15 ottobre, 2010

Rossastre Ortensie.

Raccolte al volo, domani sarebbe stato troppo tardi. Devono prendere una sola nebbia e una soltanto, non la brina, non la pioggia, non l'umidità delle notti che verranno. Sono rossastre ed eleganti, di una bellezza contadina ma chic, al massimo del loro splendore autunnale. Mi piacciono di più così, le preferisco a quelle estive, stucchevoli, queste no, decadenti, romantiche, imperfette, eppure bellissime, vermiglie, sfumate da un pennello sapiente, non sono rosa, non sono rosse, hanno qualche puntino violaceo qua e là, e qualche petalo di un beige chiaro, che è il colore dell'autunno lo sanno tutti o quasi ma è metterlo insieme a questo cremisi che le fa vincenti. Le rossastre ortensie di nulla o quasi abbisognano per rimanere intatte nella loro meraviglia. Basta un vaso vuoto, e toglier loro la più parte delle foglie, lasciandone qualcuna giusto così per fare un pò di scena. Scegliere per loro un luogo tranquillo, non troppo caldo e non troppo freddo, non troppo buio, non troppo e basta. Loro, tranquille lo sono di natura, hanno quella dolcezza mite che accarezza l'anima di chi le guarda, sono fatte di mille fiorellini tutti uguali, e insieme fanno un trionfo di geniale perfezione. Il miracolo delle ortensie si è compiuto stamattina, la prima vera nebbia nel pratino, un bel movimento di vai e vieni nella Casa in Collina, una torta sofficissima già pronta per  la merenda dei figlioli propri e di quanti vorranno unirsi a questa calma, a questa semplicità, a questo sublime niente che rende liberi.

13 ottobre, 2010

L'erbario.

Ma Come Fai Mamma. Già. Come faccio non lo so neppure io, bambina. Ci sono cose di miliardi di anni fa che ricordo alla perfezione e altre invece no, che è passata solo mezz'ora o un giorno soltanto. Io conosco le piante. Le erbe. I fiorellini del prato.Beh, non tutti, certamente. Un bel pò. Quanto basta per far meravigliare la PrinciRubaScialli. Lo vedi? Questa è la coda di cavallo, e quest'altra la Borsa del Pastore, non so il nome latino, ma lo so in emiliano, va bene lo stesso? Appartengo a quella generazione di alunni volonterosi, non troppo studiosi, le scuole medie negli anni 70, gran rivoluzione intorno ma noi belli sciallàti alla Scuola Media Statale GiuseppeMariaGiulietti, che ci mettevi tre ore a fare l'intestazione dei quaderni, meno male che ho un nome cortissimo. Ebbene, alla scuola Media Eccetera si faceva l'erbario. Che tradotto voleva dire: Bene, ragazzi, ora andate a casa, stremate genitori e nonne e fatevi accompagnare su per i bricchi a cercare le erbe più astruse, mettetele con precisione tra due fogli di giornale, piazzateci sopra cinque o sei volumi di Conoscere, che era Wikipedia, solo da sfogliare, e aspettate una settimana. Poi, incollatele con attenzione sul quaderno e descrivetele con parole vostre. Meraviglia. A me che non sono scientifica per nulla questa cosa mi piaceva assai e mi dispiace così tanto che il mio erbario e quello di mio fratello siano andati perduti in qualche trasloco. Il quaderno diventava spessissimo, pieno di colla e e profumava di fieno e lavanda. Li avrei conservati volentieri, per mostrarli ai miei figli, per riguardarli io, vedere la mia calligrafia di allora, ho perso anche il quaderno della prima elementare, il 1 ottobre 1969, San Remigio: una pagina di i, e il disegno di un imbuto sghembo colorato di viola, avrebbero dovuto capire da allora che qualcosa non andava, e forse a cercar bene nel mio erbario avrebbero trovato ben pressato e descritto, una rarissima specie di fungo allucinogeno. O qualche altra erba misteriosa. Fatto sta ed è che ora me la tiro un sacco, con la Princi, a declamare il nome di fiorini e erbettine, anche se di qualcuno so soltanto il nome in dialetto. Ma alla Gelmini, mi sa che non gliene importerebbe granchè. Così, con questi pensieri agresti e semplici , testè mi accingo ad iniziare come si deve una bella giornata d'autunno pieno, e a pensare che forse di erbe ho abusato, il cielo mi ascolti, se di mattina presto mi viene in mente l'erbario e le ricerche e l'enciclopedia Conoscere. Tutta colpa di quell'imbuto viola.

12 ottobre, 2010

Da che parte vuoi stare.

Mi gira in testa da qualche giorno, è una bella canzone, io non ci vado pazza per Ligabue, ma so che le sue canzoni fanno innamorare, di loro, dico, che le canti per giorni e giorni, sono un pò tutte uguali, ma forse, proprio per questo sono belle. Che bel sole d'ottobre spunta piano di là dalla collina, che bel profumo, che bel niente tutto intorno, e quante cose, quante storie devo scrivere, ci sarà una sorpresa il primo dicembre, come l'anno scorso, del resto, e allora sono qui che penso e penso, inventare storie  non è mica così facile, è bello sì, perchè ci puoi mettere dentro tutto quello che vuoi, personaggi ed interpreti, anche se alla Holden mi avevano detto che non ero tanto brava coi personaggi, che mi dilungavo troppo, troppe caratteristiche, troppi aggettivi, una menata, perciò. Sto dalla parte di chi va piano, di chi fa le cose per puro piacere, di chi si inventa ogni giorno un sogno nuovo da tenere lì, e quando saranno troppi, lo scuoterò fuori nel prato, li guarderò volare via, ma non mi importerà, perchè ne avrò già almeno tre da rimettere dentro. Sto dalla parte delle cose semplici, della normalità, mi tengo alla larga dalle persone pesanti e che opprimono, e che mi mettono di cattivo umore, ce ne sono un sacco, non ci vuole uno scienziato a capirlo, ma forse uno bravo può aiutare, e allora ok. Sto dalla parte delle cose mie, di questa casa che amo, perfino il suo disordine, la polvere sotto i letti, le fodere dei divani un pò consunte, il pavimento rigato, perchè tutto questo la rende unica nel suo genere, una bolla di pace dentro una confusione cosmica, un'isola bella, un abbraccio costante. Sto dalla parte di chi ci abita, sono pronta a sbranare chi fa loro del male o anche soltanto chi li ferisce, in qualche modo. E infine, sto dalla parte mia, tifo per me, sono giorni che forse ho capito quale è la mia parte e da che parte devo andare per trovarmi, è un concetto complicato e che non riesco a spiegare, ma che ho ben chiaro in mente e l'ho scoperto da poco, non so come e non so l'attimo esatto, ma lo so, io lo so, e allora che continuino questi bei giorni di pace e di sottile allegria, le foglie rosse e il sentirsi a posto, la me di sempre, la me che ero, sto da questa parte, che è la mia, perchè  son le cose imperfette che fanno la meraviglia.

10 ottobre, 2010

La beatitudine del numero 10.

E già il fatto che l'abbia scritto in cifre, quel numero 10, la dice lunghissima. Io non amo i numeri, non li ho mai amati, non faccio le somme delle targhe, non guardo i numeri della radiosveglia al contrario, son mica malata, eppure c'è gente che, non gioco nemmeno al super Enalotto, troppa fatica pensare ai numeri, non ci so fare, non è mia materia, ho sempre confuso 7 x 8 e 9 x 7, e ancora adesso ci devo pensare un attimo, che le tabelline le ho pure insegnate ai miei figli ma loro le sanno diverse, le sanno sulle dita, che è come non saperle, alla fine, o almeno credo. La beatitudine del numero dieci si può così riassumere, che non è che abbia scoperto l'uovo sodo, mi avranno già sfranticato l'anima in mille a dire, Ma Lo Sai Che Gorno è Oggi?, ma sì, lo sanno anche i sassi. Però è bello e mi piace, e devo dire che sto bene, ma proprio bene, io, Beata Fragola del Pratino Luminoso, delle Ortensie Rossastre che coglierò presto, una domenica perfetta di ozio e niente fare, le più belle del calendario, il sole pallidissimo di fuori, che fa asciugare lo stesso le lenzuola, chissà come fa. E' un giorno speciale, e se non lo fosse, ci sarebbe da renderlo, un giorno adatto per scrivere una lettera, ma di quelle con la carta bella e la stilografica, un giorno perfetto per inventare qualcosa, per pensare a una storia, per fare una torta. Un giorno qualunque che diventa regale, un suono rotondo e magnifico, dieci è il voto più alto, dieci è il capitano, dieci i Comandamenti, chissàperchè non undici o nove o sei. Coi numeri non c'ho mestiere, ma questo dieci mi ha affascinato già da ieri sera, che non era ancora mezzanotte, farò quindi quel che mi pare, quel che mi va, è un bel giorno per essere felici e basta, sereni e basta, tranquilli di una calma ritrovata, di una specie di sbronza leggera, a insegnare le canzoni dei Beatles alla PrinciChe CresceTroppoInFretta, e a bearsi del niente, Fragola del Pratino, della foglia in bilico sul ramo, dell'ortensia rossastra e bellissima che è un peccato lasciare lì.

08 ottobre, 2010

Loro lo sanno.

Sì che lo sanno. Quando non ne ho voglia, quando dico Non Esco e loro insistono perchè sanno che uscire è una medicina, qualche volta, e qualche volta è stare in casa a guarirti, e loro sanno sempre se insistere o no, se provarci o no. Sanno che ci sono dei giorni in cui se non mi sentono vuole dire che sto benissimo e altri invece che se non mi sentono vuol dire che sto malissimo e allora mi chiamano, con una scusa, o passano di qua, che non è proprio di strada per nessuna di loro, ma lo dicono lo stesso, passavo di qua, e Dove Andavi? chiedo e loro fanno le vaghe, ma, sì, boh, ecco. Loro sanno le volte che sto zitta e penso, le volte che parlo senza fermarmi, le volte che. Ieri è stato un bel pomeriggio, dopo una mattina triste, e loro lo sapevano, sapevano anche questo. Mi hanno preparato un grande pacco colorato e molte feste e molte battutacce per farmi sorridere, e alla fine ce l'hanno proprio fatta, che mi lacrimavano gli occhi proprio come quando si ride fino a non farcela più. Loro sono un esercito napoleonico, una forza della natura, una squadra efficientissima, ognuna con un compito precisissimo, chirurgico, insostituibile e non intercambiabile. Hanno personalità diversissime ma anime uguali, affini, vicinissime alla mia. Sono belle e furbe, acute, intelligenti, informate sui fatti, sanno parlare e stare zitte, sanno difendere e sostenere, sanno dire con franchezza Hai Fatto Una Cazzata, che non è da tutti, in fondo, perchè molti ti danno ragione e chissenefrega. Sanno e basta. E sanno anche trovare dei regali bellissimi, utilissimi nella vita, la coccinella sbucciapatate, per esempio, la grattugia col manico, e infine, che il Cielo mi assista, anche il famigerato porta banana da viaggio, di un bel colore fucsia, che ho scartato ieri con beata innocenza in un pubblico luogo, con le signore agli altri tavoli che guardavano curiose, può sembrare quel che non è, ma loro lo han fatto apposta, burlone che non sono altro, mattacchione donne fatte con l'animo diabolico da sedicenni, perfino un pò maiale, mi aiuti a dire, serpenti a sonagli, le mie amiche del cuore.

07 ottobre, 2010

Trenta.


Se ci pensi non li riesci mica a mettere in fila tutti. Uno dietro l’altro, trenta Natali e trenta Pasque e trenta compleanni e ferragosti, trenta di tutto, di niente, trenta volte senza. Il senza che c’è, il niente che c’è, l’assenza che c’è, il vuoto che c’è, se provi a pensarci è diverso da come dicono. Il tempo dovrebbe diminuire, non far più grande, dovrebbe essere meglio, passando i giorni, passando le stagioni, trenta non sono uno scherzo, è una vita, sono due, è l’eternità. Non sono poi così diversa adesso, sono io, così, io senza, ma sarei curiosa di sapere come sarei stata con, invece, cosa sarebbe successo, che giro avrebbe fatto la mia vita, cosa sarebbe cambiato nella me  di adesso, come sarei, così come sono, diversa, sarei curiosa di sapere se riesce a vedermi e se mi ha sentito, qualche volta delle mille che ho parlato con lui, e come sarebbero state le cene tutti insieme, che brutto è stato preparare la tavola con un posto in meno, e poi, mi avresti insegnato a guidare? E come sarebbe stato tutto,  il mio matrimonio, che faccia avrebbe avuto a prendere in braccio il mio primo figlio,  come sarebbe stato Natale con te, mi avresti lasciato farmi quattro buchi alle orecchie? E andare in vacanza da sola? Trenta. Non si cancella e non si impara, forse si soffre meglio ma non si smette mai, la mancanza diventa un soprammobile, un vaso di piombo che lucidi ogni tanto, il piombo lucido non ci diventa, e pesa e pesa, il dolore diventa vuoto e sconfinato, senza margini e contorni definiti, sono grande abbastanza adesso ma sono sempre io, e trent’anni non mi hanno cambiata se ora come allora penso a te com’eri e non so più chi sei, chi saresti adesso, ma amavo quel che eri e così ti tengo, vicino e stretto, forse con te sarei stata migliore, la me che sono adesso l’ha fatta la tua assenza,  il tuo volare via quella sera d’ottobre, la mia gonna blù e il nastrino bianco che ti ho messo sul cuore. 

05 ottobre, 2010

Quasi sera.

Mi piace quest'ora che non è sera e nemmeno pomeriggio, che ancora è chiaro e bello di fuori. Mi piace quest'ora, da aperitivo, da niente, troppo tardi per iniziare qualsiasi cosa, rimarrebbe incompiuta prima di cena, non si fa, magari si può  pensare a cosa fare stasera, un bel film alla tv, un niente di chiacchiere come ogni sera, il libro che mi ha regalato la Vice al compleanno, aveva visto che mi era agitata troppo davanti a Feltrinelli, mi agito sempre quando vedo i libri appena usciti e che mi piacerebbe leggere, ci sono quattro scrittori di cui ho letto tutti i libri tutti,  e alla Vice non scappa proprio niente, e alla fine me lo ha regalato. E' una sera calma, che strana la famiglia a ranghi ridotti, i figli più grandi che studiano fuori, i due più piccoli ancora qui, piccoli si fa per dire, ma più piccoli degli altri, ecco. Ho mille progetti di maglia da fare, richieste della Princi perlopiù, lo scialle Azzu che va fortissimo tra le fanciulle in fiore, piace perchè si gira intorno al collo come una sciarpa, ma una sciarpa non è, è solo un abbraccio caldo, una carezza preziosa di tepore e bellezza, di morbido e di rassicurante, non so. Le cose mi girano intorno e io le lascio girare, non voglio pensieri cattivi, stasera, come da qualche giorno in qua, sono nel periodo dei ritagli, delle cancellature, degli scantonamenti, sto lontano dalle persone che mi opprimono, e credo di farcela, alla fine, sto diventando brava ad allontanarmi da chi mi fa del male e non sono nemmeno tanti, ma quel poco basta già. Ho tenuto una lezione a Emma, proprio io, sull'argomento, me la sono tirata citando Desiderata, che è una filosofia di vita e che so a memoria, e che rileggo spesso, ma tutta proprio non la riesco ad applicare.  Il segreto della beatitudine è dirsi Voglio Solo Stare Bene, compatibilmente con il resto dell'universo che gira un pò come vuole lui, ma proprio non ci voglio rimettere i pensieri, la salute, l'anima, il sentimento. La bellezza di queste sere non va in nessun modo pasticciata da questioni spinose e mediocri, da chi ti dice ti faccio una torta e poi ti porta una pentola piena di fango, non me ne frega, faccio da me, come al solito, come sempre, le torte mi vengono benissimo, non ho bisogno di nulla, grazie, altrettanto, fuori di qui.

04 ottobre, 2010

Il Miracolo del'Acqua.

Il bello è che la senti. Ci ha provato qualcuno prima di me, mica arrivo io bella fresca, Senti Che Bel Rumore mica l'ho inventato io. La pioggia che cade, questa qui di oggi, il primo vero, autentico giorno d'autunno, quello che ti fa dire, ok, ci siamo, questa pioggia che canta sul terrazzo è persino bella, sì. Bella perchè canta, perchè è musica, in fondo, sembra un chiacchierare, eppure nel pratino non c'è nessuno, solo erba fradicia e foglie lucide, senti come fa, puoi indovinarne l'intensità, se smette o no, se aumenta o no. Piove a nastro, diluvia a stecca, piove e basta. Ho preparato un thè, nemmeno ne avevo voglia, ma era bello aspettare che l'acqua bollisse guardando di fuori, aspetto l'acqua guardando l'acqua, ascoltandone il suono,che buffo, è un pomeriggio così silenzioso, lassù nella casa in collina, il Giurisprudente nella sua casa da studente per il primissimo giorno, nuova casa, nuovo ateneo, nuova vita, mi sono trattenuta cinquanta volta dal telefonargli, chiedergli e allora? Ho sistemato la casa scellerata, dopo 4 giorni di assenza, un delirio di cose, ma nemmeno troppe, in fondo, sono bravi e disciplinati questi fanciulli miei e anche il mio Sposo, alla fine, si è ben comportato in mia assenza. Intanto piove, piove tutto il cielo, piovono le nuvole che non si vedono, ma è tutta una sola, enorme, è la nuvola che è il cielo o è il cielo che è una nuvola, piove questo mondo e quell'altro, piove nella mia testa confusa ma contenta, non so bene, incosciente, sorpresa di trovarmi così inspiegabilmente serena, col diluvio di fuori, le gocce che suonano una melodia solo per me e per me soltanto, il miracolo dell'acqua che viene da cielo, che si sente e si vede. Oggi, niente scalfisce l'armonia sottile di un cuore leggero, nemmeno il sibilo del vento, nemmeno i pensieri che sgòmitano per entrare, acqua perfetta da guardare e da ascoltare.

Lo sbaraccamento.

Il luogo è lo stesso, le persone anche, le cose che maneggi anche, gomitoli e cose, scarpine e libri, ferri e volantini, e cavi e ganci e nastro adesivo. Solo, si fa con più mestizia, una sorta di malinconia, che brutto, domani non saremo qui, e anche se si è stanche da paura, che 4 giorni di salone non sono mica uno scherzo, si andare via da qui proprio non se ne ha tutta quella voglia. Che si vede anche dalla fotografia, buia e svogliata, dei mucchi di carta e di scatole vuote, e di fili per terra. Alle mie compagne di banco voglio dire grazie, a chi è passato grazie, a chi si è fermato con noi grazie, a chi è venuto a vedere che muso avevamo grazie, a chi ci ha aiutato grazie, a chi ci ha intralciato grazie uguale, a chi ci ha sorpreso grazie, a chi ci ha fatto perdere tempo ma sì, grazie, a chi ci ha rubato il gomitolo beh no, a quella no. Ho in testa una fila di nomi e di volti e sono quasi certa che non dimenticherei nessuno a scriverli qui e a dire grazie uno per uno, come in fila, , ma quel quasi mi frega e allora va bene così. 

01 ottobre, 2010

Però, che bello.

Certo, confusione ce n'è. E rumore di fondo, e gente che parlaparlaparla e che anche guarda se guardi, che magari un gomitolo se lo fa anche scivolare nella borsa, poteva chiedermelo, glielo regalavo, era meglio così. Siamo qui, gente che passa, guarda e se ne va, gente che viene apposta per noi, apposta per quel Cuore di abbiamo inventato e che adesso, per la terza volta, è qui. Ci sono i corsi, amiche che arrivano da lontanissimo, Ho Portato un Dolce, e si chiacchiera, si ride, ci si salva dalle persone noiose, perfino un pò sfacciate, ce ne sono un sacco, forse un pò meno degli altri anni, ma insomma, comunque. Il Clan delle Casalesi, il gruppo di Vendone, le mie Amiche del Knit, quasi tutte. E' in giorni come questi che si capiscono delle cose, che si riesce a vedere quasi in fondo al cuore delle persone, in fondo agli occhi, forse non nell'anima, ma della tua ne sanno tanto, ne leggono un pezzo ogni giorno e sanno di te cose che forse non sapevi nemmeno tu fino a un secondo primo di scriverle. E allora, che bello trovarle qui, che bello sentire Io So Chi sei, e stare qui, in mezzo al rumore e alla confusione, e dire che cosa grande che abbiamo inventato, che cose belle che stiamo facendo e che bella gente, che bei cuori e che belle anime sono arrivate fino a noi, davvero, che bello.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...