24 marzo, 2008

Baci da qui.



Che io, così, a memoria, non è che proprio mi ricordassi un tempaccio del genere. Beh, sì, forse a pensarci quella volta che avevo soltanto due bambini, due deliziosi maschietti di tre anni e uno, che venivamo già qui ma eravamo in un'altra casa e un freddo ma un freddo, e mi ricordo che i due avevano le tute uguali rosse e blù e le Superga verdoline ed erano così carini, ma così carini. Ecco, sì, ora mi ricordo bene, che dal freddo che faceva avevamo acceso il forno tutto il giorno, ma che bella vacanza è stata, anche quella, anche se i grandi non c'erano e la princi nemmeno, non ancora, ma insomma, che bello che è stato. Non ci samo fatti mancare proprio niente, vento e pioggia, e nemmeno una manciatina di grandine, dai, già che c'eravamo. Ma bello lo stesso, questo si sa. Abbiamo avuto tempo per tante cose, di studiare, persino, di leggere e di fare altri progetti, spostare un muro, una lampada, sta meglio così, no, meglio cosà. E persino adesso, che Maddalena è illuminata come un presepe, che le nuvole questo vento le sta portando via, e il mare è ancora rabbioso e leggermente alterato, adesso abbiamo avuto anche il tempo di cercare nella scatola delle fotografie e trovare, ma guarda un pò, quei due bambini là.

22 marzo, 2008

Alta gioieilleria.

Una delle meraviglie del mondo è costituita dall'avere un sacco di tempo a disposizione e nessun impegno, di nessun genere, che non sia salutare qualche amico infreddolito come noi, comprare i giornali, fare niente o quasi. Piove e piove e ancora piove, un pò smette e un pò diluvia, e pensare che molti si sono preoccupati di farci sapere, con un pizzico di cattiveria, che lassù a casa c'è un sole da spaccare le pietre. Non fa niente. Noi qui si sta e bene anche. Nonostante il freddo e la pioggia, si riesce anche a realizzare delle cose semplici e carine, una collana, per la precisione, adocchiata tempo fa su Ravelry, grazie a Clarissa, che la annoverava tra i suoi preferiti. Così, un giro in ferramenta per munirsi dei famosi cerchiolini di plastica e via, la prima collana della Princi , interamente fatta dalla sua mamma, sta prendendo vita via via. Certo, la tecnica è da affinare, per esempio come assemblare nel modo più omogeneo possibile i cerchiolini debitamente rivestiti all'uncinetto. Ma il risultato è grazioso. Già pronto un progetto Total Black, da indossare con un tubino discreto o una scollatura generosa. Che piova pure, se vuole.

21 marzo, 2008

Brrrrr.....


Un gelo polare. Vento che fischia e che sbatte. Il mare un pò imbufalito, in realtà, e di un colore rabbioso e insolito. Ma che bello, però. Che verde che c'è, e che nessuno che c'è in giro, e che belli i negozi quasi deserti e i pochi turisti, intabarrati come a Natale, andiamo a comprare delle coperte, a casa geliamo. Noi si sta benissimo, invece. Certo, fa freddo eccome, ma insomma, è così bassa la Santa Pasqua quest'anno, lo dicono anche qui, e poi che bella vacanza questa, che siamo tutti tutti, che certo, ci vuole una seduta di yoga ogni volta, e incrociare le gambe e fare gli occhielli con pollice e indice e dire ooohmmmmm ooohmmmmm, e contare fino a duemila, e sentire il Buddha Bar a stra-palla, ma che bello però. Che non abbiamo un orario nè per pranzo nè per cena, che leggiamo e chiacchieriamo e siamo avvoltolati nelle coperte di pile, e nei sacchi a pelo, è attrezzata, questa casa, anche per l'invasione degli ultracorpi. Ci sono provviste, un pane che sta lì, a lievitare beato, e tu guardi fuori e pensi, ma com'è possibile che ci si possa rosolare al sole a picco, qua fuori, e che adesso faccia un freddo così. Quest'oggi, tra un pò, temerari fino alla spiaggia, ci vorrebbero le tonnellate di cuffie di lana che ho prodotto quest'inverno, ma è un attimo, signora mia, mi dia un gomitolo e due ferri, gliene faccio una dozzina, con tutto il tempo che ho, ma mi dica un pò bene, e che problema c'è?

18 marzo, 2008

Da curare.

Belli da morire. Così, a manciate, tutti insieme, assolutamente inutili perchè troppo grossi o troppo piccini, ma lucidi, nuovi, mescolati, spaiati, trasparenti e viola, viola, viola. Li ho comprati per pochi euro e adesso eccoli qui, arrivati puntuali dentro una busta con le bolle, ben divisi nei loro sacchettini un pò polverosi, forse arrivano da un cassetto che sa di stantio, di una merceria che sa di stantio anche quella, ne abbiamo una in città, ancora con il metro di legno, la proprietaria che ha l'età degli scaffali, lenta come la Quaresima, che vende le calze alle dame che a nominar loro Calzedonia fanno una smorfia di disgusto. La merceria che vende la qualunque cosa.Le scatole degli spilli. E i giochi di ferri per fare le calze. E l'elastico per le mutande, c'è ancora qualcuno che cambia gli elastici, o meglio, che usa mutande cui si cambiano gli elastici, non è mica da tutti, sa? I miei bottoni sono qui, dentro al vasone della marmellata debitamente ripulita, faranno compagnia a quegli altri che ho comprato tempo fa. Bottoni, che grandissima magia infilarci la mano, fanno un rumore che non si descrive, non sai se sia come di monete, o di sassi o di tutti e due insieme. Una gioia per gli occhi. So già che qualcuno lo userò, inventerò delle cose carine, impreziosirò i miei famosi portafazzoletti che vanno a ruba fra le mie amiche, uno per colore, regalati, per forza, mica venduti, non si vendono le cose alle amiche, si regalano eccome. Anzi no, mi faccio dare 50 centesimi, i fazzoletti, si sa, portano sgarro, anche quelli di carta a quadrettini, con le farfalle, le caramelle o i disegni di Klimt. Adesso, resi più cool da con questi bottoncini meravigliosi, saranno ancora più preziosi. Benebenebene, meditò ella lisciandosi il mento e socchiudendo furbescamente gli occhi, posso aumentare l'importo dell'offerta. Idea geniale. Perciò, spiacentissima, Amiche Carissime Vicine e Lontane. La prossima volta che avrete in regalo dalla Medesima un simile oggetto confezionato con raria maestria, ricercatezza e mestiere, bene, allungate a piacer vostro una bella banconota. Meglio se viola. Sapete bene, è il mio colore preferito!

17 marzo, 2008

L'insalata era nell'orto.


Certamente non nel mio, dacchè io non ho mai posseduto un orticello, per i motivi che sappiamo. Però, ieri, ho ricevuto in dono una gerla di insalatina freschissima, di quella che ha un'aria di salute soltanto a guardarla, non già come quella tristissima delle buste al supermercato, che in effetti sto cominciando a patire un pochino. Solo, che scoperta, questa qui buonissima ci vuole tempo a pulirla, e qualche volta, una busta raminga di cicoria nel frigorifero costituisce una salvezza se arrivo trafelata e mi risolve con brillantitudine la vicenda alla voce Contorno. Semprechè, nella suddetta busta raminga, non si siano nel frattempo insediate colonie di bacilli, microbi, batteri e scolopendre, grillitalpa e vermiciattoli, che le foglioline non abbiano subito una misteriosa metamorfosi e appaiano come mollicci composti nero verdastri, o giallognoli, nel migliore dei casi. Così, stamattina, nel silenzio della mia linda cucina, mi apprestavo con solerzia a pulire la tonnellata di insalatina, armata dei miei bei guantini violacei a proteggere le manine laboriose. Pulire l'insalata è terapeutico. Mi sa che la mia Amica del Gossip, donde proviene questa fornitura di vegetali, e, adesso che ci penso, pure i guanti violacei, lo ben sa che tale pratica rilassa e distende, e perciò l'omaggio aveva ben il suo preciso scopo. Ma, riflettendo un istante, proprio io che ricamo e lavoro a maglia, e questo, rilassa. Proprio io che trovo rigenerante una passeggiata in collina, innaffiare le violette, cucinare per plotoni, inventare cose e cose, e di queste pratiche non me ne faccio mancare nessuna....Proprio io che faccio ognuna di queste cose rilassanti, possibile che sia sempre schizzata uguale?

16 marzo, 2008

La festa.

E' stato divertente. Gradevole. Da quelle parti, quando si organizza una festa, è tutto un dispiego di forze culinarie mica da ridere. Siamo in 40? E che problema c'è. Mi piacciono le feste dove si arriva coi vassoi, la carta stagnola, i contenitori di casa, dove ognuno porta qualcosa. Mi piacciono le feste dove si chiacchiera, un pò di qua e un pò di là, e anche se non sei proprio così in forma, così ciarliera e così brillante, dai, che non fa niente. Io sto bene lì, anche quando non sto bene da nessun'altra parte del globo terracqueo. Così, a chiacchierare delle feste fatte in quello stesso posto ma una trentina di anni prima, che il mio Sposo sorride e mi dice, sembrate reduci dalle Crociate, ma ancora, non fa niente. Sono strani legami che mi legano a questi posti e a queste persone, così leggere, così belle da vedere, così lucide, non so come dire. La Festeggiata, strepitosa col suo defilè di biancheria intima avuta in regalo, da sopra i vestiti, per carità! la Doc, che secondo me, non vista, ha preso nota di tutto, la musica, le chiacchiere, le cose semplici che mi fanno così bene quando sono qui. E prima di venire via Qualcuno mi ha detto Sei Stanca, Vero? Il brutto di questi qui, è che proprio non puoi nascondere niente. Ed è per questo che li adoro.

Heart attack.


Succede. Ancora e ancora, più spesso, da qualche giorno in qua. Un cuore che non ne vuole sapere, un'ansia leggera, di zucchero a velo, di sabbia fine fine che si insinua tra gli ingranaggi, di cose che non so. Il cuore rimbalza, un pallone sul muro, come i giochi che fanno i bambini, DieciFratelliTuttiMonelli, chi se la ricorda, il cuore si apre e si chiude, capace di grandi balli e grandissimi niente, di lustrini e di fango, di panna e di ghiaia. Il cuore non risponde qualche volta, se ne sta lì in un angolo, come a sonnecchiare, diresti che dorme davvero, ma come, nemmeno russa, ma sta lì e non fa niente e allora ti verrebbe voglia di scuoterti un pò tu, shakerarti, per farlo reagire in qualche modo, per svegliarlo, chi lo sa. Sono giorni di pensieri obliqui, ma come sono bene questi pensieri ancora non lo so. Obliqui perchè non è che proprio li formuli, li pensi come da lontano, li prendi alla larga, e se, e se, e se, e per la massima parte sono pensieri tremendi, tristissimi, pesanti da mandare giù. Il cuore non batte, fa soltanto il suo dovere per farti camminare e respirare e far le scale e la spesa. Ma sorridere, poco. E ti dici che un cuore così non lo vuoi davvero, che non sai cosa fartene di un cuore così scemo, e che di questi alti e bassi davvero ne hai proprio abbastanza e che forse due paroline a questo diavolo di un muscolo forse andrebbero dette sul serio. Ma lui niente, continua a battere, troppo forte o troppo piano, troppo in alto o troppo in basso, un sasso nello stagno, una palla di neve sul vetro, un pallone sul muro.

14 marzo, 2008

La famiglia dei Pettirossi.

Sono tanti. Uno stuolo. Uno stormo. Un sacco, insomma. Sono almeno 6, anche se non è molto facile distinguerli fra loro. Certo, ce n'è uno più cicciardo e uno con la testolina bianca, ma insomma, sono sempre una quantità. Arrivano al mattino presto e verso il tramonto. Li ho abituati così. Nel senso che non è che mi sono data all'ammaestramento dei pettirossi, così, a tempo perso, ma diciamo che me ne prendo cura. Ho comprato per loro una casetta di legno, dove, con un marchigegno ingegneristico è stato apposto un cucchiaino di plastica che possa contenere il loro cibo. E certo, briciole e briciole, ma anche e soprattutto il mangime appositamente apposito per i pettirossi, rosso, infatti, per mantenere il loro piumaggio vivace e splendente. I pettirossi sono strani personaggi: hanno, per cominciare, un aspetto buffo. Zampettano, sono guardinghi e sospettosissimi, non danno confidenza, sono, per così dire, un pò altezzosi. Non che se la tirino, però hanno quel modo di fare, che fanno cadere le cose un pò dall'alto, insomma, un tantino snob. Questa mattina, la sveglia è suonata più che all'alba in casa mia. Il Maturando si reca in gita scolastica, olè, e quindi alzarsi alle 5 è stato un gioco da ragazzi. Ma questo cambiamento di sveglia mi ha permesso di seguire meglio i movimenti della colorata famigliola che vive da qualche tempo nel mio giardino. Arrivano uno per volta, ben attenti ad eludere la sorveglianza dei ferocissimi felini che fanno finta di sonnecchiare sul terrazzo o che li osservano attraverso il vetro. Poi, una volta ben sicuri di non correre pericoli, si avvicinano in un frullare di ali e di cip cip al cucchiaino griffato. E lì, si scialano. I pettirossi mi piacciono. Confesso che per me è anche una terapia. Non faccio birdwatching, ma osservando i loro movimenti e le loro testoline e quelle faccine un pò così e quei loro colori così belli ed insoliti, riesco anche, alla bisogna, a dimenticare ansie e magoni, batticuori e debolezze, tristerie e paure. La terapia del Pettirosso. La brevetterò.

13 marzo, 2008

L'albero di Pasqua.

Mi è venuta così. E' una giornata di tale bellezza, quest'oggi, che forse andava un pò celebrata, festeggiata, come a dire, va bene, va bene, è arrivata stavolta, la stagione che ci piace, dei colori e dei cestini, delle mezze maniche, dei pullover leggeri, dei golfini slacciati, delle camiciole, delle insalate, dei fiori sugli alberi, delle pratoline e delle violette. Dovrò svecchiare il giardino, togliere le erbacce, dire due paroline a quel rosmarino che è tutto curvo su se stesso, carezzare per bene i fiorellini azzurri che nessuno ha piantato, controllare con occhio sapiente le ortensie ancora in gemma. E fare un albero. Un albero di Pasqua, Ma Mamma, Non Esiste, e pazienza, lo facciamo esistere noi. Il fascio di giunchi è un avanzo di Natale, la base è la stessa un pò come la pizza, puoi farla margherita o stracchino e rucola, che differenza fa, la pasta è uguale. Ci ho attaccato, all'alberino, non alla pizza, delle uova di stoffa, degli uccellini di cartapesta, dei fiocchi di tulle recuperati dalle bomboniere. Voilà, il mio albero di Pasqua è bell'e pronto. Ci manca un pò di verde. Ma, adesso che ci penso... posso sempre aggiungerci della rucola.

11 marzo, 2008

La serial killer del basilico.



Presente! Sono io, proprio io. Che non abbia il pollice verde non è mistero. Le piante non mi sopportano, è più forte di loro. Mi odiano, ecco. E non solo quelle da appartamento, i gerani, le ortensie e via così. Anche quelle umili e innocenti, per nulla pregiate, le piantine delle erbe aromatiche, per esempio. Io non ci riesco. Le ammazzo, nel giro di pochissimi giorni. Le annullo. A nulla servono le mie più amorevoli cure, bagnarle con attenzione, nè troppo nè troppo poco, parlarci, anche, come qualcuno mi ha suggerito. Una volta, qualcuno devi avermi beccato a raccontare qualcosa al basilico. Mi hanno guardato da lontano, chiedendomi Mamma, Stai Bene? e poi se ne sono andati scuotendo la testa. Due giorni fa ho comprato una rigogliosissima piantina di basilico. Bene, è già in terapia intensiva. Rianimazione, pare. Le foglioline appaiono smorte e magroline, floscie, inanimate. Gli steli sono pallidi, come stanchi, bianchicci, orrendi, come reduci da una feroce terapia antibiotica. Volevo una piantina perchè non voglio più la vaschetta dell'Esselunga, e già mi vedevo a distribuire piantine e piantine a tutto il vicinato, ottenute per talea dalla mia pianta diventata un cespuglio. Niente di tutto ciò, addio sogni di gloria. Continuerò mestamente a comprarlo all'Esse ma senza vaschetta, e aspetterò che arrivi il giorno della dipartita, che questa piantina, l'ennesima, tiri gli ultimi, e diventi gialliccia o nera, a seconda e spiri, in silenzio, come tutte le consorelle che l'hanno preceduta. Mi rimarrà il vasetto. Questa la so. Plastica. Nel contenitore di mezzo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...