Fu ad aprile che tornarono.
Non era quel che si dice un aprile consueto, ma quali erano stati mesi consueti, da ultimo?
Si erano attraversati mesi infuocati e mesi ghiacciati e aridi ma anche colorati a pastello, appena appena, o a tempera fortissima, a tinte di immotivata, semplice felicità, così intatta che nemmeno ci si riteneva di figurare fra gli aventi diritto.
Superate le rocce e i deserti, furono prove tecniche di vita, di ritorno in un certo senso, alle rassicuranti consuetudini, così come ai cambi di corsia. alle corse in discesa, di quelle che ti fanno arrivare in fondo senza aver ben capito come hai fatto, eri tu che correvi o la strada che ti trascinava, eppure, eccoti lì.
Fu d'aprile, sì.
Un aprile di molte scoperte. di cose nuove che avevamo nascoste sotto al naso, della riscoperta di spazi di casa non utilizzati, di angolini ritrovati, di copertine morbide da cui farsi abbracciare su questa o quella poltrona, fino ad allora pressochè ignorata.
Si scoprì molto, in quell'aprile del duemilaventi.
Per esempio che si poteva sopravvivere e anche con una certa facilità, a non inorridire nello specchio alla visione dei propri capelli non proprio perfetti. Anzi, ci si dedicò con grande cura per risanarli, per liberarli almeno per un pò dallo choc delle tinture, dei riflessi e di tutti quei bei nomi affascinanti, shatush, balayage,caramel, well blended e altre corbellerie.
Per un pò, i capelli si sarebbero portati naturali, e le pieghe fatte nei modi più impensati, con le cuffie la notte, pure riscoprendo attrezzi diabolici in fondo ai cassetti come piastre e arricciatori.
E con l'amato ritorno di Messer Bigodino.
Si scoprirono nuovi rossetti nell'armadio del bagno, e nuovi smalti da far asciugare all'aria, che si sbeccavano spesso, è vero, ma che si potevano cambiare ogni giorno.
Non fu un delitto, in quell'aprile, sfoggiare i pigiami belli, quelli tenuti per sere speciali, e magari osare anche vestaglie che si erano acquistate per le maternità e mai messe o quasi.
Leggere un libro già letto non fu considerato da insani mentali, e di nessunissima patologia soffriva chi rivedeva per la quindicesima volta Pretty Woman o Indovina Chi Viene a Cena, anticipandone pure le battute.
Si stava molto in cucina, quell'aprile.
Si cucinava ogni genere di conforto, dapprima un pò sbuffando, poi prendendoci sempre più gusto.
Le torte diventavano sempre più raffinate e complicate, si sfornavano biscotti di ogni foggia, dolci e salati, qualcuno si avventurò nella preparazione degli gnocchi e non solo il giovedì, le torte salate erano considerate ormai di routine come preparare un caffè, dacchè la frolla non era stesa e pronta ma preparata anch'essa in casa, con il Kitchen Aid.
Si sopravvisse senza il rito dell'aperitivo nel verso sera, scoprendo che una chiacchiera alla finestra, con le patatine fatte nel forno e i calici di casa propria erano sento volte più belli.
Si imparò il nome del dirimpettaio, si imparò a cantare dal balcone e dal balcone stare in silenzio, che proprio silenzio non era mai, tante le sirene e le campane.
Questo segnava il passo di quell'aprile inconsueto, di quei giorni di alberi fioriti visti da lontano, di cose rimandate, di sentimenti misti, mancanze e vicinanze, perchè si comprese una volta di più che non la distanza, non il tempo, ma il cuore e il sentimento.
Le persone non cambiano.
E quelle buone restano buone e quelle piene di livore e di rabbia restano così, nè tali nè quali.
Il Come Stai assunse un significato diverso in quell'aprile.
Era sapere sì, lo stato di salute, ma voleva dire anche Cosa Pensi, lo so che sei triste, che vivi in una città martoriata oppure che hai perso qualcuno di famiglia o che sei medico in prima linea e infermiera di Terapia Intensiva e ti chiedo se sei stanca, se ce la fai, o che hai perso il lavoro e non hai da fare la spesa, e non hai la stampante per i compiti dei tuoi figli...e mille cose ancora.
Fu quell'aprile che si comprese molto della propria vita. In quei silenzi, in quel tempo, in tutto quel Niente da Fare si fece la conta delle ferite e delle carezze, dei baci e degli schiaffi in pieno viso, si dedicarono pensieri a persone lontane e perse, chissà come sta, chissà, chissà.
Ci fu tempo per tutto.
E fu in quell'aprile che tornarono le Fragole.
Dopotutto, era stagione.
Grazie a chi aspetta sempre, a chi non dimentica, a chi aiuta come può, a chi resta a casa, a chi non si da per vinto, a chi inventa ogni giorno un modo per sorridere, a chi balla in cucina lavando i piatti, a chi non si vergogna di aver paura, a chi rinasce ogni volta.
Grazie a Carla, che in un istante, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, che mi salva sempre e che forse, salva anche lei.
E grazie, aprile duemilaventi, per averci preso così tanto ma così tanto insegnato.