16 marzo, 2008

La festa.

E' stato divertente. Gradevole. Da quelle parti, quando si organizza una festa, è tutto un dispiego di forze culinarie mica da ridere. Siamo in 40? E che problema c'è. Mi piacciono le feste dove si arriva coi vassoi, la carta stagnola, i contenitori di casa, dove ognuno porta qualcosa. Mi piacciono le feste dove si chiacchiera, un pò di qua e un pò di là, e anche se non sei proprio così in forma, così ciarliera e così brillante, dai, che non fa niente. Io sto bene lì, anche quando non sto bene da nessun'altra parte del globo terracqueo. Così, a chiacchierare delle feste fatte in quello stesso posto ma una trentina di anni prima, che il mio Sposo sorride e mi dice, sembrate reduci dalle Crociate, ma ancora, non fa niente. Sono strani legami che mi legano a questi posti e a queste persone, così leggere, così belle da vedere, così lucide, non so come dire. La Festeggiata, strepitosa col suo defilè di biancheria intima avuta in regalo, da sopra i vestiti, per carità! la Doc, che secondo me, non vista, ha preso nota di tutto, la musica, le chiacchiere, le cose semplici che mi fanno così bene quando sono qui. E prima di venire via Qualcuno mi ha detto Sei Stanca, Vero? Il brutto di questi qui, è che proprio non puoi nascondere niente. Ed è per questo che li adoro.

Heart attack.


Succede. Ancora e ancora, più spesso, da qualche giorno in qua. Un cuore che non ne vuole sapere, un'ansia leggera, di zucchero a velo, di sabbia fine fine che si insinua tra gli ingranaggi, di cose che non so. Il cuore rimbalza, un pallone sul muro, come i giochi che fanno i bambini, DieciFratelliTuttiMonelli, chi se la ricorda, il cuore si apre e si chiude, capace di grandi balli e grandissimi niente, di lustrini e di fango, di panna e di ghiaia. Il cuore non risponde qualche volta, se ne sta lì in un angolo, come a sonnecchiare, diresti che dorme davvero, ma come, nemmeno russa, ma sta lì e non fa niente e allora ti verrebbe voglia di scuoterti un pò tu, shakerarti, per farlo reagire in qualche modo, per svegliarlo, chi lo sa. Sono giorni di pensieri obliqui, ma come sono bene questi pensieri ancora non lo so. Obliqui perchè non è che proprio li formuli, li pensi come da lontano, li prendi alla larga, e se, e se, e se, e per la massima parte sono pensieri tremendi, tristissimi, pesanti da mandare giù. Il cuore non batte, fa soltanto il suo dovere per farti camminare e respirare e far le scale e la spesa. Ma sorridere, poco. E ti dici che un cuore così non lo vuoi davvero, che non sai cosa fartene di un cuore così scemo, e che di questi alti e bassi davvero ne hai proprio abbastanza e che forse due paroline a questo diavolo di un muscolo forse andrebbero dette sul serio. Ma lui niente, continua a battere, troppo forte o troppo piano, troppo in alto o troppo in basso, un sasso nello stagno, una palla di neve sul vetro, un pallone sul muro.

14 marzo, 2008

La famiglia dei Pettirossi.

Sono tanti. Uno stuolo. Uno stormo. Un sacco, insomma. Sono almeno 6, anche se non è molto facile distinguerli fra loro. Certo, ce n'è uno più cicciardo e uno con la testolina bianca, ma insomma, sono sempre una quantità. Arrivano al mattino presto e verso il tramonto. Li ho abituati così. Nel senso che non è che mi sono data all'ammaestramento dei pettirossi, così, a tempo perso, ma diciamo che me ne prendo cura. Ho comprato per loro una casetta di legno, dove, con un marchigegno ingegneristico è stato apposto un cucchiaino di plastica che possa contenere il loro cibo. E certo, briciole e briciole, ma anche e soprattutto il mangime appositamente apposito per i pettirossi, rosso, infatti, per mantenere il loro piumaggio vivace e splendente. I pettirossi sono strani personaggi: hanno, per cominciare, un aspetto buffo. Zampettano, sono guardinghi e sospettosissimi, non danno confidenza, sono, per così dire, un pò altezzosi. Non che se la tirino, però hanno quel modo di fare, che fanno cadere le cose un pò dall'alto, insomma, un tantino snob. Questa mattina, la sveglia è suonata più che all'alba in casa mia. Il Maturando si reca in gita scolastica, olè, e quindi alzarsi alle 5 è stato un gioco da ragazzi. Ma questo cambiamento di sveglia mi ha permesso di seguire meglio i movimenti della colorata famigliola che vive da qualche tempo nel mio giardino. Arrivano uno per volta, ben attenti ad eludere la sorveglianza dei ferocissimi felini che fanno finta di sonnecchiare sul terrazzo o che li osservano attraverso il vetro. Poi, una volta ben sicuri di non correre pericoli, si avvicinano in un frullare di ali e di cip cip al cucchiaino griffato. E lì, si scialano. I pettirossi mi piacciono. Confesso che per me è anche una terapia. Non faccio birdwatching, ma osservando i loro movimenti e le loro testoline e quelle faccine un pò così e quei loro colori così belli ed insoliti, riesco anche, alla bisogna, a dimenticare ansie e magoni, batticuori e debolezze, tristerie e paure. La terapia del Pettirosso. La brevetterò.

13 marzo, 2008

L'albero di Pasqua.

Mi è venuta così. E' una giornata di tale bellezza, quest'oggi, che forse andava un pò celebrata, festeggiata, come a dire, va bene, va bene, è arrivata stavolta, la stagione che ci piace, dei colori e dei cestini, delle mezze maniche, dei pullover leggeri, dei golfini slacciati, delle camiciole, delle insalate, dei fiori sugli alberi, delle pratoline e delle violette. Dovrò svecchiare il giardino, togliere le erbacce, dire due paroline a quel rosmarino che è tutto curvo su se stesso, carezzare per bene i fiorellini azzurri che nessuno ha piantato, controllare con occhio sapiente le ortensie ancora in gemma. E fare un albero. Un albero di Pasqua, Ma Mamma, Non Esiste, e pazienza, lo facciamo esistere noi. Il fascio di giunchi è un avanzo di Natale, la base è la stessa un pò come la pizza, puoi farla margherita o stracchino e rucola, che differenza fa, la pasta è uguale. Ci ho attaccato, all'alberino, non alla pizza, delle uova di stoffa, degli uccellini di cartapesta, dei fiocchi di tulle recuperati dalle bomboniere. Voilà, il mio albero di Pasqua è bell'e pronto. Ci manca un pò di verde. Ma, adesso che ci penso... posso sempre aggiungerci della rucola.

11 marzo, 2008

La serial killer del basilico.



Presente! Sono io, proprio io. Che non abbia il pollice verde non è mistero. Le piante non mi sopportano, è più forte di loro. Mi odiano, ecco. E non solo quelle da appartamento, i gerani, le ortensie e via così. Anche quelle umili e innocenti, per nulla pregiate, le piantine delle erbe aromatiche, per esempio. Io non ci riesco. Le ammazzo, nel giro di pochissimi giorni. Le annullo. A nulla servono le mie più amorevoli cure, bagnarle con attenzione, nè troppo nè troppo poco, parlarci, anche, come qualcuno mi ha suggerito. Una volta, qualcuno devi avermi beccato a raccontare qualcosa al basilico. Mi hanno guardato da lontano, chiedendomi Mamma, Stai Bene? e poi se ne sono andati scuotendo la testa. Due giorni fa ho comprato una rigogliosissima piantina di basilico. Bene, è già in terapia intensiva. Rianimazione, pare. Le foglioline appaiono smorte e magroline, floscie, inanimate. Gli steli sono pallidi, come stanchi, bianchicci, orrendi, come reduci da una feroce terapia antibiotica. Volevo una piantina perchè non voglio più la vaschetta dell'Esselunga, e già mi vedevo a distribuire piantine e piantine a tutto il vicinato, ottenute per talea dalla mia pianta diventata un cespuglio. Niente di tutto ciò, addio sogni di gloria. Continuerò mestamente a comprarlo all'Esse ma senza vaschetta, e aspetterò che arrivi il giorno della dipartita, che questa piantina, l'ennesima, tiri gli ultimi, e diventi gialliccia o nera, a seconda e spiri, in silenzio, come tutte le consorelle che l'hanno preceduta. Mi rimarrà il vasetto. Questa la so. Plastica. Nel contenitore di mezzo.

Un regalo.

...bella, bella, bella.

10 marzo, 2008

Chi vedete.



Quando si apre la porta. E al mattino, dal vostro letto, attraverso gli occhi stropicciati dal sonno, chi vedete, china su di voi, a dirvi Sveglia, Buongiorno, e a mangiarvi di baci, ancora, anche adesso che siete già grandi. Chi vedete, arrivando da scuola, che lanciate gli zaini e dal vostro camminare capisco già se dovrò sentire qualcosa che non mi piacerà, lo so, da come muovete le orecchie, dico sempre, ma come mamma, le orecchie non si muovono, appunto. Chi vedete la sera, chi vedete a cucinare, ridere, ballare e saltare, chi vedete in un angolo, qualche volta, seduta senza corrente, e mi sforzo di sembrare normale ma ci sono volte che proprio non gira, cosa vedete, quelle volte, cosa pensate, che fate. Di che colore sono i pensieri che vengono fuori da voi, quando urlo, quando sgrido, quando anche a me sembra di esagerare, ma è così che si fa, lo farete anche voi, tra un bel pò. Che madre avete, bambini miei, di cristallo e di roccia, che madre vedete le mattine col sole, le sere a darvi la buonanotte e a dirvi Spegnete Presto, e a chiudere la porta pianissimo, a custodire i vostri sogni preziosi. Sono io, bambini che bambini non siete più, sono una madre qualunque che si chiede e che si sforza, e cerca di, capire, consolare, raccontare, spiegare, medicare, rincuorare. Sono io, bambini, che canto piano la domenica mattina, sono io, che piango piano le volte che piango, che soffro adagio le volte che soffro, per non farvi sentire. Per proteggervi. Sollevarvi. Nascondermi. Sono io, bambini, che rido forte, che faccio la scema, che invento le poesie nelle merende del mattino, che vi chiedo di fidanzate e di amici e di feste, per capirvi di più, per essere più dentro alla vostra vita, che non è mia, certo, ma che forse un pochino. Mi sono chiesta chi vedete, chi pensate che io sia. Sono un pò di quel che c'è in voi, sono un pò dell'alchimia, sono un pezzo della formula magica. Sono un sasso nello stagno, un onda nel vostro mare, un pastello colorato nel vostro zaino di scuola. E voi, un pò di me. Sono un cuore fatto di cuori, di stelle comete e di venti profumati. Vi abbraccio e mi abbandono, educo e imparo, cresco insieme a voi, custodisco e mi lascio custodire, vivo, discuto, rido insieme a voi. Siete i miei giorni più belli. Siete i cuori dentro al mio cuore, che pianga o che rida, che balli o che soffra, il mio cuore è dentro al vostro. E il vostro, al mio.

La raccolta differente.


Diciamo che ci è acchiappata secca. Ci prende, 'sta cosa. Ci sentiamo di fare un quaccheccosa per il Pianeta e allora, anche se da anni in casa nostra la si fa, abbiamo affinato la tecnica, per così dire. Dacchè il nostro ridente villaggio ha anch'esso adottato la pratica del porta a porta, laddove Bruno Vespa non c'entra una beata, ormai la spazzatura è una questione alquanto complessa. E mi vado a spiegare. Prima si poteva dire con serenità, Di Chi è il Turno della Spazzatura? giacchè a parte carta e vetro, il sacchetto, rigorosamente viola anch'esso come la quasi totalità della mia casa, era, imprescindibilmente, uno soltanto. Ma ora no. Il volontario deputato alla barbosa questione deve portare seco ben 3 e dico 3 deliziosi contenitori Seletti, unitamente al molliccio sacchetto dell'organico o umido. E fin qui niente da dire. Siamo o non siamo un paese civile, facciamo tutti qualcosa, risparmiamo energia, e M'Illumino di Meno, ricicliamo e via così. Ma stasera, in una cena chiassosa ed allegra come ci capita spesso da qualche sera in qua, con questi figlioli adorabili e scellerati, da adorare e strangolare a giorni alterni, si disquisiva bellamente sulla banda stagnata. Dove và riposta? In quale misterioso loculo? E le bustine del thè? E le cozze? Fermo resta il fatto che non è propriamente che da noi si mangino le cozze con grande frequenza, ma insomma, così, tanto per sapere. Il mio Solerte Ingegneristico Sposo ha ben pensato di stampare un elenco e di affiggerlo accanto alla lavagna. Per non fare errori. Dal canto mio sto ricamando con lentezza un adorabile quadrettino con la scritta Recycle da apporre accanto alla fila delle pattumiere, perchè così si chiamano, sognora cara, e senza tante storie, e che razza di orrendità ci hanno mai fornito, un assurdo bidone marroncino, che non si intona ai colori della mia cucina, e nemmeno di Prada, e senza nemmeno un disegnino, una grechina, che ne so, un fiorellino. Così', cenando si parlava. A dire il vero, un Maturando troppo loquace, tristanzuolo per la partenza della Biondina in Gita Scolastica, si faceva domande di spessore. I blister delle vitamine, per esempio. Il Liceale nicchiava, se la dava da Gran Ciambellano di Corte, Noi la Facciamo dalla Materna la Differenziata, così come la Princess. E poi, sai quanto ci vuole a smaltire un pannolino da neonato? Fatti due conti, sbottò il Maturando, dobbiamo ancora smaltire i pannolini di Foscolo. Che devo fare. Presto darà la maturità classica, i suoi sogni sono già popolati da versioni di greco e autori vari, e stasera per lui è una triste sera, qualcosa gli devo pur perdonare. E pazienza se dice qualche stupidata. C'è solo da sperare che metta al posto giusto gli incarti del Duplo. E che la Biondina torni presto. Almeno quello.

09 marzo, 2008

Lingotto, anch'io.

E alla fine, ci sono andata anche io. In verità, sapevo da tempo quanto Cristiana organizzasse al Lingotto ogni secondo sabato del mese. Ben perciò, mi sono recata, con la mia Amica della Pastiera, a questo scellerato incontro di genio e creatività. Invero, obnubilata come sono in questi ultimi giorni, il fato ha voluto che sbagliassi confondessi, che travisassi le precise istruzioni di Cristiana. Ristorante del Pastificio al Lingotto. E io, la tonna, che stazionavo da Eataly. Ma ci siamo testè riprese, non prima di aver scorribandato per gli scaffali, acquistato pasta e sale e caramelline per poi recarci alla giusta meta. Lì, si è schiuso un mondo magico di filati ricercati, di riviste introvabili, di lavori a 72 fili, di giochi tricottati, di una misteriosa quanto affascinante tecnica di sfilaggio che ci ha fatto restare di gesso. Una meraviglia. Son persone speciali quelle che incontri ai knit cafè. La sanno lunga e te la insegnano. SI armano di santissima pazienza per trasformare il tuo banale dirittorovescio in qualcosa di decisamente migliore. Come il Vertigo, per esempio, che non è un gioco erotico o una giostra del Luna Park, ma un cappellino per l'inverno prossimo, fatto tutto a spirali e giravolte, che ho testè imparato e confezionato. Perchè vero che non sono brava, ma come dire, l'impegno ce lo metto eccome. Grazie a Cristiana, Ursula, Maya e a tutte le altre che hanno festeggiato con me, senza mimosa e nel miglior modo possibile, un altro Otto Marzo.

Lavori in corso.

Sì, si è lavorato. E tanto anche. Ma è stato così gradevole, sapesse, signora mia. Sono stati due giorni di niente assoluto e di tutto cosmico. Di grandi, invisibili manovre. Di riassettamenti vari, una lucidata qua, una stirata là. No, non ho iniziato le pulizie di primavera, ma di quale primavera poi, che io l'aspettavo eccome, anzi, già la credevo arrivata e invece eccomi qua col mal di gola per aver circolato una settimana senza calze col freddo che fa. Ho lavorato, ha lavorato il mio Esimio Sposo sulle Fragole, no, dico, ma ha visto che cosa mi ha fatto? Ho lavorato. In questi giorni ho cercato. Guardato meglio. Pensato, anche. Riflettuto. Mi sono trovata spesso a guardare fuori con la mente sciolta. Ho avuto pensieri distanti e vicinissimi, pensieri faticosi e altri deliziosi. Ho avuto modo. Di pensare a me. Di prendermi del tempo, e senza parrucchiere o massaggio. Ho pensato e basta. Una specie di seduta psichiatrica ma stando in piedi, non so come dire. Mi sono beata, anche. E alla fine, le cose che ho pensato le ho messe in fila. Una accanto all'altra, come quei vecchi bottoni che ho comprato giorni fa e che stanno adesso in un vaso vuoto della marmellata. Mi piacciono, le cose che ho pensato. Mi piaccio io, adesso, che non ho ansia e malinconia e quel disagio, quella specie di nausea leggera, quella scontentezza di fondo, quella stanca paura. Sto bene. Che bello quando si lavora, fuori e dentro. Si tira l'anima a lucido come una teiera d'argento, si spolvera il cuore per bene, si appendono tende fresche di bucato e si comprano vecchi bottoni, spaiati e bellissimi, luccicanti di madreperla, da conservare nel barattolo della marmellata.

06 marzo, 2008

Knitting day.


C'è da ricordarlo? C'è da dire che ogni primo giovedì di ogni mese noi ci si trova a knittare-chiacchierare-sorseggiare-ricamare-scambiare-imparare-insegnare, anche, perchè no ? E oggi, stessa spiaggia stesso mare, nel pomeriggio, passate quando volete, dalle alle non mi va, saremo lì. Ma oggi, una novità, un gioco a sorpresa, una cosa carina, un'idea che mi è frullata. Knit & Fun, allora. Portate con voi oltre al vostro knit, il vostro ricamo o il vostro bel niente, una penna. Le chiacchiere, l'entusiasmo e la voglia di fare, beh, quelle ci sono già.
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
dalle 15 in poi...

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...