29 settembre, 2010

Non siamo qui a far ballare l'orso.





Nel senso.
Siamo qui bell'e prese, infularmate, come si dice, agitate, ma così contente, un pò come in gita.
Domani il gran giorno, ma oggi noi qui si prepara. 
E ivi, quinci e quindi, vi si aspetta.

Manualmente
 da domani e fino al 3 ottobre
 Lingotto Fiere, Torino

27 settembre, 2010

Ode ai Calici Disintegrati.

Ora. Càpita che in ogni famiglia normale si abbiano una serie di servizi di bicchieri, come minimo due, uno da tutti i giorni e l'altro per le occasioni. Càpita, lassù nella casa in collina, che i servizi di bicchieri siano più di due: quello per il pranzo, quelli della cena, quelli con Bambi e Cenerentola dei bambini quando erano piccoli e che non vuoi buttare, quelli della CocaCola che per ovvi motivi ne hai una serie illimitata, quelli con i cuori che non vanno in lavastoviglie, quelli che invece qualcuno in lavastoviglie ce li ha messi e i cuori sono sbiaditi, quelli blù, quelli viola, quelli comprati dal rigattiere e quelli di cristallo. Appunto. Quelli di cristallo. Scelti con cura nel maggio del 1994, in un negozio storico di Pavia, mia cognata ed io, lei che ne sapeva e allora mi consigliava, li guardava in controluce, Prendi Questi. Era un regalo per il mio matrimonio, ben perciò era obbligatorio non badare a spese. Quei bicchieri usati ai battesimi, a Santa Lucia, a Natale. E nelle occasioni speciali. Come quella di ieri, quando amici ci han portato in dono un magnum di champagne, epperforza che lo champagne, a berlo nei bicchieri spaiati della CocaCola è davvero troppo da snob. Che calice sia. Anzi, flute, mi aiuti a dire. Gli stessi flute lavati a mano, e senza guanti, con cura fatata, troppo delicati per andare in lavastoviglie, scherziamo davvero, lavati e accuditi amorevolmente uno ad uno, con l'acqua tiepidina, qualcuno giura di avermi visto lanciar loro baci leggeri, nella fase del risciacquo, appena prima di posarli a testa in giù sul ripiano del lavandino, in paziente attesa che si asciugassero da soli, così delicati che perfino il lino dello strofinacci avrebbe potuto esser loro fatale. 




Sono a dirvi, con la morte nel cuore, che un fatto tragico è accaduto ai miei adorati bicchieri.
Il mio Sposo, esattamente Lui, l'Infallibile Uno e Trino, il Profeta, ha inavvertitamente urtato uno dei calici messi ad asciugare con religiosa precisione. E ha giocato a domino. Disintegrandoli in mille invisibili particelle lucenti, che hanno prodotto nello spazio una musica come un concerto di arpa e campanelli, e sul pavimento una coltre di neve brillantissima, dai mille riflessi cangianti e meravigliosi.
Mi ha guardato con occhi pieni di costernazione e richiesta di perdono.
Non ho fatto una piega.
Può succedere.
Come si dice, Chi Rompe, Paga.
E poi, sabato è il mio compleanno.
E secondo un antico documento, i bicchieri brillanti e trasparenti vanno risarciti con altri oggetti, brillanti e trasparenti, da portare al dito, alle orecchie, al collo.
Emmidispiace, bellezza. Stavolta, c'ho ragione.
Eccome, se ce l'ho.

Regina della Quiete.

Strano tempo è questo qua, pioggia e sole, ma chemmimportammè,non mi smuoverei nemmeno se grandinasse, dalle mie parti i contadini  la grandine la chiamano tempesta, e mi ha sempre affascinato tutto questo, Ha Tempestato, sentivo dire da mia nonna, e questo non era una bella cosa, la tempesta rovina i frutteti e i raccolti e l'uva, che da me è oro, ma tempesta è una parola che ha un bel suono, tempesta, e subito dopo c'è la quiete, il sole, la calma. E' un autunno seducente, coi suoi colori e le sue giornate, ancora lente, dolcissime, di quella malinconia benevola, gradevole, sublime. Ci si sente stranamente cariche di un'energia insolita, di voglia di cose da fare, o meglio, di fare delle cose, e di cose da fare ce ne sono un mucchio, ma stavolta non si guardano oblique o peggio, si chiude gli occhi, stavolta ci si sente pronti, efficienti, sul pezzo. Così pronti e carichi che nemmeno sembra lunedì, che nemmeno sembra che si sia dormito a singhiozzi, svegliata almeno sei volte, e a fare che, nulla, nemmeno con l'ansia, solo a scendere in cucina per bere, guardando il buio sul pratino, a controllare i figlioli dormienti, avranno freddo o caldo, guardare i miei figli dormire è così bello, per me, ritrovo l'espressione di quando erano minuscoli e mi ci perdo, e li sveglierei di baci, per dire, ma meglio di no, grazie, che poi chi li sente. Dormo a singhiozzi, in comode rate, mi sveglio spesso, ma non sono nè agitata nè triste, nè disperata, come è già capitato, chi lo sa, sarà il cambio di stagione, sarà che in fondo mi piace, sarà che dormire forse è uno spreco di tempo, io dormo quando sto male, quando voglio scappare, quando mi sento schiacciata e perduta, dormo per non urlare, per non piangere, per non soffrire. Adesso no. Passato il tempo dei magoni, è l'autunno morbido che mi regala questo nuovo essere, questa frizzante normalità, questo semplice stare. Prezioso come le foglie rosse della vite, come le noci cadute sul sentiero del bosco, la meliga secca, i chicchi lucenti del melograno, da infilare uno ad uno e farsene una corona, Principessa del Nulla e del Possibile, Granduchessa del Pratino Disordinato, Regina della Quiete.

25 settembre, 2010

Pioggia e rose.

Pioggina di fuori e rose di dentro. Le rose e la pioggia sono uguali e diverse, uguali loro ma diverse le stagioni, qualche volta. Rose messe a caso, disordinate e sparse, gambi lunghi e corti, strappate, nemmeno còlte per bene, recise con le forbici, no, strappate così, nemmeno le mie, rubate, ma non è rubare se la casa è disabitata, se lascia i fichi in balia degli uccelli e degli insetti, se il cortile è pieno di erbacce e mattoni rotti. Fuori piove sottile, l'ombrello nemmeno serve, ma chi ne ha voglia di andarci, là fuori, le goccioline si prendono meglio in collina, sul sentiero o nella strada tutt'intorno al villaggio, c'è odore di terra e di pace, di silenzio e di erba bagnata, ma non intrisa, appena un pò. E' l'autunno, bellezza. Quello che fa rosse le foglie e poi le fa cadere, quello umido e malinconico, ma struggente e bellissimo, a guardarlo bene, ha dei colori così esclusivi, così unici, così impossibili da replicare, dovresti metterci il rosso, il giallo, e un pò di verde scuro, e poi temperare il marrone ma solo la punta e passarci il dito, e poi la nebbiolina, di che colore la faresti la nebbia d'autunno, che non è mica quella di gennaio, quella è grigia secca, questa no, è dolce e rosata, appena appena, e poi arriva solo fino a metà collina , sta sospesa, non è muro o lenzuolo, quasi vola, spruzzata, non vedi? E' l'autunno bellezza. Quello che ti fa coprire un pò di più, che nasconde quel che resta del sole e del mare, e del sale e della sabbia, quella che ti fa riporre i sandalini flat e i coralli e le magliette leggere, che ti fa venir voglia di cene con gli amici ma a casa, a cucinare ognuno qualcosa e a  chiacchierare fino a tardi, e mentre chiacchieri fare la maglia, che nessuno storce più il naso oramai, che si sono abituati e nessuno lo nota più. Così, rose e pioggia, pioggia e rose d'autunno, rose rubate perchè ancora bellissime, di un colore che acceca, rose e pioggia leggera, che forse ha già smesso, vado e vedere, lo dicevo io, che nemmeno serviva l'ombrello.

24 settembre, 2010

HermésCestino.

Come si dice in questi casi, coi dishcloths prima e con gli scialli poi,  M'è Presa Secca.  Sarà che piacciono così tanto, sarà perchè è così divertente farli, sarà che Manualmente è vicino e  con esso l'ansia da prestazione,  e non è che a un evento del genere si possa tanto farsi trovare impreparate. Perciò, testè mi accingo a presentarvi l'ultima creazione, la penultima, in verità, l'Hermés Cestino. Esso deve il suo nome non solo al color tortora-cappuccino-biscotto tanto caro alla maison francese, ma anche e soprattutto ai nastrini di recupero tutt'intorno con mestiere annodati. E cosa dire poi, dei maxi bottoni vintage, veri e propri gioielli di raso e perline, fatti a mano essi pure?
In variante Chanel,  il CocoCestino. Perle a biglia grosse come albicocche, bottoni vintage anche qui, ma di strass e perline. I cestini sono una grande invenzione. Rendono la vostra bicicletta unica nel suo genere, riconoscibilissima anche a km di distanza, ti fa dire Questa Qui è Lei, se la vedi appoggiata con grazia a qualche muro o legata a qualche palo. Senza contare poi, l'aspetto pratico di tutta la questione, Chi mai potrebbe rubare una bicicletta con un cestino così appariscente? 

23 settembre, 2010

Beato Giovedì.

Si capisce che è giovedì. Non so bene da che cosa, ma si sa. Il giovedì è da sempre un giorno molto citato, nella tradizione popolare. Giovedì è giornata di gnocchi, si dice. Oppure, Sei Sempre In Mezzo Come il Giovedì, si apostrofa dalle mie parti oltrepadane chi ti sta sempre intorno e che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma oggi, di posto giusto ve n'è uno soltanto, il BioCafè di Vicolo dell'Erba, e il momento non poteva essere più gradevole, mi aiuti a dire. Si knitta il giovedì, come, non lo sapeva ancora? I giorni dopo l'estate sono zeppi di progetti e di cose, non si vede l'ora di lavorare la lana, mi farò una maglia, io un cappello Slouchy per l'inverno inoltrato, io invece scialli, scialli, scialli in quantità. E' un bel momento. Ci si prende qualche ora, al massimo 3, si fanno salti carpiati con triplo avvitamento per non arrivare troppo tardi, trafelate, perlopiù, coi  ferri in borsa, uno schema ostico o  una roba inventata non fa differenza. Oggi, nella fattispecie medesima, si parlerà di Manualmente, dove saremo, allo spazio Cuore di Maglia, per il terzo anno consecutivo. Inutile dire che colà vi si aspetta. Sia oggi al knit che a Manualmente, da giovedì prossimo, 30 settembre a domenica 3 ottobre. Ora che ci penso, manca solo una settimana, il Salone del Lingotto è già giovedì prossimo. Lo dicevo io, le cose migliori succedono di giovedì. E a pranzo, gnocchi. Mi sembra il minimo.

22 settembre, 2010

Brilla la brina.

E sempre così bello far colazione guardando fuori. In realtà, la mia colazione è divisa in tre, la prima coniugale, nel senso che siamo soli, il mio Sposo ed io, la seconda coi figlioli che si avvicendano in cucina, e la terza privata, privatissima, solo mia. Questa terza è la più calma, la più meditabonda, la più silenziosa. Silenziosa si fa per dire, ci sono tutti i rumori del pratino e della collina, e poi i colori e le foglie e i buchi della talpa che il giardiniere le dà la caccia ma io gli ho già detto di lasciarla in pace, che non mi importa di avere il pratino smosso, anzi, mi piace, e mica ci devo giocare a golf, che per quello c'è la mia Amica delle Lampadine, che sa ben lei dove si deve andare, non certo qui. E poi, stamattina, lo spettacolo della brina, che mi affascina da sempre, ghirigori luminosi non proprio ghiacciati, è solo autunno, alla fine, ma tante goccioline messe in fila sulle foglie, sulle ragnatele del Ragno Ingegnere che abita il ciliegio, e che fa ogni volta dei veri capolavori di precisione da fare invidia alla mia Amica dei Ponti, lei sì che li sa fare bene. E' una bella mattina, so che la sarà, ho un sottoscala da mettere a posto, alla ricerca di un servizio di tazze colorate che voglio affidare al Giurisprudente per la sua casa da universitario, e so che sono lì, dietro un migliaio di altre cose, e mi piace di ficcarci il naso, perchè so che lì dentro c'è tutto quel che c'era in un'altra casa, quelle cose che quando cambi gusti e arredamento metti via e dici, Mi Serviranno Più In Là, ma che non butteresti per niente al mondo mai, e che ti fa piacere ritrovare ogni tanto. Mattinata di casa, a stendere una tonnellata di cose più o meno, distratta dal gatto, dalla salvia da innaffiare e da questi gioielli privati, messi a caso sulla siepe, tra il ciliegio e l'acero, tra il rosmarino e le ortensie, gioielli preziosi di lucida brina, fili sottili di millemila goccioline perfette, l'autunno è così da queste parti, brilla di brina e fa l'animo sereno. Non male. 
Ph. Francesco Galifi.com

20 settembre, 2010

Che mondo vuoi.

Ti studio da giorni, sei materia difficile, incomprensibile, parli pochissimo, non sorridi mai o quasi, ed è così strano per te, luminoso come sei. Sembra che tutto il mondo si sia seduto sulle tue spalle, un mondo che non sai, che non ti assomiglia, che ti fa male. Che mondo vuoi, figlio del mio universo, gemma della mia collana più preziosa, che mondo sei, dietro quegli occhi sgranati e quello sguardo che rapisce, che mondo hai, dentro quel cuore trasparente, quell’anima bella che mi scivola di mano, che non so più leggere,  che non so.  TI vedo così, silenzioso e assente, strano e lontano, certe volte, Ma Cosa C’è, ti chiedo, Ma Niente Mamma ma quel niente mi sembra così tanto e schiaccia il mio cuore che ti vorrebbe ancora appiccicato a sé, e invece non si deve, il mio cuore che vorrebbe sapere a memoria le cose che fai e dici e pensi ma che non è possibile, è la legge della vita e del tempo, il mio cuore, che vorrebbe sapere tutto sempre e avere rimedi per tutto, sempre, e sapere cosa dirti per farti stare meglio, sempre. Il sempre non esiste, non con la vita né coi figli, sempre è un avverbio di tempo, che è uguale a spesso e a mai e che ha un significato relativo,se ci pensi bene. Che vita vuoi, che vita immagini,  quali grandi sogni si nascondono sotto il tuo cuscino, quali giorni ti aspetti, quali gioie e quali delusioni e quali progetti e quali lotte e quali ideali.  A crescere si fa così, ci si sente un giorno invincibili e il giorno dopo impossibili, e i figli maschi non raccontano niente alle madri ansiosissime e preoccupate, e le lasciano lì, a scrutare di nascosto se un po’ sorridi e ti è passata, ma sappi che sempre, sempre, sempre avrò per te un amore sconfinato e lucido, struggente e meraviglioso da regalarti  ogni giorno, anche se non è il tuo compleanno, e sempre, sempre, sempre sarò qui a studiarti e a volerti, più di ogni cosa al mondo, felice delle tue scelte, dei tuoi pensieri e della vita che ti ho dato. Perché sempre, in questo caso non è solo un avverbio di tempo. 

19 settembre, 2010

Domenica.

Ma come. Davano pioggia. Ma chi dava, e soprattutto a chi. E' che si dice così, quando si sente che farà belo o brutto o così così. C'è il sole, mi sa che non dura. Finchè c'è, però, meglio bearsene, il sole d'autunno è molto speciale, nessuno ha ancora voglia di castagne e camini, e questo interregno tra l'infradito e la sciarpa di lana ci piace eccome. La domenica è iniziata da poco lassù, nella Casa in Collina, è la prima domenica seria, per dire, la prima dell'anno scolastico, anche se si fa tutti finta di niente, si fa ancora tardi come se fosse vacanza, come un giorno qualunque, così. Si cerca però di riprendere qualche abitudine un pò invernale, con scarsi risultati, invero, ho bruciato i mini cake alla marmellata di fragole, non trovo una tovaglia che mi piace tanto, e altre gravissime questioni da scema. E' domenica di sole a sorpresa, posso organizzare un viaggio a piedi fino in paese, passando dal sentiero, per vedere che cosa ha combinato la pioggia di ieri nei campi, sembrava una roba da niente, e invece no, ha piovuto a stecca, ci sarà fango, forse. Posso leggere fino alla nausea, cucinare per un plotone, anche se non è domenica senza il QuasiVeroIng. che sarà  a pranzo, suppongo, a Buckingham Palace. Posso stirare fino alle convulsioni, stare sul divano fino a perdere conoscenza, scendere in città alla festa della birra e tornarne sversa. Intanto, mentre decido, provo a rifare i cake alla marmellata di fragole, e mentre ci sono, a decifrare questa inquietudine sommessa, questa specie di calma accesa, che nemmeno mi dispiace, che nemmeno si sta male, in fondo, e che alla fine, magari, troverò pure la tovaglia.

17 settembre, 2010

L'invasione dei Grilli.

Se ne trovavano un pò dovunque. Sul tappetto, negli angoli, sui gradini delle scale. Qualcuno aveva perfino organizzato un rave party nel lavandino. Da dove venissero, nessuno lo sapeva. Nè dove andassero. Certo, in una casa in collina, non era raro trovare qualche ospite non umano, ragni e coccinelle e api e lucertoline. Ma i grilli, questa volta, avevano fatto un piano, decisi ad invadere con grande spiegamento di forze la Casa Lassù. Non erano fastidiosi. Li trovavi, dicevi, toh guarda, eccone un altro, e la faccenda finiva lì. Non erano pericolosi, nemmeno brutti, alla fine. DI ucciderli, proprio nessuno se la sentiva. Ma la domanda era Perchè Così Tanti? Difficile dirlo. Ma ciascuno degli abitanti la Casa, aveva una sua personalissima teoria. I maschi dicevano essere creature aliene, che ce lo si doveva aspettare prima o poi, e che il 2012 era vicino e bla e bla, terrorrizzando la Candida Princi, un pò per vero un pò per finta. Il Capitano non aveva opinioni a rigaurdo, anzi, non che gliene importasse granchè alla fine, lui nel tempo libero divide le acque e moltiplica pani, che vuoi che gli cambi   una manciata di grilli sparsi per casa  Ma c'era chi si faceva domande più mirate, chi aveva messo a punto una personalissima teoria. Nascosto fra tutti i comuni i grilli di casa ve n'era uno speciale, proprio Lui, il Grillo Parlante, che era venuto in visita alla Scrivente. Non che se ne sentisse il bisogno, ma il buon Grillo aveva visto da dentro il Libro che qualcosa non funzionava a dovere, e in men che non si dica era scivolato fuori, salito le scale davanti alla lavanderia e si era appostato, pronto per affrontare la Scrivente e finalmente parlarle. Cosa avrebbe mai da dirmi un Grillo Parlante, in cosa sono mendace, quale colpa ha la mia povera coscienza, da cosa mai dovrò essere salvata o messa in guardia. Non lo so. So soltanto che a me, 'sta storia dei grilli che mi girano per casa non mi piace nemmeno un pò, e ci ho provato a vederci il bello, la natura e robe del genere, ma mi sa che domani prendo il Folletto e li aspiro tutti, e se il Grillo parlante c'ha qualcosa da dirmi, bene, che lo faccia ora, che domani, caro il mio Grillo, è troppo tardi.

16 settembre, 2010

Son soddisfazioni.

 Questa è una vetrina. E questa è una bicicletta. E fin qui. La cosa che rende la faccenda lievemente diversa è che, primo, la vetrina è di un negozio del centro e, secondo,  la bicicletta è il premio di un concorso. Prego però concentrare l'attenzione sul cestino. Che l'ho inventato io. Che l'ho fatto io. E che altri e altri me ne han chiesti. E che altri e altri ne farò.
E nonostante oggi sia stato un bel pomeriggio impegnativo, cara la mia signora, questa qui è una bella fetta di soddisfazione. E in tempi come questi, mi aiuti a dire, meglio una soddisfazione in mano che cento che volano. Licenza Poetica, và.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...