20 giugno, 2009

Syròs, Ermoupolis.


Golosissime. Belle da vedere. A zonzo per questo paesino di cartapesta, bianco e azzurro, ma dai?, bello, bello, bello. Io non sono un'appassionata, nel senso che non è che ci vada pazza per queste cose, non ne so di venti e di mari, so soltanto le paure che mi fanno le burrasche, forse perchè non ne ho mai beccata nessuna, e per forza, che c'abbiamo una linea diretta con Nettuno là sotto, Che Vuoi Fare? Mare Calmo, please, Che ci Dobbiam Spostare. Io non so fare i nodi, a malapena il nodo piano, la gassa se ci provo una decina di volte, ma sono perdonata, credo. Io non so di venti e maestrali e meltemi e boline e laschi tranquilli e lasca e cazza, giuro, non è una parolaccia. Io non so di correnti e non mi vanto di saperne, se non ne so non ne so, fine. So però tutta la magia che c'è nell'arrivare in un nuovo porto, nel fare le due cose in croce che so fare, due, lo giuro, non di più. So la bellezza dell'acqua così trasparente che non l'avevo mai vista, so il profumo del mare che c'è qui, so che le lucine che si accendono improvvise, che non è ancora buio e tutto intorno sembra un presepe gigantesco. So che la notte mi sveglio e vado fuori e il cielo non è più un cielo, ma una specie di puntaspilli di velluto nerissimo e gli spilli sono un miliardo di stelle e stelline che così tante tutte insieme non le ho viste mai, o così di rado che non mi ricordo nemmeno. E allora, il non sapere di vento e di correnti, di nodi e di andature, non è mica così importante. Imparare? Sì, forse, non c'è fretta. Intanto, mi godo questo puntaspilli e questo profumo e questa Syròs che sembra bellissima con le sue chiese e i suoi profumi, i rosari ortodossi, le cupole azzurre, le scale di pietra e tutta la pace che c'è. Marmellate comprese.

19 giugno, 2009

A Wind Pork.

Così, in inglese, dacchè una vera signora non può farsi beccare in castagna a dire volgarità, ma il vento che soffia da queste parti da due giorni in qua è proprio quel che si dice un vento porco, e quindi, vabbè. Noi ben fermi che siamo qui davanti, noi e un'altra barchina che si vede laggiù laggiù. Stamattina giro in spiaggia ma c'è talmente un bel niente da vedere, che mi son dedicata con impegno e solerzia al riassetto del veliero. Lesta a sbattere i piumoni e i cuscini, a sistemare le stanze, a raccogliere briciole, ritirare i piatti lavati ieri sera. Durata dell'operazione tutta: undici minuti. E poichè qui ben si è ancorati, incollati e cementati, dacchè la nuova àncora non teme neppure i mostri a 8 teste, e non ci si schioda finchè tutto questo delirio non è un pò passato, ecchediamine, abbiamo mica chi ci insegue, la giornata di oggi, meravigliosa, tersa e luccicante, sarà dedicata ai compiti della vacanze, a letture di varia natura, magari brasandosi, protezione millecinque, cappelluccio tricot e burrocacao. Il vento porco ha i suoi vantaggi, in fondo.

18 giugno, 2009

La chiesa.

Non ci si fa mancare nulla quaggiù. Tanto per cominciare una colazione non proprio così buona, cappuccino, si chiama, ma per me che abituata son al cremosissimo cappuccino del mattino con le Amiche, quella roba che ho bevuto stamattina in una taverna affacciata sul porto, per la modica cifra di euro 3, no che non era nemmeno suo cugino, del cappuccino intendo. Poi, in ordine sparso son venute le urla del Capitano, toh, ancora non lo avevamo sentito, perchè qualcuno aveva rovesciato una cucchiaiata di cous cous nel frigorifero, che meraviglia. E di seguito, una bella passeggiata sù sù per la collina, sotto il sole cocente, in visita a un reperto preistorico che più preistorico non si può, e poi, via, raggiungiamo quell'altra baia e onde e staffilate di vento, e ussignur mi viene da vomitare e allora cantiamo che magari ti passa e infatti alla fine, eccoci qui, davanti a una distesa di candidi sassolini, in una baia riparatissima per la notte. E i progetti di pesca, dovremmo pescare la Balena Bianca e pure Achab con l'attrezzatura che abbiamo ma ahimè solo un avulso pesciolino dalla faccia seria seria, ah, e nel frattempo mi ha pure morsicato una vespa. Per oggi direi che è abbastanza. Ed ero pure passata in chiesa. Ma forse, le chiese ortodosse non valgono. Dovevano avvertirmi.

17 giugno, 2009

Kea.

Alla fine, il viaggio ha avuto inizio. Questo delirante itinerario che il mio Capitano oh mio Capitano ha studiato nei minimerrimi dettagli per tutto l'inverno, è finalmente iniziato. In verità, in verità ci dice, Egli, il Capitano, che sarà una roba strana, lontana come sarà dalle mete canoniche, dalla pazza folla, dai villaggi vacanze and so on. La Fanciulla ed io avevamo testè stanziato una piccolissima somma per comprarci un cappellino vezzoso, che so, un sandalino greco di quelli alla schiava che fanno la gamba affusolata e col suo perchè, inosmma, un quaccheccosa. Questo l'unico bazar che abbiamo trovato. Qualche vetusto cappellino di paglia, abitucci senza pretese, cestini di paglia ma abbiamo già dato. E quindi? E quindi, nulla. Ci si riposa prima della cena alla trattoria con la tovaglia a quadrettoni, souvlaki e moussaka come se piovesse, magari un accenno di sirtaky e un attimo di Papadoupolos (e qui terminano ahimè, le mie conoscenze della lingua greca) e la serata si concluderà a leggere un buon libro o a chiacchierare fitto con il resto della scombinata ciurma. Nessuna spesa folle, per il momento. E mi sa tanto che niente affatto sarà una vacanza di shopping. Così come pure mi sa che il Capitano, Mio Capitano, lo abbia fatto apposta. Ho come la sensazione.

16 giugno, 2009

Calimera.

Così si dice. Sappiamo quattro parole in croce, il Giurisprudente che ha fatto gli studi classici non è ancora qui con noi per aiutarci. Persino al supermercato la parola Melanzane è scritta in greco. Una meraviglia. Fermi per una meltemata, signora mia, che vuol dire un'indigestione di vento che si chiama meltemi, e che glielo dico a fare , so bene che non capirebbe e nemmeno capisce bene da che parte del mondo sono, lei non vede nient'altro che il suo balconcino, coi gerani e le lenzuola stese, la tenda a fiori dentro e verde fuori, il cestino per l'umido, la cassetta del gatto, la sdraio di plastica e lo zampirone per le zanzare, chissà come posso ancora perdere tempo con lei. Ma siam qua. Oggi grande gita senza vendita di pentole, bel sole a picco, ciurma affiatata e beneducata, rispettosa e ubbidiente, affamata come un esercito locuste, allegra e ciarliera. Si va di inglese, ma che bello dire calimera, calimera, ha un suono così bello e poi mi ricorda la moglie di Calimero. Gulp. Ho dovuto spiegare ai miei figlioli chi era Calimero. Devono aver pensato che la costruzione della foto l'abbiano progettata ai tempi miei. Ingrati fanciulli, ma non eravate beneducati e rispettosi?

13 giugno, 2009

Diamanti e stendini.

Niente è più prezioso. Si è dormito un pò di più, non molto, con la tonnellata di cose d fare, le pagelle, i libri delle vacanze, le cose, i giri. In anticipo comunque, su una rutilante tabella di marcia di questo ultimo giorno delle vacanze vere, quelle bianche e azzurre, quelle della crema solare, dei tuffi, del vento e delle onde. La calma della mattina presto nella casa in collina, si sorseggia insieme al caffelatte, col gatto che si struscia, le rose un pò passate ma meravigliose lì sul tavolo, un mazzo di lavanda che ogni tanto strofini e annusi, le ultime notizie, un foglietto dove scrivere le cose da fare, per non dimenticarne nessuna. Fuori, un profumo di menta e gelsomino, un sole brillante, che illumina il pratino tagliato di fresco e di fresco innaffiato, come se vi si fosse rotta una collana di diamanti, per dire, e sparse le pietre ovunque, luccicanti. Tutta questa poesia è lievemente alterata dallo stendino , che volgarità, dove l'ennesima lavatrice prima della partenza aspetta di asciugare, e il cinguettio delle cinciallegre è appena appena disturbato dall'odioso rumore della centrifuga di un'altra lavatrice che sorveglio, e che mi accingerò testè a stendere essa pure. Così, in questa beata calma apparente prima del delirio completo, meglio che finisca in fretta la colazione, che lasci perdere rose e lavande, diamanti e cinguettii, che tralasci con grazia immagini di romantica semplicità e, tacabanda, mi dia un mossa. Ben meglio sarà.

11 giugno, 2009

La fine.

Ma come, non è cominciata solo l'altroieri? Non è due giorni fa che è iniziata? No, bellezza, sono nove mesi o giù di lì, nove mesi di sveglie, carrucole per tirarli sù, giustifiche, libri dimenticati, voti, note, udienze che odio con tutta l'anima, quaderni, spartiti, ripassi, quei dannati PromessiSposi nelle vacanze di Natale, fogli da disegno che non compro mai quelli giusti, compassi e dizionari. Fine. da oggi pomeriggio, signori miei, si conclude questo delirio. Un giorno memorabile, dacchè di vera e propria seratona si parla, concerto sulla pubblica piazza e poi domani la cena di classe e poi ancora e ancora e ancora. E oggi, il Knit Cafè, l'ultimo per la Scrivente prima dell'estate. Insomma, c'è da fare. Noi qui ci si è organizzati per bene, si cerca di ammucchiare da qualche parte cose e cose da portare via, in vacanza, sono giorni che si stilano elenchi ben attenti a non dimenticare niente di indispensabile ed insostituibile, il piano ferie di questa scintillante famigliola è cosa da studiare con attenzione a tavolino, che la Chrysler di Marchionne è una partita a rubamazzo. Ben perciò, la fine della scuola arriva giust'appunto come una benedizione, ecco una cosa cui non dovrò più pensare da domani, da oggi, anzi, da questo preciso istante che è l'ultimo giorno di scuola e che domani dormiranno finalmente e io non dovrò chinarmi sui loro letti con baci e pazienza prima, e poi sgolarmi dalle scale, Siete Svegli??? Insomma, si starà meglio. Ma. C'è sempre un ma alla fine di ogni anno, è vero, appena iniziata si aspetta che finisca, ma poi, alla fine, si è contenti sì, ma di quella contentezza che non si chiama proprio felicità, di quella allegria controllata, sì, finisce la scuola, va bene, però un pò mi dispiace e poi quei tigli lì davanti lungo il viale, che mi ricordano gli stessi delle elementari, quando uscivano col grembiulino e le trecce, dovrebbero farli fiorire a dicembre, i tigli, e sarà per quello che li associo sempre alla fine della scuola e a un pò di malinconia, un pochino mi dispiace, non so bene come e perchè, ma mi dispiace e forse, dico forse, un pò dispiace anche a loro, e sono certa che sia così, ma loro non me lo diranno mai ma io so, loro sanno che io so, e allora va bene.

10 giugno, 2009

Sassolini.

Sono quelli che trovi in fondo ai cassetti, nel cestino del bagno, sono quelli bianchi e piatti, o gli smeraldi, come li chiamavo da piccola, le schegge di vetro arrotondate dal mare, che raccoglo da sempre e conservo, pietre preziose di un valore che conosci solo tu, perchè sai bene quando li hai presi, e ti ricordi di quando e di quando, e di quella volta. Poi ti scordi che ci sono e che bello quando li ritrovi, li sciacqui un pochino e tornano brillanti, bellissimi, preziosi. Questa fotografia, controluce e fuori fuoco, è stata scattata ieri sera dalla Princi, in un terrazzo al fresco di un acero, le mattonelle lucide, una cena sontuosa da regine. Ma potrebbero essere i due banchi in fondo a sinistra, col diario di Linus, i bigliettini per copiare, le mele per l'intrervallo, un gettone del telefono per chiamare casa, la cinghia per i libri, il tratto pen verde e i quaderni Hollie Hobbie. Loro ci sono state sempre, nella gita a Firenze e nel cortile di casa mia quando piangevo e che bene mi ha fatto vederle tutte lì. Loro sono ancora loro, come sempre, come allora, e questo affetto chiaro e mai passato si sente così bene quando ci abbracciamo, quando ci diciamo Ma Sono Così Contenta Che Sei Qui, quando guardiamo le bambine che si scapicollano sull'altalena e diciamo Beh, Tanto Diverse Non Potevano Venire. Ridiamo come allora, fino alle lacrime, e si vede, e abbiamo fatto tanti di quei versi per questa foto come quella volta in Piazza della Signoria. Noi 4, i due banchi in fondo a sinistra, le stesse risate, le stesse battute, le stesse anime bianche, mai scalfite nonostante, gli stessi sorrisi. Sassolini preziosi, ritrovati per caso, di un valore così grande che lo sai tu.

07 giugno, 2009

Alghe.

Che cosa sia esattamente non si sa. E' una specie di fettuccia, una specie di cotone, non si capisce bene. Al mercato del lunedì me l'hanno tirata dietro, come di dice, perchè nessuno, proprio nessuno la voleva. A me piaceva. E le galline mie amiche, a fare le smorfie, Ma Che Schifo, Che Roba E'?. In effetti sembrano alghe, di quelle verdine che rendono gli scogli scivolosi. Però, l'effetto non è male. Si lavorano coi ferri che ferri non sono, numero 12, armi improprie in realtà. Non so bene a cosa daranno origine, io non so mai che cosa diventerà quello che sto facendo, si chiama variazione in corso d'opera: potrebbe essere una gonna, un piccolo top da sfoggiare nel bel mezzo del Mediterraneo, tanto chi mi vede, una stuoia per prendere il sole, una bandiera, uno straccio da lavar per terra. Qualunque cosa. La cosa bella è farla. Va sù che è un piacere, pochi giri ed è già a metà, e poi ha questo effetto arricciato che mi piace tanto. Si può fare guardando la tv o parlando al telefono, minimo sforzo, massimo risultato. Provare. I gomitoli di alghe li vendono al mercato per pochissimi euro, il saldo del saldo del saldo, anzi, gli fai pure un piacere se glieli togli di torno, non li vuole nessuno, un motivo ci sarà.

Mucchio selvaggio.

Così è di moda. Si prenda una sera di giugno appena iniziato e si dia ufficialmente inizio alle danze, inaugurando una piscina sù in Valle, dove si danno appuntamento tutti e dico tutti gli studenti delle scuole medie superiori. Così funziona. Qualche genitore li accompagna, qualcun altro li và a prendere, si muovono in gruppo, in branco, sette/otto/nove. Precettata per il ritiro a notte fonda,circa le 3, la Scrivente è stata vista uscire in sottoveste e pantaloni della tuta, ballerine glitterate e felpa, che quassù fa freschino, cosa crede. Certo, un incontro torbido, così combinata, no che non lo potevo avere, ben si rassicuri il mio Sposo dal Mar dei Sargassi. Ho caricato sù alla spicciolata, un gran numero di figlioli, ridanciani, chiacchieroni, bellissimi e educatissimi, per piacere-grazie-scusa-permesso. Destinazione: la mia magione, dacchè era il turno del mio figliolo ospitarli tutti quanti per la nottata, bed&breakfast. Hanno ammonticchiato con cura le scarpe in ingresso, e con grazia giù dal prezioso tappeto. Hanno chiacchierato fitto fino a una certa, facendosi sssshhhh!!!!! a vicenda quando qualcuno alzava troppo la voce, ma di notte, si sa, anche il brusio è un rumore gigante. Fate quel che volete, non incendiate la casa, io vado a dormire. Così li ho trovati, addormentati e affastellati sul divano, qualcuno aveva scelto uno dei letti vuoti sparsi qua e là, nella casa in collina. Il cane sorvegliava, con l'aria matura di chi sa molto bene come vadano queste cose. Li ho guardati dalla scale, mi sono piaciuti e li ho immortalati, di nascosto, cercando di fermare questo momento perfetto di pensieri semplici, questi giorni di fine scuola, di ritorno fradici dalla festa in piscina, questi ragazzi che crescono e corrono e volano lontano, e che a trovarli la domenica mattina sul mio divano, mi ha riempito l'anima di una tenerezza che non so, di una specie di privilegio, di un magone che sorride.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...