15 giugno, 2013

La Filosofia dell' Aspro Ribes.

Come ogni estate, lassù, nella casa in collina, ecco spuntare il ribes.
La Raccolta del Ribes, descritta qui, segna senza ombra di dubbio l'inizio di un nuovo periodo, di nuovi giorni tranquilli e senza grandi orari, senza grandissimi impegni, se non quelli piacevoli, ai quali, accidenti, oggi si deve giocoforza rinunciare, come il decennale di UnFiloDi, al quale tenevo molto ma che alla fine non si può e allora smetti di frignare, fine.

Quest'anno, il ribes della siepe è esploso in tutta la sua magnificenza regale, i rami piegati dal carico di tante gemme preziose, piccoli globi trasparenti e perfetti, incantevoli nel loro rosso rubino. Abbiamo dovuto metterci un nastrino, per dargli una mano a sorreggere tanta meraviglia.
Stamattina, ne ho trovato un mini grappolo accanto alla tazza della colazione, gesto amorevole del mio Illustrissimo Sposo, che sa da quanti giorni sorvegli non vista la siepe di fuori, e che non mi sono persa neppure un passaggio, dal verde deciso, al rosa, al rosso chiaro.
Ieri, la maturazione, complice il sole forte, il caldo, le giornate belle.

Il ribes è uno strano frutto, è così bello da vedere, fa capolino tra foglie che sembrano piccole foglie di vite, rami riccioluti e abbarbicati alla siepe del bosso, lo abbiamo piantato distrattamente anni fa, ignorato per un pò e adesso guardalo, splendido nel suo bel rosso.

Il ribes costa una sassata, ben disteso nelle vaschette blu dell'Esselunga e  sono fiera di averne una siepe tutta per me, da guardare quando voglio, da mangiare senza nemmeno lavarlo direttamente dalla siepe, e qualche volta senza nemmeno dividerlo acino per acino, dal grappolo, così.

Il Ribes insegna.
A capire di più. A concentrarsi più sulla  bellezza che sull'aspro dei suoi frutti.
A goderne della sua vista, più che della sua quantità, l'idea era di farne una marmellatina, ma forse non ce n'è abbastanza, forse un vasetto, forse meno.
Il Ribes è bello da guardare, e se ad un primo assaggio può sembrare aspro e nemico, sarà al secondo acino, e poi al terzo, al quinto, al millesimo, che ci si abituerà al suo gusto vivace e inusuale, apprezzando quel retrogusto di vaniglia, inaspettato, perlopiù.

Sarà un'estate perfetta, la mia, finchè troverò grappolini di ribes accanto alla mia tazza della colazione.

10 giugno, 2013

Giugno a stento.

Sarà l'aria ferma, il sole nascosto, il niente.
Che giugno è questo mai.
giugno è Vespa, è borse di vimini, è correre agli argini. Giugno è ciliegie nell'Albero Grande del Prato Grande, è grano quasi giallo, è profumo di tutto, di quasi tutto, quest'anno all'infinita lista dei profumi, al basilico, ai fiori, al pulito, si depenna quello del mare, della sabbia, i profumi che hanno certi porti della Grecia, l'odore del maestrale, si tira una riga sopra, zero.
Giugno a stento per gli ultimi giorni di scuola, il tiglio nemmeno, il profumo dico, i quaderni finiti, la sveglia muta.
Ma di tutto questo ancora nulla, non la voglia di correre agli argini, ancora troppa pioggia e pozzanghere e fango, e zero ciliegie e nemmeno il cestino, la Vespa poi.

Confusa, confuse le parole i pensieri le cose, confusi i progetti, confuse le idee, una stanchezza insolita, io che stanca non la sono mai, ma mai, ma proprio mai, che nemmeno la parola mi piace, è una parola triste, lo senti che suono che fa? stanca, non ha colore, non ha carattere, non ha doppie.
Confusa sì, che raccoglierei tutto quello che mi passa e lo scriverei qui, lascerei andare tutto quello che voglio, senza punti o virgole e nemmeno la maiuscole, già che ci sono, giugno a stento,senza ciliegie e senza grano  ma a stento sono anche io, come sospesa, come sollevata, non saprei, come appesa da qualche parte, ma non a volare, solo a guardare giù.

Giugno a stento, c'è aria di inizio e di fine, di cambiamenti epocali e di nessunissimo conto, dipende da che parte li guardi.
Il mio giugno ancora non lo so, non lo conosco, piacere, mi chiamo Laura e tu sei il mio giugno, ne compro uno, ne voglio uno bello come i miei giugni soliti, è il mese più bello per me, più di maggio, più di tutti.
Scelgo un giugno semplice, questo qui col fiocco lilla, un giugno pieno di cose belle, di silenzio, di pace, scelgo un giugno senza menate, con un cestino di vimini al posto della borsa, con i giri in bici e le corse agli argini, i bar coi tavolini fuori, le mie amiche,  voglio un giugno  coi suoi colori, che sia buono con me, voglio un giugno di quelli dolci, quelli che cogli il ribes, quelli che leggi in giardino e senti le api, quelli che non ci sono orari, che si apparecchia in terrazza e si fanno feste quasi ogni sera, invitati noi e pochi altri, voglio un giugno calmo, dimenticarmi di tanto, nascondere l'inverno e i pensieri e i magoni sotto la siepe e lì dimenticarmeli, i fiori del plumbago nuovissimo faranno la guardia e non li faranno scappare più, un giugno di quelli belli, normali e accecanti di sole e di storie e  di musica, un giugno purchessia, qualsiasi cosa, tutto fuorchè a stento.

Grazie, Pietro, per avermi suggerito un titolo così bello.

05 giugno, 2013

Il respiro delle case.


Ci sono sere che non dormi.
Sere che a tenerti sveglia è forse il profumo del caprifoglio esploso con le rose in tutta la sua bellezza e romanticheria, il caprifoglio romantico lo è sul serio, corteggia le rose dell'aiuola e fonde il suo profumo con il loro, tanto che non capisci più se è profumo di rose, caprifoglio o chissà.
Sere che a tenerti sveglia è il silenzio, la casa che dorme e respira piano, in armonia coi suoi abitanti.
Le case respirano, lo sanno tutti. vivono in sintonia con le persone che occupano le loro stanze, quelle che chiacchierano in cucina, che guardano film dell'orrore con le mani sugli occhi tutto il tempo, che si addormentano secche sul divano con un cane vicinissimo a far la guardia, che si attardano sul terrazzo di sera , scuotendo la tovaglia nel pratino, che scendono le scale di corsa avvolte in profumo di vaniglia i capelli ancora umidi di doccia, i libri in mano, qualche volta uno skateboard, con la maglia dei Celtics, con la camicia delle occasioni, con i jeans strappati, lo zaino strapieno, con le gonne corte, i quaderni per finire i compiti in giardino, col gatto in braccio, con fidanzate al seguito, con cesti di biancheria da sistemare, con chiavi inglesi per aggiustare il rubinetto, e ancora e ancora.

Le case respirano silenziose a notte fonda, quando tutti dormono persi nei loro sogni più belli, e tu che sei sveglia e guardi fuori respiri insieme a lei e forse nemmeno ti dispiace di non aver sonno, la notte porta con sè sentimenti e sensazioni che di giorno non si vivono e allora qualche volta stare svegli per un pò non è poi così male.

Il respiro della mia casa questa notte era un respiro tranquillo, stremata dall'andirivieni degli operai sul tetto che hanno finito il loro lavoro alle dieci di sera, la mia casa si è addormentata e per una volta sono stata io a vegliare su di lei.
Custodisce quello che ho di più caro al mondo, le case di ognuno sono piccoli paradisi inviolabili, fatti dalle mille storie di ogni giorno, dalla vita di ogni giorno, dalle piccole, grandi cose che ci succedono, le urla, ogni tanto, qualche lacrima e tante risate, abbracci e baci, piatti che volano, ansie, felicità, delusioni e vittorie.

La sera quando non dormi pensi tanto.
Perciò, anche se so che non puoi ascoltarmi, ho un messaggio per te.
Per te che sei lì, a metà strada fra la terra e il Cielo, che guardi ma non vedi o forse sì, che ti parlo e non mi senti ma forse sì, che non ti muovi, che non fai nulla ma che sei lì.
Torna giù, torna, amica di una vita fa, torna qui, amica dei miei anni più perfetti e tremendi, torna di nuovo a ridere con me, torna di nuovo nel banco dietro al mio, ti passerò i compiti di inglese, ti terrò la porta del bagno, dividerò con te la focaccia immangiabile di quel bidello matto, ti manderò ancora fiori da sposa, sorriderò al tuo bambino nel passeggino, la prima di noi a diventare madre, la più alta di noi, la più fuori, la più forte di noi.
Torna da lì dove sei, in qualunque posto tu sia e qualunque cose tu veda,. Torna agli amori della tua vita, alla tua casa, torna a noi, amiche di quella vita lontana ma presente e preziosa.
Adesso, Grazia a  metà fra terra e Cielo, scegli la strada per tornare giù.







29 maggio, 2013

La gradita visita del Riccio Beniamino.


Gran trambusto, qualche sera fa, a Villa Villacolle.
S'era verso l'ora tarda, intorno a mezzanotte, l'ora in cui tutte le principesse riedono dalle feste, appena prima che la loro carrozza si trasformi in una zucca. Il compito del cocchiere, questa volta, era toccato in sorte al mio Sposo. Me ne stavo bella scialla nel mio giaciglio, pregustando la domenica di niente fare, in quella beatitudine tipica del sabato sera, quando la mia Figliola, StavoltaCoiCapelliBlù, entra in punta di piedi e...Guarda.
Stringeva a sè un fagottino dal colore indefinito, una palla non di pelo ma di spine, un agglomerato indistinto di foglioline e rametti, senza muso, tutto appallottolato su se stesso. Era lui, il Riccio Beniamino.

Il Riccio Beniamino vive da sempre con la sua famiglia in fondo al vialetto, tra la siepe delle rose e il Pino Piccolo. E' un riccio elegante, di buon carattere, riservato ma cordiale, non come tanti amici suoi.
Il Riccio Beniamino ama la compagnia degli umani, soprattutto delle Figliole Biondine un pò Blù che abitano vicino alla sua tana. Con loro, il Riccio Beniamino ama guardare la televisione, passeggiare un pochino sul divano, giocare con prudenza con gli altri animali che abitano Villa Villacolle. 
Ora, un riccio in casa non è roba da tutti i giorni. la Princi, benchè sedicenne e quindi in un'età non consona al capriccio, non ne voleva sapere di riportarlo testè alla sua casetta. Nè io, madre scellerata, gliel'ho ordinato. fatto sta che il riccio Beniamino è stato con noi un paio d'ore, ha dormicchiato beato sul cuscino, russando persino un pò, ha evitato gli attacchi del gatto facendosi palla di aculei e ha giocato a nascondino con il cane più piccolo di questa casa, dacchè la grande, saggia, dopo un'annusatina di circostanza, ha considerato l'intera faccenda con una certa sufficienza e se ne è tornata a dormire senza fare una piega.
Nessuno riusciva a tornare a dormire, men che meno quando a rientrare sono stati i Figlioli Maschi, sorpresi di trovare un ospite di tale calibro sotto il loro stesso tetto.

Il Riccio Beniamino è un vero filosofo.
Non si scompone, non si àltera. Se qualcosa non gli va, si fa palla, si nasconde al sicuro, e finchè tutto non gli sembra tornato normale non mostra il suo musetto a punta e quel grazioso nasino a forma di Zigulì.
Il Riccio Beniamino ama la solitudine ma non disdegna una botta di vita in case scellerate e un pò strane, momenti di sciallo in camerette colorate, dove può trovare carezze sugli aculei, parole dolcissime e una quantità di coccole mai vista.
Verso le 3, ormai sapevamo tutto sui ricci e sulle loro abitudini, e tutti si faceva congetture, seduti sul tappeto, in pigiama e scarruffati, Teniamolo in Giardino, Facciamogli Fare i Piccoli (sic!), Diamogli un Pò di Insalata.
Ma la decisione più saggia, seppur a malincuore, fu di riportarlo al suo posto, dove era stato trovato, in modo che potesse raggiungere nel più breve tempo possibile la sua casa e i suoi cari.
Ciao Ciao Riccio Beniamino, è stato bello passare un pò del sabato sera con te. Ogni tanto torneremo a cercarti, sei quello col musetto furbino e gli occhi dolci, noi tutti qui ci siamo innamorati del tuo incedere buffo e di quelle spine che nemmeno pungono, alla fine.
Torna quando vuoi, fatti trovare sulla strada tra il pino e la siepe delle rose rosse.
E scrivici, ogni tanto, una cartolina.






24 maggio, 2013

Le cose della vita.

Ai giorni che scivolano via non saprei tanto cosa dire.
La scuola sembra  iniziata circa due mesi fa e fra tre settimane sarà finita, anzi meno, non ho guardato ma mi sembra.
Sono giorni che rotolano giù da una discesa, non si capisce bene come sia il selciato, se sconnesso a buchi e pozzanghere o se soffice di erba finissima, appena tagliata, qualche fiorellino, le api.
Fatto sta ed è, che rotolano, scivolano via, veloci, velocissimi, senza nemmeno darti il tempo di fare loro un saluto, farci due chiacchiere, come va.
Le cose della vita, della mia almeno, in questi ultimi giorni sono tante e diversissime, alcune bellissime, alcune tremendissime, e questo sciupìo di superlativi assoluti rende l'idea, non si tratta di giorni normali ma costellati di cose e di cose e di altre cose ancora.
Ho un'amica che si è fatta un giro in cielo ed è ritornata giù. E a lei vorrei chiedere Ma Dimmi, Oca d'Un'Oca, che Cosa Ci sei Andata a Fare...se solo mi sentisse, se solo mi vedesse.
E c'è una rete di compagni di scuola e di amici di sempre che si scambia messaggi e bollettini medici, come a scuola le frasi di inglese, un pezzo del tema.

Sono giorni che rotolano giù da una discesa.
ci si prende piccole rivincite, piccolissime soddisfazioni, grandissime se si pensa a TriesteSi comincia a collezionare una serie di scialli colorati per l'estate che verrà, si è orientati sui colori dei fiori, e non del mare, un lilla chiaro, un geranio acceso, un brillante fucsia.

Rotolano sì.
E ci si nutre di cucchiaini di benessere e ben stare, le Amiche del Giovedì a chiacchierare fitto, a giocare un pò in quella casa che è di tutte, a far vetrine di negozi, pulire e fare ordine, in previsione dell'Open Day di sabato, diluvierà, si dice, ma verranno in tanti e la festa è pronta per avere inizio.

Rotolano, e già.
Sgomitano fra loro per passare per primi, passo io, no prima io, no, io.
E se spesso rotolano su sassi appuntiti e vetri rotti, mi piace pensare che la più parte di essi scivoli dolce su un prato di erba nuova, senza erbacce o ortiche, e qualora perchè no, le erbacce non si estirpano, se hanno una bella forma e belle foglie.

Lascio i miei giorni rotolare giù dalla discesa.
Vadano dove vogliono, ho spalle forti abbastanza per farmi scivolare le cose addosso, ho imparato cosa mi faccia bene e cosa no, evito accuratamente quello che mi disturba, se posso, e se non posso pazienza, la prendo con una filosofia da quattrosoldi che mi sono inventata lì per lì ma che funziona. Compro per me solo cose belle, cose che non costano, mi compro un pomeriggio di libertà, un giro sulle colline, mi compro le mie Amiche che sanno e che sanno che so, che bella definizione, mi piace, dove da sapere sono i guai, le piccole gioie, le storie torbide, magari, le confessioni, le malinconie.

Sorveglio il ribes della siepe come si fa con i bambini, conservo le cassettine delle fragole perchè hanno scritto il nome di mia mamma, pianto il basilico nel vaso e mi compro le rose all'Esselunga aspettando le mie.

E a te che hai fatto un giro in cielo e sei tornata giù, regalo un pò del mio respiro, una battuta per farti ridere, un bigliettino scritto col Tratto Pen, ti lascio il mio diario sotto al cuscino perchè tu lo possa leggere, ti racconto ancora di quella gita a Firenze. Se solo potessi sentirmi, se solo potessi vedermi.







14 maggio, 2013

La mattine di maggio.



Sono quelle che profumano di più.
Soprattutto queste, che insieme ai fiori sanno ancora di acqua e di nuvole, che nessun profumo al mondo mai sa di acqua e di nuvole, chi l'ha mai annusata una nuvola, forse l'acqua, magari, ma le nuvole proprio mai.
Le mattine di maggio sono le mattine che preferisco, abito in un posto dove a volte, con le condizioni giuste che non so quali siano, si sente anche l'odore del mare. Che non è molto lontano da qui, un'ora scarsa e ci sei, nel mare vicino intendo.
In mattine come questa dove l'azzurro del cielo è di un azzurro mai visto, s comincia stendendo di fuori, sul terrazzo e anche su quel filo tirato tra il ciliegio e il cancello, provvisorio sì, inviso allo Sposo che vorrebbe tutto ordinato, ma a me i panni stesi sul filo mi fanno un'allegria e poi quando sono asciutti sanno di sole e di vento, mica come quelli in terrazza, per dire, lo stendino non fa sventolare le cose, il filo sì ed è vero che fa un pò disordine, ma chi se ne importa alla fine, mica viene Ville e Casali a fotografarmi il giardino.
Le mattine di maggio si capisce che sono di maggio perchè devono iniziare con l'innaffiare i vasi del davanzale, che sono lì da ieri, gerani bianchi e rosa in sfumatura fino al rosso acceso, quest'anno andrà così, ogni anno i colori del davanzale cambiano e anche i fiori, e ieri al mercato ho faticato non poco a sceglierli, li avrei voluti tutti bianchi ma poi non ho resistito agli altri e allora.
La mia mattina di maggio, forse la prima che si possa davvero chiamare così, col sole, il profumo e il cielo bello, inizia che ho ancora una piccola valigia da disfare, uno scialle color glicine da risciacquare e nessun pensiero da pensare. 
Tutto questo mi fa leggera, forse ho imparato la regola del qui e ora, forse ho dato l'esame per essere finalmente in pace con il cosmo intero, ho preso la patente per stare bene, so la tecnica per allontanare con forza ogni pensiero che mi fa male e che mi rende stupida, che mi fa arrotolare su me stessa come un serpente nel cestino.
Fuori, la mattina di maggio è appena iniziata, col sole che sorride e fiori e foglie e erba nuova e cose belle.
Laverò la Vespa, i vetri, toglierò piumoni e coperte pesanti, metterò fiori un pò ovunque, e un pò ovunque colori e bellezza. Siamo di  maggio, è così che funziona.


07 maggio, 2013

La Mala Pianta.



Ci sono leggi non scritte lassù, nella Casa in Collina.
Regole che nessuno ha mai deciso, che nessuno ha mai discusso, ma che si osservano con scrupolosa diligenza e guai a sgarrare.
Oltre a Chi Apparecchia Non Sparecchia, che pare essere stata adottata in più di una famiglia, e quella della rimozione della differenziata, carta alla Princi, vetro ai figlioli maschi, plastica alla scrivente, lo Sposo, Egli, è esonerato, esiste la regola del primo taglio del pratino. Ecco, quello spetta a me.

In realtà, il taglio del pratino è stato fatto qualche giorno fa, in un intervallo dalle piogge incessanti degli ultimi tempi, è una noia vera, il prato era una giungla disordinata, stremata, confusa, e il fatto di vederlo tagliato e liscio dava la speranza che in fondo, avrebbe piovuto di meno. Balle.

Tagliare il prato è una roba che mi piace. Mia nonna direbbe L'è un Mastè Da Om, simultanea  per i non lombardi,  E' Un Mestiere da Uomo, ma a me piace. Mia nonna perderebbe la speranza, quel maschiaccio di nipotina che fischiava, giocava agli indiani e catturava lucertole, ora in effetti fa cose da uomo, tipo guidare per ore o tagliare il prato. Ma ricamo, cucino e faccio la maglia, forse mi sono salvata, o persa, chissà.

Com'è, come non è, l'altro giorno mi accingevo a debellare la giungla del pratino antistante, che bella parola desueta, antistante, comunque antistante casa mia. O retrostante, a secondo di come la guardi, casa mia.

Erano giorni che la osservavo. Un'erbaccia di quelle cattive, da estirpare appena spunta, si era sviluppata a tal punto che era diventata una bella siepina, un bel ciusco, simultaneo per i non lombardi, una piccolo mazzo ma con le radici, ciusco, appunto.
Tra le fogli, qualche fiorino giallo ormai sfiorito, qualche soffione, e lunghe, lunghissime foglie puntute, rigogliosissime, di un bel verde scuro, lucide e perfetto.


Non ho avuto cuore di tagliarla.
Ho girato torno torno con il tosaerba, ho avuto cura di non rovinare le foglie che stavano alla base di questo cespuglio inatteso e l'ho lasciato lì, come la più rara delle piante, Altro non è che un'erbaccia, andrebbe eliminata col napalm, mi sa, ma adesso, non proprio al centro ma un pò discosta, diciamo che fa la sua bella figura, perfino lo Studente di Design, sorseggiando un bicchier d'acqua e osservandola con fare critico ha sentenziato Ci Sta, con quella sua S adorabile.

Ora, la Mala Pianta è lì.
Sono giorni di felicità spicciola e semplice, senza un motivo vero e apparente, come senza un motivo vero e apparente sono i giorni in cui  si sente tutto il peso del mondo dentro alle tasche e ferri da stiro sul cuore.


La Mala Pianta mi guarda dal pratino tagliato di fresco, forse mi ringrazia per non averla ranzata senza pietà, come forse avrebbe fatto un uomo.
Ho aggirato l'ostacolo, di erbacce ne son pieni i pratini e le vite, basta solo guardarle con altri occhi e altri sentimenti.
E anche se ho fatto un mestiere da uomo, mia nonna mi sa che è contenta.






29 aprile, 2013

La Mappa dei Glicini.


Qualcuno dovrebbe stilarla, prima o poi.
Una cartina dove trovarli, intendo. Anche se forse è così bello trovarli all'improvviso, guarda laggiù, un glicine.
Il glicine fiorisce all'improvviso, non dà il tempo di abituarsi alla sua presenza, un giorno è verde e il giorno dopo esplode, in tutta la sua aristocratica bellezza, pur essendo un fiore tanto semplice, fuori moda, oramai raro.
Il glicine è uno di quei fiori che amo da sempre,  ho avuto una casa con una cascata di fiori che adoravo, così come adoravo la casa e tutto quello che ci era successo dentro, ma le case sono di mattoni, come dice il mio Sposo, e non va bene affezionarsi così tanto, son le persone che fanno le case e non il contrario, è vero, ma metterlo in pratica non è così semplice.

Vedere un glicine è per me una gioia per gli occhi e per l'anima.
Amo il suo colore, la composizione complicatissima dei suoi fiori, il suo profumo di buono e di bello e di sicuro, non so.
La mia personalissima Mappa dei Glicini inizia in fondo alla Strada Lunga che porta a casa mia, dove una siepe magnifica stamattina mi ha dato il buongiorno, un'infilata di grappoli umidi e lucenti, incuranti della pioggia, ancora più viola contro il cielo grigiastro e triste di oggi.

Prosegue poi, lungo tutte le case vecchie dello stradone, anche su quelle diroccate e abbandonate, testimone di una cura antica, il glicine davanti casa doveva essere una cosa di moda nelle case di campagna degli anni 30 o giù di lì. Forse anche prima. E in città, ancora glicine, lungo il muro in fondo al Viale, e ancora e ancora.

Dura poco, il glicine.
Perciò mi riempio gli occhi ora, per averne quando sarà sfiorito, quando i petali saranno lungo il marciapiede o sul prato, quando un temporale avrà scosso i grappoli e non ci saranno fiori, non più, ma solo foglie verdissime e tronco e rami.

La mia Mappa dei Glicini ne ha qualcuno più importante, che rimane attaccato a me dovessero passare mille anni, se chiudo gli occhi sento il ronzare dei calabroni, il sole forte e uno dei miei figli che cammina appena, mentre un altro impara lo scivolo e un altro ancora lancia sassolini nella fontana.
E poi ho questo, improvviso e insperato, un glicine speciale che avrà fiori solo quest'anno, mi sa e che nessuno sapeva ci fosse.

La Mappa dei Glicini non è una cartina o un disegno.
La Mappa dei Glicini si tiene col cuore.
Da lì, nessuno al mondo mai te la potrà portare via.

28 aprile, 2013

Sorprese Infinite.


Nell'assoluta confusione dei giorni scorsi, si è pensato alla propria sopravvivenza, rimandando di qualche giorno l'apertura di pacchi e pacchettini provenienti dal Camp di Cuore di Maglia, contenti oltre a una miriade di corredini, tutto il materiale servito per l'organizzazione, striscioni, adesivi, manifesti e via così. Si era lasciato tutto in un angolo, con la promessa di sistemare tutto un pò per volta, con calma.
Mai decisione fu migliore.
Tra un pacco di copertine e una miriade di Minibody provenienti da Firenze e dalle sapienti mani dell'Adriana, così, con l'articolo, come ama chiamarla la Mirella, fu rinvenuto un pacco a me indirizzato, tutto fragole e cuori, una cosa che solo lei sa fare, la sua calligrafia spigolosa e puntuta, l'uso del nastro adesivo invisibile e perfetto, stile inconfondibile, ormai.

All'interno del pacco due tovagliette all'uncinetto For Strawberries Only, perfette, con tanto di tovagliolino abbinato. 
A Trento, anche se in ritardissimo, grazie Renata per questo regalo prezioso.

23 aprile, 2013

Sing a Song.

Gli aforisimi non mi piacciono.
Trovo che sia impersonale scrivere delle frasi già dette da altri, pur condividendoli, mi sembra che nessuno voglia pensare da sè e che faccia propri i pensieri degli altri. Opinione personale, ovvio.
Eppure, qualche giorno fa ho letto da qualche parte una cosa del genere: A Volte il Volume della Musica Deve Superare Quello dei Pensieri. O una cosa così.
Funziona.

Stamattina è stata una di quelle mattine dal risveglio difficile, il Dannato Cucù ha traslocato Sul Pino Grande davanti alla mia finestra, il mio Sposo Illustre già nei progetti dall'alba, una Liceale impensierita dall'Ostico Greco, insomma non proprio il Mulino Bianco. Ho depositato la Figliola Treccioluta davanti a scuola e nel tragitto verso casa ho cercato mentalmente di scrivere la brutta di questa giornata, cose solite, fare questo, pagare quell'altro, chiamare l'altro ancora, stendere una lavatrice, che espressione buffa, la lavatrice mica si stende eppure le Desperate Housewife Leggenti mi sa che han capito più che bene: la lavatrice si stende, fine.

Ci sono canzoni che ti accompagnano per tutta la vita, e che per tutta la vita ti ricordano delle cose, belle o brutte che siano. Questa qui è una che amo particolarmente, non che mi ricordi cose meravigliose, anzi, forse non mi ricorda proprio nulla se non il periodo, Palazzo Nuovo, il Bar Elena, le ballerine con le lune di Jerry Mazzone e i Closed da Il Giro Del Mondo. Cose che sono le torinesi fourty something possono ricordare. 

Stamattina me la sono cantata dall'inizio, da quel gorgheggio iniziale che fa subito allegria, ho alzato il volume al massimo, come a stordirmi, le donne cantano tutte in macchina, anche se stonano, anche se non sanno le parole. Cantano e cantano, chissenefrega se ti guardano, nessuno o quasi sa chi sei, e poi cosa ti importa, alla fine.
Cantare in macchina è una terapia che funziona, soprattutto con gli Eurythmics, dalle note all'inizio fino all'assolo di armonica.
Mi prescrivo perciò una sana cantata ogni mattina, di quelle che accompagni pure tenendo il tempo sul volante, di rientro dalla calata in città per portare la Princi a scuola. 
E con gli Eurythmics nella testa sono pronta a fare le cose che devo, ivi compreso stendere la lavatrice.
Chi l'ha detto che non si dice?

19 aprile, 2013

Il Linguaggio Segreto dei Fiori.

Si era deciso di fermarsi un pò.
Di staccarsi un pochino da connessioni e social, indispensabili dopo il delirio di sabato e domenica, ma che non mi hanno trovato pronta a gestire tutto come si conveniva. Perciò, l'ho presa bassa, bassa non proprio se dopo tanta bellezza dello scorso fine settimana mi sono trovata a gestire questioni e questioni, così, come a pagare il prezzo di tanto benessere, di tanta pace. Ma si tiene botta, come si dice.

Qui intorno è tutto un fiorire, un colorare, un'esplodere di tinte pastello e gialli decisi, di bianco nuvola e rosa confetto. A vivere in collina certo i colori non ti mancano.
Sono i fiori.
Sono i fiori a raccontarti storie, sono i fiori a dire e non dire, sono i fiori, sentinelle magnifiche di stati d'animo e meraviglie, portatori di bellezza e allegria e sentimento, anche.
I fiori mi piacciono tutti, anche quelli gialli, anche i girasoli, anche le forsizie, non parliamo di viole, anemoni e rose lilline al profumo di vaniglia. 
I fiori sanno.
Ho un fascio di rose candide sul tavolo, ho trovato un vaso adatto, dei fiori mi piace vedere anche i gambi che si intrecciano nell'acqua, sarò ben strana.
E mi piacciono i fiori che trovo nel pratino, perfino quelli delle erbacce, le violette chiarissime o scurissime, a seconda di dove decidano di nascere, se sotto al lillà o nella riva oltre il Prato Grande, di fianco al noce.

Ascolto le loro storie.

Sono storie che mi invento da sola, quando ci sono quelle volte che non ho la forza e la lucidità e tutto mi sembra così nebbioso e complicato e faticoso e difficile.
Le storie più belle sono quelle che raccontano le margherite, che a camminarci sopra è un sacrilegio.
E anche quelle del ciliegio vicino e dei ciliegi lontani, quelle nuvole rosa e bianche nella collina di fronte.

Non mi lascio ingannare.

Spesso le nuvole soffici e bianche degli alberi fioriti e vederle da vicino non sono fiori perfetti ma un insieme di petali che se li tocchi cadono giù, e foglie  rami sottili e nodosi e che nemmeno li puoi cogliere, per dire, ma li può solo guardare da lontano. E che fiore sei, se non ti si può cogliere.

Al contrario, quegli insignificanti fiorini che trovi dovunque ti danno una lezione che non immagini, colori schietti e gambi lunghi, le violette stanno giorni e giorni nel vaso della marmellata cui hai lavato via l'etichetta e  messe lì, nell'angolo del tavolo, fanno subito dolcezza e calma e cose belle.

In questi giorni mi dedicherò con passione ai vasi del terrazzo e dei davanzale, rianimerò i gerani che hanno passato l'inverno al caldo del garage, sceglierò al vivaio la macchia di colore che più mi piace, li prenderò con cura scrutandoli bene, fioriti ma non troppo,  li trasporterò con attenzione e li pianterò con guanti e mestiere. Li sceglierò con attenzione, senza paura di sbagliare. 
I fiori nel vivaio sono loro a scegliere te, non il contrario, devi solo aver cura di avvicinarti bene e stare ad ascoltare.
I fiori non urlano. Sussurrano, piano.



Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...