Ci parliamo sempre
davanti al lavandino. E’ il posto dove non ci sente nessuno, sono tutti di là a ridere e a parlare e a
raccontare delle cose, che bisogna farne per raccontarne, lo dice sempre Pier.
Lo dici sempre anche tu. Che spettegolate, che ridere, che piangere anche, i
tuoi libri di ricette, tu che lavi ed io che asciugo ma anche il contrario,
DoveTieniQuesto?
Vicino al lavandino con le piantine aromatiche, la menta, il
basilico, il peperoncino no, quello ti è morto subito, e ti è dispiaciuto così
tanto. Ma ha resistito più del mio. La tua cucina è sempre stata bellissima,
design puro e tocchi di grazia, la tua. Le tovaglie a pois, la cura che metti
nella scelta delle cose, ho imparato tanto da te, i tovaglioli così, i piatti
viola che metti sempre quando vengo qui. Parliamo sempre tanto, metti su cene
per 10 in 5 minuti, con Luisa è sempre stata una tua specialità.
Sono qui ancora, davanti
al tuo lavandino.
C’è uno dei mille strofinacci
che ti ho ricamato io, mi tieni vicino anche se non sono qui, e che colpo è
stato, vederlo, per me.
E quante cose, quanti
pensieri, quanti bambini, quanti ragazzi,
le pizze, i viaggi, Eurodisney ma quante volte, ce n’era sempre uno in
più, ogni volta. E il mare, Londra, le caldarroste, i picnic di ferragosto, la neve, i capodanni, e il mare, quanto mare, e
quella festa di domenica. Domenica prossima.
La tua casa è silenziosa.
C’è un uomo distrutto, un
ragazzo che piange, una ragazza che si fa forte.
Manchi tu.
Ognuno si aspetta di
vederti entrare dal cancello, i riccioli, la spesa, la busta grigia del
negozio, che sorridi, luminosa.
E luminosa sei, ma chissà
dove, ora, da quando un camion ha schiacciato te, i tuoi sogni, la fede che ora
Eugenio, l’amore della tua vita, tiene al mignolo, ammaccata e preziosa. Ancora
più preziosa adesso.
Che strada avrai, in che
mondo sarai, e perché mai, e dove andrai, e dove sei ora, e come facciamo noi,
cosa faremo qui, che nemmeno è ancora vero, che parliamo di te al presente, che
sei qui, qui vicino a me, nella tua cucina e io che lavo i tuoi piatti e tocco
le cose tue, trovo tutto questa volta,
senza chiederti, perché chiederti non posso, non posso più, e abbraccio Lorenzo come fosse mio, e tu i
fiori alla rotonda, tu che nessuno ti può vedere e io che ti porto le ortensie
del tuo giardino, dimmi come fai ad averle così viola, le ho colte stamattina e
ci ho legato il banner della corsa di Parigi, dovevi esserci anche tu.
Così, ci lasci qui, tutti,
con il cuore muto che cade per terra
Raccoglili tu, Silvia,
amica della mia vita di sempre, raccogli i cuori di tutti e portali via, portali
con te, ovunque andrai, ovunque sei.
Mancherà il mio.
Che si è perso nell’acqua
dei piatti e scivola giù, fra la schiuma e l’impossibile, giù da questo
lavandino.