17 gennaio, 2007

Ode al ferro da stiro.


Oh, è raccapricciante lo so. Da me, poi. Una lode al ferro da stiro, l'oggetto forse più odiato dalle casalinghe più o meno disperate, dalle costrette alla vita domestica, dalle italiche massaie, dagli angeli del focolare sù e giù per lo Stivale. Ebbene, raccapriccio o no, io credo che in questi giorni, Lui, debba essere in qualche modo rivalutato, sdoganato, ecco. E vado ad illustrare la mia diabolica quanto inusuale teoria all'uopo concepita. Non ne ho fatto mistero, mi sto occupando medesimamente e personalmente della faccende domestiche, del riordino e del rassetto della mia umile magione. Direi che mi piace, almeno per ora. Mio marito nicchia, sostiene che, tra qualche giorno, sbatterò con forza piatti e stoviglie, e, scavalcando un mucchio di biancheria che attende di essere introdotta con leggiadria e mestiere in lavatrice ove troverebbe degna lavatura, mi avvierò alla porta e non mi vedranno per le ssuccessive 8-10 ore. Ma mi sa che ha torto. Per ora. Oggi, riflettevo sulle sorti umane. Stirando, per l'appunto. E' un lavoro non faticoso. Non implica alcuno sforzo, se non il chinarsi a prendere le cose dal cesto e la leggera pressione sul tastino del vapore. Permette di sciogliere come trecce scomposte i pensieri più arditi e complicati, li concilia, non so come dire. Sei lì, sul collo di una camicia e la tua mente vaga, lontana o vicina non è mica importante, basta lasciarla andare. meglio se con una musica di sottofondo, o un film in bianco e nero, quelli che se anche non li guardi non fa niente, basterà alzare gli occhi ogni tanto e il senso della pellicola non svanirà. Ogni capo, un pensiero a sè stante: gli strofinacci e le lenzuola piane chiamano i pensieri semplici e piacevoli. Le camicie e quelle dannate lenzuola con gli angoli, che lasci e prendi e lasci e prendi, e giri e comunque ben stirati non sono mai, portano invece pensieri contorti, un pò bislacchi, da cacciare subito via o comunque non dar loro troppo peso. Occorre poi un attento studio sugli orpelli da usare. Appretto o acqua profumata, urge una sessione nella corsia dei detersivi per farsi una vera cultura in merito, prendendo appunti, acquistando l'intera gamma di quello Al Profumo Di Vento del Nord, di Primavera Giapponese o di Serata Nella Steppa. Una vera e propria Vestale dell'Asse. Da Stiro, ovvio. Come si dice, necessità fa virtù? Ecco, appunto.

16 gennaio, 2007

Lo sbianco.


Ci sono delle giornate che non sai mai se non vedi l'ora che arrivino o che passino in fretta. Ci sono giornate in cui appena apri gli occhi e realizzi che è proprio quel giorno e che devi fare quella cosa che non vuoi fare, vorresti coprirti la testa col piumone così, da non respirare quasi, e farti sottile, spiaccicarti contro il materasso, farti pesante sul letto, rigida, e ripeterti non mi alzo, non mi alzo, non mi alzo. E poi, improvvisa ti viene un'energia insospettabile, una voglia di fare, di toglierti di mezzo l'impiccio, la preoccupazione e l'ansia subdola che ti accompagna da qualche giorno in qua, anche se non le hai dato ascolto, sei stata "brava a tenerla brava", quieta e zitta in un angolino del cuore, come in castigo. Ma lei era lì. E ti ha fatto pulire la casa da cima a fondo, cucinare per un plotone, telefonare a destra e a manca per fissare appuntamenti, una visita, per cominciare, e un esame del sangue, per finire. Già, perchè c'è una cosa che ti scava nello stomaco e nella testa, come un piccolo scalpello appuntito, creandoti un dolore sibilante e continuo: ed è quando uno dei tuoi figli ti dice Mamma Non Sto Bene. Come non stai bene, figlio. Ti ho fatto tutto in ordine, a posto, hai diciassette anni e sei di una bellezza che inquieta, come non stai bene, non puoi non stare bene tu, che giochi a pallone e corri e salti e hai un'allegria che contagia e a volte strema, tu che ascolti la musica a manetta ed è tutto uno zunt! zunt! zunt! che fa andar fuori di testa anche chi passa per caso da camera tua. Mamma Non Sto Bene, ed è un mesetto che non sta, che sta così, che è stanco e non ne ha voglia, che a volte non ha fame e troppo caldo o troppo freddo. Bene, in questi casi, alla pagina 539 del Manuale Del Perfetto Genitore, c'è scritto Fare Accertamenti. Così, si va. Con il cuore ridotto a un gomitolo sghembo, lo stomaco sigillato, come di pongo, una specie di tremore non palesato, Mica Posso Farmi Vedere Preoccupata. E invece la sono, porca miseria, la sono da morire, ostento una tranquillità che mi fa paura, sorrido molto, respiro molto, di quei respiri che conosco bene, di quelli lunghissimi che ti fa fare il dottore quando hai la bronchite. Allora, si va. Stamattina niente scuola, ma è una vacanza che non piace a nessuno dei due. In fondo, sono io l'incaricata della salute, in famiglia. Io che distribuisco vitamine e sciroppi, antibiotici e goccine, dove necessitano.Mio marito si chiama fuori. Ma stamattina, sulla porta, nemmeno lui era tanto normale e si vedeva da lontano, aveva quel passo a scatti che gli riconosco quando c'è qualcosa che non va. Fatte la analisi, dalla mia Amica Dottoressa, che gli ha fatto un prelievo come una carezza, ridendo delle sue scarpe di due colori diversi e di quel suo piercing in quella parte d'orecchio che non è il lobo e che per questo mi sa che fa un male orbo. Ma lui era teso. Mi ha rivolto quei suoi occhi da Bambi, quel suo viso angiolesco e quel piccolo broncio. Mi parla con quegli occhi, che sono i miei, il suo cuore tocca il mio, senza parlare, senza bisogno di dire. E so esattamente che cosa prova adesso, così bene che lo potrei disegnare, o farci un film. Che cosa sorregge un genitore quando non sa bene se suo figlio sta bene oppure no, che cosa lo fa respirare e deglutire, camminare e muoversi, se è lì ad aspettare. Aspetteremo poche ore,per fortuna. Anche dall'Amico Medico, una visita minuziosa, una lastra. Poi, in tarda mattinata, la telefonata dal laboratorio. E' tutto a posto, a postissimo, proprio tutto. Solo il valore del ferro, dovrà prendere quei botticini che sanno di chiodi che prendevo quando aspettavo, lui e i suoi fratelli. Fine dell'avventura. Hai Visto, Te L'Avevo Detto. E adesso, qui. Qui, come se mi avessero preso a botte, a manganellate sulla testa, lui, sereno e io spossata, come se avessi scaricato un camion di arance, come se non avessi dormito per settimane. I figli non crescono, sono fragili e cristallini anche da grandi, alti due metri e con un accenno di barba. I figli sono crochi nella neve, stelle lucenti di sabbia e di brina, micini con gli occhi chiusi, fili di seta anche se sembrano di acciaio. I miei figli sono la parte di me che avvolgerei, che terrei sempre al caldo, che difenderei sempre anche dal raffreddore, dai ragni, dall'umidità e dalle cattiverie. E dalla paura. Con la loro cancello la mia, per un pò, e mi sento forte e inattaccabile, per poi trovarmi, come ora, totalmente svuotata, felice e stravolta. Eppure, dovrei esserci abituata, a sbianchi del genere. Mi sa che dovrò applicarmi, forse non ho studiata abbastanza e perciò dovrò ripassarmi quel Manuale. Ma forse, a pagina mille non sarò neppure a metà.

15 gennaio, 2007

Coraggio.


Tutto daccapo. So bene che non è un problema serio, certo che lo so. Però, per me, è una vera necessità. Il fatto di avere un aiuto in casa non consiste nell'opportunità di stare lì, libera e bella, a darmi lo smalto e fare zapping sbadigliando in vestaglia e pantofole, magari coi bigodini (orrore, non li ho mai messi in vita mia, ecco la sesta cosa che di me non si sa). Ma mi permetterebbe di andare, infinita libidine, a lavorare. Ma si vede che in questo periodo, gli astri mi sono contro e così, anche Svetlana, la spia che venne dal freddo, fisico da top e fanciulla poco incline a lavare pavimenti e preparare pastasciutte, mi ha dato il benservito, ieri sera, dopo una sola settimana di lavoro, col suo bell'accento russo che ti aspetti da un momento all'altro che ti dica Ti spiezzo in due, come in Rocky NonRicordoCheNumero. E così, bonjour, sono la Schiava Isaura, qui per spazzare, spolverare, aspirare, sbattere, lavare, stendere, lucidare e riordinare. Non che non mi piaccia. Beh, sinceramente c'è di meglio, ma non posso mica lasciare la mia casina in balia di acari e polvere e disordine cosmico? E' solo una questione di organizzazione. Un grazioso cestino provenzale contiene tutti i prodotti e gli strofinacci che occorrono. Un bel jeans e una T-shirt, meglio se a maniche corte. Capelli raccolti con un mollettone con gli strass, un velo di fard e una passata di gloss, signora mia, metta che càpiti così, a sorpresa, mio marito a farmi un salutino, mica posso avere un look stile Mrs. Doubtfire? Tirerò a lucido questa mia magione, almeno fino a quando non troverò un'altra ancella. Già, ma quando? Nel frattempo, c'è la spesa da fare, e portare il cane dal veterinario e due/tre telefonate di lavoro che proprio non possono aspettare. Ce la farò. Ho un Cd di Giovanni Allevi che mi rimette in pace col mondo, un sms del liceale che mi informa che ha preso 7 in matematica e fuori, oggi, non c'è nemmeno la nebbia. Coraggio, sarà una passeggiata. I sogni son desideri. Chi lo diceva?

13 gennaio, 2007

5 cose che non si sanno di me...


Non so mica se mi conviene. Ma, come si suole, colgo la palla lanciata da Cabiria, e partecipo con massimo entusiasmo a un altro di questi graziosi giochini in cui ci si imbatte ogni tanto...
E il fatto che l'invito mi sia stato inviato da Perec, aggiunge un che di divertente ed intrigante a tutta la vicenda, perciò, voilà.
Ecco le cinque cose cinque di me che, forse, era meglio non si sapessero tanto in giro.
1) Ho un passato da alcolista. A 9 anni, golosissima di cioccolato, ho sgraffignato di nascosto dal mobile della sala, quello con sopra la tv in bianco e nero senza telecomando, con il primo, il secondo e la Svizzera, una scatola di cioccolatini Mon Cheri alla ciliegia. Col liquore, ovvio. Ne ho mangiati una decina. Dopodichè, ho iniziato a dire frasi sconnesse, a scoppiare in risate fragorose e senza motivo e a parlare come Don Lurio. Mia madre, seriamente preoccupata, sospettava un improbabile attacco di meningite, ma, avendo scoperto le cartine rosa metallizzato tra i cuscini del divano, ha compreso. E giù di Citrosodina. Inutile dire che mi sono addormentata di schianto sul divano suddetto, e al mio risveglio sono stata sgridata per benino, con il divieto di raggiungere i miei amichetti in cortile per giorni due. Ed ora mi vedo costretta ad ammettere con orgoglio e vergogna che quella è stata l'unica volta in vita mia che mi sono ubriacata. I miei figli non ci credono e intuisco il motivo. Ma come si fa ad avere una madre che si è ubriacata coi MonChèri? Meglio rimuovere. E fare finta di niente..
2) Leggo i quotidiani al contrario. Cioè, non proprio. Leggo la prima pagina, poi li metto al contrario e inizio da lì. Spettacoli, locale, sport, fino alla pagina della politica, saltando la Borsa, della quale non me ne importa una beata. E non sopporto che nessuno lo legga prima di me, e se lo fa non lo deve stropicciare. E non tollero che chi lo legge prima di me mi anticipi le notizie. E detesto che qualcuno mi legga da dietro, sbirciando sulla mia spalla, io seduta e lui/lei in piedi. Son guai seri. E poi, udite, leggo i necrologi. Qualche volta di sfuggita, qualche volta mi ci applico. Ma deve essere un retaggio dell’infanzia trascorsa con mia nonna materna che accoglieva mia madre al ritorno dalla spesa con la frase Chi è Morto? con una punta di sottile soddisfazione nella voce, a dire, beh, finchè lo chiedo, và tutto bene.

3) Non mi piace la frutta lavata. O meglio, la frutta bagnata. Non lavo mai le mele d’inverno e le pesche d’estate. Qualche volta, giusto per non prendere una qualche infezione o rara malattia tropicale, mi inganno da sola: le lavo, le asciugo e le mangio il giorno dopo, fingendo di dimenticarmene. La mia Amica Logopedista direbbe che sono psicotico-ossessivo-compulsiva, ma io, che non so proprio bene che cosa significhi, credo che esageri un pochino, so che mi vuole bene e non faccio altre domande.

4) Ho un rosario nella borsa, che porto sempre con me. E un altro accanto al letto,in una scatolina, regalo di un’Amica Cara. A volte, lo recito sottovoce, un po’ di nascosto, non so. Sono stata militante di Azione Cattolica e catechista e soffro da morire a non poter avvicinarmi a nessun Sacramento, confessione compresa, E neppure fare da madrina di battesimo o testimone di nozze, per espiare la colpa di aver sposato in Municipio un uomo divorziato, e, benché i miei figli siano cresimati e battezzati, essi sono nati fuori dal matrimonio cattolico e quindi Nostra Romana Chiesa di me non sa proprio che farsene. E io ci piango ogni volta.

5) Sono un’ansiosissima e lo sanno anche i sassi. In tempi non sospetti, prima delle Torri Gemelle e quindi una decina di anni fa, mio marito viaggiava spesso in aereo. Dato che per me ogni partenza, sia transoceanica che il tratto campo di calcio- scuola media, è passibile di tamponamenti a catena, voragini improvvise, inondazioni non previste e terremoti di catastrofiche dimensioni, ero usa telefonare all’aeroporto per tranquillizzarmi(ancora non avevo scoperto la valeriana e altre corbellerie). Un giorno, e fu l’ultima volta, chiamai Napoli Capodichino, per avere notizie sul volo dove viaggiava beato e ignaro, il mio sposo. L’omino che mi rispose restò un attimo in silenzio e poi mi disse, con marcato accento partenopeo, “E chevvulìte, signurì, che l’aereo abbia caduto?” Lì per lì non ci avevo pensato, ma credo che l’omino, rientrato a casa, abbia raccontato al desco famigliare che quella mattina una stordita aveva chiamato per sapere se l’aereo Torino Napoli fosse arrivato, e che in giro era pieno di gente bizzarra e che non aveva niente di meglio da fare, e tutta la famiglia ha convenuto con lui che in effetti quella lì doveva essere parecchio strana. Se lo facessi ora avrei già la Polizia alle calcagna, mi sa.

Di me non si sa molto altro. Ma dato che questo Meme si accontenta solo di 5 cose, direi che mi è andata di lusso. E a voi, anche.
E la mia palla, a spicchi viola, la lancio con grazia a Sigrid, Ruben e Daniela.
Vediamo un pò.

Quando le sorprese.


Arrivano così, inaspettate, altrimenti avrebbero un altro nome. In realtà io sapevo che Gourmet aveva in serbo per me un pacchettino, ma, per l'appunto,mi aspettavo un pacchettino, una cosa da infilare in borsa, ringraziando felice, che so, un barattolino di marmellata, un vasetto di sale o di conserva. Ebbene, è arrivato tutto insieme. Sel de Guerande, Lenticchie blasonate, spezie per la tajine, composta di peperoni e di ananas, riso carnaroli di nobilerrima provenienza, insomma, un trionfo di leccornie, molte fatte da lei, ed elegantemente accomodate in un vassoio di cartapesta home made che ha già trovato una sua collocazione nel salone di casa mia. La meraviglia. Anche io, c'è da dirlo, avevo il mio bel pacchettino, che aveva passato tutte le vacanze di Natale sotto il mio albero zen, in attesa di giungere alla legittima proprietaria. Ora, i rispettivi pensieri sono a dimora. Speriamo di poter ripetere spesso l'esperimento, di ricambiare questo invito a pranzo graditissimo, nonostante la dieta ferrea che mi ha fatto guardare sospirando il dolce di nocciola e cioccolato che lo chef del Cubico proponeva. Ma va bene. Conserverò gelosamente anche il libriccino di lasagne e torte salate. E, già che ci sono, occulto la tavoletta di cioccolato alla cannella. Con le iene che mi girano per casa, qui, niente è al sicuro.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...