Visualizzazione post con etichetta cambiamenti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cambiamenti. Mostra tutti i post

14 gennaio, 2019

Il Talento.

Non credo di averne, nessuno.
E se ne ho qualcuno, è per cose insignificanti e totalmente inutili. 
Ho talento per imparare le canzoni a memoria e le poesie. Di fissare le scie delle aerei fin quando non scompaiono, o si dissolvono nel cielo. 
Ho un talento spiccato e naturale per perdere le cose, prendere multe, dimenticare le chiavi.
E dimenticare me.

Sono giorni freddi ma mica tanto, sono giorni strani di nuove condizioni e nuove situazioni, prima fra tutte la cose che vedo dalla finestra appena apro gli occhi. E sono altre finestre e altre tende e un balcone delizioso che ha ancora una cometa illuminata. Anzi, adesso controllo se c'è ancora. 

Nuove direzioni e nuovi pensieri, belli, liquidi, come gli occhi delle persone che sanno essere straordinarie nel loro modo semplice di esistere e di guardare, e di arrendersi dolcemente alle cose della vita. Non è da tutti, non l'ho mai imparato, non so se ci riuscirò mai.

Gennaio è un mese ingrato e meraviglioso, è il mese dei grandi inizi e dei progetti interstellari, e poco importa se alla fine non se ne farà niente. Ho un talento sublime per fare sogni grossi come case, voli supersonici fra le nuvole più belle dell'Universo Creato, io, Sognatrice Indiscussa, Regina delle Cose Inutili di Tutte Le Terre Emerse, che si schianta  con fragore al suolo, di faccia, sbammm! e zero talento ad indovinare che sarebbe successo, meno di zero.

Ho un cuore stropicciato dentro una busta di plastica. Lo tengo lì, al caldo, qualche volta lo accarezzo e gli dico piano che andrà tutto bene, ma lo dico da così tanti anni che alla fine, il mio cuore non mi crede più.
Ha fatto un degno lavoro, per me, ha amato tanto, soccorso, accudito, consolato e insegnato. E ha sofferto, più di ogni altra cosa al mondo. Ed è stato così felice da non crederlo possibile. E poi disperato e stanco, da desiderare di fermarsi, da non farcela più.

I cuori guariscono sempre, loro sì che hanno talento.
Sanno sempre esattamente la direzione da prendere, sanno con precisione che se vai di lì troverai un prato e se invece vai di là una siepe di rovi. Più in là ancora, una cascata di acqua cristallina e spumeggiante e di là ancora una palude di sabbie mobili.

Eppure, ci vanno lo stesso.
E forse, il segreto sta tutto lì.

Vivere, vivere a manciate, a sorsi lunghissimi, come l'acqua gelata d'estate, vivere a sacchi, a cesti stracolmi come quelli del frutteto, vivere e non fermarsi, nemmeno quando ti manca il respiro e dici, Non Ce La Farò Mai.

Voglio imparare dal mio cuore, voglio avere il suo talento nel riconoscere le cose della vita che arrivano quando non sai, quando non credi, quando hai freddo, fame e sonno e invece guarda lì, che meraviglia che c'è.

Trovo un'altra direzione, prendo questa strada che non so, ho un talento superbo per indovinare la strada giusta, non è vero ma faccio finta, il mio cuore sussurra e mi dice, Vai, E' Tutto Ok, è La Strada Perfetta, ma lui che ne sa, che da lì dov'è nemmeno vede fuori.

Ma io lo sento sorridere.
La cometa del balcone di fronte è ancora lì.



20 luglio, 2018

Le Righe di Terza.


Ero sempre così concentrata nelle prove di bella scrittura. 
Stavo attenta a toccare tutte le righe, a pensare bene dove dovevo andare, quale riga dovevo toccare, se stare in quella sotto o superarla, o andare giù o fermarmi a metà. 
Niente ti insegna a scrivere bene come le righe di terza.

Ero una bambina coi capelli lunghissimi, il colletto di pizzo, il grembiule nero e lo scudetto al braccio con scritto III e avevo una compagna di banco che si chiamava Claudia. 
Una volta le nostre mamme ci comprarono senza saperlo le stesse scarpe di vernice col cinturino. Eravamo felicissime e ci sembrò un’ingiustizia quando la maestra ci cambiò di posto, avevamo le stesse scarpe, come osava. 

La mia terza elementare la ricordo a sprazzi, ero incaricata di ritirare i quaderni e cancellare la lavagna. Perché, spiegava la maestra a mia madre, Se Non la Faccio Alzare, Chiacchiera Troppo.

I miei pensierini  erano sempre quelli appesi nel Cartellone dei Pensierini che si faceva ogni mese.
Non sapevo fare i problemi, nemmeno quelli La mamma ha 2 dozzine di uova, e ne rompe 3 , per dire.
Ma scrivevo bene. Forse, era merito delle righe di terza.

Sono righe strane, non comuni, non so nemmeno se si usano ancora. Non ho più figlioli alle elementari e credo che l’ultima nemmeno li abbia usati a scuola, glieli facevo usare io a casa, affinchè si esercitasse a scrivere bene, con una bella grafia, che è importante scrivere ordinate e bene. Non so se ci sono riuscita, ma i messaggi di mia figlia sulla lavagna della cucina mi spiace sempre cancellarli.

Le righe di terza non è vero che ti fanno sacrificare le lettere, forse si schiacciano un pochino, ma tu devi dare alle lettere la giusta rotondità, perdonarti un pò quando non tocchi la riga in alto, e andare lentamente con la penna o con la stilo, in modo da pensare bene a quello che scrivi.
E prima di scrivere devi avere chiarissimo quello che devi dire, le parole hanno un senso, un peso, un colore e un modo. Feriscono, abbracciano, cullano e uccidono.  Sanno consolare e strangolare, sanno essere salvezza e condanna,  carezza e schiaffo, ambrosia e fiele.

Scrivo spesso a mano, scrivo biglietti e appunti e le poesie che so a memoria, una volta in treno ho scritto un pezzo dell’Adelchi che so a memoria, perché non avevo un libro e nessun lavoro a maglia, e credo che la mia vicina sbirciando avesse detto, Questa è Scema.

Le righe si terza mi hanno insegnato a scrivere meglio di quello che so per certo, con le maiuscole quando serve perché le maiuscole vogliono dire educazione, le minuscole invece sono un esercito di piccoli soldati che insieme fanno una pagina di sillabe e le sillabe parole e le parole pensieri e i pensieri quel che ti detta l’anima, il cuore, il sentimento e i suoi inganni, la vita stessa, la mente e i suoi disegni,  il mondo intero.

Ho trovato un quaderno mai usato, ho provato a scriverci e le mie parole sono rotonde, maiuscole e minuscole, non escono dai bordi, stanno a margine ordinate, scivolano fuori dalla penna, nascono dall’inchiostro come piccolissimi arabeschi, disegnano un romanzo mai scritto e obbligano a scrivere lentamente, anche ascoltando l’impercettibile fruscio del pennino sulla carta Fabriano.

Ho mille cose sparse in giro, alcune già caricate su un furgone, tutta la mia vita, quella dei miei figli e di tutte le cose che ho fatto, altre case, cartoline, feste, biglietti, fotografie nastrini e cose, il mio cappellino da sposa con i fiori rinsecchiti,  e ogni cosa un racconto, un'immagine di persone lontane o vicinissime e sensazioni e ho troppe cose e non posso fermarmi ma mi siederei qui, fra la scatola dell'Allegro Chirurgo e gli spartiti e i dizionari e farne  un racconto lunghissimo, scritto in bella scrittura, lentamente, su un quaderno a righe di terza.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...