29 gennaio, 2015

Ti faccio una torta.

La faccio per te.
Ci metto le uova, lo zucchero, sbatto velocissimo, ci metto pochissimo,  col Kitchen Aid è un attimo vero, che scoperta.
Che bella frase, Ti Faccio Una Torta. 
E' quel Ti che fa la differenza.
La faccio per te, solo per te, solo per dirti che ci tengo, che va tutto bene, che è solo per chi ami, per chi hai voglia di vedere, o rivedere, o per chi arriva da lontano, per vedere te.
Ti faccio una torta. Se ci pensi,  ha mille regali al suo interno.
Che non sono l'uvetta o la scorza di limone o la ricotta.
Sono i sorrisi che ci metti mentre la fai.

Ti faccio una torta di pensieri.
Belli, morbidi, di quelli che ti fa bene pensare. Coi pensieri pesanti le torte non si possono fare, bruciano subito nonostante vengano  sorvegliate dal vetro del forno.

Ti faccio una torta di cose belle.
Mescolo le cose belle che ho per te, bei sentimenti, un bel sorriso, magari una risata leggera, di quelle che non ne puoi fare a meno, le risate improvvise cancellano tutto, i magoni, le cose che non capisci e che non ti stanno in testa, i cambiamenti, che orrore le cose che cambiano, lascerei tutto sempre così com'è, fermo e immobile e invece va tutto così veloce e veloce, e mi gira la testa e mi fanno male gli occhi a pensarci, e mi dico che è giusto così, ma come vorrei che tutte le mie cose, quelle cui tengo di più, le più luminose, stessero sempre al loro posto, e il loro posto è vicino a me. E invece, quante cose non ho più.

Ti faccio una torta con le cose che ho, non è molto, ho aperto la dispensa e ci ho trovato una me che a volte nemmeno riconosco davvero, una me che si lamenta e si dà per vinta, e sta ferma invece di girare, e sta immobile invece di camminare, e guarda fuori, invece di fare, che dorme poco e dorme male, e sente rumori che non ci sono e scende a controllare le finestre e il giardino, è così bello questo giardino, come fa a farti paura.

Dopodomani, la torta la farò davvero, ci sarà un sacco di gente, un thè inglese, le mollettine per lo zucchero, le tazze belle, con la Patti e Biancaneve ci studiamo da giorni cosa fare, le tovaglie giuste, facciamo prove di dolci e accostamenti, sarà un bel sabato, per noi.

Nel frattempo, cerco di ritrovarmi, mi perdo mille volte e mille volte mi ritrovo, apro tutti i cassetti, chissà in quale sono, non sarà difficile, tolgo il burro dal frigo e accendo il forno, mi ritrovo subito, mi risollevo subito, se faccio una torta. 



25 gennaio, 2015

La Leggenda dei Tulipani Sfioriti

Non è stagione.
Non dureranno.
Chissà da dove vengono.
Ma li aveva comprati lo stesso.
Costavano pochissimo, nell'ultimo supermercato che incontrava nella strada verso casa, la salvezza,qualche volta. Abitava in un posto bellissimo, ma se ti scordi il burro o nevica, o sei in ritardo per il treno, non è una gran meraviglia.
Si scontava il privilegio di avere tutte le colline incollate alla finestra, scrutare con millantata saccenza il cielo, le nuvole, le albe e i tramonti più belli, quelli da fotografare, e poi le stelle, e le scie degli aerei, che sembrano tanto belle e invece sono un mix di veleno e polvere.

Sistemò con cura i tulipani in un vaso viola trasparente, così da vederne i gambi nell'acqua. Anche i gambi devono essere in ordine, mica solo le corolle.

Li vedeva ogni mattina a colazione, la sera a cena, li posizionava con cura in un angolo del tavolo, al centro è da dilettanti, le piaceva apparecchiare benissimo anche per la frittata, o la minestrina, o per finire gli avanzi. Non importa se qualche volta il riso è delle buste.
Candele e fiori, e ti sembra di essere al Ritz.

Contrariamente ad ogni previsioni, i tulipani resistevano.
Cambiava loro l'acqua con metodo, spuntava di pochissimo i gambi, una volta era stata vista guardare dentro una corolla, che strano è il cuore di un tulipano.

Oramai, erano passate due settimane.
I tulipani da poco, forse nemmeno un euro, affastellati di malagrazia all'ingresso del discount, in un secchiello di plastica nemmeno troppo pulito, resistevano.
Forse i petali si erano un pò dissociati, stropicciati appena appena, ma il loro fucsia rimaneva intenso, gradevole alla vista, elegante nella sua aristocratica semplicità.

Quel mattino, fu felice di constatare che i Tulipani Sfioriti erano ancora lì, in quella domenica piena di sole e di mistero e di spari lontani e di zucchero a velo sui prati intorno a casa, e vicino alle ortensie secchissime, che viste così, non promettevano proprio nulla di buono. Ma non era quello il momento di occuparsi delle ortensie.

Decise di imparare dai Tulipani.
Decise di fare un bel sospiro e trovare il coraggio per iniziare una nuova settimana.
Decise in quel momento preciso che sarebbe andato tutto bene e che niente e nessuno l'avrebbe fatta sfiorire, che avrebbe conservato il suo colore pur nell'ineluttabile svolgersi degli eventi, quali che fossero, decise che sì, ce la poteva fare e doveva farcela, decise che no, non si sarebbe lasciata andare per niente, niente al mondo mai, che avrebbe cercato di non sentirsi più sola, delusa o semplicemente triste,  decise che aveva voglia, mestiere, cuore a sufficienza, forza a sufficienza per cercare di splendere sempre, in un angolo del tavolo o chissà dove.

I Tulipani Sfioriti raccontano storie che non sono vere, leggende che si inventano di domenica mattina perchè si ha voglia di stare bene, e si scrivono veloce senza rileggere, così che le cose che scrivi sono proprio quelle che ti escono dall'anima, anche gli errori, anche gli sbagli,  storie che che forse nemmeno esistono o esistono soltanto nella testa di chi le sa leggere.
Il segreto, è leggerle a bassa voce e non farsi sentire da nessuno.
I Tulipani sono strani.
Sfioriti, lo sono ancora di più.



18 gennaio, 2015

Giorni stesi.

Sono giorni scomposti.
Disordinati, a volte lentissimi, a volte tremendi, da quanto corrono, da quando dici, vabbè sono solo le 7 e invece, dopo cinque minuti è ora del pigiama. I giorni volano via, ma le sere sono lente sempre.
Ceniamo presto, qualche volta, per farle durare di più.
Per guardare un film senza schiattare di sonno sul divano, per parlare ancora con chi ci va, per leggere, o scrivere, o fare a maglia, o solo pensare, uscire sul terrazzo a guardare il cielo, cinque minuti soltanto, che fa un freddo ma un freddo,  le stelle d'inverno sono le stelle più belle, vien voglia di farne un cestino e regalarle, Le ho Prese Per te, oppure dire, Le Vedi Anche Tu?

Sono giorni come appesi ad asciugare, stesi nell'Abiurato Stendino, giorni che aspettano chissà cosa, che inutili sono le cose stese ad asciugare, son lì a fare niente, aspettano e basta, giorni che avrei voglia di mille cose e di nessuna in particolare, giorni che mi piacciono da subito e altri che invece li prenderei a schiaffi, gennaio è un  mese di rodaggio, come di allenamento per l'anno che sarà, si fanno progetti,  si studiano strategie, ma chi come me di strategie non ne sa nulla ha vita non semplice.

Sarò come sono.
Un pò sottosopra, non squilibrata come sembro, giudiziosa quando è il momento, incosciente con misura, se l'incoscienza si può dosare e credo non molto, benchè qualche volta un pò di incoscienza male non fa.
Scruto il cielo la mattina presto e la sera tardi, cerco ispirazione e coraggio mentre apro e chiudo le persiane, faccio volare via i miei pensieri più belli, che arrivino dove sanno, tengo vicino le persone che amo, sorrido tanto, cucino meno, scrivo poco.

Stendo i miei giorni ad asciugare, li stirerò con cura, appretto e acqua profumata, io li preparo per bene, che poi si inzàccherino nelle pozzanghere o ròtolino nella neve che m'importa, io li preparo carini, ben pettinati e profumati, facciano quello che vogliono, sono confusa e un pò felice, un pò sola qualche volta ma mi tengo insieme, mi racconto delle storie, invento giochi, mi compro fiori, camicie a righe e braccialetti, faccio la brava, scrivo capitoli di un libro infinito, mi piace così.


07 gennaio, 2015

Promesso.


Non saprei dire se è un bell'inizio, una bella fine, o un bel niente del tutto, come diceva mia nonna.
Quel che so è che è il sette gennaio duemilaquindici. E fin qui, nulla da dire.

Quello che non so è come sarà.
Quello che so è come lo vorrei.
Quello che so a metà sono le cose che posso fare per dargli un indirizzo, per insegnargli, a lui, al DuemilaESpingi, come deve fare per essere buono con me.
Non come suo cugino.

Ma ho dei verbi, qui, stamattina tardi, che non mi sono fermata da stamattina presto, non ho avuto tempo di mettere ordine nei pensieri, tanto era l'ordine da fare in questa casa, una casa con dentro un'altra casa, da ieri, e altre posate, altre lenzuola e altri tutto, una casa in un'altra casa è un delirio di cose, di vestiti leggerissimi, di conchiglie e di libri, che hai letto in un altro posto e ti ricordi anche dove. I libri li ami proprio, se ti ricordi anche dove eri quando sei stata parte di essi, e scrittrice e correttore di bozze, perfino un pò protagonista, se proprio ti ci innamori.

Ho dei verbi.
Al presente, per ora.

Disfo l'albero, tolgo la scritta NOEL dall'ingresso, i barattoli luminosi dal camino, le tende di stelle che mi hanno incantato per mille sere, attaccate alle finestre.

Raccolgo palline rosse e agrifoglio secco, fili argentati e nastrini dimenticati, e i bigliettini, anche, io li conservo tutti, li infilo da qualche parte e poi li ritrovo, magari a maggio, Natale 2014, Tanti Auguri Mà, Buon Natale Amore, e ogni volta, mi piace sempre.

Cambio l'assetto della cucina, siamo stati in mille in questa casa sterminata, saremo un pò meno, ci si  possono permettere piccoli cambiamenti, si sposta un tavolo, si gira il divano, sposto i mobili quando mi sento persa, sposto le stanze quando mi sento soffocare, funziona, certe volte, certe altre invece no.

Elimino cose superflue, barattoli senza coperchio, vasi di vetro ne ho una tonnellata, andrò alla campana fra poco e li butterò con forza, frantumandoli, fanno un bel rumore, una terapia, un calmante, ho bisogno di uno ancora più bravo, forse. Butto le ortensie secche, polaroid di un'estate che voglio dimenticarmi del tutto o quasi.

Cancello persone, numeri di telefono che non so nemmeno a chi e a chi cosa, riordino, faccio elenchi e  ToDoList, buoni propositi nemmeno uno, riprendo a correre, questo sì, il ginocchio ha smesso di farmi male senza farci nulla o quasi, mi taglierò i capelli, forse no, farò un corso di cucito, nemmeno quello, qualcosa mi inventerò.

E aspetto.
Il freddo, la neve, il vento che ci vuole il burrocacao se no è un guaio, le giornate che si allungano, le viole, le rose, la bicicletta e il cestino nuovo, il sole del giardino, la pioggia sui vetri, le ciliegie, la lavanda del frutteto, il grano, il glicine, e il mare. 

Ti ho aspettato DuemilaESpingi,
Ti ho preparato la camera degli ospiti, quella più bella che guarda la collina, dove ieri sera si vedeva una luna che toglieva il respiro. 
Starai bene qui.
Starò bene anch'io

Promettilo.
Me lo prometto.


Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...