25 giugno, 2007

Seven o'clock.






Seven o'clock... aria di mare,
uova alla coque, poi bordeggiare
dove non so... forse posti sconosciuti...
dove chissà'... si potrà' girare nudi...
Seven o'clock... ora d'andare,
non che non puoi defezionare...
il necessaire, col bilama e il piegaciglia
e un videotape col Barbiere di Siviglia...
Sergio Caputo (toh guarda chi si vede)
Mi sono svegliata all'alba. Ho guardato il mucchio di valigie all'ingresso, ho pensato che ancora non era tempo di affrontare la pratica del caricamento bagagli. Prima, si aveva da fare. Aveva la camicia a quadrettini e uno sguardo smarrito e si sforzava di non far trapelare alcun sentimento da quegli occhioni di Nutella, ma si vedeva benissimo che aveva paura. L'ho aspettato fuori, facendo tremila commissioni quasi inutili, ormai, misurando a passi ciondolanti il selciato davanti al Duomo, coi gerani e la lavanda e quell'odore di tiglio che segna la fine della scuola. E' uscito in ritardo, scarmigliato e imbronciato, con la platea dei compagni che per niente al mondo avrebbe perso la prova d'esame dell'ultimo della lista. Non è Andata Benissimo, Mamma. Me lo sono abbracciato stretto, chissenefrega di Chopin e di quel quadro di Van Gogh che non hai saputo descrivere, non è tempo di affrontare la predica dello studio adesso. Stasera, una nave salperà dal porto di Genova. Ci saremo anche noi. Di lì in poi, nulla so o quasi. Stavolta parto, signora mia, chiudo il gas, lascio il Liceale tra le braccia dell'Amata, ci raggiungerà con il Giovane Holden tra qualche giorno. Le vacanze sono cominciate sul serio, un minuto fa. Questa sì, è l'unica pratica che voglio affrontare.

21 giugno, 2007

Piscina therapy.


Il tempo è incerto, c'è un leggero venticello e magari ci sarebbe qualcos'altro da fare, ma cosa importa. Oggi di stare a casa nessuno ne ha voglia, è una specie di anticipo d'estate, il costume e l'olio solare, si mangia qualcosa lì e poi si sguazza se si vuole, si legge, si chiacchiera. Non mi ricordavo come, a piccole dosi, il luogo dove vivo potesse essere così gradevole. Ci si conosce tutti, o quasi, si vedono le new entry, si spettegola un pò sulle vicende dell'inverno, sugli amorazzi nati e quelli ahimè miseramente finiti, sulle riunioni di condominio, su quello del C che passa il tempo ma fa sempre ben la sua sporca bella figura. Ho portato la musica, un libro, potrei dormicchiare, se voglio, ma il gustoso racconto di un'altra, mirabolante avventura della signora Tale, signora mia, è proprio il caso di dirlo, proprio non me la posso perdere. Nel cestino ho anche un lavoro da iniziare, un filo di cotone color glicine, al mondo niente di meglio c'è che metter sù 30 catenelle e andare avanti, a piacere, a sfinimento, e vedere che il tuo filo si trasforma da astuccino a presina, a sacchettino, a cosa diavolo non si sa, ma è color glicine e qualsiasi cosa sarà, andrà bene, è il magico divenire delle cose che fai con le tue mani. Così, questo venticello del Basso Monferrato, le nuvole e l'aria bassa un pò ti hanno guarito dalle malinconie e chiacchieri, sottovoce e un pò felice, anche perchè quel prato laggiù, col vento che lo scuote e l'erba che si muove, a guardarlo bene sembra il mare.

20 giugno, 2007

Sola.


Inutile stare lì, a perderci il sonno e a immagonirsi, sempre, e starci male e chiedersi ma come divaolo si farà. Non serve. Avrei dovuto fare un corso di menefreghismo coatto, sicuramente mi avrebbero rimandato duecento volte almeno. Che brutta cosa è sentirsi non compresi, fraintesi, eppure mi sembra di essere chiara a dire le cose, a farle, anche. Che brutta cosa è capire ancora una volta che agli altri importa ben poco delle cose che fai, se sei felice o no, se sei in pace o no, se tuo marito ti mena o no, se hai cento amanti o solo uno, se i tuoi figli sono tossici o delinquenti o santi o seminaristi. Ogni tanto mi giunge la conferma: alla mia famiglia non importa niente di me, è ufficiale. E considerando che, alla luce degli ultimi eventi, la mia famiglia d'origine è solo mia madre, scrivere a mia madre non importa niente di me fa un brutto effetto. Ma è la realtà dei fatti e va detto, ancora una volta. Che brutto, però.

Breakfast with the cat.


Appena nato è stato battezzato Ascanio. Dopodichè, avendo sfornato Mora e Mirtillo in una piovosa mattinata di marzo, ci siamo ricreduti e le abbiamo cambiato nome: si chiama Husky, un nome da cane, in realtà, però al momento non ce ne venivano altri, troppo presi dai micetti neri appena nati. Stamattina ho fatto colazione con lei, con il rumore dell'irrigazione in sottofondo, uno strano colore dell'aria di fuori, come se fossimo sotto una scodella, ecco, umido e caldo già di prima mattina. Il mio sposo semi-partito per l'Isola, i figlioli dormienti, la casa silenziosa e immota. Oggi, un giro di ricognizione alla segreteria del nuovo liceo, qualche faccenda a destra e sinistra, forse un inizio di valigia. E sì, signora, scusate il ritardo ma stavolta parto anche io e sul serio, armi e bagagli, paletta e secchiello, pinne, fucili ed occhiali e via! Ho una collezione di costumi nuovi (2 in realtà, ma chi l'ha detto che non è una collezione?), di quelli che sono interi ma non proprio, che non sono bikini ma che sei più scoperta e scelleratamente scollacciata e che ti-vedo-e-non-ti-vedo, insomma, non so se mi spiego. Veramente alla partenza manca ancora qualche giorno, il Mediano deve ancora affrontare il suo esame orale, ieri ripeteva Cavour palleggiando con un cuscino in salone, è forse concentrazione questa? Meglio attendere pazientemente lunedì prossimo, piegare per benino costumi e parei e non pensarci ancora, sbrigando le cose che ci sono da fare e rimandendo qui, duri e puri, a far colazione col gatto, ben composti sotto un cielo a scodella. Coraggio, lo scollacciamento può aspettare. Non per molto, però.

19 giugno, 2007

Sognami.



Che questa mia canzone arrivi a te
Ti porterà dove niente e nessuno l'ascolterà
La canterò con poca voce, sussurrandotela
e arriverà prima che tu ti addormenterai….

E se mi sognerai
Dal cielo cadrò
E se domanderai….
Da qui risponderò
E se tristezza e vuoto avrai
Da qui cancellerò

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono vento e nostalgia
Sono dove vai…..

E se mi sognerai
Quel viso riavrò…
mai più..mai più quel piangere per me
sorridi e riavrò……..

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono il tempo che consola
Sono dove vai…..

Rèves de moi amour perdu
Rèves moi, s’il neigera
Je suis vent et nostalgie
Je suis où tu vas

Sognami mancato amore
La mia cASA è insieme a te
Sono l’ombra che farai
Sognami da li……….

Il mio cuore è li

Biagio Antonacci

La canto da giorni. Non è bellissima?

L'ostello.


L'estate, in casa mia, ha uno strano sapore, quest'anno. Prima di tutto perchè è il primo anno che mi trattengo, causa esami, in questa casa di città, prima di andare nell' altra. Occorre perciò gestire una serie di eventi ai quali non ci si è abituati; per esempio, organizzare i pomeriggi alla PrinciBiscotto, che attende paziente la partenza ma che ha il cuore già sull'Isola. Gli altri abitanti si sono già molto organizzati. Festicciole con un numero imprecisato di invitati, come quella, riuscitissima, di sabato scorso. A tenerla è stato il Mediano, squisito ed elegante padrone di casa, il cui invito telefonico era "Boh, se vuoi venire, i miei non ci sono, ok?". Hanno aderito in massa. La sola richiesta è stata per il catering, del quale, manco a dirlo, mi sono occupata personalmente. Vagonate di patatine e popcorn, CocaCola a fiumi, persino un dolce self made, a base di Oro Saiwa e Nutella, che ciascuno si poteva preparare in scioltezza, pescando direttamente dal barile della preziosa crema. Un JunkParty, insomma, che ha mandato in visibilio più di un fanciullo. Qualcuno di loro, i più intimi, ha dormito in loco, una sorta di Bed & Breakfast, sparsi qua e là, nelle stanze dei grandi, in un delirio di zaini e caschi e scarpe e felpe e cappellini. Miracolosamente, la casa era intonsa, i ragazzi, educati e rispettosi, Persino la Princi, che non credeva ai propri occhi di tutto quel traffico sù e giù per le scale e in cucina, mi ha regalato un sorriso addormentato e radioso "E' andato tutto bene, mamma, sono stati bravi". Beata ingenuità. E a pensarci bene, non era chiaro chi avessi affidato a chi, se la Princi ai ragazzi o viceversa. Ma in fondo, non è mica importante, no?

14 giugno, 2007

E a smalto?


Ne discutevo ieri con la mia Maiuscola Vicina. E oggi, l'ho buttata lì, alla mia Amica della Riviera: a smalto, come sei messa? Son domande, signora mia, che tolgono il sonno in questo periodo dell'anno, quando le cose sono ancora tante, ma con la fine della scuola ci si sente un pò in vacanza, di cocco e di granite, anche se in vacanza ancora non ci siamo, ma già abbiamo comprato solari e shampoo riparatori e balsami e doposole, e la Profumeria ti ha regalato una stuoia che è un amore e un pareo con scritto, ma guarda un pò, il tuo nome di battesimo. Ma, si diceva, lo smalto. Appartengo a quel plotone di donne che non ama lo smalto rosso sulle mani, finita è ormai l'epoca della french manicure e delle unghie ricostruite che davano per una ventina di giorni un aspetto impeccabile ad ogni manina del Pianeta Terra. Al massimo, una passata di Beige Naturel, ma devo essere proprio in vena. Son manine laboriose, e quante cose sanno far. Ma ultimamente, un nuovo Fornitore della Real Casa, leggi, l'Estetista, mi ha ben consigliato sullo smalto da apporre alle estremità. La mano, resti pure candida e lucida, se proprio si vuole, ma nell'estate che andiamo ad inaugurare non facciamoci cogliere impreparate. Rouge Noir, signora mia, Rouge Noir! Orsù, non fate le timide, se anche voi avete sempre messo basi trasparenti o al massimo glitterate, la parole d'ordine di questo giugno inquieto è O-SA-RE!!!! E quindi, su una pedicure perfetta, và apposto senza tema di esagerare un bello smalto scurissimo, ciliegia, amaranto (!), tendente al nero e simpatizzante per il viola scuro, che occhieggerà con stile dal sandalo piatto portato con pantalone capri e maglietta aderentissima. Jackie Kennedy docet. Lo smalto scuro avrà la sua parte, farà del suo meglio a dare di voi l'immagine, graffiante ed elegante ad un tempo, che mai avreste sognato di avere. Coraggio, allora. Come recita un antico adagio If you go black...Ma, adesso che ben ci penso, questa, è tutt'altra vicenda. Raffaella, mi hai compreso?

Ortensie.

Sono tra i miei fiori preferiti. Mi piace scoprirle ogni mattina, a ridosso del muretto del terrazzo, ogni volta un pò più colorite della volta prima, un pò più tonde, più esplose di fucsia e di lilla e di celeste. Mi piacciono perchè sono facili da raccogliere, non pungono e non perdono i petali. Con semplicità, tre o quattro di loro messe insieme fanno, in un angolo del tavolo, nel vaso viola che mi ha regalato Patrizia per il matrimonio, un trionfo di eleganza e di perfezione, con tutti quei fiorellini sapientemente assemblati a dare origine ad una palla morbida di squisita fattura. Altro non serve. La mia mattina è iniziata così. Ho messo una musichina soave nel telefono, che non svegliasse la PrinciPanna che dormiva accanto a me, giacchè il legittimo inquilino del talamo nuziale non riederà che domani sera dall'Altra Isola. Colazione solinga, all'alba o quasi, con due gatti acciambellati e un cane implorante e goloso di biscotti. Fuori, un sole ancora incerto. Davanti al caffelatte ho stilato la lista delle cose da fare, una decina, più o meno, ho pregato fra me che la comprensione del testo di inglese che il Mediano affronterà questa mattina, potesse scorrere via in tutta scioltezza. Loro, le ortensie, erano lì, accanto alla biscottiera, e lì le ho lasciate, tra la tazza della PrinciMiele e quella del Giovane Holden, che si sveglieranno tra poco. Sul Liceale non ci si conta prima di mezzogiorno suonato. Le ortensie danno pace, in un certo senso, passare con leggerezza una mano sui petali dà coraggio e armonia, e colore a una mattina qualunque, a ridosso di una partenza che sembrava imminente e invece no, in una cucina piena di sole e di animali, pensando che, accidenti, la colazione da sola proprio non mi piace farla. E poichè non mi lagno quasi mai, e appena realizzo che quel che ho detto è una lagnanza dura e pura, mi ricompongo con classe e mi organizzo una bella mattina di svago (!) in attesa del Mediano. Ma domattina raddoppierò il numero delle ortensie. Pat, urge un altro vaso.

12 giugno, 2007

Notte prima degli esami.





Non ho mica paura, sai mamma? Me lo ha detto così, a sorpresa, uscendo un po’ gocciolante dalla doccia, avvoltolato alla bell’e meglio in un telo di spugna, i ricci scomposti, gli occhi nocciola un po’ arrossati dallo shampoo, quel sorriso disarmante e furbastro, quel fare spaccone e tenerissimo. E’ quel che si dice un bell’elemento. Un giusto mix fra suo padre e me, preciso e vivace, intelligente e fantasioso, dolcissimo e pignolo. Tace poco, anche quando tacere lo salverebbe da urla e strepiti che lo seguono fino in cima alle scale. O quando per le scale lo seguo io, facendo i gradini a quattro a quattro, un po’ ridendo , anche se sono infuriata, ma quella scena che li rincorro sulle scale mi fa sempre ridere e lo so che è tutt’altro che educativo, ma che ci posso fare, di sberle i miei figli ne hanno prese proprio poche, lui meno di tutti. Stasera è un po’ agitato, non lo dà a vedere, ma parlaparlaparla, e gioca con suo fratello grande, ripassare? manco a parlarne, c’è il tema domani, mamma, e che ripasso a fare? Non fa una grinza. Lo adoro, com’è ovvio che sia. Mi piace perché ride sempre, perché storpia le canzoni in inglese, perchè sembra solo l’altro ieri che appendevo al cancello del viale che portava a casa un enorme fiocco di tulle con scritto il suo nome. Mi piace perché ha la s che sibila, un sorriso che conquista, una dolcezza che incanta. E sembra solo ieri che ha iniziato la prima elementare, con il braccio destro fratturato, con i Simpson disegnati da me sul gesso, perché non si vergognasse di avere il braccio ingessato in un giorno così importante, che ci ridesse un po’ su. Domani sarò lì, col cuore, accanto a lui e gli suggerirò congiuntivi e punteggiatura, il cuore non è bravo con grammatica e sintassi, ma se ti concentri, Enrico, lo sentirai, vicinissimo al tuo.Se l’amore è amore.



Sempre caro mi fu.

E' finita la scuola, da qualche giorno, oramai. Cioè, solo da venerdì, per qualcuno di casa, per qualcun altro sabato. E fin qui, niente di speciale. Non è certo una notizia, o meglio, è una notizia da Studio Aperto, con quel Brachino che ti racconta di un accoltellamento feroce e quella del caldo a Palermo con la stessa espressione attonita, fintamente professionale, vagamente addormentata e da PassavoDiQua. Perciò, meglio SkyTg24. Ma non è una recensione dei tg che voglio fare. La fine della scuola, si diceva. Dovrebbe portare con sè un'immagine romanzata, di colazioni con calma su candide tovaglie di fiandra, il porta toast argentato e la cuccuma del caffè. Di eleganti stiracchiamenti in camicia da notte, sul terrazzo, appena prima di controllare la lavanda che sta esplodendo del viola che amo, le ortensie giganti, il prato perfetto. Ho detto dovrebbe. La fine della scuola, quest'anno è tutto, fuorchè così. Tanto per cominciare non è affatto finita, il Mediano ha gli esami di licenza media, ripete l'Infinito di Leopardi a sua sorella, che paziente lo corregge, quei sovrumani silenzi se li dimentica sempre. Il Liceale è ansioso: greco proprio non lo ha mai digerito, si vedrà, l'ansia perciò, la combatte vivendo più fuori che in casa, in compagnia dell'Amata. Il Giovane Holden ancora sotto esami, ma rientrato temporaneamente qui, in famiglia. Un bel quadretto. bello se si omettono, nell'ordine, le varie incombenze veterinarie, le varie organizzazioni di traghetti, aerei, mongolfiere, Shuttle e feluche per i vari spostamenti, giammai che la regale famigliola si sposti tutta insieme, quella è roba da anni 60, la Cinquecento e il portapacchi. Noi ci si sposta a rate, come il mutuo, sarebbe troppo semplice se no, uno arriva a luglio, l'altro a fine giugno, l'altro invece ha una festa di fine scuola alla quale proprio non si manca, uno arriva con un amico, forse, ma non so bene quando. Il mio sposo, già che c'è, si fa un congressino in un'altra isola, così, tanto per far qualcosa. La casa, le vicende, le feste e i libri delle vacanze creano un groviglio di bigliettini, annotazioni, cerchiolini sul calendario e appunti sulla lavagna in cucina che nemmeno alla Nasa. Altro che toast imburrati e niente fare. Così, "tra questo delirio", si annega il pensier mio. E il naufragare, ben lo si sa, mi è dolce in questo mare. Appunto.

08 giugno, 2007

Chi, io?


Una spiegazione non c'è. La passione è arrivata, un pò in sordina in verità, con un sacco di domande, alcune palesi, altre fra me e me. Ce la farò? Mi piacerà? Sarò in grado? Non che ami le sfide in modo particolare, sono, in genere, piuttosto tranquilla nei casi miei. Ma insomma, questa cosa mi piace. Niente a che vedere con i racconti tragici che ho sentito qua e là, niente ansie da maltempo, e se piove ma chi se ne frega, signora mia, lontani sono i tempi in cui mi spaventavo a morte, immaginando disastri e burrasche e tempeste. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di me, facevano tutti delle facce strane, ma chi, tu? Sì, io. Ho imparato tante cose, pratiche e no, e ancor aun milione ne imparerò. Per esempio, che mai, mai, mai si sale a bordo senza una protezione 15, meglio se di Estèe Lauder, che il cappellino tricot è giustappunto quello che ci vuole per riparare chiome e meningi dal sole a picco, che il cous cous in baia, signora carissima, non si può fare senza la menta fresca, che quella in barattolo c'ha tutto un altro sapore. Orsù dunque. Si prepara un'estate elettrizzante, rilassante e nuovissima. Sono la dea dell'ormeggio, la vestale della randa, la regina del gavone. Ancora molto imparerò, in tutta scioltezza. Ma lo smalto, mi andrà lattiginoso o colorato? Meglio colorato, e sui toni corallo. Intonerà meglio coi cuscini. Perchè va bene, si è in mezzo al mare, ma il glamour è glamour.




06 giugno, 2007

Di qua e di là.



Diciamo che non ci si riesce a concentrare. Un pò di qua e un pò di là. Proprio quando le scuole stanno per finire, quando le vetrine sono strabordanti di costumi, cestini, abbronzanti e teli mare, proprio non cel asi fa a concentrarsi sulle vacanze. Sarà stata la grandine di ieri. Io adoro la gràndine, i temporali, gli acquazzoni profumati, quelli coi goccioloni e dico sempre, tranquilli, è una nuvola di passaggio, ma spero che non la sia, perchè mi piacciono quei chicchi sorprendenti che arrivano chissà da dove, poi, e ieri che sembrava che piovesse riso, e io con la finestra aperta, che ho ritirato le cose in fretta ma nemmeno tanto per bagnarmi un pochino, per essere anche io parte di questo spettacolo così bello, da ricovero, dice il mio sposo, non è mica tanto normale una che si bagna alla pioggia mista a gràndine per vedere di nascosto l'effetto che fa. Bello, però. Ho contagiato anche la Princi e ieri ridevamo come sceme, a sentirci un pò di gràndine addosso, non siamo neppure riuscite a chiudere il cancello del giardino dove era in pieno svolgimento la nostra prima Raccolta del Ribes. Abbiamo dovuto interromperla. Riprenderà stasera, tempo permettendo. Basterà che spiova per cinque minuti. Per la nostra Raccolta, in tutto 32 grappolini, non ci vuole mica di più.

04 giugno, 2007

Il Campanile.


Di campanili così, non ne ho visti altri. Mai. E' a forma di siluro, non so come dire, arrotondato in cima, un pò arabeggiante. E' il posto dove sono nata. Dove sono stata, per circa 18 anni, i primi della vita, i più importanti, forse, certamente i più belli. Ho alternato strani sentimenti nei suoi confronti. Mi sembrava che fosse troppo piccolo e provinciale e pettegolissimo, un pò limitato, se confrontato alla vicinissima Pavia, e al dietro l'angolo Milano. Mi piaceva però, quel suo essere così famigliare, ci si conosce più o meno tutti ed è il bello e il brutto delle vicende, ti senti a casa ma tutti sanno tutto di te, non va mica bene. Ma chi l'ha detto. Il mercoledì è giorno di mercato. La domenica c'è Messa alle 9,30 per i ragazzi e alle 11,30 la Messa Grande. Dopo, si comprano le paste e si và a pranzo. Ieri sono stata in Chiesa, alla Cresima della figlia di una di quelle amiche che, se hai la fortuna di avere e conservare, sono con te dalle scuole medie. Intatte. E non importa se si hanno tonnellate di figli e mariti e varie vicende, a chiacchierare è come se i 30 anni che sono passati non siano passati per niente, e siete sempre lì, col chewingum e le Superga appollaiate sul sedile del motorino a dire scemenze. Intatte, anche loro. Ma la Chiesa mi ha fatto un certo effetto. Ho passato qui molti pomeriggi, ho cantato nel coro per anni, fatto le prove della veglia di Natale, il Presepe. Ho scritto il mio nome dietro il muro dell'organo, mi sono nascosta una volta nel confessionale. Ho fatto Prima Comunione e Cresima. E anche il funerale di mio padre, ero seduta nel banco di destra. Amo questa Chiesa, dove avrei voluto anche sposarmi. E non mi sono sposata in nessun 'altra che non fosse questa. Perchè di questi campanili, anche se non comuni e un pò arabeggianti, ben pochi ce n'è.

01 giugno, 2007

Silenzio.


Soffia nasi. E firma diari. E cucina, ricama, fa la maglia. Legge. Fa le torte, organizza il compleanno, sgrida, si indigna per la stanza in disordine, per il brutto voto, per la nota di classe. Gioca, insegna filastrocche che sa soltanto lei, canzoni con parole inventate, ti fa vincere a rubamazzo, consola, per la bambola rotta, per il palloncino che ti è volato via. Media, qualche volta, per alleggerire un castigo. E ti ama, ti ama come nessuno. Cerca di fare il meglio che può. Nessuno le ha insegnato come si fa, non c'è mica un manuale. Ad un certo punto della sua vita si è trovata a dirsi, sì, voglio un bambino, ho trovato un papà giusto, lo farò con lui. Magari anche due, forse tre. E ogni volta, si reinventa. E così, la pancia, la nausea, la paura di una cosa che non sai, che tutti raccontano, tremenda e bellissima. Unica. E poi, da brava, respiri signora, e guardi che bel bambino che ha qua. Da quel momento, sei una mamma. O forse lo sei da sempre e non lo sapevi, ma da quel preciso istante sei qualcosa di più. E imparerai. Pannolini e pappe e gocce per il naso e aerosol e recite e grembiulini e fiocchi e macchinine e bambole e seggioloni e passeggini e biciclette a rotelle e il Mylicon per il mal di pancia e la tachipirina per la febbre. Imparerai. Chi non si è mai sentita una scema, quando la paffuta manina rovesciava il piatto del passato di verdura, chi non si è sentita una Cretina Maiuscola, non in grado, non capace, se non dorme, se non mangia, è colpa mia, e di chi se no. E' raro che commenti le vicende dei giornali. Ma oggi, due gocce mi sono uscite dagli occhi e hanno fatto tac! sul Corriere della Sera, che ho comprato, stranamente, c'era un libriccino sulla Liguria. Ma non commenterò. Solo un pensiero, per un sorriso biondo che la sua mamma ha spento con un coltello, in cucina, solo perchè non si sentiva capace di tirarla sù, di farla diventare grande. E' un mestiere che si impara. Qualcuno, non ci riesce. E che il Cielo possa comprendere come una mamma possa arrivare a tanto. E faccia in modo che quel sorriso biondo arrivi dritta in Paradiso, leggera e dolcissima, come fanno i palloncini che volano via.

Sicuri che è giugno?


Non ci volevo credere. Stamattina quello che vedevo dalla finestra, ancora stesa, ancora non collegata, ancora in un non luogo, beh, non mi è piaciuto per niente. Ma come, devo girare il foglio del calendario, giugno la falce in pugno, giugno in bicicletta, in mezzo al grano, giugno in magliettina e sandalini, giugno, il mare, i capppellini per il sole, la paletta e il secchiello, che magari si gioca con la terra in giardino, giugno, il mare, perchè no? le colonie estive, Estate Ragazzi, la piscina, l'odore di tiglio davanti alla scuola, le feste di fine d'anno, le recite, il cestino per la spiaggia da comprare per tempo e scegliere con cura, l'olio di cocco, un costumino nuovo, di quelli interi che di intero non hanno proprio niente, ma come, non lo sa che è il vero must della stagione? E invece, un bel niente liscio. Ci vuole l'ombrello ma mi rifiuto, l' ho eletto già da molto tempo Oggetto Più Insignificante e Ingombrante del Globo Tutto. E un maglioncino, magari, di cotone, altro che maglie scollate e sandalo argenteo. E poi, l'orrendo sniff sniff del tergicristallo sui vetri, i goccioloni che fanno le bolle nelle pozzanghere, ma che razza di giugno sarà mai? E' quel che mi chiedo. Nel frattempo, sfogli pure il calendario e provi, magari, a disegnare soli e cuoricini in ogni casellina. Magari funziona.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...