23 aprile, 2012

Non proprio lunedì.

E' un lunedì leggero. Ci si dice, va bene, iniziamo, ma un pò per finta, tanto fra due giorni è di nuovo vacanza e allora non mi freghi, sii pure lunedì se vuoi, che m'importa, dopodomani è ancora domenica, o quasi. E vuol dire, eccome se vuol dire. I ritmi di questa casa sono molto scandite dalle feste, comandate e non, soprattutto per l'andirivieni  di figlioli, di porte chiuse che significano Dormo, e non spalancate su un letto disfatto, su libri affastellati scelti di fretta, di corse per le scale con la felpa a metà, profumo di dentifricio e musi lunghi. Noi qui si vive coi ritmi della scuola, non è mistero. Due giorni e poi ancora vacanza. La casa è già un pò in assetto di festa, a parte l'asse da stiro trasportata in cucina, con grande orrore dell'Illustrissimo, che non ne vuol sapere di stendini, assi da stiro, aspirapolveri lasciate lì un attimo, e, chissà perchè, fili tirati in giardino, di quelli da cui far sventolare le lenzuola, che asciugano in un attimo ma che Lo (maiuscolo) innervosiscono come la parola Fax. Diciamo che non ama il disordine, e in una casa come questa, che il Cielo mi ascolti, è una bella affermazione. Comunque, si va ad iniziare una settimana corta, il tempo è incerto ma nemmeno così brutto, c'è già profumo di fiori e di bello, c'è una brezza leggera che scuote il ciliegio e rinnova lo spettacolo dei petali rosa che cadono sul pratino. Niente o quasi in programma, se non riordinare per bene, ieri sera nemmeno si è sparecchiato come càpita spesso la domenica sera, si ha avuto notizia che il Figlio Ing. riederà alla casa paterna nei prossimi giorni e allora sì che sarà davvero festa grande, noi qui che siamo avanti (!) twittiamo e twittiamo e giusto ieri sera ci siamo detti che sì, è proprio ora di tornare a casa per un pò. Forse pioverà, ho tante cose da fare che non so da quale cominciare, c'è Afef che mi aspetta per un giretto al mercato, prima però darò un senso a questa casa eventuale, ecco, Casa Eventuale mi piace, ci sono ancora le briciole della colazione, accanto al bicchiere di ieri sera, una cosa per volta e con grande calma e sentimento, buon lunedì leggero al mondo intero, a chi passa di qui per sorridere, per una bella abitudine,  per fare un giro nella Casa in Collina,  scommetto che nessuno ha l'asse da stiro in cucina, mi sa che vado a toglierla.

18 aprile, 2012

L'arcobaleno.




No che non era una bella mattina. E l'avevo anche detto, lo avevo scritto qui, come faccio sempre, quando voglio tirare fuori le cose che sento per poi scoprire che sembrano solo le mie, ma che sono di millemila altre persone, a giudicare da quello che mi scrivono. Non era una bella mattina no. 

Poi.

Qualcuno mi ha trovato. Qualcuno che in questi anni avevo cercato tanto, ma della quale avevo perso le tracce.
E' successo tanto tempo fa, credo fosse marzo, 1994. Mi era presa secca col punto croce, avevo ricamato la qualsiasi ai miei allora due allora bambini. Tazze per l'asilo, righelli, perfino il nome sul grembiulino. E lenzuolini, quadretti di Peter Coniglio per la loro camera, perfino La Mamma è Sempre La Mamma, così, per darmi un tono. Avevo imparato da sola ma volevo imparare bene, volevo fare meglio,avevo sentito parlare di lei, era a Varese, mica sulla luna. Così, sono andata a trovarla.
Un negozio dove ti ci perderesti, dove fili, tele strane, cose bellissime ti tengono come in balia, vorresti tutto, il doppio di tutto, è successo con la lana, così  successe per il ricamo.

E' stato un incontro di quelli che si ricordano per sempre, non capita spesso di trovare persone con le quali hai subito un certo tipo di affinità, alle quali racconti tutto quello che sai, non so come dire.
Mi ha insegnato il rovescio perfetto in un'ora scarsa.
Abbiamo chiacchierato per ore.
Mi sarei sposata il giugno successivo, sono uscita dal suo negozio convinta che sarei riuscita a ricamarmi i tempo il vestito, o un grembiule dei suoi, di quelli che inventava lei. Lo conservo ancora, nero, a quadretti, con un imparaticcio ricamato sul davanti.

Ci siamo viste ancora qualche volta. Le persone con le quali hai da subito uno scambio di idee vicine, una vicinanza di pensiero e di sentire, non si dimenticano tanto facilmente. Lo so. Lo so perchè in tante, in questi ultimi giorni, me lo sono venute a dire, lo hanno provato al Camp, ed è stata un'esperienza da raccontare.

Ho insegnato la sua tecnica almeno a una cinquantina di persone, da allora.
Ricamato una serie di cose da riempirci una casa.


Oggi, mi ha trovato.

E sono felice e onoratissima di dire che oggi ho parlato proprio con lei, Rosanna Pagliarini, l'autrice di quel libro introvabile, quella dei grembiuli, quella degli schemi con le papere che andavano così tanto all'epoca, quella che mi ha fatto adorare gli Amish e la loro storia, ecco proprio lei.
E mi batteva il cuore così forte, che nemmeno se mi avesse ritrovata un vecchio fidanzato sarei stata così emozionata e felice, anzi di sicuro.
E che bello quando senti che c'è chi si ricorda di te, che bel regalo, che grande cosa è sapere che qualcosa negli altri, hai lasciato, alla fine.


Ci vedremo presto, ci siamo promesse un pranzo ai primi di maggio, abbiamo già un progetto, detto al volo, così, dentro al telefono, con la stessa energia di sempre.
Sono contenta di avere, adesso sul telefono, sotto la R tra Roberta e la Villani, proprio lei, Rosanna Pagliarini.



Stamattina ho odiato la mattina che era.
Verso sera, dalla mia finestra, brillava un arcobaleno.

Suonano le sette.

Si sentivano le campane stamattina presto, non so bene da quale campanile, qui siamo un pò circondati, ce ne sono almeno tre e poi le campane si sentono da così lontano, non saprei dire. E' un giorno liquido se guardi fuori, promette tanta di quell'acqua come se non fosse piovuto mai, come se tutti non si aspettasse nient'altro dal cielo. Invece proprio no. Si fa fatica. Fatica a fare qualsiasi cosa che non sia stare lì belli e imbalsamati a guardare fuori, a leggere i giornali, a guardare nel vuoto ripassando a mente le cose da fare, dimenticandosi volutamente quelle che ci piacciono di meno, quelle che metti sempre all'ultimo, come quando stiri, che cacci in fondo e cacci in fondo e poi alla fine la dannata camicia, quella che non si stira nemmeno si ci piangi sopra, quella di lino, alla fine arriva anche lei. La mattina di oggi fa fatica a partire, come me, è ombrosa e malinconica come me, è noiosa e angosciante. Come me.  Che vorrei essere diversa e più forte, che non mi piace quando tornando a casa dal giro dei ragazzi a a scuola mi viene il magone a guardare le nuvole bianche laggiù in fondo dopo le colline più lontane, e non so se sarebbe meglio per me silenzio o confusione, se tapparmi le orecchie con la musica più forte e cantarci pur sopra, o se giocare al gioco del silenzio, e stare attenta a non muovere nemmeno un muscolo, nemmeno a respirare, nemmeno a girare gli occhi, immobile, così. La mattina di oggi è una di quelle mattine che mi fanno paura, e anche schifo, perchè so che questo peso non se ne andrà tanto facilmente e che gli occhi pizzicano, pesanti e svogliati, e sembrano biglie di vetro, le stesse che hanno i ragazzi nel bagno blù, un vaso pieno, che a metterci le mani dentro è bello, quella volta che qualcuno le ha rovesciate un pò meno. La mattina di oggi non mi è simpatica, cercherò di ingraziarmela in qualche modo ma io non sono brava a fingere, lo sanno bene le mie Amiche che mi dicono Cos'hai quando ancora stanno entrando dalla porta e nemmeno mi hanno guardato in faccia, a loro basta vedere come sto seduta, o come cammino, o come dico loro Ciao, chissà come fanno, e forse hanno un segreto che non so, e che mi farò dire un giorno o l'altro e adesso mi sa che metterò la musica a mille e la sfiderò questa mattina che non mi piace, e cercherò e farò e disferò, alle mattine così non è che gliela si debba dare vinta, alle mattine come questa si deve fare un marameo, avendone il coraggio, non si deve dare loro troppo peso, tanto, prima o poi, anche le mattine più stronze del mondo, alla fine, finiscono anche loro.

15 aprile, 2012

Glicine bianco.


Quasi ci dimentica che esista, il glicine bianco. Si è troppo abituati a quel suo parente, quello lilla, quello che cresceva e cresceva davanti allo zuccherificio e che poi qualche scellerato ha tirato via, inutilmente. La strada non l'han fatta e lo zuccherificio è ancora lì che cade a pezzi. Il glicine bianco è per me la purezza, più di ogni altra cosa al mondo. Ne ho visto una siepe, nel tardo pomeriggio di oggi, tornando a casa. Tre macchine in fila, a portare a casa scatoloni e gomitoli avanzati, una quantità di corredini da far girare la testa e molto altro. Sono stati due giorni di grande bellezza. Non saprei come altro definirli. Quando metti insieme un'ottantina di donne in un posto sulla collina, dove nemmeno si può uscire perchè piove a scrosci che ti tengono sveglia, quando arrivano da ogni parte d'Italia, quando qualcuna si conosce da una vita e qualcuna invece si vede per la prima volta, assisti a scene che non sapresti raccontare. Ho visto occhi. A squadrarmi e studiarmi, ma come, Mi Avevano Detto Che Eri Così e Lo Sei Davvero. Così come. Occhi a voler capire, occhi felici e umidi, occhi sorpresi, occhi commossi, occhi a brillare di una luce che solo chi c'era può capire. E ho visto mani. Mani a fare e disfare, mani a inventare cose, mani ad insegnare, mani ad eseguire. E ho visto anime. Semplici. Bellissime. E ho visto abbracci, abbracci Che Nemmeno Un Parente, come ha detto Anna. E colori, tanti colori. E sentimenti, diversissimi, come spruzzati nel salone mentre scorrevano le immagini della nostra storia. Ho visto sorrisi così grandi da illuminare la pioggia, sentito risate come in gita scolastica e chiacchiere e racconti e quanta bellezza, quanta armonia, quanta incomparabile generosità, quella del cuore, la più difficile da mettere in pratica. Mi sono sentita così felice e meravigliata e così ripagata e sostenuta da farmi temere che non potesse essere tutto proprio vero. Glicine bianco son le cose del mondo da assaporare piano, che passano in fretta e ti lasciano cose di cui parlerai per mesi, glicine bianco sono le cose rare, le cose belle e profumate che durano poco, abbarbicate a muri scrostati di case abbandonate lungo la strada che scende dalla collina, in una domenica che è piovuto tutto quello che poteva piovere. Glicine bianco sono grappoli di emozioni purissime, l'insieme di tutto quello che ciascuno ha dato a questi due giorni, le cose ciascuno ha dato a me, che è tanto, è molto di più. Per ringraziare come si conviene, avrei strappato cento grappoli da quel pergolato selvatico che ricadeva su un tetto sfondato. Ma il glicine bianco non si fa cogliere da nessuno, rimane lì, intatto e meraviglioso a farsi guardare, a farsi ammirare da lontano, a dire, Son Raro e Prezioso, fiorisco ad aprile e nemmeno la pioggia sfiorisce i miei fiori. A chi come me, stasera, ha nel cuore la purezza, il profumo, la bellezza del glicine bianco.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...