quarant'anni, forse da prima, se si pensa che appena nata mi hanno portato a vivere nella casa sotto la sua, e che lei aveva soltanto un anno. Abbiamo giocato con le bambole, ci siamo arrampicate sui cachi, preparato minestre di foglie, gerani e sabbia, giocato a rialzo e a parafulmine nel cortile, girato con la Graziella fino a consumare le ruote. Poi, a scuola con lo scuolabus giallo, che si chiamava pulmino, una specie di ibrido tra italiano e inglese. E poi, le superiori, in treno, a scrivere cose sui diari, a scappare quando arrivava il controllore, alle feste della scuola, ai capodanni. Lei c'era sempre. Anche a scrivermi lettere lunghissime quando ho cambiato città, lettere che ancora conserviamo, talmente belle che forse varrebbe la pena di pubblicare. Ha sposato il suo Amore in arancione vestita, in quel Municipio che era la nostra scuola media. E' una donna di un'intelligenza acuta e vivace, mi piace perchè usa parole desuete, come rorido e madido, per descrivere le sudate del suo figliolo, mi piace perchè si innamora ancora degli uomini degli spot come a 13 anni. Mi piace perchè parla della sua mamma con una tenerezza e una devozione e un amore così grande che fa commuovere, e io che penso che, se lo capisse, sarebbe così fiera e onorata di avere tanta figlia. Mi piace perchè mi fa morire dal ridere, quando racconta di quella casa orrenda che hanno costruito accanto alla sua, frutto, cito testualmente, "di un'indigestione di polenta e merluzzo di Alvaar Aalto". Mi piace perchè esclama Beata Vergine Del Carmelo!, perchè è buffa anche quando parla di tragedie, perchè è sensibile, sensitiva o forse mi vuole solo bene, e ha sentito che stamattina avevo bisogno di lei. E che forse, avrei avuto bisogno di arrampicarmi ancora sui cachi. Come se l'avessi fatto. Grazie, Manu.

Buon che cosa?

Buon giorno? Si prova. A guardarsi allo specchio, fisso negli occhi, dicendo che questa volta non ci cascheremo, che non ci faremo prendere, che non gliela daremo vinta, e che reagiremo, eccome, non sprofonderemo, non ci butteremo ancora più giù, non roteeremo nell'imbuto, come fa l'acqua prima di entrare nella bottiglia, non finiremo giù dal lavandino, rimarremo in superficie, schiuma dopo che hai lavato i piatti, che ti viene da soffiarla via, è così bella la schiuma quando si accumula, intatta come una nuvola. Buon giorno. Le piccole cose di sempre, un'amica, magari, due chiacchiere aiuterebbero, e nessuna forzatura. Seguendo per bene i ritmi del proprio essere, rispettandone i silenzi, i vuoti, e le sedute di peso sul divano, quando ci si lascia un pò cadere, sprofondando, che male c'è, se tempo c'è, ci si ascolta un momento, non è grave fermarsi, raccontarsi qualcosa di bello, scacciando la malinconia senza senso, il vuoto e l'indolenza. Forse ci si scoprirà un pò più grandi, un pò più serene, a Dio piacendo, un pò meno insopportabili molluschi come in questi giorni. Coraggio, fuori nuvole e nebbia, qui un bicchiere di vitamine per colorare ogni cosa, musica in sottofondo e op!, si va. Buongiorno? E sia!

19 novembre, 2007

Fuori giri.


Esistono calcoli perfetti e semplicissimi, per determinare con esattezza una simile sensazione. Si è fuori giri quando non si ha voglia di niente, quando le cose ti scivolano addosso come l'acqua sulle oche, quando fai la spesa alla rinfusa senza neanche guardare bene quello che metti nel carrello, sia fertilizzante o acqua di rose, è la stessa medesima. Si è fuori giri quando anche l'aspetto fisico non aiuta granchè, il colorito spento, opaco, color di niente, i capelli elettrici e imbizzarriti, l'occhio da triglia, spento anch'esso, nessuna voglia di apparecchiature, una maglia qualunque, un jeans qualunque, una sciarpa qualunque, tanto ne ho tonnellate. Si è fuori giri quando, nell'ora che si deve impiegare in qualche modo aspettando la PrinciPianista, si cammina ciondoloni, si guardano le vetrine distrattamente e senza alcun interesse ed entusiasmo, soffermandosi un quarto d'ora su una fila di orologi che nemmeno ti piacciono. Fa freddo e non ne hai voglia, scapperesti già ma dove, ti crogioli in questa condizione di seppia congelata, tanto, il colore è uguale e il mood lo stesso. Un totano senza direzione, un pesce rosso, ecco, con la stessa identica attività cerebrale. Se poi, l'omino sul Corso, per far atmosfera natalizia si mette a suonare l'Ave Maria di Schubert col clarinetto, beh, meglio è cambiare aria. Recuperare in fretta e furia la Princi, già che ci siamo pure la Biondina Lisciata che viene, malaticcia ella pure, al capezzale del suo bel Maturando, tossente e dolorante, e guadagnare in velocità la strada di casa. Passerà, lo so, già domani, forse, o dopodomani. Ma mi guarderò bene da passare dal Corso. Conosco un luogo dove se lo potrebbe mettere, quel clarinetto. Eh, signora mia, quando ci vuole ci vuole.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...