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05 maggio, 2011

Indecisa.

Se chiamarlo BurroCestino.
O PerlaCestino.
O CatenaCestino.
O CampanellinoCestino.
Già perchè questo è un cestino da bici, in kitchen cotton color burro, con perle, catena e campanellino.
Creato già da un pò, non aspettava altro che di essere accasato al suo cestino ed essere tempestato di pietre preziose. L'occasione si è presentata oggi nel dopopranzo, che lassù nella Casa in Collina si urlava ma si urlava, e io, bella scialla, infilavo perle e non fiatavo, anzi, ADR, come dai carabinieri, come quella volta che sono venuti i ladri e il maresciallo era tutto uno scrivere ADR, ADR che in teoria significa A Domanda Risponde, ma che in pratica vuol dire, respira appena, non fiatare e parla solo se sei interrogata, che quando il tuo Illustrissimo e Integerrimo e Isoscele e Uno e Trino Sposo sbraita e lancia strali  contro uno dei figlioli, ancorchè maschi e grandi, ben meglio è che tu stia zitta, che non dica nemmeno bah e che continui ad  infilare perle nei cestini e fai finta di nulla. Anzi, ho un'idea ancora migliore. Procurati non vista la tua sacca con la maglia e i ferri e recati di soppiatto al knit cafè. Nessuno si accorgerà della tua sparizione. E quando succederà tu, beata, sarai già lontana. Furbissima donna, ti stimo.

27 gennaio, 2011

Le'ts go knittin'.

Nevica così piano che sembra una musica, anzi, adesso che guardo meglio forse non nevica nemmeno più. Non mi piace quando nevica sul niente, mi piace solo quando nevica sul bianco, quando si ferma e non quando si scioglie prima ancora di toccare terra. Diciamo che fa finta di nevicare. Sul calendario della cucina, quello dove si scrivono le cose sacrosante, oggi è segnato KNIT col pennarello. Perciò, nel pomeriggio colà ci si recherà, ben compunte, che già la scorsa settimana abbiamo disertato e non è così  che si fa, perdiana! Ci porteremo uno dei nostri lavori iniziati, quelli che si intravedono dal cestino, non sono tanti, sono soltanto due, ci sono stati periodi in cui i progetti non terminati, lasciati a metà, dei quali ci si era improvvisamente disamorati strada facendo, erano una mezza dozzina. Ora no. Faccio neckwarmer a decine, per figlioli, amici dei figlioli, per la PrinciTeen, financo per il mio Sposo anche se non è che se lo meriti granchè. Ier sera, verso l'ora nona, aveva l'animo giocoso e burlone, ha ben pensato di farmi un dispetto innocentissimo, e non volendo ha peggiorato vieppiù un incidente occorsomi settimane orsono, dacchè ebbi l'idea malsana di farmi cadere una pentola di rame su un piede. Lui scherzava, ma io piangevo, giuro, come se, non paga, mi fossi fratturata una seconda volta  e lui, mortificato, inginocchiato, penitente, a mani giunte chiedeva Come, Come, Come degg'io rimediar a cotanto soffrir? E io, piangente e madida, rovesciata alla bell'e meglio sul divano in preda a indicibili sofferenze,  incapace di proferir parola ho sussurrato fra le lacrime "Hermés". Ma mi sa che non ha sentito.

07 gennaio, 2011

Ciurlare nel manico.

O meglio, del non ciurlare nel manico. Che tradotto vuol dire non stare lì a cinquantarla. A menare il torrone. Insomma, v'è più d'un'interpretazione per la stessa espressione, o per espressioni similari. Un venerdì che sembra sabato, ma anche un pò lunedì, quel che non sembra di sicuro è appunto venerdì. Si fa pulizia. Non nel senso biblico del termine, ovvero sì, un pochino, ma si tenta di spazzare via tutto il superfluo, le cose che non servono, i cassetti ingombri, perfino le vecchie radiografie, quando mai mi serviranno più le fratture dei miei figlioli, una la tengo, non si sa mai, se non altro per vedere l'eclissi, ma per quella c'ho gli occhialini appositi, quelli del 1999, era giugno, credo o forse luglio, non ricordo, so solo che era estate e so anche dov'ero. Vabbè. Si è semi saccheggiata Feltrinelli, stamattina, finalmente un calendario, di Klimt, coloratissimo e un pò inquietante, ma almeno le decisioni che si prendono si scrivono lì e nessuno le sposta, che nessuno osi discuterle o chessoio. Nel frattempo, si studia un piano d'attacco per il mucchio delle cose da stirare, che faccio, inizio dai quadrati o dalle cose complicate? si ricacciano in fondo le lenzuola con l'elastico, a quelli ci penserà la donna a ore che avrà la bontà di concederci la sua presenza, e che piega le lenzuola con gli angoli con una grazia e precisione che mi fa un'invidia, ma un'invidia. CI sono due  libri che non vedo l'ora di iniziare, stamattina  a colazione ho comunicato al mio Sposo che non sono pronta per questo duemilaespingi, per tutta risposta mi ha illustrato la sua teoria sulla lettura dell'iride, che entro pochi anni spariranno password, codici e robe così, ma io sbadigliavo e tossicchiavo e anche sternutivo, coi calzettoni a righe e la tazza in mano, ma come, dico io, io son qui che rifletto su quel che farò tra un quarto d'ora e tu sei già lì, proiettato nell'universo? A ognuno il suo, la mia teoria di oggi è che non si ciurla nel manico, o almeno si cerca, non si trovano scuse, non si rimpallano le decisioni, non si sta lì con la faccia da aragosta, ma si prende e si và, dove non è chiaro, ma se non sai bene dove andare ci sono un sacco di strade che ti ci porteranno, lo sanno anche le aragoste. E poi, 'sta faccendo dell'iride, non  che proprio l'ho capita benebenebene. 

18 aprile, 2010

Difficilissimo.

Gli ingegneri, si sa fin troppo bene, brutta, bruttissima razza essi son. Precisissimi, petulantissimi, ordinatissimi, brontolonissimi, egocentratissimi.  Ma, mio malgrado, adorabilissimi. Dacchè io ne sono circondata, da una ventina d'anni in qua, e poichè mi par di avere, che so, una specie di calamita, che me li fa adorare tutti, indistintamente, sia quelli Senior che quelli Junior, e anche le Fidanzate,  mi son fatta un ragionamento da me medesima stessa. Perchè li adoro in siffatto modo? Perchè, se zuccona son, se letterata son, se per me far di conto è impresa improba, se disordinata son, se la precisione per me è una scienza astratta, se per me sei per sei potrebbe sì far trentasei ma non è mica detto, dipende, perchè quindi, io li amo e mi ci appiccico? Mistero della fede. Stamattina, al primo ingegnere che mi è capitato a tiro, tra le briciole della colazione e la scatola dei biscotti, ho sottosposto un problema non da poco. Devo fare una scarpina, l'ho trovata da TryToKnit  ma la voglio fare più piccola e non so nemmeno da che parte si inizia a calcolare con esattezza tutta la questione, farei a naso, ma sai com'è, e poi è l'alba della domenica mattina, sveglierei Lei, ma insomma, lei fa ponti e poi dormirà ancora, mi sa, e allora, tu sai per caso come si fa? Come, Non Lo So? tuona l'Uno e Trino, e in men che non si dica, voilà, ecco il rimpicciolimento della scarpina già calcolato in tutta scioltezza. Mica ci vuole un ingegnere, basterebbe sapere i rudimenti della matematica. Già. Ma ognuno dà del suo, si dice da queste parti ed è stato buffo spiegare il perchè e il percome, vedi? devo mettere 6 maglie e fare 22 giri, insomma, a un uomo, queste cose non suonano mica tanto familiari, men che meno a un ingegnere. Bene, siamo solo alla prima lezione. Alla prossima, chiederò al mio Illustrissimo Sposo di imparare ad avviare le maglie. Secondo me, impara prima lui a fare la maglia,  di me a fare le proporzioni. Resta una domanda. Io adoro gli Ingegneri, ma com'è, come non è, pure gli ingegneri adorano me. Che vogliano anche loro diventare disordinati, farfalloni e Principi  del Pressappoco? Indagherò. 

07 marzo, 2010

Vado di Saroyan.

Ogni domenica che si rispetti, nella scellerata casa in collina, porta con sè almeno tre cose: spignattamenti, letture, compulsive o meno, e progetti di knitting. Fuori la tormenta. Dentro, La famigliola tutta riunita, sparsa, esplosa nelle varie stanze, il Capitano Stubing bloccato da un feroce mal di schiena che lo ha fatto mestamente rinunciare ad una delle sue gite nel Mar dei Sargassi, programmata a brevissimo. I figlioli pascolano bellamente, salgono sù , sulle sudate carte, disfano valigie, singhiozzano pensando alla Biondina Non Più Biondina partitita in missione nei Carpazi, ripassano brani di Schumann, e via così. La scrivente nicchia e cincischia, l'Amica delle Perle l'ha ripresa stamani al telefono, Scrivi delle Robe Inquietanti, Checcè? Ma niente, che c'è, un bel niente e un bel tutto, lo sanno anche i sassi che ogni tanto dò di matto. Mi salva la mia casina in collina, il mio scrivere e la maglia. Già. Quest'oggi infatti, m'è punta vaghezza, come mi piace questa espressione, di fare un Saroyan. Uno schema non proprio facilissimo ma proprio per questo adattissimo alla bisogna. Non ci si può distrarre, si deve stare concentratissime, a gambe incrociate sul divano, a ripetere in inglese perfetto purl two, slip slip knit, make one left e cose del genere, una specie di mantra che aiuta. Aiuta a non avercela col tempo da Dottor Zivago che c'è fuori, a sorridere ogni tanto, a chiacchierare amabilmente ma solo nelle parti dove non si ha da contare, ad assistere con solerzia e condivisione l'Illustrissimo Uno e Trino, che ha un faccino sofferente e l'espressione mesta, Deh, Guarirò? Gli uomini son così, non ci si può far nulla, se non accudirli e coccolarli nel loro letto di dolore. Se hai bisogno di qualcosa, qui sono. Ma a giri alterni, please, che se sbaglio il Saroyan, disfarlo è un delirio.

24 marzo, 2009

Cosa faresti se.

E' il gioco che si fa da sempre. Cosa faresti se. E se che cosa, poi. Se avessi mille milioni di euro, se dovessi lasciare la casa in cinque minuti, se ti lasciassi, se andassi via che non è la stessa cosa. Se. La risposta è che non lo so. Forse cercherei di trovare una strada, così come vorrei che la trovassi tu, se fosse il contrario, ma il contrario di cosa. E allora, se portassi via di qui le cose che mi sono più care no, non ce la farei a trasportare un bel nulla perchè mi porterei via di tutto, compreso te, e allora il gioco non viene, così non vale, si rifà. Se avessi mille milioni di miliardi di euro non lo so, forse mi comprerei una bicicletta di quelle olandesi uguale a quella che mi hanno rubato anni fa. E poi ci penso. E se tutto questo finisse, che farei. Farei che non farei, che mi inventerei delle cose per non sparire anche io, che mi cucirei addosso uno stato d'animo incolore, perchè incolore e insapore e informe e stupido sarebbe tutto quello che rimane qui, e che mi darei forza e vigore ma non saprei da che parte cominciare, e poi mi nasconderei e forse diventerei una brutta persona, acida e cattiva, e vuota e stupida anche io. Farei che non so, che proverei a cercare la formula per respirare ancora e camminare ancora e mangiare ancora e parlare ancora e dormire e svegliarmi, ma serebbe tutto così piatto e opaco e buio che non so nemmeno se lo farei. Che sciocchi pensieri, che sciocche chiacchiere la mattina a colazione, ma davvero non v'è niente di meglio stamattina? Ma sì che c'è, fuori c'è un sole che brilla e noi siamo qui, uguali e diversi da mille anni, che sai le cose che penso prima ancora che mi renda conto che le ho pensate davvero, e io che so di te come sei appena vedo come volti la testa, o ti siedi o ti alzi o sorridi o cammini. Questo gioco non mi piace, non mi è piaciuto mai, ma se avessi dovuto scegliere di farti trovare una lettera d'amore stamattina, sotto la tazza del caffelatte, ebbene, è questa qui. E a Cosa Faresti Se non giochiamoci più, che è meglio.

17 dicembre, 2008

Mattina presto.

Non è che si perda tempo, alla casa in collina. Ci si sveglia all'alba o quasi, quando, col tempo da lupi che c'è là fuori, ci si vorrebbe crogiolare e accoccolare e acciambellare sotto le coltri e poltrire, dormicchiare, leggere o guardare il soffitto, semplicemente. E invece, un bel niente proprio. Si barcolla fino in cucina, dopo aver svegliato di baci qualche figliolo che ancora frequenta le italiche scuole, dacchè il Giurisprudente già in vacanza si trova. Un risveglio così incerto meriterebbe una colazione lenta e pigra, mescolare il latte con rimbambita lentezza, giusto il tempo, quell'oretta, di carburare come si conviene e mettere in fila i pensieri, ad uno ad uno, devo fare prima questo e quest'altro, e passare da qui e poi di là, stiracchiarsi, magari, sbadigliare con eleganza, sospirare un pochino guardando di fuori. Fandonie! Noi qui si arriva al desco famigliare ch'è bell'e pronto per la colazione, tutto bene in ordine ingegneristico, la mia tazza personale, il cucchiaino coi cuoricini, insomma, una roba da spot. E' quel che viene dopo che ti squassa. Già, perchè l'Illustrissimo, che il Cielo lo assista, è già sveglierrimo, pinto e tratto, già sul pezzo, come si dice, e io faccio una ben misera e tapina figura, col mio pigiama a pallini e la faccia a forma di cuscino, che ancora sono nella fase in cui cerco di ricordarmi, ma cosa ho sognato? Lui, l'Isoscele, ha già letto ogni sorta di quotidiani, rossi, neri, gialli e blù, e rosa, anche, che per prima si legge i titoli della Gazzetta dello Sport. Perciò mi informa, riporta, mi fa un riassunto di quanto è accaduto nelle ultime ventiquattr'ore. E domanda. Ma cosa domandi, non vedi che ancora non ho avviato il cervello, che non so nemmeno bene che giorno è e quanti ne abbiamo e cosa e come e nemmeno dove, in realtà? Io dormo ancora, dall'impiedi, anzi, da seduta e tu già nel circuito forsennato che è la gestione di questa vita così bella ma, mi si consenta, un tantino complicata. Lui, Uno e Trino come lo chiamano i figlioli, ha già avuto una tonnellata di idee. Ti andrebbe se, ho pensato che, oggi si potrebbe, e magari fra due anni, oggi potresti fare,ti piacerebbe se, sai cosa mi è venuto in mente, e cosa pensi di. Pensi? PENSI? Ma io non penso ancora, mio Sposo adorato, lasciami nel mio limbo di sogni e piumone, ancora per un pochino, ancora non ho attivato, non ho connesso, non ho un bel niente. I miei ingranaggi sono fermi da ore, dài loro il tempo di attivarsi per bene, di cominciare a girare per produrre pensieri di senso finito. Niente, mi sa che mi tocca svegliarmi sul serio. Così, catapultata dal mondo ovattata del sonno a quello incasinato e già organizzatissimo ed efficientissimo e sveglissimo dell'Illustrissimo. Così, in questo delirio mi accingo ad iniziare la mia giornata, che ho la connessione gentilmente offerta dalla Cicolita e che dura fino alle 8, e perciò mi devo sbrigare. Una congiura contro di me. Che va bene che i vicini di casa non si scelgono, e passi, ma forse, avrei potuto almeno sposare un uomo meno complicato. Ma sai la noia?

03 dicembre, 2008

Tagliata fuori.


Isolata. Emarginata. Fuori dal mondo, insomma. Senza internet, chiavette o connessioni o cose del genere delle quali poco comprendo, in realtà, ma che mi fanno sentire come in una giungla, in un'isola sperduta, sul cucuzzolo della montagna con la neve alta così. Mèndico. Una scrivania in ufficio per scaricare la mia posta, dacchè la mia umile casina non possiede più una linea, un guasto? un incantesimo? una magia? una fattucchiera ci ha messo del suo? uno gnomo burlone si è messo a giocare coi fili? un topolino li ha rosicchiati? un'intera famiglia di talpe/serpenti a sonagli/ghiri/iguane ci ha fatto la tua tana, proprio là, sulla stradina che porta la connessione a casa mia. I figlioli furenti. Come inviare messaggi d'ammoooooore, chi guardare su Facebook, come trastullarsi ore ed ore come tutti i fanciulli del globo terracqueo? E io, come avvisare il mio fedele pubblico (!) dei preparativi per le feste a Villa Villacolle, del muro blu', dei pettirossi, della domenica beata, del lunedì agitato e convulso, delle cose di ogni giorno, insomma? Ma il piu' arrabbiato di casa è Egli. Lui. Il Sommo Isoscele Altissimo Levissimo Purissimo. Lui che da casa ci lavora. Lui che tra poco farà anche un programmino per farsi il caffè. Lui, che gestirebbe al computer anche la cova e la deposizione, qualora gli pungesse vaghezza di acquistare una gallina. Egli è un bufalo, una iena nemmeno tanto ridens. Egli ha sbraitato per ore nel telefono, ieri, peraltro con scarsi risultati. Egli non sopporta di digitare, attendere, stare lì a sentire musichine, spiegare a ventiquattro operatori diversi che cosa diavolo è successo. Egli vuole la connessione, punto, dovesse venire anche Ilary Blasi, Abatantuono, Panariello e la Incontrada, insomma, tutti, ad installare una linea nuova. Così, in questa immensità, si annega il nostro essere isolati dal mondo. Ma so che Lui sta cercando il numero del Vaticano. Non mi stupirei.

12 novembre, 2008

Venti.


Inteso come numero cardinale.
Dedicato a tutti quelli che dicevano che da lì a un mese sarebbe finito tutto.
Non mi pare...

26 marzo, 2008

Senza panna.

Oh no che non è mica una casa di zucchero filato, certo che non è tutto zucchero e miele, qualche volta ci sono dei bei bicchieroni di acido alla spina, così, che si cacciano giù tutti d'un fiato. Oh, certo che non è il Mulino Bianco, con la mamma sempre bellissima e mai sbattuta, mai arrabbiata, mai un bufalo, mai fraintesa. No che non è tutta panna montata, la stessa da tuffarci le fragole, quella che si fa nel Kitchen Aid e poi si passa per bene col dito tutt'intorno e si lecca pure il cucchiaio per non sprecarne nemmeno un pò. No che non è tutta una melodia, tutto un violino e campanellini e cosine e bacini e ciccì e coccò. No che non è tutto una passeggiata fra i fiori, gli uccellini a cinguettare, le stelle e la luna. Qualche volta uno si arrabbia pure, qui dentro. Qualche volta la mamma certo che rimane bellissima, non sono tutte belle le mamme del mondo? ma qualche volta, ecco che la mamma, che è un tantino sbattuta, si arrabbia un pochino, ma solo un pochino piccino picciò, e diventa un bufalo, ma un piccolo bufalo piccino picciò, e se è fraintesa la mamma si incazza, ossì che si incazza, eccome che si incazza e va bene che non si dice, ma insomma non c'è un sinonimo a s'incazza. E allora,eccolo lì, leggiadro e dolcissimo, arriva un vaffanculo, sibilato, sussurrato ma nemmeno tanto, così che si possa sentire per bene. Non c'è modo di trattenerlo, lui esce e vola via. E nemmeno serve la panna montata.

02 aprile, 2006

Serve sempre.



In effetti, ha un suo senso specifico. Può dischiudere per te, in maniera semplice, l'ostico linguaggio html. Può spiegare in men che non si dica anche il più astruso teorema ai figli, tutti compresi, dalla tabellina del 9 alla fisica dello stato solido. Ripara in tutta scioltezza la grata di legno del caprifoglio in giardino e progetta, ristruttura e realizza con rara efficienza. Certo, ha qualche sbavatura. Le camicie nel suo armadio devono avere un certo ordine stabilito, le maglie pure. Il minimo disordine lo manda fuori, ma, col tempo, complice la famiglia, gli animali e , ovvio, la scrivente, si è, come dire, tranquillizzato. Sottomesso, non già. Per il resto, uno zucchero. Un cuore colorato, un'anima bella, l'amore della vita. Di bell'aspetto, un pò fuori, rassicurante, distinto, direbbe mia nonna, fascinosissimo, dico io. Sarò anche di parte, tirerò, per dire un'ovvietà, l'acqua al mio bel mulino, ma, in assoluto, sposare un ingegnere elettronico ha i suoi bei vantaggi.

E io, modestia a parte, lo sposai.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...