27 giugno, 2012

Come Parigi.

Ho tutto. Tutto e il suo contrario. Forse, è meglio il tutto. Sono giorni di belle cose, di molte cose nuove e molte cose, invece, che sono sempre state lì e nemmeno me ne sono accorta. Che non sono cambiate. Sono giorni di una specie di vacanza, di gite fuori città in giorni feriali, che lusso davvero, di fughe innocentissime con le amiche della mia vita di prima, quella in un altro posto, in un altro mondo, una vita fa. Insieme, le amiche di ora, del posto di adesso, di figli e di cose di tutti i giorni. Che bello vederle insieme. La mia vita di prima fusa con la vita di adesso. Emozionante, ho avuto il magone tutto oggi a ripensarci, e chissà come mi hanno visto le mie amiche di adesso con le mie amiche di prima, se sono la stessa sempre, forse no, è solo l'accento che cambia, quando parlo con loro ho la cadenza diversa, ma loro quali, quelle di prima o quelle di adesso? Che bella la piazza le sere di giugno, che bella la fontana dei miei giorni più belli, della mia bicicletta rossa, del motorino, dei castighi più inverecondi, degli amori più grandi e tremendi perchè gli amori dei quindici anni mica ti passano mai, o forse sì, certo che sì, ma li tieni lì e non vorresti che passassero mai, davvero, e fai finta di averceli ancora, così ti sembri ancora la Laura di quindici anni, i capelli lunghi e tutti i pensieri di allora, averli ancora è un lusso cui non si può rinunciare, vorrebbe dire arrendersi e arrendersi al tempo che passa non si può. Che bello il mio paese che guardo come si guarda Parigi, che mi accorgo di aver amato così tanto e di amarlo ancora di un amore struggente e malinconico, e quanto amo le persone che si ricordano di me e che mi parlano della mia famiglia, di mio padre, nessuno lo fa, e parlare di lui mi fa pensare che forse non è mai andato via del tutto, non certo da me. Che bello il cielo del mio paese, i tigli del viale, la stazione ancora intatta dove ho preso mille treni verso la scuola, verso lontano, verso altri mondi. e che belle le mie amiche di lì, quelle che sono passate per vedermi anche solo un momentino, un momentino è un'unità di misura che sento solo lì, un momentino, che mi hanno chiamato da Milano, Ma Fino a Che Ora Resti? Mescolare le mie amiche di qui alle mie amiche di lì è stato un esperimento che mi ha deliziato, che mi fa commuovere e sentire bene, sanno di me tutta la mia vita e io la loro, così belle e vicine che alla fine, fra quelle di qui e quelle di lì non c'era più differenza, Il cuore differenze non ne fa.

22 giugno, 2012

So tired.

Stanca, sì. Tanto, troppo, non ricordo di essere stata più stanca in vita mia, è una frase che non dico mai, Sono Stanca, mai, ma in questi ultimi due giorni, immotivata ed improvvisa, una stanchezza diffusa e pesante è passata a trovarmi, di quelle che non ti danno la forza di fare un bel niente, e le cose che fai le trascini e sospiri e sbuffi e dicci Cheppalle, non mi piaccio stanca, non  mi sopporto stanca, mi dico che sarà il caldo, le mille cose, che è stato un inverno pesante e che adesso non c'è più, c'è il sole e i fiori e le cose belle, eppure tutto mi fa fatica. Forse, ad essere stanca non sono io ma la mia testa, il mio cervello, e anche l'anima, un pò, ma come diavolo può stancarsi un'anima, che cosa bizzarra, l'anima non si stanca, l'anima va avanti e corre e corre e non si ferma nemmeno se lo vuoi, così come il cuore, corrono insieme come agli argini, non ne vogliono sapere di fermarsi, nemmeno alla fontana, vanno avanti e nessuno riesce a star loro dietro. Sì, ho la testa stanca per i mille pensieri che l'hanno abitata nei mesi passati, che non è stata una passeggiata di salute, nemmeno un week end sulla costiera amalfitana, per dire, ma adesso è passato e allora che vuoi. Ho i pensieri che scivolano fuori, che scappano da tutte le parti, appiccicosi e piatti, come me. Sono un cumulo di contraddizioni e di fatica, sono di una noia mortale, sono una qualunque seduta su una panchina qualunque, che non sa se prendere l'autobus o rimanere lì seduta, le mani in grembo, lo sguardo vuoto, irriconoscibile e un pò scema, inconcludente e ferma, il niente totale. Mi passerà, non foss'altro per il sapiente mix di vitamine e intrugli e integratori e Supradyn e cose, dormirei sempre e la cosa mi spaventa, mi preoccupa e mi fa male, che cosa sono, che cosa ho, se fino a ieri l'altro stavo benissimo e ora sembra che mi abbiano rovesciato un pentolone di brodo bollente sulla testa, che mi abbiano schiacciato con lo schiacciasassi, passata nel mixer, frullata, ho mille cose da fare e la voglia di non farne nessuna, rimango qui, con la paura di sbagliare, con la paura di tutto, con la paura di me, donna qualunque e un pò scema, seduta su una panchina qualunque, a guardare passare gli autobus e a non prenderne nessuno. Per andare dove poi.

19 giugno, 2012

La terza volta.

Ne succedono di cose, in una casa come questa. Lo sa anche il tecnico del condizionatore, che stamattina ha osservato Beh, Qui C'è Da Divertirsi. In effetti, oggi in tarda mattinata questa casa assomigliava a un college, giovani e giovinastri saltavano fuori da ogni angolo, svegli, meno svegli, fanciulle, chi canticchiava, chi faceva colazione in terrazza, chi studiava. Studiava sì, con un tutor d'eccezione, dacchè domani, per il mio figliolo Liceale, è giorno di prima prova scritta della maturità. Avendo una discreta figliolanza, è la terza volta che succede, in questa casa. E non è neppure l'ultima.  Ebbene, non mi abituo. Non sto tranquilla, non sto bella scialla, non sto e basta. Ho un rapporto strano con gli studi dei miei figli, è affar loro, non  mi immischio, non mi esalto e non mi deprimo, anche quando dovrei: i risultati ginnasiali della Princi non sono stati così brillanti, anzi, proprio per niente, ma dopo urla e strepiti e castighi e fulmini e saette, considero la faccenda con una certa sufficienza, mi dispiace per la sua estate col dizionario sotto il braccio, chi è causa del suo mal eccetera. Intanto, domani, un esame di maturità. Stasera, un'altra notte prima degli esami. La terza. Io, nevrastenica. Lui, sciallo. Talmente sciallo che nemmeno è a casa. Non so se è vero o faccia finta, per come lo conosco, e lo conosco bene, domani avrà una paura fottuta, ma non lo darà a vedere nemmeno a se stesso, nemmeno ai compagni e la terrà per sè. Amo questo figlio di un amore grandissimo e bianco, lo amo perchè è di una bellezza rara, lo amo per la sua s che sibila e quei suoi occhi, uguali a quelli dei suoi fratelli ma diversi per intensità, nocciola, non scuri, non chiari, da perdersi. Lo amo per quella sua delicatezza, per quel suo essere leggero e dolcissimo, profondo nelle domande, da sempre, Quanto è Lontano il Sole? Tanto, Enrico. Allora Io Ti Voglio Bene Da Qui Al Sole. Domani, vorrei coprire la strada da qui al sole, ed essere sotto al suo foglio, farmi bigliettino, farmi idea, farmi soluzione di calcolo ed essere lì, sul suo banco, dentro la sua penna, e fargli scrivere tutte le cose più belle che so, le migliori, le più giuste, il più bel tema del mondo, tutto quello che ho. Vorrei essere dentro quella sua testa complicata, dentro quel cuore che ho fatto io, dentro i suoi pensieri confusi degli ultimi giorni, chi non lo è, prima di un esame. Vorrei essere lì. Forse, mi basta solo dirgli piano che sono fiera di lui e che so che farà bene e che questo giorno qui se lo ricorderà per sempre e che gli voglio un bene così grande che forse da qui al sole nemmeno basta. Certo che no.



13 giugno, 2012

Brigida.

Mi ci sono affezionata. Ci sono rimasta sotto. Mi sono scoperta un asso nel curare le orchidee, che non si chiamano proprio così ma Phaleaenopsis che è un nome così complicato e non mi piace, orchidee sono  orchidee rimangono. Mi ci sono affezionata perchè hanno dei colori che mi incantano, la mattina a colazione, e poi perchè mi hanno detto che fra loro si parlano e che è un peccato mortale averne soltanto un vaso, le orchidee han bisogno di compagnia. Non so se sia vero o no, ma mi piace. Loro, a differenza della Povera Calla, che non è più, mi danno un sacco di soddisfazione. E poi, quando credi che siano morte stecchite, dacchè è rimasto soltanto un rametto insignificante e tutti i fiori son cascati, niente paura, l'orchidea rinasce, eccome se rinasce, prima timida timida poi esplode in tutta la sua sensuale bellezza. Brigida ha fatto così, di un fucsia intenso con striature arancioni, fluo come si conviene nell'estate 2012, colori vitaminici per smalti e orchidee, che classe, signora. Brigida e Domitilla, le mie orchidee del davanzale,  sono la prova vivente che non si deve necessariamente essere finissimi floricoltori per averne una o due in casa in buonissima salute, so di amiche che ne hanno tonnellate, una distesa di Phale qualchecosa, un campo intero, un davanzale pienissimo, e io ne ho soltanto due, ma magari domani o dopodomani mi reco al vivaio, quanto mi piace andare al vivaio, tutti quei colori e quei nomi strani di piante, è bello, rende calmi non so come dire, rende un pò felici, c'è odore di acqua e di erba fresca, di terra e di gerani. Oggi è l'ultimo giorno di scuola, i miei due ultimi figlioli sono impegnatissimi  in feste e bagni al fiume e forse anche nella fontana davanti al liceo,  il sole fuori, i panni stesi, una musica sottile. Trovate un vivaio vicino a casa, fateci un giro pianissimo, senza fretta e scegliete con cura una Brigida, un geranio fluo, una piantina piccola piccola che vi sorrida ogni mattina dal ripiano della cucina. Le cose belle, qualche volta, sono così vicine che non ci si crede.


07 giugno, 2012

Se estate.

Incredibile come la città cambi faccia a un certo punto e si prepari a vivere l'estate. Mi piace. Questo periodo dell'anno appena prima della fine delle scuole ha sempre un grande effetto su di me, sarà il profumo del tiglio al quale sono fin troppo sensibile e che adoro, sarà che tutto cambia un pochino aspetto, un tavolo nuovo sul terrazzo, i fiori, il mare, grande assente fra le voglie di quest'anno, chissà, mi verrà, ma fino ad ora, nulla. Ho voglia di questa città, della mia casa, di queste colline con le sagre e tanti amici, mi piacerebbe andare al fiume, magari in bici, e un compleanno più che speciale, da festeggiare come si conviene, come ancora non so, ma che sarà una sorpresa, fatta a me, per giunta, l'Illustrissimo non ama le feste a sorpresa e io non sono capace a farle, mi sgàmano subito. Ho voglia delle corse agli argini, ho voglia dei saldi di luglio che non riesco mai a beccare, non tanto per comprare cose, quanto per dire, Si Va a Caccia di Saldi? comprare o no, non è quello il punto. Ho voglia dei prati intorno casa, della vigna quest'anno troppo deserta e un pò diversa, l'erba alta e tutte le ciliegie lasciate lì a far banchettare gli uccellini e i miei figlioli, forti di un invito che non arriverà mai più, ma che tacitamente si rispetta tutti, pensando a lei. E poi le amarene, io vado matta per le amarene che sono invise a molti, semi sconosciute, parenti poverissime delle più nobili cugine ciliegie, famose solo per essere nel Cornetto Algida, quello che non vuole nessuno e che a fine stagione ti regalano un pò tutti perchè quello al cioccolato è finito da un pezzo e non si faranno altri ordini prima di staccare il frigo grande.  Ho voglia della mia casa e delle cose che ho qui, ho voglia di certezze e di terraferma, ho voglia di vedere quei gerani parigini diventare foresta e le mie orchidee a fare tanti fiori, da controllare ogni mattina mentre si scalda il latte. Oggi, avrei comprato un barattolino di bolle di sapone, e mi sarei seduta su un panchina in centro a farne mille, a vedere che faccia avrebbe fatto la gente a vedermi lì, col pane e il latte nella busta a fiori, a far bolle di qua e di là, e a osservare dove andavano a finire, a vedere i bambini che li guardavano con sorpresa, nessuno più compra la bolle di sapone, chissà perchè. Se estate dev'essere, che sia. L'assetto estivo di un'anima semplice si vede da piccolissime cose. I vasi piantati di fresco, le candele alla citronella e un'irresistibile voglia di bolle di sapone. Da fare con mestiere, soffiando piano, per farne tante in una volta sola, constatare che non ce n'è mai nessuna uguale all'altra  e guardare meravigliata dove vanno a finire.
ph. Robert Doisneau

04 giugno, 2012

La Fantastica Storia del Lenzuolo con Gli Angoli.

Viene da dire, E Chi Non Ne ha Uno?
Certamente una grande, grandissima invenzione. Permette di rifare il letto in tre secondi netti, anche dopo la più bollente delle nottate, non tanto per esibizioni circensi di natura fisica quanto per l'alzarsi quelle tre cinque sei volte per controllare l'arrivo dei figlioli, far uscire il gatto, aprire a qualcuno che si è dimenticato le chiavi, far rientrare il gatto, c'è un rumore in cucina, il gatto ha deciso di uscire di nuovo. Il lenzuolo con gli angoli è una gran eblla comodità, su questo non c'è dubbio. L'aspetto più complicato di tutta questa faccenda è: stirarlo. Come si stira un lenzuolo con gli angoli? Son donna fatta e dovrei saperlo più che bene. Ma ho attraversato negli anni una serie di fasi, sperimentato diverse tecniche, iscritta a più di una scuola di pensiero. Ho iniziato stirando tutto con diligenza, prima il centro, e poi via via i bordi. Poi, coi figli piccolissimi, avevo qualcuno che stirava per me e la delizia era davvero massima, stirati alla perfezione tanto da non distinguerli da quelli piani, per intenderci. Nel corso degli altri ho elaborato altre tecniche miste, giungendo poi alla più pratica, cioè non stirali affatto. Ma si sa, un lenzuolo non stirato non è buona cosa, e occupa troppo spazio nell'armadio. Alla fine, dopo anni e anni di tentativi ed esperimenti di laboratorio ho messo a punto una tecnica personalissima. Li stiro come vengono. Nel senso che li stiro sì, li appiattisco sì e benissimo, data la quantità di lenzuola e di letti di cui sono dotati gli armadi della Casa in Collina c'è poco da scherzare, ma li stiro con fantasia. Dò loro infatti le forme più assurde. Addio bei lenzuoloni quadratissimi. Le mie lenzuola con gli angoli sono di almeno una dozzina di forme diverse, triangolari, ovoidali, perfino a forma di rombo. Qualcuno giura di averne intercettato uno a forma di parallelogramma isoscele con apotema e ipotenusa e pure raggio per raggio per tre e quattordici che ci sta sempre bene. Non ho nulla contro le lenzuola con gli angoli, solo, io stiro e stiro ma lascio che faccia un pò come vuole lui, non mi dànno certo per dargli una forma perfetta, chi stira sa che stirar bene le lenzuola con gli angoli è pratica impossibile, soprattutto per chi non faccia dello stirare il sogno della sua vita. Così, ogni volta che cambio le lenzuola, mi riservo l'effetto sorpresa: che cosa metterò quest'oggi sul letto del Figliolo X? MI accontento di un esagono o mi lancio in un   pentagono di quelli tosti? E questo qui a fiori, qui sotto, sarà triangolare o ellittico? Profumato e stiratissimo, il mio lenzuolo con gli angoli è perfetto nella sua imprecisione. Come molte cose, ho scoperto, nella mia vita. Cos'è più la virtù.

31 maggio, 2012

Il sole che non c'è.

Che sorpresa stamattina, non troppo bella in realtà, anche se a me questo cielo qui piace un sacco. Ok mi piace il sole a picco, quello buono per stenderti nel pratino o sedertici proprio in mezzo e dire Sto Qui Cinque Minuti, lucertola style, prendo tutto il caldo che si può. La luce non c'è, quella che di solito entra prepotente dalla finestra e fa disegni strani sul lavandino, qualche volta una manciata di arcobaleni piccolissimi, perchè la luce, mi hanno spiegato, riflette sulle gocce del lampadario della cucina, non è che a un certo punto l'arcobaleno abbia deciso di farsi un giro nella tua cucina, non è proprio così. Così, niente arcobaleno. A dire il vero il pratino è una foresta, è persino cresciuta un'erbaccia col fusto spesso, ma ha fatto un fiorellino rosa chiaro e allora l'ho lasciata lì, per vedere come andava a finire, ma erbaccia rimane e mi sa che oggi qualcuno di buona volontà passerà col tosaerba e la ranzerà ( do you know ranzare?), tanto il fiorino rosa era anche già sfiorito e alla fine non mi importa. Quello di cui m'importa sono le campanule bianche che si sono abbarbicate alla siepe e allora cercherò di stare attenta. Già. Ora mi sovviene. Ieri ho lanciato un SOS in casa mia. C'è Da Tagliare il Prato. Figliolo n. 1. Devo studiare. Figliolo n. 2. Io sto uscendo. Figliola n. 3 Io Vado in Biblioteca. FIgliolo n.4. Non Pervenuto. Uno e Trino. Lui di 'ste cose elettriche non tocca niente. E ben perciò, dato che qui, gira gira alla fine le cose qualcuno le deve pura fare, provo a farmi da sola l'indovinello di chi taglierà il prato. Indovinato. Starò attentissima alle campanule, taglierò l'erbaccia col fiorino rosa, andrò su e giù col tosaerba e quel suo rumore infernale, starò attentissimissima a non affettarmi un dito come l'Afef-Figliolo, e alla fine avrò un pratino da meraviglia, di quelli che ci potresti fare le buche per il golf, così liscio e verderrimo che sarà un piacere per gli occhi. La sorpresa di stamattina, a parte il sole che non c'è, è che mi tocca pure di tagliare il prato. Son cose.

25 maggio, 2012

L'invidia.

E' un sentimento cui sono poco avvezza, non mi entra in testa, non mi sta appiccicata addosso, non la capisco, non mi piace e non riesco a praticarla. Ieri, la sono stata invece. Invidiosa di un'invidia buona e solare, che forse non so nemmeno se si chiami così, dovrò cercare meglio sul dizionario. Ma l'ho invidiata, sì. Ho Invidiato quel suo essere agitata e presa già dalla settimana prima, a contare i giorni sul calendario, dire ai suoi fratelli, Ma Ci Pensi? Ho invidiato quel suo modo di arrivare a uno degli eventi che ricorderà per tanto tempo, certo per sempre, alternando la gioia all'ansia, il parlareparlareparlare a momenti di silenzio, persa chissà dove, per quali sentieri, per quali pensieri. A quindici anni è tutto così bello e intatto, così tutto una figata, così tutto che ci sta, ti aspetti sempre il meglio, sempre il bellissimo, sempre. Ha quindici anni, i capelli lunghi e tanti buchi alle orecchie e le mani candide, gli occhi così trasparenti che ti ci puoi specchiare, verdi di un verde dolce, di lago, forse, e di mare, il mare verde esiste. Così, l'ho invidiata. Ho invidiato il suo cantare a memoria le canzoni dell'iPod, le sue Superga distrutte, i suoi jeans un pò strappati, la sua emozione, che dava anche a me, che mi passava intatta, attraverso quegli abbracci e quegli sguardi complici, a dire, So Che Sai Che Cosa Provo, e questo è il regalo più bello che un figlio può farti. Abbiamo camminato, un pò in gita, a zonzo per una città che conosco come le mie tasche e che è stata la mia per un bel pò, e che amo, per quei suoi angoli così perfetti, i tavolini al sole, il profumo di certi bar, i giardini, i viali lunghissimi. L'ho accompagnata all'Olimpico, e sono stata in disparte, a vedere con me la se la cavavano, la sua amica e lei, fra migliaia di persone, per la primissima volta in mezzo al mondo. Ho lasciato che vivesse ogni momento, che si mescolasse alle persone, che prendesse confidenza con la folla e quel delirio di bandiere e quella fila interminabile e il caldo e la gente, i controlli all'ingresso e il chiosco dei panini e quell'odore di sagra che c'è sempre, o forse te lo immagini solo, quando c'è una festa. Ho invidiato la sua sicurezza e il suo smarrimento mescolati in parti uguali, e l'ho lasciata sul cancello, salutandola da lontano, TI Aspetterò Qui. Ti aspetto sì. Lascio che il tuo concerto che aspetti da mesi abbia su di te l'impatto che deve, voglio che tu veda tutto dall'inizio, non lo dimenticherai per tutta la vita, è così che succede, e ancora fra cento anni racconterai di questa volta, perciò, vivi tutto come devi, le bandiere e i bagarini, e canta, canta tutto e salta e balla, e piangi anche, perchè il cuore a un certo punto ti scoppierà sul serio e  quel boato all'inizio lo sentirai anche nella pancia e e quei fuochi d'artificio sembreranno caderti addosso in miliardi di briciole luminose e ti sembrerà che mai posto al mondo sia stato più bello di quella tribuna di stadio. Come faccio a saperlo? Lo so. Perchè trent'anni fa in questo prato c'ero anche io, e avevo le stesse Superga e gli stessi jeans un pò strappati, e i capelli lunghi come te e mille braccialetti e buchi alle orecchie,  e anche io cantavo e ballavo e saltavo e anche piangevo ed ero così felice e anche a me scoppiava il cuore proprio come a te. 
Sono tornata ad aspettarti, e ho cantato da fuori le canzoni che dentro stavi cantando anche tu.
Il mio cuore e il tuo, così vicini e complici, ognuno al suo posto, a cantare la stessa canzone. Forse no, nemmeno stavolta, l'invidia non c'entra.




21 maggio, 2012

Se non piovesse.

Pesante. Un fine settimana come non ce ne dovrebbero essere mai. Che se non piovesse, ti chiederesti perchè non lo stia facendo, così ho letto su Twitter. Ore tristi, segnate da una specie di peso, di malinconia impercettibile, non tanto perchè non si senta ma perchè non sai bene da che parte arrivi, certo che lo sai invece, dalla tv e dai giornali e dalle cose che senti e dai pensieri che non finisci, a metterti nelle situazioni degli altri, se fosse successo a me, a pensare e adesso, non importa tanto chi è stato, importa cosa ho fatto, chi si è portato via, la forza della natura e la malvagità degli uomini, gli uomini malvagi non è vero che esistono solo nelle favole, ci sono, ci sono eccome. Ci si raccoglie, ci si stringe alle cose e alle persone care, si chiamano i figli per sapere dove sono e quando tornano, come se fuori ci fosse pericolo, come se averli a casa ti facesse stare meglio, state qui che fuori piove, che fuori è buio, che fuori la terra trema e scuote, che è un sabato triste per tutti, che aveva solo sedici anni, che era una ragazzina come te. Ci si crea in questi casi un bunker di affetto e di vicinanza, si sta tutti insieme in cucina, e se qualcuno è sparso lo si va a vedere spesso, studi? una fetta di torta, vuoi un caffè? e  loro ti guardano e sorridono, Tranquilla Mà, sanno come sei, sanno cosa pensi, e il loro sorriso dice che sì, lo sanno eccome e che ci hanno pensato anche loro e che domani a scuola ne parleranno tanto e che, e che. Fuori piove e piove, il vento dei giorni scorsi ha frantumato il vaso della lavanda e i cocci sono ancora lì, sparsi nel pratino inzuppato. E' la malinconia a farti circondare di cose, a mettere le candele nei vasi vuoti della marmellata, i tuoi gomitoli, niente tv se non un film vecchissimo di quelli restaurati, chiacchiere sottili sul divano di casa. Ci si tiene stretti, agli altri e alle cose, si cercano risposte che non arriveranno mai, è domenica ma sembra un giorno senza nome, di quelli che non vorresti sul calendario, in un mondo arido e cattivo sembra così strano pensare che le lacrime di chi non ha più una casa potrebbero essere le tue, e quel padre distrutto col maglione blù mi verrebbe da abbracciarlo fortissimo ma non saprei che cosa dire, nè cosa fare, e a lui và il mio rispetto e il mio stupido pensiero, in una domenica terribile per tutti, dove tutti si sentono così incerti e in pericolo, una domenica che a casa tutti bene, certo, ma che se non piovesse, ti chiederesti perchè non lo stia facendo.

18 maggio, 2012

L'astronave.

Partirei. Così, senza biglietto, senza check-in, forse solo un bagaglio piccolo, una piccolissima borsa, quella con i cupcakes disegnati che mi ha cucito Miranda, uguale a quella di Cristiana. Ci metterei dentro una maglietta e una felpa, nello spazio farà freddo, lo spazzolino, un libro, già ma quale, il mio profumo, una mela. Partirei, un'astronave mi aspetta giù, in fondo alla discesa, vicino alle benne della plastica e del vetro. E' parcheggiata lì, ha una spia luminosa che gira, proprio in cima, illumina a tratti la strada, a tratti i campi da tennis, a tratti quell'aiuola che mi si stringe il cuore ogni volta e che trovo assurda e inutile e così insignificante, per il suo significato così terribile e per quel dolore ancora così presente, negli occhi di mio figlio grande, quando se ne parla, passa veloce come un'ombra in quegli occhi di sottobosco e io che sono sua madre lo so e lo sento che è così . L'astronave mi aspetta, non ho tempo di scrivere ancora, certo non starò via molto, ma avrei proprio voglia di guardare tutte le cose dall'alto, volare via, alzarmi piano e vedere la terra che si allontana, diventare tutto un puntino laggiù. Andrei lontano, lontano dall'IMU e dallo spread, dalla cucina in disordine, con la processione delle formiche che va a finire dove non so , ma chi telefona alle formiche per dire che proprio lì c'è il barattolo dello zucchero. Andrei lontano, chissà come si vede da lontano la Casa in Collina, con i fiorellini ai davanzali e quella distesa di rose profumatissime, ne ho già colte un sacco e disseminate un pò dovunque, perfino in bagno, sui libri, sulla scrivania dell'Illustrissimo, nelle camere dei ragazzi. Andrei lontano, guarderei dall'oblò, lo so bene che le astronavi non ce li hanno i finestrini, si guarda giù facendosi scudo con le mani, dagli oblò non si guarda fuori come dalle finestre, è tutt'altra cosa. Si vedrebbe anche il mucchio delle scarpe smesse, della Princi e mie, in questi giorni è di moda rifare gli armadi, che è una pratica che mi intristisce, comincio di gran lena e poi mi intristisco via via, e mi viene male a pensare che dopo, tutto quello che tiri fuori va rimesso dentro o perlomeno, gli và data un'altra destinazione, ma io mi separo a fatica dalle scarpe, e farei come faceva Caterina, che ho conosciuto bambina e ritrovo donna fatta, che  fotografava le sue scarpine, prima di buttarle via o regalarle.  La mia astronave parte fra pochissimo, dicono che pioverà, vedrò i lampi e i tuoni sul mio giardino e anche sul mare, che non è mica così lontano da qui. E' un'astronave speciale, faremo un giro su una stella, quella più vicina, voglio vedere se c'è davvero la polvere luminosa, ho con me un barattolo, ne porto via un pochino e torno presto, giusto in tempo per cena, ho voglia di volare e guardare tutto da un'altra prospettiva, da un'altra situazione da un altro mondo che invento lì per lì, dicono che pioverà ma da che mondo è mondo, alle astronavi, che piova o no non gliene importa nulla.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...