31 agosto, 2006

Mezza luna.



E mille cose a metà. Mezza torta nel frigo, con ancora le gocce di cera delle candeline e la panna un po’ squacciata, come si dice, mezza bottiglia di vino, quello un po’ sgasato che si tiene lì per cucinare. Il bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno? E mezza vita ancora da fare e mezza baguette per favore, che sacrilegio tagliarla a metà, e mezzo vasetto di Nutella, così, tanto per tirarsi un po’ su. Mezze stagioni , e cara la mia signora, lo so bene che non ci sono più, mezzogiorno di fuoco e mezzo cuore, un pezzo a te e un pezzo a me. Mezzosangue come il principe di Harry Potter, mezza gomma Brooklyn, di quelle lunghe che non si comprano quasi più, solo confetti che non mi sono mai piaciuti. Mezzo panino per la dieta, mezza mela grattugiata per il picci di pochi mesi, mezza pastiglia per dormire, mezze maniche perché è già primavera, mezzo flacone di profumo per una sera che è LA sera, quella che deciderà per te, quella che ricorderai per tutta la vita. Ricami a metà e libri, corsi, e anche storie a metà, mezze situazioni che non sai bene dove cominciano e dove finiscono, mezzo riassunto, mezza poesia da studiare a memoria perché tutta è troppo lunga e la studieremo più in là. Personalmente, non sono per i mezzi. Sono del genere tutto o niente, lo si è ben capito, mi sa. Ma questa fettina che mi guarda, e che in foto sembra un puntino di pennarello, in questo ultimo di agosto, mi ha dato un’emozione sottile, una specie di mezzo brivido, perchè quando sarà piena andrò via di qua e vi racconterei tutto per bene se non fosse che, disdetta, si fa tardi devo andare, sarei nei pasticci se no, la mia carrozza si trasforma in una zucca. A mezzanotte, appunto..

30 agosto, 2006

Lo iodio aiuta.


Sono una mamma famosa fra gli amici dei figli, per non assillarli mai e dico mai, con i compiti delle vacanze, che trovo un'assoluta perdita di tempo. Cionondimeno ( e qui il Devoto Oli dà già i suoi bei risultati), essi, gli amici, non sanno, nel loro ingenuo idolatrare la scrivente, che infliggo ai miei figlioli uno sporco ricatto, a chiamarlo col suo nome. Cioè, io non li assillo con i compiti delle vacanze, ma loro, allorquando riporteranno un infimo voto nei suddetti, avranno revocati tutti i permessi di uscita, partite di calcetto, feste di compleanno, commemorazioni e affini, fino al 1 gennaio dell'anno successivo. Svelato l'arcano, gli amici dei miei infanti possono smetterla con le osanne. Il figliolo di terza media, brontolando arranca. Con l'inglese e il francese, con il tema Come Hai Trascorso Le Vacanze, analisi logiche, e come nelle migliori tradizioni, con la matematica. Il mio sposo ed io, per formazione e inclinazione, ci siamo divisi le forniture di assistenza. E indovinate a chi spetta la matematica. Trovandosi però ancora sull'Isola, quale migliore cornice di una spiaggia semideserta per completare gli ultimi problemi, gli ultimi odiosi teoremi, potenze e affini? Dicono che lo iodio sia un toccasana per le alte vie respiratorie, scongiuri i raffreddori e fortifichi i bronchi. Spero di poter presto testimoniare che schiuda anche le sinapsi celebrali, riuscendo finalmente a far entrare in zucca al mio splendido figliolo anche i più ostici numeri periodici. Nebbia totale o quasi, per me. Ma, a mia discolpa, potrei recitarvi qualcosa di Dante che so, il Canto Terzo del Paradiso, quello con Piccarda Donati, che mi piace tanto. A pensarci bene, anche io da ragazzina stavo al mare tutta l'estate. Allora, funziona!!!!!

Dicono di me.


Che spendo e spando. Che mi piacciono le cose belle (è vero, che devo fare, farmi piacere le orrendità?), che adoro girare per negozi, che conosco tutti i luoghi di scialo del globo terracqueo. Ciò non dista molto dalla realtà. Nel senso, sì, confesso, è vero. Ma i serpenti a sonagli che lo asseriscono con una certa qual saccenza appena velata, si sarebbero stupiti, ma che dico, sbalorditi, ma che dico, ci sarebbero rimasti secchi nel vedere il mio acquisto di ieri. Vento a 78 nodi, mica quisquilie, cara la mia signora, e giro nel porto a salutare l'ennesima famiglia di amici che s'imbarcava verso il continente. E io medesima nella fattispecie, in loco situata, non distante dalla Costa Smeralda, noto luogo di sdilinquimento del popolo adepto a carte di credito e affini, avrei potuto spendere una somma discreta in, in ordine alfabetico, borse, camiciole, maglioncini, stivali, zaini (sorry, non avevo articoli con la z). E invece, no. Io, che ho una passione per i libri, che compro solo Elle e Marie Claire e qualche rivista di arredamento, io, famosa per dilapidare ingenti somme in beni voluttuari, ebbene, io ho comprato, udite udite, Sorrisi e Canzoni Tv. E soltanto perchè, per la modica cifra di € 14,90 (quattordici e novanta), ho avuto anche una copia del dizionario della Lingua Italiana Devoto Oli. Lo desideravo, forse più di una Prada in canvas o di una Kelly turchese. Tutto ciò và testè a dimostrare che la calunnia è un venticello e che le dicerie, ogni tanto, non ci azzeccano. E che io, ahimè, ho bisogno di uno bravo. Ma questo, devo averlo già detto.

Ode alla formaggella.

Acquistata tiepida, di ritorno da una gita di sei chilometri sulle alture di Santa Teresa, e quindi meritatissima. La formaggella è, in sè e per sè, un dolce semplice. Ricotta, zucchero, uvetta e scorza d'arancia. Bella scoperta. ma è lo scrigno di pasta frolla, che frolla non è, a farne una vera delizia. Ho spiato dal bancone fin dentro il laboratorio la pasticcera, un donnone con gli avambracci possenti e un sorriso limpido, ma non sono riuscita a carpirne nessun segreto di preparazione. Solo, la generosa spolverata di zucchero, appena sfornata, che fa pensare al luogo dove il suddetto zucchero si posizionerà, se sul fianco o sul sedere, ma nulla ci fa. A sciocca insalatina e triste pollo penseremo al rientro. La formaggella è adatta a una colazione tranquilla, una merenda improvvisata, un fine cena, un bicchierino di mirto. La fortezza croccante della pasta intorno svelerà ben presto il morbido interno. Calorie? Tremila, credo. Ma l'aspetto più esaltante di questo sublime dolcetto, è la complicità. Essa infatti, comprendendo bene il peccato che rappresenta, si lascia consumare senza lasciare traccia. La formaggella non sbriciola. Il che, è già qualcosa.

29 agosto, 2006

Disarmante.


Hanno fatto tutto per bene. Disarmato il surf, lavato le vele, preparato valigie e borsoni. Un pò alla rinfusa, certo, visto la durata dell'operazione potrei scommettere che non hanno piegato neppure una maglietta. Hanno portato con loro i biglietti delle discoteche, bottiglie vuote per ricordare che cosa, il bonsai che il grande ha innaffiato con amorevole cura per tutta la vacanza, braccialetti di semi e la Gazzetta dello Sport che titolava CAMPIONI. Hanno fatto gli spavaldi fino all'ultimo, felici di partire, sembrava, di arrivare in città e di avere la casa tutta per loro, per un pò. Un gruppetto di amici, gli ultimi rimasti, li hanno accompagnati al porto, scortando la loro auto fino all'imbarco, facendo il verso, che scemi, ai bodyguard della Costa. E lì. Abbracci, promesse, appuntamenti. E qualche lacrima. Tante, anzi. Di due bionde, rese biondissime da questo sole, si riconosce quando arrivi da 2 mesi sull'Isola, porti il suo sole sui capelli, non lo sapevi? Due cuori spezzati sul molo, regalini e bigliettini, che strano, che bello, ancora biglietti nell'era degli sms. E lacrime del mio figliolo liceale, quello che non vedeva l'ora di tornare a casa, quello che è partito per ultimo. Lacrime disarmanti che stupiscono, e commuovono a loro volta, perchè è strano vedere un uomo che piange, perchè è un uomo oramai, e non me lo voglio dire ma è così, e avevo gli occhiali ben piantati sulla faccia perchè non vedesse che sotto, piangevo anche io, a ricordare che a sedici anni, anche io stavo male a lasciare gli amici, il mare, l'estate. Mio figlio è me. I cambiamenti lo straziano, ben si sa. Partiti, arrivati, ok. Ai loro allenamenti di calcio, studiare?che coooosa?, al patentino della moto, agli esami dell'università, alle loro cose. Qui, la vacanza continua, a ranghi serrati così come era cominciata. E c'è il vento e fa freddo, ma tutti ci ostiniamo a dire che non vogliamo sentire parlare di partenza, che abbiamo ancora qualche giorno e che l'estate non è anora finita. Per piacere, no.

27 agosto, 2006

L'onda.


Forte e prepotente, di schiuma e di sale, di mare mosso e di maestrale, facciamo 30 nodi. L’onda che ti squassa, che si schianta con forza sugli scogli di Capo Testa, che ti sembra un documentario di National Geographic e invece ce l’hai proprio lì, davanti agli occhi, bella e dispettosa, che non dà il tempo allo scoglio di asciugare. A un’onda così, maestosa eppure così semplice, elegante eppure così selvaggia, nulla si può chiedere. O forse sì. Che lavi. Via da me quella paura assurda che ho qualche volta e che porti via le ansie, le notti che dormi male o non dormi affatto, che guardi fuori e aspetti che il tempo passi, che la luce arrivi, il sole anche. Che sciolga, nella sua schiuma bianchissima tutte le lacrime e i magoni, tutti i nodi in gola, tutti i buchi nello stomaco e più giù, in fondo all’anima, vicino al cuore. Porta via con te, onda che spazzi gli scogli, le volte che mi nasconderei per non farmi trovare da nessuno, le volte che mi sembra di non parlare la mia lingua, le volte che resto un pò incredula, stupita dalla gente, dal mondo, anche da me, qualche volta. Porta con te i giorni sprecati, le parole grosse, le offese fatte senza volerlo, i consigli che non ho dato, le mani che non ho stretto, gli abbracci che non ho ascoltato, le preghiere che ho scordato. Lava via tutto e fammi bella, intatta e trasparente, come sei tu. E lascia un po’ di te su questo sasso liscio, perché possa ricordarmi che sei passata e che tornerai. Tornerò a guardarti ogni volta, con questo mare e questo vento. Ti riconoscerò, sarai la più bella e la più bianca, quella che fa fare un ooohhhh di meraviglia, la più villana, anche, quella che non dà il tempo allo scoglio di asciugare.

La protesta.

Sospettoso, lo è di natura. Un pò selvatico, ma dolcissimo, intelligente, fashion addicted e assolutamente zen. Sue le ciotole a forma di Ying e Yang, una per il latte, l'altra per il patè. Và in giro per il villaggio con un collarino turchese, fatto a mano dalla scrivente, per ben distinguersi dai gatti indigeni. In queste vacanze si è divertito un sacco. Superata la piccola crisi di identità di metà giugno, quando abbiamo ahimè scoperto che quella che credevamo una deliziosa, candida gattina, era in realtà un candido maschietto, direi che il suo soggiorno in Costa si possa definire soddisfacente. Ha rincorso cinghiali nel cuore della notte, coraggioso e buffissimo, la coda grossa, messo di traverso per fare più paura. Un cartone animato. Ha catturato lucertole, gechi e libellule, giocato con farfalle e falene, rospetti e piccoli lombrichi. Ha divorato patè di salmone per gatti, ma di una certa marca, si intenda bene, e snobbato con altezzosa noncuranza i croccantini del discount. Ha ripulito per bene vaschette di gelato e barattolini di yogurt alla ciliegia. Si può definire un Gatto Felice. Ma stamattina, visti i figlioli grandi che armeggiavano per riporre le vele dei surf per l'inverno, ha sentito aria di dismissione e ha pensato Qui Marca Male. E ha messo in atto la sua personalissima, felina protesta. Non me ne voglio andare dall'Isola, non ancora almeno. Barricandosi nella dispensa, acquattato nello scatolone del latte, acccanto ai succhi di frutta, con quella sua aria spaurita e minacciosa, Philadelphia, il nostro Phil, ci ha comunicato a modo suo che è stata una bella vacanza e che, per il momento, non aveva intenzione alcuna di interromperla. Diavolo d'un gatto.Ma per piacere, non chiamatelo Sottiletta.

E scusate se è poco.


Frescolino, niente spiaggia ieri, solo il ciondolare di qua e di là, la casa strapiena di ragazzi vocianti e casinari, gatti avulsi, amici cari, gente che passava di qui solo per salutare, ci imbarchiamo stasera, la cena pronta, che è tutto il pomeriggio che spignatto e che sono contenta del risultato. Ho apparecchiato con cura, i piatti di Ikea e i bicchieri di design. C’è un aria tranquilla di fine vacanza, il vento è calato, si vedono già laggiù le lucine di Maddalena. Un arrosto alla salsa di soia, che ho dovuto comprare un tegame consono allo sbrano che vige in questa casa, invitati amici, figli, amici dei figli. Ma prima, questo riso, menta, piselli, feta, pollo allo zafferano e lime. Una robina semplice ma di grandissimo effetto, soprattutto per quell’impertinente grappolino di ribes che ci ho posato sopra con grazia sottile. Certo, ho faticato a recuperare il lime. Le Maghe della Pignatta lo ben sanno che è un orrore mai visto sostituire il lime con il più semplice limone. Confesso in ginocchio che per un attimo ci ho pensato. Con quella sequoia di limone che mi ritrovo non mi sembrava il caso, ecco. Così, timidamente, dal fruttivendolo di fronte al porto, ribattezzato, chissà perché, Bulgari, ho fatto la mia bella figura annunciando impettita Mi Servono 2 Lime e sono tornata a casa, trionfante con il mio pacchettino, 2 simil limoncini verdini e rotondi. Che ho spremuto di nascosto, per non farmi vedere dal Mio Limone. Che si sa, ha un caratteraccio.

26 agosto, 2006

L'energia.


Quella che viene dopo un momento, come dire, impegnativo? Quella che ti fa alzare con la voglia, che ne so, di lavare i vetri o di farti una maglia, o cambiare occhiali, magari, o di andare in giro, senza meta, solo per dire si va. E cosa importa se ci sono dei nuvoloni grossi così, e che stanotte ha piovuto così tanto ma così tanto e il maestrale così forte che ti sei detta, ok, adesso il vento porterà via la casa. E pensare che, pur essendoci tutt’intorno una specie di aria di dismissione, molti sono già partiti, finalmente e la sera, un golfino male non ci sta, arriverà l’autunno e non mi spiace, in fondo ho voglia di maglioni, stivali e sciarpe e della mia vita di sempre. Con le persone che ho qui, i miei figli, ovvio, e Lui, l'uomo della vita, nonostante le litigate scellerate, quelle Marca Leone, quelle da far tremare i vetri, gli stessi che volevi lavare ennedierre, che ti fanno venir voglia in un secondo di mandare tutto all’aria come un castello di carte, ma è solo un attimo, e allora ti fai una passeggiata al buio fra ulivi, cinghiali e fichi d’india, che sei uscita sbattendo la porta e che molte volte lui comprende quel tuo altezzoso stato di insopportabilità e allora tu, per questa volta fai lo stesso con lui, perchè sai che è lui e lui soltanto, e non glielo dici da un po’. Ma sai che sa.

23 agosto, 2006

Lo stazzo.

Andava scritto con la C. Ma con questa storia della verifica parole, forse, i signori di Blogger mi avrebbero un pò tirato le orecchie. Dicesi stazzo la tipica costruzione rurale, bassa e allungata, delle zone del gallurese. Dicesi quell'altra cosa, invece, un momento di totale confusione, meglio se familiare, molto nervosismo, un incidente in fondo di poco conto, ma che ha causato alla famiglia tutta una bella nottata di spavento e/o insonnia. Tutto è bene quel che finisce bene, non si dice così? Ma ne avrei fatto a meno. Rimedi che mi vengano in mente, così, al momento, quasi nessuno, siano essi omeopatici o Fiori di Bach. E se provassi il Biancospino? L'aspetto più sconvolgente dell'ansia non è tanto quel suo bloccarti ogni genere di entusiasmo e voglia di cose, ma quel suo renderti insopportabile, e non soltanto agli astanti, si badi bene, ma anche a sè medesimi. Concetto forse da rivedere nella sintassi, ma piuttosto chiaro nel contenuto, direi. Che fare? Ah, saperlo. Forse basterebbe, che so, un giretto in barca a vela e una spiaggia deserta che in questi giorni vale tutto l'oro del mondo. Ma l'ansia è una losca faccenda, non si manda via così, in quattro e quattr'otto. Meglio archiviare le ultime 48 ore nello scaffale dei Giorni Persi, augurandosi che non lascino troppo il segno, tirare un bel respiro, di quelli che ti salgono da chissà dove e dirsi che sì, è passato, non facciamola tanto lunga, abbiamo del sonno arretrato, dormiamoci sù che è meglio. E infatti, mi sa che, nonostante sia l'ora nota planetariamente come l'Ora della Galline, e che andare a letto alle 10, in Costa, è poco meno che un sacrilegio, mi sa che andrò a dormire. Rossella O'Hara direbbe Domani è Un Altro Giorno. Ma io, che sono più educata e non ho Clark Gable alle costole, dico solo buonanotte a tutti e me ne vado. E senza Biancospino. Qualcuno ha una Valeriana?

20 agosto, 2006

Perle fra i pinoli.

Non che le ami, questo no. Le trovo un pò inutili, distratte, sempre indaffarate, le scopro sempre in luoghi non consoni, come dire, sbagliano sempre il dove e il come. Ma non le elimino. Diciamo che pur non andandone pazza, ci convivo. Stamattina, grande sorpresa nel patio di casa. Loro, le formiche, avevano lavorato alacremente per tutta la notte, saccheggiando senza troppi complimenti il mucchietto di pinoli che mia figlia e i suoi amici avevano raccolto nel noioso pomeriggio di ieri. E li andavano stipando, con quel loro modo compulsivo di andare sù e giù e di ubbidire a non so chi, nella loro tana allestita giust'appunto nel posto più fresco del patio, proprio lì, a due passi dalla lampada marocchina. Ma, ad un più attento esame, quale non fu il mio stupore nel notare che, svista o buon gusto, avevano anche raccolto, insieme ai pinoli, una perlina, scivolata chissà quando e chissà a chi. Troppi misteri e troppe incertezze in questo nuovo caso da dipanare, in giornate dove non succede nulla o quasi, e già l'osservare un formicaio è di per sè una grande avventura. Ma una cosa è certamente da fare. Avvisare Rue Cambon, al civico 21. Le formiche vestono Chanel. Distratte? Non direi proprio.

19 agosto, 2006

Strani poteri.

Si aggiunga. E va bene che uno si trova in un ameno luogo di villeggiatura, e che l'inverno è lungo, e che oramai fra qualche settimana, gulp, toccherà rientrare anche a me e che, alla luce dei fatti, ogni giornata diciamo sprecata in stupidi battibecchi da telefilm di quart'ordine, è, lo dice la parola, sprecata. Fatto sta ed è, che comunque, ogni tanto una bella sfuriatina così su due piedi, male non fa al collaudatissimo menage familiare. E non parlo di urla ai figlioli, che sono, signora mia all'ordine del giorno, quanto una bella, sana, costruttiva, peraltro rara, litigata con il proprio consorte. Sei stata tu, non è vero, sei stata tu, chi io? ma come ti permetti e altre zuccherose frasettine di questo tipo, trasformeranno un noioso pomeriggio in un set di soap opera. Non gradevole. Ma c'è scirocco, fa caldo, è pienissimo di gente e tutto diventa più difficile anche sull'Isola. Che fare? La brillante idea che mi è venuta lì per lì è stata quella di recarmi che so, in visita all'Asinara, che dista circa 2 ore e mezza di cammino da qui, in condizioni normali, figuriamoci con le code ferragostane. Sarei reentrata dopodomani, mi sa. Mi sono quindi ricordata di un antico adagio, e se non esiste fa lo stesso, lo invento io sul momento. Sei nervosa? Lava i bagni. Armata di guanti in gomma color ciclamino, mooooolto cool, una spugnetta in tinta, per forza di cose, e l'immancabile Candeggina. Non so, forse dovrei andare a ritroso nel mio inconscio con una di quelle tecniche che vanno tanto di moda, per capire come mai a me l'odore di candeggina, calma. Una specie di Xanax da annusare. Forse un ritorno alle origini, ma quel profumo di buono mi piace. Chi mi conosce sa che sono sensibilissima agli odori e che non sono ancora uscita dal tunnel della Coccoina. Ma sono pronta a proporre la Candeggina come terapia di coppia. Calma i bollenti spiriti, gli improperi che sono lì lì per uscire e che non sta bene, azzera il nervosismo. E poi, il bagno risplende, lucido e impeccabile, che è un amore. Il che non è affatto poco.

17 agosto, 2006

Da non perdere.


Finito di leggere da mezz'ora. Bello. Bellissimo. Mi ha intenerito e commosso, anche se ho dovuto tornare indietro più di una volta per capire per bene i complicati meccanismi delle fusioni fra multinazionali. Da comprare. E adesso mi assale quel sottile, impercettibile smarrimento che c'è sempre, quando si è finito un libro. Una specie di malinconia infinitesimale, spray, ecco, che non è che uno è proprio triste però qualcosa gli manca, e si dice e adesso, che cosa leggerò? Non lo so. Non ancora. Ho un'Amica Preziosa, esperta in materia, che mi fa recensioni a raffica, via sms: ho qualche titolo, vedrò. In questo tardo pomeriggio, che gli ospiti sono tutti partiti e tutt'intorno un assurdo silenzio che faccio fatica a crederci, che è la primissima volta che sono da sola in questa casa, che oggi uno dei miei figli compie sedici anni, che stamattina pioveva ma adesso c'è il sole, oggi, metà agosto, mi domando quanto stia bene da uno a mille. Duemila, si può dire?

15 agosto, 2006

Fragole di Ferragosto.


Sfido chiunque. Ma che razza di festa sia, mi sa che nessuno lo comprende per bene. Sagra dell'Ombrellone, della Tetta Rifatta, dell Tutto Compreso, del Gavettone, della Spiaggia fino al Mattino. Festa Nazionale del Muscolo Tatuato, dell'Infradito, delle Code in Autostrada, della Lite per Un Parcheggio. Inutile, comunque. Effimera e un pò demodè. Senza significato alcuno e senza grandi contenuti. Da inserire nell'Augusto Elenco, insieme a Carnevale, Capodanno, Festa della Donna e affini. Da eliminare, assolutamente.

13 agosto, 2006

Via col vento.


No che non è la California. Coste sarde, un giorno di metà agosto, 35 nodi di maestrale. E t'ho detto tutto. La meraviglia? Molto, molto di più.

12 agosto, 2006

Controcorrente.


Sono arrivati. Il popolo dei ferragostani, l'esercito Materassino & Bandana, o, a scelta, Bragone e Tatuaggio. Il delirio. A litigare per il parcheggio, per chi è prima dal panettiere, ad assaltare bancarelle e negozi. Guardarsene bene. Scegliere con cura l'ora in cui effettuare gli spostamenti, sia per il fornaio, sia per l'acquisto di quotidiani e affini. Con precisione chirurgica, si saprà quando è ora di raggiungere o lasciare la spiaggia, e quale spiaggia, ovvio. Intorno alle 15, quando il pargolo è bello rosolato e il genitore non ne può più della quindicesima partita a racchettoni, che già ha preso un'insolazione e comincia a sentire un certo qual appetito, e forse, anche un pò di nostalgia per il suo ufficio del centro, dove almeno non deve gestire la suocera, e poi, tutto 'sto vento lo ha già un pò rimbambito. Si riederà alle proprie case intorno alle ore 20, che il popolo degli alberghi è già rientrato pronto per la doccia e la cena fissata alle ore 19, non un minuto di più, con le signore bell'e apparecchiate, un velo di fondotinta che ancora il sole non l'hanno preso per bene, il sandalino comprato all'uopo, il pantalone candido che tira appena un pò sul sedere e una borsettina da sera, che andrebbe bene per la Scala ma che alle bancarelle di Palau, diciamolo forte, non è granchè. Si sceglierà, per il pomeriggio con 30 nodi di maestrale, una stradina non proprio frequentatissima, anzi, sconosciuta al Popolo di Ferragosto, sorpassati soltanto dal Fiorino delle Poste Italiane e dal camion del fruttivendolo. E, lontani dalla Costa, non si cederà al richiamo briatoriano, che pure ogni tanto qualcuna giusta la dice pure lui, niente Gucci e niente Prada, niente clamore, rumore, clacson e cafonaggine. Si sceglie la strada giusta, quella del normale, del semplice e un pò desueto. Una spiaggiona col vento forte, 3 kite e nient'altro, a vedere le orme che lascia il vento sulla sabbia e la schiuma delle onde sugli scogli di Capo Testa. Troppa natura e troppa semplicità. Non starò diventando TROPPO snob? Domani, chiamo Briatore.

10 agosto, 2006

La luna d'oro.

Bellissima e maestosa, un po’ inquietante, a guardarla bene, così bella eppure così’ invisa agli astronomi, troppo luminosa, dicono, rovinerà la festa della stelle cadenti. La luna inganna, a guardarla fa pensare che tutto va bene, così placida e tranquilla e il Libano, l’indulto, Condoleeza e tutto il resto sembrano appartenere ad una galassia che non è questa. La luna è falsa, in fondo da vicino non è che una distesa di sabbia e di sassi, e di terra e di polvere. La luna tace, sui segreti degli amanti, guardala tu che la vedo anch’io, guardala e pensami, guardala e sorridi. La luna finge, di essere buona e accondiscendente, di esaudire desideri e sogni, ma è così stufa di farsi guardare, di sentire poesie e canzoni su di lei, e luna di qua e luna di là. Nonostante questo, io l’adoro. Per quel suo essere sopra a tutto, per dire, sono qua e ci sono da sempre e per sempre, e guardo da quassù le vostre cose, le vostre vite. Sorveglio, illumino, guardo e sto zitta. Non giudico. L’adoro per il colore che ha d’estate, per la sorpresa che mi fa quando d’inverno spunta dalla nebbia, per i giochi che fa col sole, vai via prima tu, no tu. L’adoro perché è sciocca, perché è finta e meravigliosa, perché crede di essere, perché si dà un sacco di arie, perché fa tanto la splendida ma basta una nuvolina da niente e sparisce, in un secondo, si vela e non c’è più. Quella di stasera sarà speciale. Guardarla sarà un regalo, una notte di pace assoluta, di festa, anche. Non so dove sarò. Magari sulla spiaggia, coi figli intimoriti e affascinati da tanta semplice e intatta bellezza. Sarà incredibile, lo so. Avrà l’abito da sera e quella sua aria snob. Avrà qualche nuvola intorno, e qualche stellina che le passerà vicino, con la sua scia lucente. Mi piacerà, lo so. Mi stupirà, lo so. Mi sorriderà. Lo so.

Succede.

Di sbattere la testa, intendo. Di essere attratti in modo irresistibile da una vetrata tirata a lucido, vedendo il mare al di là, e di volare, volare per raggiungerla e dirsi che sì, in fondo non è neppure tanto lontana e ci si mette poco, un paio di minuti, magari. E invece, si và a sbattere. E' quello che è successo all'uccellino in questione. Stranamente, non sono riuscita a dargli un nome. Dopo l'incidente, è andato ad appollaiarsi sulle tende, impaurito, un pò rimbecillito in realtà, senza più il senso dell'orientamento, senza sapere da dove venisse e dove fosse diretto. Succede, certo. Non solo ai pennuti. Succede che magari ti senti un pò stranita, e non sai davvero come possa essere successo, ma la testata l'hai presa anche tu, improvvisa e fortissima, e non sai bene da che parte cominciare per trovare la strada, per tirarsi fuori da lì. Considerando che, appollaiarsi sul bastone della tenda risulta manovra piuttosto complicata ad un umano, ancorchè circense, non resta che trovare una soluzione alternativa. Servirà, alla bisogna, una giornata di mare assoluto, estremo, fino alle 21 ora locale, appena in tempo per vedere le prime stelle di San Lorenzo. E magari, fare qualche piccolo progetto. primo fra tutti, un corso di trapezio senza rete, di equilibrismo, funambolismo, perchè no. Potrebbe servire.

06 agosto, 2006

Se piove, stiro.


Così, a naso, suona come una parolaccia. O un mantra, da non ripetere nemmeno una volta. In effetti, oggi è una di quelle giornate in cui anche pensare il da farsi diventa una fatica, ma una fatica. Sulla tavola sono allineate in ordine sparso, tazze della colazione, focaccia al rosmarino, nutella, prosciutto, frutta fresca e briciole di pane guttiau. Si leggono i quotidiani, la tabellina del 7 per restare in esercizio, un torneo di playstation osteggiato fortemente dalla scrivente. Non c'è altro. Il cielo è indaco chiaro, nuvole e mare ostile. Vento, pochissimo, il che dona un senso di assoluta immobilità a tutta la vicenda. Certo, potrei stirare, lanciando un pensiero irripetibile alla fantesca peruviana che dovrebbe farlo al posto mio. Oppure potrei leggere, ricamare, perdere il mio sguardo oltre il mare, su Guardia Vecchia, pensando a quel che mi va, a chi mi va, alla mia amica che compie gli anni domani, alla lista dei libri che vorrei, le cose che dovrò fare quando rientro. Rientro? Forse, è proprio meglio che stiri. Troppe parolacce, stamattina. Non sta bene.

Roger, il ranocchio.



Bello non lo è. Ma ha un’aria talmente indifesa e piccina ed è così in miniatura, una monetina da 20 centesimi, di un verdino accecante, che fa tenerezza. L’ho trovato per caso, mentre constatavo con aria soddisfatta, i grandi progressi che ha fatto la mia piantina viola, transfuga dal Continente, venuta ad allietare con le sue fogliolone colorate la siepe accanto all’ingresso. Ed è proprio in queste fogliolone che lui, Roger, ha preso casa. Non credo faccia molto, in realtà. Sta lì, accoccolato, pensieroso, con quei suoi occhioni sbarrati che guardano un po’ di lato. Non ha paura. Si lascia guardare, ogni tanto cambia posizione, ma non si muove da lì. Mia figlia, contravvenendo alle più elementari norme igieniche, vorrebbe dargli un bacino. Magari è Un Principe, Mamma. Già. Vai a spiegare che i Principi, quelli veri, hanno figli disseminati per tutto il globo terracqueo, spesso si ubriacano, qualcuno è stato in esilio fino all’altro ieri, ha sparato dalla finestra per il troppo rumore, ha frequentato figliole non proprio illibate, ed infine, qualcun altro è stato testimonial di una marca di sottaceti. Argomento spinoso. Però, l’esperimento del bacio non è male. Magari, una mattina di queste, troverò un tale che dorme beato nella mia siepe. Spero soltanto che non spezzi le foglie della mia pianta. A mantello, corona, foto segnaletiche e tutto il resto, penseremo poi.

03 agosto, 2006

Raccontami.


Le storie che sai tu. Il viaggio che fai per arrivare fino a qui, a sollevare la sabbia e a gonfiare le vele dei kite e a far girare gli aquiloni che vendono i cinesi sulla spiaggia. Raccontami, delle lenzuola con cui hai giocato, le gonne che hai sollevato, le tende che hai fatto ballare con te, le foglie che hai scosso, i rami che hai sbattuto, le finestre che hai spalancato all'improvviso. Dimmi, se è davvero tuo l'odore che sento, di tutte le cose che hai rubato sulla strada, di mirto e di erba e di sale e di mare e di schiuma, anche. Raccontami le cose che sai, le storie segrete di quest'isola, le filastrocche dei bambini, una canzone d'amore. Ascolterò, perchè mi piace come passi, mi piace come mi spettini e mi accarezzi, mi piace il sibilo che fai sotto la porta, il rumore fra le foglie dell'ulivo, mi piace come spazzi il cielo, come fai correre le nuvole e come mi fai sentire. Così, gioca ancora un pò con me, che in questa sera di mare mosso e di cielo di inchiostro, è un vero peccato andare a dormire. Così, raccontami. Ascolterò.

In Costa.


Una volta all'anno, ma sì che si può fare. Si rischierebbe altrimenti di essere eccessivamente snob, ma nell'altro senso. E allora, via, nel tardo pomeriggio di un giorno di maestrale feroce, che tutto vola via, che i traghetti faticano ad attraccare, che il mare è pieno di crestine, si decide una serata mondanissima, a PortoRotondo. Approntata la carovana, preceduti dai ragazzi più grandi che si recheranno, Dio li benedica, ad uno SchiumaParty che ancora ben non ho capito di cosa si tratti, si va. Cena sul porto, un tramonto fra le rocce che fa pensare: ma tutto questo esercito di vip e svip, se ne accorgerà? Insomma, lo vedranno anche loro o saranno troppo concentrate ad allacciarsi il sandalo a stiletto, a strizzare lo short volutamente sfilacciato o a rimirare, pavoneggiandosi da sè medesimi, la canottiera che non ce la fa a contenere un quadricipite grosso quanto una mortadella di Bologna? Ad ogni buon conto, il vero sport di tendenza, come dice la mia amica, è il People Watching. E lì, signora mia, una campionario. Altissimo il tasso di baby sitter, che si ben riconoscano, per carità, non foss'altro perchè accudiscono, in jeans, bimbetti implumi griffati Burberry: perchè mai agghindare un lattante da notaio? Mamme isteriche con look finto etnico, capello biondissimo e liscissimo, col vento di oggi quanto sarà stato il tempo di posa del balsamo? E poi, barche come palazzi, vetrine sberluccicanti, gente bella e gente meno. Ma tant'è. Personalmente mi sono fatta un'idea. Il vero chic è scalzo, è una gonnina impalpabile su un top senza pretese, e una pashmina volata sulle spalle con noncuranza, come se ce l'avesse proprio posata il vento. E' una borsa a quadretti Vichy bianca e rossa, è un costume con le meduse che non sono riuscita a regalare e nessuno dei maschietti della mia numerosa famigliola, è la boutique Fisico chiusa contro ogni scellerata tentazione, è il negozio di Carlo Paveri con servizi di posate a quadrettini da perderci la testa. Direi che per quest'anno, può bastare. Ma un consiglio, dei più semplici a formularsi. In Costa, una sera di vento di inizio agosto, mai prendere la pizza alla rucola. La fedifraga, vola via. Rincorrerla? Non è elegante. Non qui, almeno.

01 agosto, 2006

Luminosa.


E' apparsa nel cielo all'improvviso. Quasi notte, le chiacchiere liquide prima di dormire, dopo un tuffo nella movida di un paesino microscopico, bancarelle e parco giochi. Bellissima e altera, prepotente, anche. Le stelle cadenti se la tirano, questo si sa per certo. Non ti danno nemmeno il tempo di dire Eccola Lì, o di mostrarla a qualcun altro. Sono gelose della loro perfezione, assolute nella loro magica e misteriosa bellezza. Le adoro. Si stà lì col naso all'insù per ore e magari non se ne vede nemmeno una. Poi, senza preavviso, eccola lì, un tratto di pennarello argentato, come a Natale. Belle davvero. Un desiderio? Non saprei. Forse una borsa di culto o un cappottino Fay per l'inverno. Vietato pensare a freddi e a nebbie, adesso. E per molti giorni ancora. Concentrarsi invece sul vento, sul mare verde che c'è, e su questi Astri Altezzosi. Da imitare. Si fanno amare da uno soltanto. Di questi tempi, è la rivoluzione.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...