22 febbraio, 2011

Mattine così.

Le mattine non sono mica tutte uguali. Per forza. Ci sono quelle mattine frizzanti, piene di promesse e di cose, anche da fare, un sacco, ma che si vivono così bene, così leggere, che basta un niente a far di loro una meraviglia, si guarda il pratino, il cielo, si rastrellano belle sensazioni, tanto da farne un piccolo mucchietto e conservarlo, compattarlo come si fa con la sabbia sulla spiaggia, quando chiacchieri in riva al mare, ci hai mai pensato, si fanno piccoli buchi  poi si ricoprono e poi si cercano i bastoncini tutto intorno e si fanno un sacco di ghirigori, si scrive qualcosa che poi il mare tra un minuto avrà cuore di cancellare, e tu da capo, mentre ascolti, mentre parli, e che bella sensazione parlare con qualcuno in riva al mare, nessuno ascolta tranne lui, le onde piccoline, la schiuma.  Ci sono mattine invece che rastrelli e rastrelli e non trovi un bel niente, e pensi e pensi e ti ci fondi il cervello a pensare e ripensare e a preoccuparti e tutto ti sembra gigante, perfino la febbriciattola della Princi e la sua tosse, ma quante Tachipirine ho somministrato mai, e quante febbri a 40 e quante guance roventi e occhietti pesti, e dovrei avere imparato benissimo, dovrei tenere lezioni di come si fa, e invece oggi no, oggi mi sembra tutto così difficile e insormontabile e impossibile e lontano, a seconda dei casi, delle situazioni, delle mille vicende che si ammucchiano, uno dopo l'altra, una sopra l'altra. Ci vorrebbe un tuono, uno schiaffo, un'esplosione che mi squassi, che faccia a pezzettini questo stare, che diradi quest'ombra che mi sento intorno e addosso e dentro, anche, come un peso, come uno squarcio, come un sonno mai pago, come un'ansia mai completamente sparita, completamente svanita, vinta, così. Le mattine come questa fanno di me un essere strano, in bilico tra quella che sono e  quella che mi sento, ed entrambe le Quelle litigano con quella che vorrei essere, con quella che sa che non c'è motivo per sentirsi così, con quella che l'unica cosa che vorrebbe davvero, adesso, in questo istante, sarebbe un'onda delicata e senza schiuma, che appiattisse con un gesto un mucchietto di sabbia, cancellasse i fiorellini disegnati sulla riva, e che il mare ascoltasse quello che dico, a chiacchierare fitto, perchè il mare, si sa, ascolta ogni cosa, custodisce segreti e pensieri, cancella e guarisce.

21 febbraio, 2011

Si pensa al sole.



Mi si parli sottovoce, con grazia, mi si chieda Scusa e Per Favore, non mi si chiedano discorsi impegnativi, nè impegnativi programmi, mi si lasci stare bella scialla, così si dice da queste parti. Mi si lasci il tempo di svegliarmi bene, che non so come e non so perchè ho sempre un sonno, ma un sonno, non che sia stanca, no, ho proprio solo sonno e non posso nemmeno accampare la scusa E' La Primavera, ma quale, qui fuori sembra novembre inoltrato, mancano solo i crisantemi e le caldarroste, ma poi, le caldarroste a novembre ci sono, mah, non so. La settimana inizia, e sono così rapidi i giorni che tra non molto ci si ritroverà in capri-pants e sandalini, e il maglioncino di cotone infilato in borsa, e colori, colori, colori a manciate. E' su questo che farnetico, sul sole e sul caldo e sull'andare in giro in bici e sui fiori e sui profumi di limone e di vaniglia. Perciò mi si parli con calma, mi si racconti cose deliziose e deliziose soltanto, che di cose da fare ne ho tonnellate e concentrata son su tutta una serie di vicende, il Camp, per esempio, che bella festa sarà, che per l'occasione ho anche imparato a cucire, ma non a cucire i bottoni che quello lo san fare proprio tutti, a cucire con la macchina da cucire, quella che ci perdi il senno se vai storto e basta un niente perchè salti tutto e si strappi il filo, e faccia un pasticcio e allora sì che ti viene voglia di prendere la macchina da cucire e buttarla giù dalla finestra, ma rovineresti le rose di sotto, e allora meglio di no. Ieri infatti, lezione di cucito in un'altra Casa in Collina, quella a me appiccicata, che solo la Santa Pazienza dell'Ingegnera mia vicina ha potuto tanto e sono tornata a casa trionfante con il mio lavoretto fatto in due ore, è la prima cosa che faccio che non sia sghemba e storta e orrida a vedersi.  Quinci e quindi, ieri giornata impegnativa, che imparare non è uno scherzo, e poi avevamo il suo compleanno da festeggiare con menu a richiesta, che la tavola non si è sparecchiata mai, alla fine. Così, col cervello infarcito di cose e progetti e desiderata e to do list e wish list e tutta una serie di list da manicomio, mi accingo a iniziare un'altra bella settimana di cose e di cose. Quassù non ci fa mancare un bel nulla, la Princi febbricita e tossisce, ci sono pile di cose stirate da ritirare negli armadi corrispondenti, qualche piccolissimo pensiero si affaccia ogni tanto nel cervello, a farcirlo vieppiù, ma noi si scansa con eleganza, noi non ci si farà prendere, noi non ci si farà agguantare e mettere con le spalle al muro, noi si resiste, si pensa al caldo, si pensa al bello, si pensa al sole.

19 febbraio, 2011

Poesia e prosa.


Stamattina, alla lavagna della cucina, qualcuno aveva lasciato un segno di rara bellezza, di grande leggiadria, di impagabile tenerezza.
Nessuno poteva sapere che, poche ore prima, qualche altra mano, maschile, c'è da giurarci, aveva appiccicato un post-it sull'interruttore delle scale.


Storie di ordinaria semplicità, di opposti modi di comunicare, lassù, nella Casa in Collina. Son cose.

18 febbraio, 2011

Almeno, ci provo.

Nessuna voglia di fare quello che devo fare e mi sa che mi impegnerà buona parte del fine settimana, sciagurata me. Devo dire che un pò è anche colpa mia, ho nascosto, chiuso armadi, sotterrato, sono sfuggita, mi sono nascosta, passavo rasente il muro, strisciando sui gomiti, con l'elmetto, pur di non vedere. E invece, voilà. Oggi mi sono resa conto che devo. Devo farlo. Perchè la questione diventa più ingestibile, sempre più ingombrante e hai voglia a far finta di nulla, far finta di nulla non lo si può mica fare in eterno, così. Così, ci provo. A stirare, e mi fa orrore anche solo la parola. Stirare, non è un bel verbo, ha troppe r, è troppo corto, non mi piace. Preferisco Lavare i Vetri, che è più completo, oppure Lavare i Piatti, che è più musicale. Stirare no. Eppure devo, mormorò Ella con un fil di voce, devo assolutamente prima che la montagna della cameretta prenda vita e mi venga a soffocare mentre riposo beata nel mio umile giaciglio. Devo, dacchè la Signora che Stira s'è data alla macchia, e ci credo benissimo, chi glielo fa fare alla ScS di occuparsi giornalmente di un numero variabile fra le 4 e le 6 camicie, di un numero imprecisato di magliette, di delirare nel mettere insieme calze di ogni foggia e colore, quando non si decide lassù nella casa in collina di cambiare tutti le lenzuola, e allora sì, c'è un gran divertimento.  La ScS Così, lo faccio io. Mi piazzo davanti a un film e via, avanti coi carri, spruzzo e stiro, stiro e spruzzo, fino a ricadere, stremata e rincitrullita, attività celebrale azzerata, sul divano e mormorare sommessa, Abbasta, Abbasta, Abbiate Pietà. C'è un solicello tiepido là fuori, si vede benissimo dalla finestra grande della cucina, c'è un bel colore, tutto farei tranne che star qui a stirare e stirare. Un giro in collina, o sul Corso, che ho adocchiato un ultimo saldo di ballerine da perderci il sonno,  ma mentre ci sono, penso in grande. Un bar a Roma, un tavolino a Parigi, nel sole, un macaron e un cafè au lait, una copia di Elle France, un'amica e il niente, il niente assoluto. Meglio che ripassi il mio francese quasi perfetto. En attendant, je vais de fer. Preferivo il tavolino, però.

17 febbraio, 2011

Early Morning.

Mattina presto, interno di una casa qualsivoglia, ubicata dovunque, purchè siano usciti da dieci muniti uno sciame di fanciulli, stamattina uno in più, ospitato ier sera dal Liceale. In realtà i fanciulli erano soltanto tre  uno lo avrebbero raccattato per la strada del villaggio, esattamente all'opposto, noi al mattino si fa il giro e si raccatta chi c'è, per portarlo a scuola. E' un'azione che mi piace e che  sa un pò di antico, quando c'erano i primi piccoli pullman, che si chiamavano, orrendamente, pulmini, facendo il diminutivo italiano di una parola inglese ma si sa, se ne sentono parecchie, plurale di camion cammi, plurale di nailon naili, e altre amenità linguistiche delle quali mi informa spesso il mio Amico Arredatore. Vabbè. Lassù, nella Casa in Collina, tutto sembra procedere per il meglio, se per meglio si intende una soffice quiete, una specie di calma, che calma non è se si considera la tavola da 8 di ieri sera, il tavolo della colazione che potrebbe comparire bello sciallo, all'interno di uno Starbucks, dacchè le tazze son le stesse. Fuori il grigio più grigio, forse non piove, ma sembra che stia per. Dentro una confusione cosmica, si paga il fatto di essersi assentati un giorno intero, e sì che sono grandi ma sembra che non esserci, qui dentro, lasci agli altri abitanti della Casa in Collina licenza di affastellare cose un pò dovunque, giusto un attimo. Nel delirante inizio di mattinata si ha voglia di colori e colori, si pensa sospirando a quando all'ora di colazione si vedrà il sole spuntare piano da dietro il ciliegio fiorito,a quando il caprifoglio farà venir mal di testa dal troppo profumo, alle rose, all'erba nuova. Intanto, ci si organizzerà. Una camicina a fiori spunterà appena dal maglione, qualche accessorio pastello, persino le finestre spalancate, a sfidare la temperatura e a dire, è fine febbraio, non è mica più inverno. Illudersi è poca cosa, innocente, perdipiù, se ti fa iniziare meglio, se ti fa partire meglio, l'aria che arriva da fuori è ferma e fredda, ma non ci si bada. Si cerca di fare di un giorno così un giorno colà, di un giorno qualunque un giorno speciale, di una mattina noiosa una mattina brillante, raccogliendosi i capelli, canticchiando piano e sorridendo molto, anche da sole. Un bell'esercizio di stile, coraggio, provare, che serve davvero, che male non fa.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...