12 febbraio, 2008

Sogni.


Che strana sensazione addormentarsi di schianto sul divano, davanti al film, chissà cosa direbbe Baricco, se lo sapesse mai, magari, la prossima volta, nemmeno mi fa entrare alla sua scuola. La Princi e il gatto acciambellati alla rinfusa vicino a me, che non so bene dove finisce la Princi e inizia il gatto, è solo una questione di pelo, in fondo. Il mio sposo mi guarda, devo essere stata di una compagnia esilarante, lui il film l'ha visto tutto eccome, me lo racconterà, sottovoce mentre saliamo le scale, anche se sa benissimo che non ascolto, che cammino e sembro sveglia ma ho un passo da astronauta e cerco di sforzarmi per non svegliarmi del tutto. Non ci riuscirò, non ci si riesce mai, si arriva a letto e si è freschi come rose, nonostante siano le due passate. Un giro dai figlioli, prima, a vedere se sono ben coperti, come se avessero ancora tre anni e il paracolpi nel lettino. Si assomigliano sempre di più, questi due: gli stessi occhi da Bambi, lo stesso broncio irresistibile, gli stessi riccioli scomposti. Dormono. Di quel sonno sereno che hanno i figli quando li guardi, ho sempre amato guardare i miei figli dormire, dormono, uno di traverso nel suo letto, l'altro compostissimo nel letto più in là. Darei qualsiasi cosa per sapere cosa vedono adesso, dove sono i loro pensieri svolazzanti, le loro risate, le loro parolacce, anche. Che sogni sognano i miei figli grandi, che cosa sperano che succederà domani, che cosa e chi balla adesso dentro di loro. Guardo e non vedo. Raccolgo un cuscino e lo adagio piano sotto una testa, un bacio leggero, di quelli che si fanno per non svegliare ma che si sentono così bene, anche se dormi e ti fanno dormire di un sonno compiaciuto, tranquillo, al sicuro. Sentiranno il bene di questa notte, che è un bene nuovo e sempre diverso, il bene della notte, che ha complice il silenzio così diverso dal bene frenetico del giorno, il bene cambia, col buio e con la luce, a tre anni e a sedici, cresce insieme a loro, smisurato e grandissimo, un bene da gridare e da sussurrare, da dire in filastrocca o da far sentire con uno sguardo, un abbraccio, lo senti, figlio? sono qui, un bene che avvolge in segreto, in una notte di quasi primavera, c'è una luna dispettosa che si vede dalla finestra, e una mamma senza sonno che vede passare i loro sogni proprio lì sotto i loro occhi chiusi.

11 febbraio, 2008

Pink Therapy.

Alla domanda Potevo Esimermi? si levò un coro unanime: Ma certo Che No. E no, infatti, che non mi esimetti affatto dallo scellerato acquisto. Non è un giocattolo ma lo sembra, non è vero? Esso consiste in un tostapane. Rosa shocking, che da qualche ora fa bella mostra di sè sul ripiano della mia cucina. E' stato amore a prima vista, e per la modica cifra di euro tredici, meno di una messimpiega, me lo sono portato a casa dal supermercato Lidl proprio accanto al campo di calcio. Così, un lunedì soleggiato certo ma senza nessun tipo di elettricità e/o entusiasmo e/o qualsivoglia voglia, ecco che è stato subito tutto un altro andare. In casa è stato accolto con vari tipi di esclamazioni: mugolii, Che Roba E'? L'hai Fregato a Platinette, Che Meraviglia Mami, Ci Mancava Solo Questo. E non si fa nemmeno uno sforzo a capire da quali dolci boccucce siano uscite, nell'ordine, siffatte frasi. Ma niente ci fa. Questo aggeggio panciuto e rosa nauseante, con la sua linea retrò e i suoi 3 spazi 3 per il pane tostato, mi mette allegria. Mi ci vuole. Vero è ben che non si riemerge da uno stato di indolenza emotiva mista a un vago senso di smarrimento e disperazione con il solo aiuto di uno sciocco tostapane, però, caso mai la cosa funzionasse, la potrei brevettare. A buon mercato, in fondo è un elettrodomestico utile alle merende di questa casa, di un colore primaverile, allegro e versatile, anni 50, molto cool. Ma sì, diamoci un contegno, in fondo ci serviva proprio: a capire come stanno le cose, a prenderle per il verso giusto e a vederle, correggimi se sbaglio, un pò più rosee. Domani a colazione, nella mia cucina, grande inaugurazione dell'aggeggio. Special Guest: Platinette. Per forza, glielo devo.

08 febbraio, 2008

A world apart.

Il mio. Il mondo che vivo ogni giorno, il mondo che ho costruito, incollato, messo insieme. Il mondo che difendo, che proteggo, che circondo di filo spinato, bastasse quello per tenere lontano i guai, le tristezze, i pensieri che fanno male, i magoni, quei vuoti nello stomaco, quei momenti che hai così paura che quasi batti i denti, eppure non fa mica freddo. Il mio mondo è questo qua, è fatto di cose piccole e di cose giganti, di cose che controllo e di cose che invece no, di grandi entusiasmi e di grandi, grandi, grandissime perdite di fiducia, di speranza, anche, a dirmi, ma come è possibile, ho così faticato per arrivare fino qua e adesso invece. Un mondo di lustrini e di sassi appuntiti, di perline e fichi d'India, di velluto e di carta vetrata, quella spessa, però. Mi piacciono, le mie amiche della scuola, quelle con cui si sibila al mattino una battuta innocente, e poi si ride come sceme, come se a entrare a scuola fossimo un pò anche noi, che bello, forse nessuna di noi ha perso la parte ragazza di noi appunto, il gioco, una goccia di sana insolenza, sfacciataggine, magari e le bambine prima di entrare ridono come noi e con noi, anche se non capiscono, per forza, e fa bene anche a loro, mi pare. Mi piacciono, le mie amiche dello knit, quelle storiche e quelle nuovissime, mi piace che si stia lì anche a fare niente, ho tanto da imparare da ognuna di loro e mica di lana e di punti, quella in fondo è solo una scusa, è una specie di regalo che ci facciamo e allora grazie, grazie, grazie davvero di esserci state ieri. Come sempre del resto. La mia casa e tutto quello che ci sta, e tutti quelli che ci stanno, loro che sono il mio giardino, il mio sogno di sempre, il mio progetto più ambizioso e meglio riuscito, tutto il mio cuore e la mia anima e tutto il resto, se ci fosse un resto, sarebbero anche quello. Il mio mondo è questo qua, è un grafico impazzito di dolcezze e di malinconie, di risate e di singhiozzi, panna montata e acido muriatico, lingotti d'oro e mattoni sbrecciati, pesci rossi e squali bianchi, acqua di sorgente e pozzanghera. Saprò difenderlo, curarlo, strapparne le erbacce, innaffiarlo e coccolarlo, accarezzarlo, scuoterlo quando bisogna, gridare o stare in silenzio, dire la mia, quando serve, farci un muro di cinta o aprire il ponte levatoio, bisbigliare o cantare, esserci o scappare.

07 febbraio, 2008

Just a bit of knit.


Sì, ne abbiamo voglia. Forse non proprio di knittare coperte da Groenlandia come questa, a grandissima richiesta immortalata in camera dei figlioli, quella coi ferri da mille, per gli inverni più freddi, per le sere più da coccole a guardare la tv, quella delle domeniche mattina che si scende infreddoliti e si sta lì. Nossignora, si ha voglia di cotonine leggere, di zuccottini per il sole a picco sulla spiaggia, di bikini, come, di già? di borsine colorate, che il tricot negli accessori è troppo avanti, signora cara, lo sa anche Ferragamo, si metta in pari, signora bella, si aggiorni un pochino, si faccia una bella sporta per la spesa tutta liscia, perchè no, o coi fiorellini, magari, che le borse di plastica sono così volgari, e bruttissime da vedersi al braccio di una signora e allora venga, venga a knittare con noi, c'è pure la canzone, di idee ne abbiamo a tonnellate, di cotone, pure lui medesimo, è quello della Filatura di Crosa, con dei colori da ghiacciolo che c'è da perderci la testa. Noi lì siamo. E se proprio non ha niente da knittare, passi lo stesso. Stesso posto, stessa ora. Stessa spiaggia, stesso mare. Mare? Appunto.
Knit Cafè
Oggi, dalle 15 più o meno e fino alle 19
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria

06 febbraio, 2008

Povero micio!


Immortalarlo non è stato quel che si dice un gioco da ragazzi. Non è che gli piaccia tanto questo coso che gli hanno messo. E ha ragione, povero micetto. Ma insomma, anche lui, proprio non è un esempio di rettitudine. Un gatto dissoluto. Vizioso. Un micio un pò vagabondo, sempre a pensare a una sola cosa. E pensare che ce l'avevano spacciata per femmina. Nel giardino di fianco al nostro, però, deve aver fatto un brutto incontro e ce lo siamo visti ritornare, due giorni fa, pesto come il pangrattato, sanguinante come un gladiatore, mogio mogio. Ferito e febbricitante. Per ovviare a questa infezione in atto , il nosto Illustre Veterinario o meglio, un'equipe di Illustri Veterinari, dopo un lungo consulto, ha deciso per l'intervento. E non solo per suturare. Quanto per togliergli ogni velleità di sesso sfrenato con le gattine di tutto il circondario, il fargli capire che era ora sì che mettesse la testa a partito, che va bene farsi una fidanzata o due, ma che al mondo ci sono anche altre soddisfazioni, le grattatine sulla pancia, giocare coi gomitoli lungo le scale, bere il latte col Nesquik avanzato dalla Princi. Non vuole sentire ragioni. In realtà è ancora un pò storneggiato e gli altri animali della casa lo guardano un pò come guarderebbero un topo gigante, il mio Sposo ha speso una fortuna in bocconcini per gatti preparati da Vissani con le sue sante mani, e i ragazzi si danno il turno per coccolarlo e tranquillizzarlo. Ma la vera coincidenza di tutta questa faccenda è che il collare Elisabetta che gli hanno apposto per impedire che si tolga la sutura è di un bel color lavanda e coi miei divani e i miei cuscini ci sta che è un amore. Magra consolazione, mi viene dal cuore, soprattutto perchè, aiutatemi a dire, mi dispiace così tanto per il piccolo Philadelphia, ma, accidenti, fra antibiotici e medicazioni e disinfetta di qui e di là e stai attenta che non esca, beh, ci mancava solo il gatto.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...