16 marzo, 2008

Heart attack.


Succede. Ancora e ancora, più spesso, da qualche giorno in qua. Un cuore che non ne vuole sapere, un'ansia leggera, di zucchero a velo, di sabbia fine fine che si insinua tra gli ingranaggi, di cose che non so. Il cuore rimbalza, un pallone sul muro, come i giochi che fanno i bambini, DieciFratelliTuttiMonelli, chi se la ricorda, il cuore si apre e si chiude, capace di grandi balli e grandissimi niente, di lustrini e di fango, di panna e di ghiaia. Il cuore non risponde qualche volta, se ne sta lì in un angolo, come a sonnecchiare, diresti che dorme davvero, ma come, nemmeno russa, ma sta lì e non fa niente e allora ti verrebbe voglia di scuoterti un pò tu, shakerarti, per farlo reagire in qualche modo, per svegliarlo, chi lo sa. Sono giorni di pensieri obliqui, ma come sono bene questi pensieri ancora non lo so. Obliqui perchè non è che proprio li formuli, li pensi come da lontano, li prendi alla larga, e se, e se, e se, e per la massima parte sono pensieri tremendi, tristissimi, pesanti da mandare giù. Il cuore non batte, fa soltanto il suo dovere per farti camminare e respirare e far le scale e la spesa. Ma sorridere, poco. E ti dici che un cuore così non lo vuoi davvero, che non sai cosa fartene di un cuore così scemo, e che di questi alti e bassi davvero ne hai proprio abbastanza e che forse due paroline a questo diavolo di un muscolo forse andrebbero dette sul serio. Ma lui niente, continua a battere, troppo forte o troppo piano, troppo in alto o troppo in basso, un sasso nello stagno, una palla di neve sul vetro, un pallone sul muro.

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