07 febbraio, 2014

Oggi mi regalo...

una giornata per me.
Ho tante cose da fare, ma mi regalo la lentezza nel farle, la calma, un pò di pace, nessun impegno pressante, nessun appuntamento serio, nulla.

Mi regalo un minimo di tranquillità, il lusso di fare tutto ma farlo come piace a me, senza girare come una trottola imbizzarrita, senza imprecare, senza arrampicarmi su scale, dedicarmi a lavori odiosi, senza dirmi E' Tardi, ma tardi per cosa.

Mi regalo un giorno bello, dove posso guardar fuori e dire Che Schifo di Cielo, ma poi se guardo bene il cielo color sogliola ha un suo fascino in fondo, e allora cancello e mi dico Ma Guarda Che Bel Cielo Che C'è.

Mi regalo dei bei pensieri.
Che forse è la parte più difficile, i pensieri non è che li vedi in vetrina e scegli i più belli, non sono i broccoli dell'Esselunga, che stai lì a scegliere quello più coreografico e poi non sai mai da che parte infilare il broccolo nel sacchetto, dal gambo o dalla testa, è una roba complicata.

I pensieri non si scelgono, ti arrivano alle spalle e nemmeno ti chiudono gli occhi da dietro per farti una sorpresa, Dimmi Che Pensiero Sono, no. I pensieri ti arrivano direttamente nella testa, qualche volta passano prima dal cuore e poi dal cervello, quasi mai il contrario, e si sdraiano per bene, si allungano fino ad arrivarti sullo stomaco, e schiacciano che quasi non respiri. Non sono mai belli, i pensieri che fanno così.

Scelgo però di fare la guardia, di mettermi sulla porta e far passare solo i pensieri leggeri, quelli da accarezzare come si fa coi gatti, quelli da coccolare, da bere piano, da tenere sul ripiano della cucina e da guardare ogni tanto, per essere sicuri che ci siano ancora. Quelli colorati e morbidi, i pensieri che ti fanno bene all'anima, non il passato, non le cose che verranno, ma le cose che hai, qui e ora, perle di una collana infinita, di giorni uno sull'altro, di piccole battaglie, di qualche vittoria, di un pò di delusioni che fanno più forte chi non vuole farsi schiacciare, chi vuole il meglio, chi non si siede a aspettare.

Oggi mi regalo pensieri così, pensieri che si schiantano nel cielo color seppia in un'esplosione di brilli e stelle filanti, e diamanti purissimi e perle lucide, ho una teiera nuova di zecca e due gomitoli morbidi, ho un'amica da far sorridere e un'altra con cui vedermi, più tardi, verso sera, non so.

Resto così, in equilibrio fra le mille cose da fare e una musica che mi balla in testa da ieri, non ho fatto la spesa e inventerò un pranzo regale con quello che ho, il silenzio di questa casa è una medicina preziosa, il letto è ancora disfatto, ho montagne di asciugamani e lenzuola da riporre negli armadi, con calma farò tutto, mi regalo perle di saggezza al mattino presto, cose belle solo per me, anche se fuori il cielo è di seppia, oggi è vietata la malinconia.

Che poi i broccoli. Meglio la vaschetta.

04 febbraio, 2014

Tutta colpa del divano.

già uno non ha tutta questa voglia.
in più, se si autoflagella con lavori assurdi, ecco che il quadro è completo.

Cambiare le fodere dei divani, lavarle, stirarle e rimetterle sù.
Un lavoro da massaie provette.
Quale io non sono.

che non era giornata lo sapevo già, lo si capisce dal mattino che giornata sarà, se già ti svegli appiccicosa di sogni assurdi, di pensieri strani, di angosce immotivate, di ansie che non sai da che parte voltarti, non basta la doccia tiepida a lavare via tutto, ti specchi e ti vedi una faccia che prenderesti a sberle, che faccia c'hai stamattina, e farsi le smorfie non migliora, non migliora un bel niente.

poi, ti punge vaghezza di lavare le fodere del divano. 
Errore. Errore Madornale.

Già a toglierle non è uno scherzo da nulla, poi il divano sfoderato dà idea di disordine, sciatteria, i teli che metti fanno tanto casa di nonna Speranza, crepuscolare sì, sono una donna crepuscolare e incazzata stamattina, insopportabile come solo le donne sanno essere certe volte, giro come una trottola e non combino un bel nulla, sono insoddisfatta, irrisolta e invisa e me stessa, ho sognato male, ho dormito male, mi son svegliata male stamattina, storta, di traverso, e adesso ci si mette pure il divano, un tira di qua e tira di là che non sopporto, e me ne rendo conto quando l'ho già disfatto per metà. Il punto di non ritorno.

Che donna bizzarra quella che si aggira per casa mia questa mattina di febbraio che piove umido e acqua e schifo, che qualcuno deve aver rubato il cielo e i fiori e le nuvole, anche, e tutti i colori.

Che donna sciocca va sù e giù per le scale di casa mia, spettinata e scazzata, che vorrebbe essere a diecimila miglia di qua, cosa c'è a diecimila miglia da qua, che viaggio devo fare, a quale gate, ho solo bagaglio a mano faccio in fretta, mi imbarco e via.

Che donna disordinata e insofferente sono stamattina, senza coordinate, senza cartina, senza nulla. Le cose si accumulano, i pensieri anche, è una di quelle tre giornate all'anno in cui non ce la faccio, in cui mi verrebbe da sedermi in giardino e guardare sù, se ancora ci fosse, il giardino, se si vedesse qualcosa guardando in sù.

Mi passa.
Passerà, certo.
Passa la tosse, la tormenta, passa l'odore di fritto dalla cucina, perfino la neve se ne va.
Passerà anche oggi.
E allora, ecco, ci sarà  ancora profumo di fiori, e il pratino verde e l'erba nuova, e allora, sì che sarà bello sedermi in giardino e guardare il cielo, che nel frattempo, qualcuno ha colorato coi pennarelli Carioca, quelli coi colori più belli, che ti regalavano a Natale.
Nel frattempo, il Dannato Divano è lì che mi aspetta, metà fodere da togliere, l'altra metà accatastata sul pavimento,  zero voglia e la frase killer Ma cosa Mi è Venuto In Mente.

Che poi, le cartine, nemmeno le so leggere.





27 gennaio, 2014

Sola in cucina.

le mattine difficili
i giorni lunghissimi
le volte che senti che non ce la puoi fare, non più almeno
mattine che non basta la radio a manetta
non basta e nemmeno ne hai voglia alla fine

che si sono lavati i vetri, dentro e fuori con un freddo becco, in equilibrio sul davanzale, finirò sulle rose se scivolo giù, i vetri e pure le tende e si stanno attaccando le fodere dei divani, così, per non star troppo a pensare

alla fine delle mattine come questa, o forse no, quasi a metà, c'è un momento di silenzio e di pace, come di raccoglimento, come in chiesa.
Il caffè da sola in cucina è una specie di medicina,  guarisce le notti insonni e i pensieri umidi di altri pensieri e di altri fotogrammi, a sovrapporsi.
Di solito, si cerca nella caffettiera grande e si riscalda quello che c'è già, un giro di valzer nel microonde, la tazzina a pallini che arriva dritta da un vecchio albergo sul lago, un regalo.
Ci si siede in un angolo del tavolo, un pò storte sulla sedia, e si guarda fuori in niente che c'è, il cielo promette neve, come sarà bello vederla attraverso i vetri tirati a lucido.

Da sola in cucina, il caffè ha un altro sapore, non è quello chiassoso con le amiche, pieno di chiacchiere e cose belle. Il caffè sola in cucina ha l'aria di una specie di benedizione, è pieno di significati nascosti, come piccole carezze, vedrai andrà tutto bene, vedrai, vedrai, vedrai.

Il caffè in un angolo del tavolo, nel silenzio e nella pace che pace non è ma solo mancanza di rumore, è un caffè che cura,  soffiate leggere a raffreddarlo, e piccoli sorsi per l'anima, balsamo per stanchezze improvvise di prima mattina, ambrosia, a nutrire e sollevare.

Si guarda fuori, la mattina più lunga volge al termine, il silenzio fra poco sarà musica e rumore, la tazzina a pallini e sciacquata lentamente e asciugata con cura. 
Nel riporla, uno sguardo ancora a un cielo pesante color seppia. E' vero, nevicherà.

23 gennaio, 2014

La Sera della Luna Gigante.

Era gigante sì.
Mai vista una luna del genere. E sì che di lune ne aveva viste tante, in collina, sul mare, nel deserto, perfino dall'altra parte del mondo. Questa qui era una luna speciale, grande quanto un mappamondo, un'enorme frittata, una specie di grande, grandissima palla dorata.

La strada di casa era così illuminata, da dietro i prati grandi e le colline, e i tetti delle case quel giallo bello rassicurante, con una luna così hai come la sensazione che tutto sia bello e perfetto, stirato e in ordine. Sorveglia dal suo cielo i sonni di tutti, le strade, i sentieri, i palazzi e i monumenti, sorveglia il tuo cuore. Sorveglia te.

Non era tardi, non aveva sonno, aveva in sè l'agitazione che ti resta dopo un esame, la sera del matrimonio, quella stanchezza felice che non vuoi assecondare per paura che svanisca tutto, come le bolle di sapone che guardi sì, ma che hai paura che fra un attimo, puff! colori e meraviglia diventan goccioline e niente.

Era stata una giornata fuori dall'ordinario, le luci rosa, i fiori e tanta gente, e abbracci e lucciconi, e lacrime di felicità, càpita così poco nella vita, di piangere ma di gioia.

Quella sera, la luna aveva deciso a modo suo di farle un sorriso, di abbracciarla un pò anche lei, che la guardava sempre, che la raccontava sempre. Facendosi grande nel cielo di quella sera senza nebbia, la luna aveva voluto dirle che sì, era stata brava, e che era giusto che fosse contenta, contenta di sè, per una volta, che riconoscesse il proprio impegno e tutto il lavoro e la fatica, e i giorni e le delusioni, anche. E tutto il bel lavoro che sarebbe venuto.
Quella sera era per lei.
Perciò, la luna si scrisse addosso un messaggio, così che lei potesse leggerlo tornando a casa, solo alzando gli occhi.

Era la Sera della Luna Gigante.
Una sera profumata e senza nebbia.
Fra le mani un mazzo enorme di rose e foglie grandi.

Guardando la luna vide scritto BELLA LI'.
Mai la strada verso casa le sembrò più luminosa.





20 gennaio, 2014

Ho imparato a sognare.

Perchè si impara, sì.
E anche quando non te lo aspetti, quando non sai, quando non capisci nemmeno da che parte tu sia voltata, si dice così, lo dico spesso, NonSoNemmenoDaCheParteSonVoltata, per spiegare che non mi ci trovo, che non capisco, che ho mille cose e in fondo niente.

Ho imparato a sognare.

Ho dei sogni, sì, ma non li tengo nel cassetto, che orrore. I sogni son materia speciale, se li tieni nel cassetto sanno di segatura e di chiuso e di vecchio, come certe credenze, come certi mobili del rigattiere appena li compri, sanno della vita di prima, della casa di prima e adesso sono lì, spaesate insieme ad altre credenze,  fra comò e sedie sbrecciate e salotti buoni scoloriti che vengono da altre vite, e dalle altre vite hanno assorbito profumo di sugo, di lavanda, di disinfettante, chissà, cassetti foderati con la carta coi gigli, fermata con le puntine da disegno. Arrugginite, adesso.

I sogni son fatti di lucido e di bello, di fresco e di profumato.
Perciò, li tengo accartocciati da qualche parte, come le banconote in fondo alle borse di certe amiche mie, che mai metteranno giudizio, lo so, e hai voglia a venderne, di lampadine.
I miei sogni li tengo in frigo, fra il barattolo della marmellata di arance che arriva da Trento e l'insalata già lavata. 
Li tengo lì, non si consumano, non vanno a male, sono lì.

Ho sogni normali. Sono passata quasi indenne fra cerchi di fuoco e foreste amazzoniche senza nemmeno un'accetta o un fucile, fra sentieri scoscesi di sassi e vetri rotti, fra strade infinite senza cartelli, senza indicazioni, senza niente.
Ho attraversato il deserto, ho valicato montagne di dolore e di malinconie, di giorni pesanti e sguardi persi, mi sono smarrita qualche volta, ma ho sempre ritrovato la strada, la mia strada.
Ho qualche cerotto, qualche piccolo livido che nemmeno si vede, qualche graffio leggero, nessuna cicatrice visibile, se non si vedono te ne dimentichi alla fine,  mi han chiesto giorni fa quale fosse un mio pregio. Ci ho pensato un pò, non è mica facile. Ecco, sorrido, ho risposto, sorrido molto. Adesso, forse direi : Ho Dei Sogni.

I miei sogni sono perle preziose, li tengo sotto al cuscino insieme al pigiama piegato sempre a rovescio, li tengo nel cestino dei gomitoli, nella scatola dei biscotti, nel bicchieri degli spazzolini, così li trovo ogni mattina.

Amo i miei sogni come si amano le cose fragili e preziose, anche se fragili non lo sono poi tanto, li ho da tanto tempo e sono ancora tutti lì, in fila, ordinati qualche volta, scompaginati certe altre, e quando li cerco li ritrovo tutti, belli e trasparenti come appena sognati.

Non mi servirà nè accetta nè fucile, nè cartelli nè indicazioni, se avrò i miei sogni con me.


10 gennaio, 2014

SlowMotion.

Con calma.
già si è iniziata una settimana che in un flash era già venerdì e questo ci piace tanto.
Poi si prendono le cose una per volta, con calma, con molta, molta calma, procrastinando qualche volta, Uhm, Questo Lo Posso Fare Anche Domani, o Dopodomani.
Giusto per non dannarsi troppo l'anima.
Mi piace gennaio.

Mi piace perchè fa freddo.
Perchè c'è  ancora in giro in qualche angolo della casa un nastrino dorato, un babbinonatale, il dispenser del sapone con le renne. E' come a dire, la festa è finita sì, però che bella che è stata.
Mi piace perchè è pieno di promesse. Di belle promesse.
Farà questo, farà quell'altro, da quest'anno si cambia, andrò, leggerò, farò, farò, farò.
Non importa se poi fra una settimana ci si è dimenticati di tutto. I buoni propositi valgono anche solo a farli, a pensarli, non importa se poi si disattendono, si dimenticano, si lasciano lì.
Gennaio ti seduce coi saldi, la neve, il thè fumante del pomeriggio, i gomitoli per nuovi progetti e le albe mozzafiato.
Gernnaio è la parte calma dell'anno, quella lenta, il letargo di tutti i pensieri, quella che ci metti un pò a capire le cose, quella che hai voglia di cose nuove ma che stai bene anche con quelle che hai già, fossero scarpe, persone, idee o sensazioni.
Gennaio parte piano. Dopo tanto clamore e feste e lustrini e montagne di stoviglie e carte da regalo, insalaterusse e cornamuse, lui celebra, se non il silenzio, la chiacchiera sommessa, il sussurro per non svegliare chi dorme ancora o dorme già, il buio presto del pomeriggio, le candele, una coperta in cui avvolgere la propria vita e tenerla al caldo, preservarla da screzi e correnti, strattoni e scivolate. 
Un anno è lungo e va iniziato con metodo, lentamente, senza spingere, senza fretta, senza correre e correre ma per andare dove  poi.

Amo gennaio e i suoi giorni gelati e caldissimi, tempo ci sarà per deliri e affini.

Io resto qui, per il momento, al caldo di pensieri belli da pensare, con piccole vittorie e una maglia da finire, con progetti ambiziosissimi che si covano da soli, rimboccherò loro le coperte e fantasticherò, è così bello parlare al futuro.

03 gennaio, 2014

Oro.

Diciamo che non ne ho avuto il tempo.
I regali da scartare, le briciole del panettone, c'è sempre qualcuno che scarta l'uvetta e i canditi.
E poi abbracci e baci e divani pieni zeppi di persone, quelle tue, quelle che hai dentro, appiccicate addosso.
E poi bigliettini e candele e neve, quanta neve, soffice, intatta e bellissima e menootto e menosette, l'annocheverrà, e gli amici di sempre, quelli veri, quelli belli, quelli che ci cucini insieme e gli rifai il letto, mentre ci sei, e ci ridi così tanto che ti vengono le lacrime ogni volta. 

Non ho avuto tempo.
Di pensare a quello che si pensa di solito, i primi giorni di gennaio, che cosa farò, che cosa faremo, che cosa vorrei, chissà.
Non ne ho avuto il tempo, lo trovo ora.

Non ho grandi desideri, in effetti, e forse è la prima volta.
Duemilaquattordici cosa voglio da te.
un bel niente, mi vien da dire.
Niente che non siano le cose che ho qui, le persone che amo, niente che non siano le mie passioni, le mie idee i cinquecento progetti che ho.
Voglio il tempo.
per fare le cose che mi piace fare, per scrivere, leggere, imparare tutte le cose che mi piace imparare e sono così tante.
Voglio la forza.
per altri dodici mesi di cose, che non sono sempre di pizzi e trine, anzi, non lo sono quasi mai, ma che ho imparato a gestire al meglio, a farmi un pò scivolare addosso le cose, con una filosofia fatta in casa, tirata a mano come la sfoglia, al mattarello. Le cose della vita pizzi e trine lo sono raramente, ma ci vuole un attimo a trasformarle. Ecco.
Voglio la ragione.
Non averla, ma usarla. Qualche volta, non sempre.
Voglio la leggerezza e la melodia, voglio pomeriggi pieni di cose normali, voglio la radio bassa la mattina presto in cucina, le finestre spalancate sul pratino sfatto dall'inverno, voglio un cestino di profumi di casa, le mele, la cannella, la legna bruciata,  la lavanda dentro al gufo, il thè che sa di bosco.

E voglio il cuore, il sentimento, i pensieri che penso prima di dormire, le poesie di Fosca sul comodino, voglio chiacchiere leggere, voglio vicino le persone che scelgo, che piacciono a me, che sono come me, vicine, simili, non proprio uguali ma quasi.. E' il segreto della felicità.
 voglio un anno pieno di cose semplici e bianche, non ho bisogno d'altro, non voglio altro, solo questo.

Preziose per me son le cose che voglio.
Voglio il bianco della neve, bianco come il tavolo grande, bianco come il litro di latte che scaldo al mattino quando siamo tutti, bianco come l'anima quando l'anima è bianca, bianco come il cielo certe mattine di gelo, bianco come la nebbia che mi ostino ad amare, bianco come un foglio vuoto, da riempire, un disegno, una faccia o mille parole, per inventare una storia, ne invento una adesso, subito, così, La Storia del Bianco Diventato Oro.
Voilà.
Buon anno.
Bianco, oro, o tutt'e due.








23 dicembre, 2013

I giorni prima di Natale.

Che belli sono.
Cioè, dipende.
I giorni prima di Natale sono quelli che prepari tutto, che ti svegli presto per stirare quei millecinquecento tovaglioli che serviranno, che sono quelli rossi e a disegnini, quelli che hai trovato al mercato e che staranno un amore con la tovaglia bianca e le lucine e i melograni da centrotavola.

I giorni prima di Natale sono pienissimi di cose da fare, ma tu devi knittare a velocità supersonica un maglione a trecce azzurro polvere e incartarlo con la carta da pacco e lo spago e metterci un cuoricino di legno e scriverci a pennarello Enrico, che tutti gli altri li hai già fatti e sono già lì e questo è l'ultimo e ce la farai, ti manca una manica ma ormai è fatta. Gli piacerà.

I giorni prima di Natale sono quelli delle pulizie mondiali, compreso il dannato lampadario della cucina, di quelli che pulirli è un delirio vero, tutto gocce e cristalli e riflessi, che se c'è una macchiolina invisibile si vede subito, qualcuno giura di aver visto nei giorni scorsi pure una ragnatelina impercettibile, rimossa velocemente e al suo posto una ghirlanda di cuori e fragole ricevuta in dono. Si sa, le ghirlande di cuori e fragole sono fatte apposta per correre in soccorso di casalinghe assurde che non c'hanno sbatti di pulire il lampadario. Non alla perfezione, almeno.
I giorni prima di Natale sono quelli che ti vengono in mente tante cose, tradizioni di una famiglia disintegrata, la sera delle 7 cene, che è stasera, dove si devono mangiare 7 cose, chissà perchè. L'insalata russa di mia nonna, gli zii di Genova in visita che dormivano in salone, l'albero di Natale vero e profumato che veniva poi piantato nel giardino, in quel praticino perfetto di erba piccola e muschio, mia mamma lo chiamava così, praticino, alberino, usa sempre i diminutivi, mia mamma.

I giorni prima di Natale sono quelli che ti prende a tratti una malinconia piccola, che sembra nascosta dalle palline rosse e invece ogni tanto eccola lì, ti prende quando non sai, mentre sei lì a guardare una tazza buffa da regalare a non sai chi, davanti a una vetrina dove compreresti tutto, mentre guardi gli astici rassegnati al banco del pesce.

La malinconia di Natale, ho scoperto, si combatte con gli abbracci.
Quelli veri, delle persone che sono vicine a te tutto l'anno e di più a Natale, di quelle che non hanno bisogno di tante menate, di quelle che sanno e lo sanno bene, di quelle che sono nel posto giusto al momento giusto, sempre, e a Natale sono sempre al loro posto, che è quello più prossimo, più vicino a te.

Gli abbracci di Natale sono quelli che ti fanno dire che bei giorni questi qui, che ti fanno pensare che hai voglia di festa e di luccichii e di un vestito rosso e di ballerine dorate, di cose belle e di pacchettini, non da scartare ma da far trovare, inaspettati, sorprese lucide, le migliori, le più luminose.


Abbracciate molto, questo Natale.
E' l'unico modo che si ha per cambiare le cose, per farne capire altre, per scacciarne altre ancora.

Sarà un bel Natale rosso e brillante, semplice e bellissimo, il lampadario non sarà pulitissimo, la tovaglia non sarà stiratissima, ma auguro a tutti le cose più belle, un pacchettino minuscolo e praticini di muschio con alberi veri, ritorni a casa, vestiti rossi, ballerine dorate e un cuore che balla.



11 dicembre, 2013

Simple Christmas.

Così sei una blogger?
già.
e da quando?
Beh, da quasi 8 anni. ( ussignur, 8 anni a marzo. Il mio blog va in terza elementare)
E cosa scrivi?
Bella domanda. Di tutto, Di me, principalmente, e poi di figli, casa, animali, cose...
Ah
Cosa vuol dire, AH.
Ah ma...quindi fai anche dei tutorial?
Uhm no. In realtà no.
Eh beh, che blog è il tuo, se non ha almeno un tutorial?


Ladies and gentlemen....il primo tutorial di Fragole Infinite.
Lo chiameremo Simple Christmas.
Oppure Acqua Calda, perchè non è proprio niente di speciale.

Occorrente.
3 vasi di vetro recuperati  (marmellata, nutella ecc)
mezza scatola di sale grosso da cucina.
3 candeline piccole (tea light)
un tubetto di brillantini
un bel nastrino rosso o a quadrettini o come vi piace
adesivi a cuoricino brillantinosi di Tiger ( al quale, non è mistero, son pesantemente rimasta sotto)

Esecuzione.
* Lavare benissimo, ma benissimo eh? i vasetti di vetro.
* Asciugarli alla perfezione.
* Versare sul fondo di ogni vasetto 3/4 cucchiai di sale grosso.
* Scuotere un pò affinchè non ci siano montagnette e/o buchi e/o pasticci
* Spargere con grazia una quantità ragionevole di brillantini, non troppi. Il sale grosso luccica già da solo, lo sapevate? e mettendone poco si scongiura l'effetto Natale con Moira degli Elefanti.
* Posizionare con delicatezza la candelina sullo strato di sale.
* Legare il nastrino all'imboccatura del vasetto. Se non ne vuole sapere di stare al suo posto, potete fare uno zip di colla a caldo o di colla UHU.
* Se avete a portata di mano un Tiger sappiate che vi sono vicina, e che mai mi capita di passare per di lì e di non entrare, così, giusto per fare un giretto e poi uscire con una quantità di cose meravigliose: la felicità, qualche volta, è uno scotch brillantinato a euro 2. O uno strofinaccio coi cuoricini, per dire.
Comunque, se avete sottomano un Tiger, recatevi colà ed acquistate alla modica cifra di euro 3 un sacchettino di cuoricini glitterati, adesivi, perfetti per ogni occasione, in sovrappiù a Natale. Cionondimeno. E anche quantunque, che non ci facciamo mancare niente.
* Incollate il cuoricino, possibilmente dritto, sul vostro vasetto.
Esecuzione terminata.

Posizionate i vasetti così apparecchiati in un luogo buio della casa, un davanzale magari, o sul camino.
I bagliori delle tea lights, soprattutto in queste sere di nebbia, daranno alla vostra casa un aspetto romantico e fascinoso.
Se non vi riesce di accendere le candeline e siete momentaneamente sprovvisti di lanciafiamme, basterà accendere le candele con uno spaghetto crudo, ma acceso. Genio eh?

bene, adesso anche le Fragole hanno il loro tutorial.
Bah.
Che significa Bah.
Sto pensando al nome.
e quindi?
Era meglio Acqua Calda.

Certe genti, l'arte proprio non la capiscono.

07 dicembre, 2013

La tovaglia.

Ci sono dei posti, in tutte le case, che si aprono una volta all'anno.
Per trovare il materassino, per i vestiti di carnevale, per le tovaglie di Natale.
Ecco.
Come molti, entro nel mood natalizio solo con il week end dell'Immacolata. Non prima. Ed è per questo che da ieri la mia casa è in assetto di guerra, con scatole, scatoloni e fili e luci e palline e cose.
In realtà, questa condizione tocca solo me, nonostante i numerosi abitanti di questa casa, che reputano uno sbatti mai visto occuparsi degli addobbi di casa, ma alla fine mi va bene, faccio quello che mi va, dove mi va e quando mi va, senza dover discutere dove come e di che colore.
Stamattina m'è punta vaghezza di iniziare a utilizzare le tovaglie di Natale, in quale casa non ve n'è almeno una.
Così, ho aperto il baule.

Dentro, piegata nemmeno benissimo, un bel pò di biancheria.
Tende di altre case, tende a quadretti azzurre delle stanze dei bambini, i paracolpi dei lettini e della culla, tende con gli orsi, tende del bagno con papere sotto la doccia. E tovaglie.

Ho trovato una tovaglia che non ricordavo, di un rosa un pò stinto, devo averla messa in candeggina per togliere delle macchie di frutta, pesca, forse, che non ne volevano sapere di venire via, e non che la sia adesso ma di certo all'epoca non che fossi un'esperta di macchie e lavaggi e candeggi.
La tovaglia rosa con le scritte in francese l'avevo comprata non ricordo dove, ma ricordo benissimo il periodo, la casa col glicine e i tigli, la ghiaia fine e le panchine di pietra.
In quella casa, i miei figli maschi ci sono nati, il più piccolo ha imparato a camminare in quel corridoio lunghissimo a piastrelle bianche e nere, ci sono stati una serie infinita di compleanni e feste di carnevale e capodanni e Natali, un battesimo anche.
La tovaglia rosa, stinta e mal stirata, mi ha riportato pensieri dolcissimi e struggenti, di quando ho fatto la nutella con le nocciole, di quella volta che non so chi di loro aveva avuto la febbre a 41, di quando Pietro a tre anni aveva infilato la testa nella balaustra di cemento e non usciva più, di quella sera coi tuoni che mio marito arrivò con un cane.
La tovaglia rosa mi ha seguito in ogni casa che ho cambiato, ma non è più stata usata, chissà perchè. Passata di moda, forse, fuori misura per il tavolo di adesso, dimenticata in un baule giallino che si apre una volta all'anno.
Eppure, mi ha ricordato cose che credevo perse, che credevo lasciate là, nella cucina verde di quella casa così bella e grande, dove sono stata felice come mai nella mia vita, mamma nuovissima di una nidiata di figlioli, mani appiccicose sui muri immacolati, la varicella, quella punizione esemplare per essere usciti dal cancello, le rotoballe e lo Schiavo Morente in corridoio, spesso con una freccia a ventosa piantata da qualche parte.

Ci sono cose che ti porti dietro, che non trovi per un pò e poi eccole lì, all'improvviso, a dirti cose che già sai ma che fa bene sentirsi raccontare di nuovo, non è così anche con le favole?

La tovaglia rosa racconta un pò di me, ha con sè un pò della storia di questa famiglia così forte e bellissima, la stessa che disegnavo sul diario alle medie, e le sono grata di essersi fatta trovare in un periodo come questo, dove qualche volta ho vacillato, dove qualche volta mi sono sentita smarrita e senza soluzioni, salvo poi trovarle tutte nei sorrisi dei miei figli, di quei bambini biondi che su questa tovaglia ci hanno anche colorato coi pennarelli indelebili e ci hanno sbrodolato la pesca e mangiato il gelato.
Le macchie restano, a ricordare le cose di una vita, i momenti che nessuno ti porterà via.
Mai macchie mi sono sembrate più belle, mai tovaglia più elegante di questa, stinta, stirata male, fuori moda e fuori misura.

I miei bambini, bambini non sono più.
Non sono più in quella casa e il mio cane non si chiama più Pluto.
Io, nonostante tutto, sono sempre la stessa.



04 dicembre, 2013

Canto in macchina.

E forte anche.
E bene anche.
Spesso con mia figlia, che invece canta meglio. E spesso mi faccio cantare quella canzone di Brahms che ha imparato a coro, che ogni volta mi vengono i lucciconi.
Canto, canto spesso anche in casa, lavando il pavimento, stendendo le lenzuola in quel marchingegno su cui mi devo arrampicare, in lavanderia, e mi sa che un giorno o l'altro mi gioco una tibia, me lo sento.
Canto perchè sono contenta, canto perchè sono bei giorni di sole d'inverno e il sole d'inverno sotto Natale mi fa felice e luminosa, come il giardino appena sveglio, chi ha seminato diamanti invisibili nel pratino?

Sono giorni lisci di cose belle, amiche a chiacchierare in quel posto che ci piace tanto, un pò casa un pò laboratorio, un pò confessionale un pò salone delle feste. Avevo bisogno di loro, come hanno fatto a capirlo, come fanno le mie Amiche a sapere esattamente quando e come e dove e perchè.

Canto, struggenti canzoni d'amore, con tutti gli uuuh uuuuuu uuuuuuh, e pure canzonacce da osteria, come alla festa coi miei compagni di scuola venerdì scorso, che ridere.
Canto da Tiger, dove c'è sempre una musica bellissima, i Beatles, Marvin Gaye, chissà chi la fa la selezione da Tiger, secondo me lo fanno apposta per farti stare di più e riempire il cestino di cose inutili e bellissime, graffette a forma di pinguino, quadernini delizia e carte colorate e altre cose mai più senza.

Canto per tirarmi fuori, perchè ne ho bisogno, perchè so una quantità invereconda di canzoni a memoria, perchè mi piacciono i miei giorni di adesso, perchè so che le cose fanno giri strani e ti fanno sentire male malissimo e bene benissimo nel giro di pochissimo, e tutti questi superlativi assoluti per dire che io vado avanti, che canto sì, qualche volta perchè così mi passa tutto, e che lo so che la vita è fatta di cose belle e di cose bellissime, ma anche di cose tremende e terribili, che ci sono quei giorni in cui piove di tutto dal cielo, e allora io ci canto sù, mi aiuta e mi fa stare meglio, e mi fa vedere le cose nel modo giusto per non impazzire, per dare a tutto la giusta dimensione, per riuscire a vedere non la brina e il gelo ma diamanti invisibili proprio lì, nel pratino.





Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...