Sono quelli che trovi in fondo ai cassetti, nel cestino del bagno, sono quelli bianchi e piatti, o gli smeraldi, come li chiamavo da piccola, le schegge di vetro arrotondate dal mare, che raccoglo da sempre e conservo, pietre preziose di un valore che conosci solo tu, perchè sai bene quando li hai presi, e ti ricordi di quando e di quando, e di quella volta. Poi ti scordi che ci sono e che bello quando li ritrovi, li sciacqui un pochino e tornano brillanti, bellissimi, preziosi. Questa fotografia, controluce e fuori fuoco, è stata scattata ieri sera dalla Princi, in un terrazzo al fresco di un acero, le mattonelle lucide, una cena sontuosa da regine. Ma potrebbero essere i due banchi in fondo a sinistra, col diario di Linus, i bigliettini per copiare, le mele per l'intrervallo, un gettone del telefono per chiamare casa, la cinghia per i libri, il tratto pen verde e i quaderni Hollie Hobbie. Loro ci sono state sempre, nella gita a Firenze e nel cortile di casa mia quando piangevo e che bene mi ha fatto vederle tutte lì. Loro sono ancora loro, come sempre, come allora, e questo affetto chiaro e mai passato si sente così bene quando ci abbracciamo, quando ci diciamo Ma Sono Così Contenta Che Sei Qui, quando guardiamo le bambine che si scapicollano sull'altalena e diciamo Beh, Tanto Diverse Non Potevano Venire. Ridiamo come allora, fino alle lacrime, e si vede, e abbiamo fatto tanti di quei versi per questa foto come quella volta in Piazza della Signoria. Noi 4, i due banchi in fondo a sinistra, le stesse risate, le stesse battute, le stesse anime bianche, mai scalfite nonostante, gli stessi sorrisi. Sassolini preziosi, ritrovati per caso, di un valore così grande che lo sai tu.
10 giugno, 2009
07 giugno, 2009
Alghe.
Che cosa sia esattamente non si sa. E' una specie di fettuccia, una specie di cotone, non si capisce bene. Al mercato del lunedì me l'hanno tirata dietro, come di dice, perchè nessuno, proprio nessuno la voleva. A me piaceva. E le galline mie amiche, a fare le smorfie, Ma Che Schifo, Che Roba E'?. In effetti sembrano alghe, di quelle verdine che rendono gli scogli scivolosi. Però, l'effetto non è male. Si lavorano coi ferri che ferri non sono, numero 12, armi improprie in realtà. Non so bene a cosa daranno origine, io non so mai che cosa diventerà quello che sto facendo, si chiama variazione in corso d'opera: potrebbe essere una gonna, un piccolo top da sfoggiare nel bel mezzo del Mediterraneo, tanto chi mi vede, una stuoia per prendere il sole, una bandiera, uno straccio da lavar per terra. Qualunque cosa. La cosa bella è farla. Va sù che è un piacere, pochi giri ed è già a metà, e poi ha questo effetto arricciato che mi piace tanto. Si può fare guardando la tv o parlando al telefono, minimo sforzo, massimo risultato. Provare. I gomitoli di alghe li vendono al mercato per pochissimi euro, il saldo del saldo del saldo, anzi, gli fai pure un piacere se glieli togli di torno, non li vuole nessuno, un motivo ci sarà.
Mucchio selvaggio.
Così è di moda. Si prenda una sera di giugno appena iniziato e si dia ufficialmente inizio alle danze, inaugurando una piscina sù in Valle, dove si danno appuntamento tutti e dico tutti gli studenti delle scuole medie superiori. Così funziona. Qualche genitore li accompagna, qualcun altro li và a prendere, si muovono in gruppo, in branco, sette/otto/nove. Precettata per il ritiro a notte fonda,circa le 3, la Scrivente è stata vista uscire in sottoveste e pantaloni della tuta, ballerine glitterate e felpa, che quassù fa freschino, cosa crede. Certo, un incontro torbido, così combinata, no che non lo potevo avere, ben si rassicuri il mio Sposo dal Mar dei Sargassi. Ho caricato sù alla spicciolata, un gran numero di figlioli, ridanciani, chiacchieroni, bellissimi e educatissimi, per piacere-grazie-scusa-permesso. Destinazione: la mia magione, dacchè era il turno del mio figliolo ospitarli tutti quanti per la nottata, bed&breakfast. Hanno ammonticchiato con cura le scarpe in ingresso, e con grazia giù dal prezioso tappeto. Hanno chiacchierato fitto fino a una certa, facendosi sssshhhh!!!!! a vicenda quando qualcuno alzava troppo la voce, ma di notte, si sa, anche il brusio è un rumore gigante. Fate quel che volete, non incendiate la casa, io vado a dormire. Così li ho trovati, addormentati e affastellati sul divano, qualcuno aveva scelto uno dei letti vuoti sparsi qua e là, nella casa in collina. Il cane sorvegliava, con l'aria matura di chi sa molto bene come vadano queste cose. Li ho guardati dalla scale, mi sono piaciuti e li ho immortalati, di nascosto, cercando di fermare questo momento perfetto di pensieri semplici, questi giorni di fine scuola, di ritorno fradici dalla festa in piscina, questi ragazzi che crescono e corrono e volano lontano, e che a trovarli la domenica mattina sul mio divano, mi ha riempito l'anima di una tenerezza che non so, di una specie di privilegio, di un magone che sorride.
04 giugno, 2009
Misery non deve morire.
E non è neppure il mio compleanno. Niente o quasi da festeggiare oggi, se non il sole, l'estate, il tiglio, l'esame della Fanciulla, il fatto che ho corso e corso e corso senza fermarmi sbuffando e imprecando, per un bel pò. Fatt'è che la mia Amica Afef mi ha coperto di regali: 2 per l'esattezza. Un olietto magico alla menta, alla calendula, alla cocaina e a chissà così'altro, da spalmare generosamente, addosso defaticante, corroborante, idratante, sberluccicante e via così, così di menta che alla fine sai di Gomma del Ponte, e Lei, Misery, così l'ho chiamata, lì per lì, perchè di miseria si tratta, mia pianta preferita in quanto viola e chevvelodicoaffare, che ne avevo già parlato qui di quanto mi piaccia e l'adori vieppiù. Così, Afef, che è più furba di una faina, ha capito che sono invidiosa marcia della sua sterminata collezione di piante, di quel benjamin-sequoia che c'ha in casa, così come lo sono del terrazzo della mia Amica delle Perle, con fiori e fiorini a grappoli e distese, chilometri e chilometri di vasi rigogliosissimi. Perciò mi ha fatto dono di Misery. E io la conservo gelosamente per i giorni che qui resterò e quando mi vedrò costretta ad assentarmi per un pò, la affiderò a mani sapienti, anzi, ho già indetto un bando di concorso fra le mie Amiche, chimmai vorrà prendersi cura della mia Misery, la riprenderò intatta e perfetta una volta tornata, annaffiatela con cura, accuditela con amore e devozione, e parlateci ogni tanto, che lo sanno tutti che Misery Non Deve Morire. Se no, il libro, Stephen King, ma cosa lo ha scritto a fare?
03 giugno, 2009
Wool & The Gang.
Testè inaugurato a New York questo knitting bar. Notizia trovata su Elle di giugno. In uno di quei pomeriggi dove ti riprometti di fare solo cose frivolissime, provando una lezione alla Princi che mi dicono Ma Fino A Quando La Chiamerai Princi e io Fino Al Compimento Del Trentottesimo Anno D'Età. Uno di quei pomeriggi in cui ti illudi di non avere un bel niente da fare, abile come sei ad accantonare con grazia e dire Questo Lo Faccio Dopo, Domani, Fra Un Anno, Chissà. Nessuna transumanza in vista, forse una seratona in programma questa sera, l'inaugurazione della Piazzetta tutta nuova di marmo e alabastro e tutta tempestata di mosaici e statue e archi e santuari e palazzi e minareti e basiliche e scalinate. Uno di quei pomeriggi in cui butti un occhio distratto alla pila di magliette da riporre nell'armadio, al cartello che hai appiccicato sul muro O Vi Prendete le Cose O Le Butto Via, a quel riordino armadi che hai rimandato da giorni, a quello schema che vuoi provare e non hai testa, che forse è ora di pensare seriamente alle cose da portare in vacanza, che di giri e voli e incastri e partenze e arrivi e incontri ce ne saranno una tonnellata, e allora, ma allora e quindi, ma guarda fuori che bel sole che c'è, e che profumo di tiglio e il grano verzolino, e le finestre spalancate e le rose e i fiori. E con tutto questo, la collina lì fuori, la Fanciulla che suona che domani ha l'esame, il sole e il venticello, che tempo sarà mai sprecato, sprecatissimo, se usi questo pomeriggio a riordinare pile di maglie, indovinare di chi sono le mutande di Superman che giacciono da giorni nella cesta delle cose stirate, e allora, e perciò, fai cose frivole, e leggi sciocchezze, che vanno i costumi con gli anelli e le zeppe di corda, e pensa seriamente quel copricostume tricot che ti piace tanto, e a quanto ti sarebbe piaciuto essere all'inaugurazione di quel knitting bar in Bond Street, o di possedere quel kit con i ferri di legno e bambù, e leggi e cincischia e ciondola e ozia, che di casa in disordine non è mai morto nessuno.
01 giugno, 2009
Il regalo.
Sorprese e novità, semplici cose da nulla nel lungo week end di inizio giugno. Ci si ferma un pochino, dopo una settimana feroce di cose e giri e faccende e questioni. Questa famiglia qui, e va bene che sono grandi e va bene che non sono più da seguire a vista d'occhio, ma insomma, un bel daffare lo da comunque. Così, si è aspettata la domenica e ci si è fatto un regalo. Improvvisato, in realtà, nemmeno programmato e come tutte le cose fatte così, bellissimo, appunto. Sono venute da me, di passaggio dall'outlet, cariche di pacche e pacchettini. Ho scritto loro la strada con un sms, affinchè non si perdessero lungo la strada fino a Villa Villacolle. Compagne di scuola, di classe, di banco, amiche da una vita, insieme dalle elementari con una di loro, quella che ha perso buona parte del suo tempo a spiegarmi i profitti e le perdite, ma che io, zuccona, non ho mai imparato. E lei, che avevo già incontrato tempo fa, ritrovato, riabbracciato. Ci siamo raccontate, abbiamo riso come sceme sedute in cucina, hanno visto i miei figli, Uguali A Te, abbiamo ritrovato le noi che eravamo e che non sono cambiate. Sono ancora io, sono la Laura, con l'articolo, come mi chiamate voi, sono quella di sempre, che scriveva e scriveva, e faceva tutti e tre i temi del compito di italiano, e scrive scrive, oggi, per dirvi di quanto bello è avervi trovato, di come sia bello trovarvi così, cresciute e intatte, uguali, i guai, i figli, le cose che non hanno cambiato i vostri occhi che brillano, gli stessi che trovavo nel terzo banco a sinistra. Nessuna malinconia, una buosa dose di gossip innocente, e come farselo mancare, fidanzati passati, amori eterni, e ti ricordi quella volta che. Un bel regalo nel week lungo end del 2 giugno, noi tre, cresciute, si dice, ma uguali, tu sempre la Manù, tu sempre Carol, e io sempre la Laura, con l'articolo.
28 maggio, 2009
Summer Knit.
Uno degli ultimi, prima della pausa estiva. Dopo le grandi soddisfazioni dei giorni scorsi, oggi il KnitCafè al BioCafè di Vicolo dell'Erba si tinge di frivolo, di frivolissimo. Certamente si farà ancora una volta il punto della situazia, si raccoglieranno le ultime produzioni di copertine estive e cappellini da passeggio, ma so che sottobanco qualcuna proporrà uno schema di bikini, una borsa da spiaggia, un cappellino per la battigia, persino un pareo traforato del colore delle alghe. Come spiegarlo, le donne del knit sono siffatte, così vanesie, ma così vanesie e vanno in rete alla ricerca dei filati piu' strani e degli schemi piu' cool, che di Susanna proprio non ne vogliono sentir parlare. Noi al Bio si và di Zimmermann. E scusate se è poco.
Quasi estate.
Direi che ci siamo. Quasi. E' quasi estate se fai più fatica a tirar sù i figlioli dal letto, che studiano e studiano, verifiche a raffica, una dietro l'altra, e nezzuna voglia di farle, c'è da aggiungere. Se si và in giro vestiti leggerini, leggerissimi, deliziosi sandalini ultraflat, zeppe da stangona, capri pants, cestine di paglia, occhialone da Croisette, trucco inesistente. Se ci si sofferma davanti alle vetrine di costumi e parei, non molte in verità, ma che fan sognare di crociere e flutti, spiagge immacolate e angurie gelate sotto il solleone, bordi piscina, notti di lune tonde e stelle cadenti. Quasi estate. E i miliardi di cose da fare assumono un altro gusto, un pò con la mente si è già via, ci si concedono piccoli lussi, piccole impercettibili lentezze, cene fresche preparate coi figlioli, chiacchiere in terrazza, piccole cose. Ovvio, i Momenti da Manicomio certo non mancano, come si farebbe se no, e allora si attende la sera tardi, quando hai sparecchiato anche l'ultimissima briciola ed esci fuori nel pratino ad annusare per aria, il gelsomino e le rose, una brezza leggera, una specie di pace estiva, quasi estiva, a onor del vero, che l'ho sempre detto e mi danno della pazza ma ci son sere che da qui, insieme alla menta e all'erba bagnata, si sente anche il profumo del mare.
25 maggio, 2009
La Leggenda dei Pastelli Dimenticati.
Erano tanti. Diversi. Di ogni marca, colore e lunghezza. Qualcuno temperato, altri senza punta, altri ancora mangiucchiati in cima. Alcuni avevano ancora scritto il nome del legittimo proprietario, e da questo si capiva che erano stati i primi pastelli, di un primo astuccio, di un bambino in prima elementare. Vivevano tutti insieme in una scatola di latta viola, di quelle per i documenti, una specie di cassaforte che negli anni aveva contenuto nell'ordine bollette, carte, libretti delle vaccinazioni, contratti, macchinine, vestitini delle bambole, carte dei Pokémon e che adesso era diventata ufficialmente la loro casa. I legittimi proprietari erano dei chiassosi, adorabili bimbetti che bimbetti non erano più e li avevano perciò relegati nella parte più alta della casa, una specie di solaio, dove finivano le cose che non si aveva cuore di buttare. Nessuno li adoperava più. Difficile usare i pastelli all'università, o al liceo. Così, stavano lì, insieme, a farsi buona compagnia. Un giorno, qualcuno volle vederli, parlare con loro, usarne qualcuno, così, giusto perchè non si sentissero inutili. Dopotutto, erano stati comprati con grande solennità, all'inizio di ogni anno scolastico, scelti con cura, regalati a Natale, magari, di quelle scatole complete con dieci rossi e venti blù, di ogni gradazione e tonalità. Aprendo la scatola, si sentiva già profumo di legno, di colla, di temperato, non so, di punte spezzate, di carta assorbente, di cartella, di merendina spiaccicata. Ogni pastello aveva una storia da raccontare, ognuno di un bambino diverso. E quanti disegni, treni, pesci, foglioline e alberi di Natale, e aerei e mari e lune e soli e famiglia, è nata mia sorella, disegna la tua famiglia, e poi hanno fatto il loro padre con le scarpe grosse e me sollevata da terra, come a volare. E poi i cieli, che meraviglia è il cielo disegnato da un bambino e quanti colori, sia il tramonto o le nuvole e il vento perchè sì, i bambini disegnano anche il vento, che i grandi non sanno nemmeno da che parte si inizia. Che grande scoperta i pastelli del solaio. Conservano nei loro ricordi le manine distratte che li hanno usati, temperati, dimenticati e persi. Sono un segno del tempo che passa, dell'asilo che diventa Giurisprudenza, della prima elementare che diventa liceo, dalla festa in terza materna al Conservatorio. Sono passi perduti, fotografie di legno e colore, tutti insieme, che non sai più quale era di chi, ma che non butteresti per niente al mondo e che tieni lì, nella scatola di latta viola. Ascolterò tutte le storie che avrete da raccontare dei miei bambini che bambini non sono più, e che vorrei qualche volta ancora allacciare loro il grembiulino e fare il fiocco nella treccia, e cucire un vestito di carnevale, e aspettarli fuori dalla scuola che arrivino a me con il lavoretto della festa della mamma o di Natale. I Pastelli Dimenticati hanno tenerezza per le mamme nostalgiche e le aspettano, ogni tanto, nei solai di tutte le case del mondo dove c'è stato un bambino, per raccontare e raccontarsi le storie più meravigliose, i disegni e le avventure che li hanno accompagnati e stanno lì, compunti e ordinati, nella scatola di latta, in un'allegra, colorata confusione che profuma di scuola di legno e di tenera, leggera malinconia. Un pochino, soltanto.
23 maggio, 2009
C' è stato...
21 maggio, 2009
Run, baby, run.
E' scoppiata questa mania. O meglio, magari è scoppiata da molto e non me ne sono accorta. O è una di quelle follie collettive, che durano non molto ma abbastanza. Da questa parti, è scoppiato il running time. Si corre. Anzi, si corre agli Argini, che è tutta un'altra cosa. Ingredienti per tale scellerata operazione: si scelga con cura l'ora più calda in assoluto, tanto per cominciare. Così, viene meglio. Poi ci s'apparecchi per bene: niente trucco, per forza di cose, cotone centopercento per magliette e affini, scarpetta adatte, candida, ovvio, ma con qualche vezzoso inserto in tinta pastello. Ci si scelga una compagna o un compagno di viaggio, meglio se super allenato. Si sbrighino con solerzia le faccende del mattino e poi, sul mezzogiorno, ci si inerpichi agli Argini del Tanaro, puntualizzo per i non residenti, che lì è il posto giusto. Il Central Park di noialtri, insomma. Colà si troverà ogni genere di avventori, di ogni orientamento politico, di ogni genere, di ogni età, tutti accomunati dalla stessa passione (passione?) per la corsa. In realtà, agli Alessandrini Argini si va per accelerare il processo di rassodamento della chiappa, per la tornitura della gamba atletica, per la sparizione immediata dei due tre chili post panettone che ancora non si sono smaltiti, insieme alla colomba pasquale, dacchè la battigia è sempre più vicina e di arrivare mollicce proprio non ci va. Così, ci si impegna. Io mi sono organizzata. Con abilissima sincronia faccio le mie faccende e colà mi trovo con Afef, a scorrazzare chiacchierando sù e giù per la campagna, passando in tutta scioltezza dal selciato allo sterrato senza fare una piega. In realtà non è che sia convinta, ma Afef ha così insistito e io, che le sono così amica, mi immolo con dedizione e poi, se si deve, si fa. Colà ci si incontra, allora, fan della forma fisica, della scarpetta tecnicissima, dell'iPod con la musica giusta, del contapassi. Mi riconoscerete. Non già perchè ho scritto I Love New York sul sedere. Ma perchè son quella coricata. E coricàti, si sa, la scritta non si vede.
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