18 ottobre, 2007

Purple meme a sorpesa!

Un regalo inaspettato, e proprio per questo più gradito e apprezzato. La Signora delle Perle Vere mi ha fatto questo dono. Violette Leone, tre chili di lavanda e il famigerato cardamomo, stanato in chissà quale antica erboristeria che solo Lei conosce, mi sa. Il tutto a sorpresa, a sorpresissima. Quando i purple meme te li fanno i non-blogger sono ancora più divertenti, no? Un miliardo di grazie. Ma tanto, ci si vede quest'oggi al Knit Cafè di Josephine. Ricambierò il fantastico pensiero. No, con la collana, meglio di no.


Potevo sottrarmi?

Ma certo che no. Io ero lì, loro erano lì, splendenti, violissime e fintissime, che sono così in voga, signora cara, e poi una signora non è mica una signora se non ha un giro di perle, sì, anche per andare a far la spesa o portare a spasso il cane. Che io le adori, non v'è dubbio alcuno. Le perle hanno su di me un effetto speciale, soprattutto in autunno, che il sole c'è e non c'è, e allora sì, un bel tocco di luce sul vestito nerissimo, a occhieggiare discreto da sotto la maglia, anche dalla felpa, perchè no, quando esco di casa così come mi trovo, coi calzettoni, magari, le maglie coi fumetti, i jeans di 20 anni fa, che dovrei buttare, invero, ma come si fa. Non ho proprio resistito. Le perle in questione, di vetro che tintinnano e fanno quel bel rumore che amo, rigorosamente made in China, e dove se no, facevano la loro bella figura in un banco del famoso mercato di Corso Palestro. E' da sempre la meta obbligata delle segretarie in pausa pranzo, delle dame torinesi in controtendenza, di chi è a spasso in via Cernaia e passa di qui per comprare la frutta. L'ho frequentato piuttosto, qulcosa come , vediamo, ventiquattro? (brrrrr) anni fa, segretaria al primissimo impiego. Ieri, invece, col mio sposo, attendendo l'arrivo dalla facoltà del giovane Holden. Le perle erano lì. di ogni colore, a un prezzo ridicolo. Come non accaparrarsene una bella manciata? Serviranno per regali estemporanei alle Amiche del Cuore, pensieri carini in mattine di gelo. Scalderanno, come i guanti di lana e le magliette delle salute. E se costano solo 2 euro, in fondo, ma cosa importa. Sono finte, cinesi e viola. Non si era detto che bastava il pensiero?

17 ottobre, 2007

Ode al Cannolo.


Si fa presto a dire cannolo. Tutte le pasticcerie dello stivale producono due cose: i baci e i cannoli. Di baci so poco: due parti perfette che custodiscono un dolcissimo ripieno, baciandosi, appunto. Ma questo cannolo qua è una vera istituzione. Reperito con facilità nella pasticceria cittadina più famosa, possibilmente la domenica mattina, che entri e prendi il numero e aspetti e lanci occhiate oblique a chi ti sta davanti e preghi in cuor tuo che non si portino via tutti quelli alla nutella, che a casa aspettano soltanto quelli. La clientela della Antica Pasticceria è variegata: donnine appena uscite dalla Messa in Duomo, mamme con fanciulli, futuri generi invitati al desco della famiglia della futura sposa. E per la prima volta. Religiosamente, si porterà il pacchettino avvolto in carta candida e nastro giallino fino all'automobile, per riporlo con grande cura sul sedile anteriore, accanto ai giornali. Il cannolo si consuma come un rito, la domenica dopo pranzo. E’ l’unico dolce al mondo che non ha bisogno di tanta coreografia: anche il vassoio di cartone ondulato della pasticceria medesima andrà benissimo, tanto, nessuno osserverebbe il piatto d’argento o di design. Gli occhi, infatti sono tutti per lui. Il cannolo viene generalmente consumato in multipli di 3. Uno non basta. Coi suoi innumerevoli i gusti, dalla crema al cioccolato, dal moscato alla nocciola, il cannolo si afferra con due dita e si gusta in due bocconi: uno per dividerlo a metà, e l’altro per finirlo, masticando con grazia, per gustarlo fino in fondo, un attimo prima di servirvi del successivo. So per certo che alcuni luminari lo prescrivono ai loro pazienti come terapia antidepressiva, gusti a scelta, ma è la nutella il gusto più richiesto. Utile anche per sedare incazzature di vario genere, magoni latenti e neutralizzare giornate un po’ così. Consumatelo con serenità, esportatelo alle cene fra amici fuori dalla provincia e perchè no, dalla regione. Certo, le calorie sono notevoli, ma suvvia, domenica è sempre domenica. E poi, ve lo dico sottovoce, se farete un pò di attenzione e vi muoverete con circospezione, nessuno potrà mai cogliervi in castagna. Né trovare indizi. Un vero cannolo che si rispetti non fa briciole. Che grande invenzione.
Pasticceria Zoccola
Corso Lamarmora 61
Alessandria

Il collezionista di sciarpe.



Non l’avessero mai fatto. I miei figli hanno scoperto le sciarpe fatte a mano. Che mi piaccia dilettarmi con lane, aghi, ferri da maglia, tele da ricamo e uncinettame vario, è cosa ben nota, oramai. Trovo l’intera vicenda molto rilassante, creativa, e anche terapeutica. I pensieri che saltano fuori da una mezz’ora di diritto e rovescio, signora, lei proprio non se li immagina. Ad ogni buon conto i miei figlioli avevano, anni addietro, issato la bandiera della protesta: non vogliamo più le maglie fatte da te, chè a scuola ce le abbiamo soltanto noi, perciò giuriamo e spergiuriamo di indossarle soltanto per sciare e/o per le visite al ghiacciaio. Fine del comunicato. Così, avevo temporaneamente sospeso le mie produzioni. Ho detto temporaneamente. Già perché adesso ho ripreso alla grande. E’ stata la Princi Gomitolo a dare il via. Vedendo la sciarpina violacea che mi stavo confezionando da me sola e per me sola, ha arricciato il naso: carina! Ne fai una anche a me? Beh, dico, una sciarpa per una bimba mi porterà via non più di un paio d’ore, considerando il numero dei ferri, diciamo un bel 6,5. Confezionata che l’ebbi anche per la princi, ecco il medio e poi il grande e poi il grande grande, anche a me, anche a me, manco fosse l’assalto al forno di Milano. Devo dire che brava son brava, e che chi si loda s’imbroda e che tanto và la gatta al lardo e ccetera eccetera. In fondo, la sciarpa è decisamente l’articolo che dà più soddisfazione: si và veloce, ci vuole poca lana, e, per me che voglio tutto e subito, è finita in fretta. Ma ne vogliono davvero una per colore, tanto che sospetto fortemente che abbiano impiantato una sorta di mercato parallelo nel cortile del liceo. Ma che importa, in fondo. Io sferruzzo, penso e mi rilasso. E loro, belli come il sole, si portano a spasso un costante abbraccio della mamma. Forse, lo sanno anche loro.

15 ottobre, 2007

Knitting Club.


Certamente. Giovedì che viene, il 18, per la precisione. Facendo la maglia si possono fare una quantità di cose mai immaginate nè immaginabili. Si può stilare la lista della spesa, mettere a prova la propria memoria recitando una poesia imparata alle elementari, guardare finalmente un film in santissima pace, magari con le cuffie alle orecchie per non sentire neppure il telefono. Si sa, da sempre il lavorare a maglia è considerato un passatempo da casa di riposo, ma ahimè, quelli che oggi lo pensano ancora sono rimasti davvero troppo, troppo indietro. Se la mattina vi è scivolata via come una medusa, se avete nel pomeriggio un appuntamento al quale preferireste una bella indigestione, se avete una serie di grattacapi cui trovare urgentemente una soluzione, altro non v'è, da fare. Un gomitolo, due ferri, un uncinetto, magari. Recatevi leste al prossimo Knit Cafè, uguale a questo e pure a questo.
Giovedì 18 ottobre
dalle 16 alle 19
Sala da thè
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
Chi non viene dovrà, la prossima volta, portare una giustificazione. Non vale INDISPOSIZIONE, nè MOTIVI DI FAMIGLIA. E, a pensarci bene, nemmeno INDIGESTIONE.

13 ottobre, 2007

Attenta, mamma.

Non so se chiamarlo strano meccanismo. O intercambiabilità dei ruoli. O eccesso di zelo. E di amore, anche. Ma il saluto che mi ha fatto il Piccolo Liceale l'altro giorno e per due volte di fila, mi ha fatto pensare. In una delle mie dozzine di uscite dalla porta di ingresso, per prendere questo/a, riportare quello/a, al mio urlo dal basso IO VADO!!! ho sentito rispondermi dal loggione, OK MAMMA, STAI ATTENTA. Attenta. Attenta. Me lo sono ripetuto per un pò lungo la strada. Che suono speciale, che significato celeste, in senso di del cielo, che strano, infinito calore ho sentito tutto addosso e dentro. Attenta. Lo dici sempre a noi, a me in particolare, che la scuola nuova e i compagni e le mille insidie che, è noto, ha un liceo nei primi quindici giorni. Lo dici anche se non c'è motivo, lo dici come un mantra, forse più a te che a me, a noi, e lo declini, stai attento, non fare cretinate, mi raccomando. Stavolta, mamma, mi raccomando io a te. Attenta a cosa. Alla strada, per esempio. Anche se la sai a memoria. E attenta agli altri. Attenta a non scivolare se piove, non inciampare nel marciapiede, attenta ai buchi delle strade, ai colpi di freddo, alla tosse e ai gerani che cascano dai balconi. Attenta, ai ragni, a non pungerti con l'ago, a non bruciarti col forno, attenta e basta. Ci starò, piccolo principe, ci starò eccome. Anche ai furbi e agli ignoranti e ai merdosi, a quelli che non sorridono mai, che non cantano mai, che non fanno mai un regalo. Come questo che hai fatto a me. Mi hai ricordato che sono io sulla porta, con la merenda in mano e tu con la felpa di traverso e i libri e il diario e lo zaino e di corsa, e tuo padre che aspetta. Mi hai ricordato che sono io la sera, noiosa fino alla nausea che vi vengo a dire, spegnete che è tardi e voi, ancora un secondo il film non è ancora finito e poi domani entro alla seconda ora. Io, che raccolgo le confessioni appena prima di dormire, seduta al bordo del vostro letto, e vi guardo, e mi dico ma che belli questi due. Mi hai ricordato chi sono, custode di questo impero, a capo di questo esercito di soldatini che troppo presto diventeranno ufficiali, regina incontrastata di questo regno. Sono io. E se qualche volta mi viene da pensare a cosa succederebbe se, e come ve la cavereste se, e mi viene un magone che mi fa male e che mi sforzo di mandare via, tu abbracciami stretta, se sei vicino, e se non ci sei e mi rispondi dal loggione, urlami ancora una volta ATTENTA MAMMA. Ci starò, principe. Ci starò eccome.

11 ottobre, 2007

Welcome back.


E' tornato! Con le foglie che cadono, i vetri appannati al mattino, le solite robe noiose, le calze, i cappotti, le maglie pesanti, i piumini nei letti, il riscaldamento, le sciarpe (hand made, è ovvio), il golfino la sera, le minestre in brodo, l'erica nei vasi. E' tornato Santa Polenta ! Il che non significa necessariamente che io abbia nutrito la mia famigliola e l'esercito dei miei amici con risi delle buste e scatolette e che non abbia cucinato più. Nossignori. Solo, con la stagione frescolina si ha più voglia e decisamente più tempo e ispirazione per tenere lì a portata di mano la macchina fotografica ( e che macchina, signora cara, che macchina!), e rendere noto al globo terracqueo le ricette che si consumano tra le mura di Villa Villacolle. Son ricette semplicissime, certo non è un blog di cucina, ma dice la sua. Vi si trova la ricetta del minestrone e delle uova sode. Inutile? Forse. Ma così carino.

Quiero volar.


Non è importante la meta. La stessa che dice la signorina chiusa dentro il navigatore, svoltare a sinistra, è la meta. Chi l'ha detto che ce n'è una, in verità. Si vola con poco, se solo si vuole, senza annusare niente, senza fare grandi sforzi. In giorni come questo, si volerebbe dovunque. Quando ci si vede una faccia che non ci piace neanche un pò, i capelli spenti e gli occhi pure, si è cucinato come ossessi per due ore, sono così contenti i figlioli quando cucino, si sentono più coccolati, più al sicuro, non lo so. Volerei. Sopra i tetti delle case a guardare giù, a sputare sulle finestre di quelli che assaggiano l'uva al supermercato, di quelli che fanno pisciare il cane per la strada, di quelli che non ti fanno passare sulle striscie, di quelli in bici contromano. Volerei. In momenti in cui non si sopporta nessuno, non si vuole nessuno, che già il look extra dark del mattino la diceva lunghissima, eppure Halloween è tra un bel pò, nessuno se non gli abitanti di questa confusionata casa, animali compresi. Così, volo qui. Volo lo stesso, c'è spazio abbastanza per non pensare a quella delusione sottile, a quella macchiolina stupida che certo non è importante ma c'è, come qundo ti macchi di olio al ristorante, non sai come e non sai dove, eppure c'eri stata attenta ed eccola lì, una macchiolina invisibile ma visibilissima, tondissima e perfetta sulla camicia immacolata. Volo qui dentro, a scegliere una tavola impeccabile per la cena di ieri sera, tovaglia a ricami e tovaglioli veri, mica i pacconi dell'Ikea, e con il loro bravo portatovagliolo tricot, a roselline, che ho comprato dalla mia Amica Silvia, una delle 6, quella dei fiori, accidenti, proprio lei, così un pò mi perdona. La Biondina Presto col Carrè era qui ieri sera, che bello vedere il Liceale Maturando che le versava l'acqua, ma come, LUI, che versa l'acqua? Volo, nei miei pensieri più belli, in un autunno che sembra non arrivare mai, volo e me ne frego, con licenza parlando, di tutto quello che c'è fuori. Volo fra i miei fogli, i miei scritti, i miei articoli, già, il meme delle 8 cose, Iaia, mica me ne sono dimenticata, sai? C'è anche del bello, in realtà, ma oggi non mi sembra tanto e allora sto qui, rintanata, un pò in letargo, a mettere ordine nell'armadio dell'ingresso e un pò dentro di me, a cantare a squarciagola: e ogni volta che non sono coerente e ogni volta che non è importante, ogni volta che qualcuno si preoccupa per meeeeeeeee. Così, quiero volar. Mi sa che ci riesco.

10 ottobre, 2007

Riedo.


Verso casa. Anzi, a casa, oramai. La brevissima parentesi romana ahimè conclusa, affascinata come sempre da questa città, che ti dici non è possibile, che sembra fatta di cartone, un set cinematografico, un pezzo di storia recente o lontanissima ad ogni passo che fai. Ma si abituano i romani a spalancare le finestre e a dire, beh, c'è il sole oggi e vedersi lì sotto le rovine romane, così, per caso? Chi lo sa. Roma è caos, è sampietrini che ti squassano i tacchi, è il mercato sotto casa, sono le moto, gli eserciti di turisti, le chiese silenziose. Riedo, al superlativo assoluto da ripassare con la PrinciProfumoDiCocco davanti alla scuola, riedo alle cose da fare segnate su un bigliettino, riedo, colma di reali e leccornie: la confettura di visciole per fare quella torta kosher che mi ha regalato la mia Amica, la stessa che ci ha accompagnato in visita al Ghetto di Roma, che volevo vedere da molto, e dove c'è un'aria di eterno e di malinconico e di fermo, anche, perchè tutto è rimasto com'era, e la gente si saluta sorridendo e le botteghe hanno le porte piccole e gli scaffali strapieni, e pochissime insegne, e c'è profumo di pane e di malinconia, un pochino. Sono rimasta folgorata. Mi piacciono le cose che parlano da sole, la storia di tutti, mi piacciono i romani che ti guardano negli occhi, mi piacciono le drogherie dove ti senti Anna Magnani, mi piacciono le case con le persiane aperte per metà, i portoni, le scale dei palazzi, le cassette della posta e quelle per le offerte agli orfani. E fantastico di storie impossibili, avrei voluto sedermi in una panchina e scrivere e scrivere. Riedo, con biscotti comprati al forno, avvolti in sacchetti bianchi senza scritte, riedo con le matite dell'albergo, con un regalo di mio marito, la cena ai Fori Imperiali, Ricucci che andava a giocare a tennis. Oggi giornatina niente male, giusto per non perdere il vizio. Incasinatissima. Confusionatissima. Impegnatissima. Superlativo assoluto. Assolutissimo.

06 ottobre, 2007

...nun fà la stupida.

Le previsioni parlavano di caldo africano. Trenta gradi o giù di lì. Ma domani, a Roma, dove mi recherò in mini viaggio, per lavoro e per diletto, sono previsti temporali e nubi sparse. Solo in Via Condotti splenderà un sole accecante. Perchè non approfittarne?

Il tesoretto.


Non c'è proprio niente di male. Ad avere voglia di nuovo, voglia di sentirsi a posto, in ordine, quasi perfette. Perciò, in questi giorni, m'è punta vaghezza di cominciare dalle mani. Non sono una fanatica dello smalto o almeno, non fisso appuntamenti settimanali per limare o accorciare o lucidare. D'altra parte, non è che conduca una vita tutta fotoromanzi e telenovelas, e mi viene difficile mantenere uno smalto immacolato per più di giorni due, quando va bene. Così, ho ripreso una tattica prettamente autunnale. Sulle mie povere mani, provatissime da un'estate tutta cazzate e lascate ( e che bisogna stare attenti con questi termini, un'estate piena di cazzate può avere più d'una interpretazione letterale), ho deciso di regalarmi una manicure piuccheperfetta e che piuccheperfetta resterà per settimane tre. Niente di fuori dal normale, nessun uovo fuori dal cesto, è vero, nasco barocca, ma su di me sono in genere molto rigorosa, nessun fronzolo, nessuna french manicure, nessuna decalcomania, niente o quasi. Mi aveva un pò stufata, ma in realtà è l'unico modo per avere mani da regina. Mani perfette, luciderrime, lunghezza giusta che non mi impedisca di scrivere, ricamare, dare carezze e arruffare riccioli, fare a maglia e lavare i piatti. Già, i piatti. L'ancella autrice dell'opera che porto alle mani mi ha assolutamente sconsigliato di usare detersivi senza guanti. Santissima donna. Non sa che, nel silenzio della mia umile cucina, spesso la lavastoviglie è ingombra, il tavolo pure e l'acquaio anch'esso. Così, mi tocca andare di Svelto. Lo farò con assoluta eleganza, indossando non già i volgarissimi guanti usa e getta, ma quelli di gomma, lilla e rosa, così cool al momento. La mia manicure piuccheperfetta lo resterà per molto. In effetti, và salvaguardata. Assicurata. Protetta. Dichiarata patrimonio dell'umanità. Come dire, un piccolo capitale sulla punta della dita. Massì, signora mia, la vita è così breve!

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...