11 febbraio, 2014

Il pittore sul ponte.

Non ne avevo mai visto uno.
Cioè sì, ma non qui, su questo ponte, a dipingere questo fiume.
Questo fiume non è amato, non rappresenta, non dice nulla. E quando dice qualcosa , esonda.
Perciò nessuno lo dipinge.
Nessuno tranne l'omino di questa mattina, tela e tavolozza, in piedi,  a dipingere il fiume.

C'è un sole tenero e festaiolo, quest'oggi qui.
Viene voglia di correre, di andare per viole, di fare un giro sull'erba se non fosse per il fango, di sedersi su un muretto e guardarsi intorno, magari chiacchierare con qualcuno.

Il signore del ponte dipingeva il fiume.
L'ho trovato romantico, un pò demodè, da lungo Senna, non saprei.
Sono passata troppo in fretta, dal ponte non è che ci passi spesso a piedi, e non ho visto molto di quello che già era sulla tela.
Ma ho visto tanto azzurro.
Eppure, il fiume oggi ha un colore marrone verdastro, e non è che sia un bel fiume, non ha canoe o barchette colorate, non ha un bel niente.

Il pittore, però, guardava il cielo sullo sfondo. Azzurro, azzurrissimo, di un turchese così bello che quasi non me lo ricordavo, dopo tanta pioggia.

Ho bisogno anche io di un tubetto di azzurro.

Non so dipingere, ma lo userei per colorare le cose che non mi piacciono, tutte le cose marroni e verdastre come il fiume, tutte le cattiverie, tutte le menate, tutte le perdite di tempo, tutto l'astio, tutte le parole dette a vanvera, tutte le questioni di principio, tutto.

Un tubetto di azzurro come il cielo che c'è, tirato a lucido, incerato quasi, il cielo è così anche quando piove, solo che non lo vedi, solo che si nasconde.
E' lo stesso cielo che c'è al di là del fiume limaccioso e triste. Basta guardare più in là.

Vorrei ritrovare quel pittore e chiedergli di insegnarmi a dipingere.
A trasformare i miei pensieri opachi in nuvole bellissime, i miei magoni in prati verdi che lambiscono la riva, le mie delusioni in barchette di carta che plànino sopra l'acqua limpida, andando lontano. E a farci un bel sole.

Ma forse, un tubetto non mi basterebbe, io non so dipingere e di certo, a quest'ora, il pittore sul Tanaro non ci sarà più.
Però, che peccato.





07 febbraio, 2014

Oggi mi regalo...

una giornata per me.
Ho tante cose da fare, ma mi regalo la lentezza nel farle, la calma, un pò di pace, nessun impegno pressante, nessun appuntamento serio, nulla.

Mi regalo un minimo di tranquillità, il lusso di fare tutto ma farlo come piace a me, senza girare come una trottola imbizzarrita, senza imprecare, senza arrampicarmi su scale, dedicarmi a lavori odiosi, senza dirmi E' Tardi, ma tardi per cosa.

Mi regalo un giorno bello, dove posso guardar fuori e dire Che Schifo di Cielo, ma poi se guardo bene il cielo color sogliola ha un suo fascino in fondo, e allora cancello e mi dico Ma Guarda Che Bel Cielo Che C'è.

Mi regalo dei bei pensieri.
Che forse è la parte più difficile, i pensieri non è che li vedi in vetrina e scegli i più belli, non sono i broccoli dell'Esselunga, che stai lì a scegliere quello più coreografico e poi non sai mai da che parte infilare il broccolo nel sacchetto, dal gambo o dalla testa, è una roba complicata.

I pensieri non si scelgono, ti arrivano alle spalle e nemmeno ti chiudono gli occhi da dietro per farti una sorpresa, Dimmi Che Pensiero Sono, no. I pensieri ti arrivano direttamente nella testa, qualche volta passano prima dal cuore e poi dal cervello, quasi mai il contrario, e si sdraiano per bene, si allungano fino ad arrivarti sullo stomaco, e schiacciano che quasi non respiri. Non sono mai belli, i pensieri che fanno così.

Scelgo però di fare la guardia, di mettermi sulla porta e far passare solo i pensieri leggeri, quelli da accarezzare come si fa coi gatti, quelli da coccolare, da bere piano, da tenere sul ripiano della cucina e da guardare ogni tanto, per essere sicuri che ci siano ancora. Quelli colorati e morbidi, i pensieri che ti fanno bene all'anima, non il passato, non le cose che verranno, ma le cose che hai, qui e ora, perle di una collana infinita, di giorni uno sull'altro, di piccole battaglie, di qualche vittoria, di un pò di delusioni che fanno più forte chi non vuole farsi schiacciare, chi vuole il meglio, chi non si siede a aspettare.

Oggi mi regalo pensieri così, pensieri che si schiantano nel cielo color seppia in un'esplosione di brilli e stelle filanti, e diamanti purissimi e perle lucide, ho una teiera nuova di zecca e due gomitoli morbidi, ho un'amica da far sorridere e un'altra con cui vedermi, più tardi, verso sera, non so.

Resto così, in equilibrio fra le mille cose da fare e una musica che mi balla in testa da ieri, non ho fatto la spesa e inventerò un pranzo regale con quello che ho, il silenzio di questa casa è una medicina preziosa, il letto è ancora disfatto, ho montagne di asciugamani e lenzuola da riporre negli armadi, con calma farò tutto, mi regalo perle di saggezza al mattino presto, cose belle solo per me, anche se fuori il cielo è di seppia, oggi è vietata la malinconia.

Che poi i broccoli. Meglio la vaschetta.

04 febbraio, 2014

Tutta colpa del divano.

già uno non ha tutta questa voglia.
in più, se si autoflagella con lavori assurdi, ecco che il quadro è completo.

Cambiare le fodere dei divani, lavarle, stirarle e rimetterle sù.
Un lavoro da massaie provette.
Quale io non sono.

che non era giornata lo sapevo già, lo si capisce dal mattino che giornata sarà, se già ti svegli appiccicosa di sogni assurdi, di pensieri strani, di angosce immotivate, di ansie che non sai da che parte voltarti, non basta la doccia tiepida a lavare via tutto, ti specchi e ti vedi una faccia che prenderesti a sberle, che faccia c'hai stamattina, e farsi le smorfie non migliora, non migliora un bel niente.

poi, ti punge vaghezza di lavare le fodere del divano. 
Errore. Errore Madornale.

Già a toglierle non è uno scherzo da nulla, poi il divano sfoderato dà idea di disordine, sciatteria, i teli che metti fanno tanto casa di nonna Speranza, crepuscolare sì, sono una donna crepuscolare e incazzata stamattina, insopportabile come solo le donne sanno essere certe volte, giro come una trottola e non combino un bel nulla, sono insoddisfatta, irrisolta e invisa e me stessa, ho sognato male, ho dormito male, mi son svegliata male stamattina, storta, di traverso, e adesso ci si mette pure il divano, un tira di qua e tira di là che non sopporto, e me ne rendo conto quando l'ho già disfatto per metà. Il punto di non ritorno.

Che donna bizzarra quella che si aggira per casa mia questa mattina di febbraio che piove umido e acqua e schifo, che qualcuno deve aver rubato il cielo e i fiori e le nuvole, anche, e tutti i colori.

Che donna sciocca va sù e giù per le scale di casa mia, spettinata e scazzata, che vorrebbe essere a diecimila miglia di qua, cosa c'è a diecimila miglia da qua, che viaggio devo fare, a quale gate, ho solo bagaglio a mano faccio in fretta, mi imbarco e via.

Che donna disordinata e insofferente sono stamattina, senza coordinate, senza cartina, senza nulla. Le cose si accumulano, i pensieri anche, è una di quelle tre giornate all'anno in cui non ce la faccio, in cui mi verrebbe da sedermi in giardino e guardare sù, se ancora ci fosse, il giardino, se si vedesse qualcosa guardando in sù.

Mi passa.
Passerà, certo.
Passa la tosse, la tormenta, passa l'odore di fritto dalla cucina, perfino la neve se ne va.
Passerà anche oggi.
E allora, ecco, ci sarà  ancora profumo di fiori, e il pratino verde e l'erba nuova, e allora, sì che sarà bello sedermi in giardino e guardare il cielo, che nel frattempo, qualcuno ha colorato coi pennarelli Carioca, quelli coi colori più belli, che ti regalavano a Natale.
Nel frattempo, il Dannato Divano è lì che mi aspetta, metà fodere da togliere, l'altra metà accatastata sul pavimento,  zero voglia e la frase killer Ma cosa Mi è Venuto In Mente.

Che poi, le cartine, nemmeno le so leggere.





27 gennaio, 2014

Sola in cucina.

le mattine difficili
i giorni lunghissimi
le volte che senti che non ce la puoi fare, non più almeno
mattine che non basta la radio a manetta
non basta e nemmeno ne hai voglia alla fine

che si sono lavati i vetri, dentro e fuori con un freddo becco, in equilibrio sul davanzale, finirò sulle rose se scivolo giù, i vetri e pure le tende e si stanno attaccando le fodere dei divani, così, per non star troppo a pensare

alla fine delle mattine come questa, o forse no, quasi a metà, c'è un momento di silenzio e di pace, come di raccoglimento, come in chiesa.
Il caffè da sola in cucina è una specie di medicina,  guarisce le notti insonni e i pensieri umidi di altri pensieri e di altri fotogrammi, a sovrapporsi.
Di solito, si cerca nella caffettiera grande e si riscalda quello che c'è già, un giro di valzer nel microonde, la tazzina a pallini che arriva dritta da un vecchio albergo sul lago, un regalo.
Ci si siede in un angolo del tavolo, un pò storte sulla sedia, e si guarda fuori in niente che c'è, il cielo promette neve, come sarà bello vederla attraverso i vetri tirati a lucido.

Da sola in cucina, il caffè ha un altro sapore, non è quello chiassoso con le amiche, pieno di chiacchiere e cose belle. Il caffè sola in cucina ha l'aria di una specie di benedizione, è pieno di significati nascosti, come piccole carezze, vedrai andrà tutto bene, vedrai, vedrai, vedrai.

Il caffè in un angolo del tavolo, nel silenzio e nella pace che pace non è ma solo mancanza di rumore, è un caffè che cura,  soffiate leggere a raffreddarlo, e piccoli sorsi per l'anima, balsamo per stanchezze improvvise di prima mattina, ambrosia, a nutrire e sollevare.

Si guarda fuori, la mattina più lunga volge al termine, il silenzio fra poco sarà musica e rumore, la tazzina a pallini e sciacquata lentamente e asciugata con cura. 
Nel riporla, uno sguardo ancora a un cielo pesante color seppia. E' vero, nevicherà.

23 gennaio, 2014

La Sera della Luna Gigante.

Era gigante sì.
Mai vista una luna del genere. E sì che di lune ne aveva viste tante, in collina, sul mare, nel deserto, perfino dall'altra parte del mondo. Questa qui era una luna speciale, grande quanto un mappamondo, un'enorme frittata, una specie di grande, grandissima palla dorata.

La strada di casa era così illuminata, da dietro i prati grandi e le colline, e i tetti delle case quel giallo bello rassicurante, con una luna così hai come la sensazione che tutto sia bello e perfetto, stirato e in ordine. Sorveglia dal suo cielo i sonni di tutti, le strade, i sentieri, i palazzi e i monumenti, sorveglia il tuo cuore. Sorveglia te.

Non era tardi, non aveva sonno, aveva in sè l'agitazione che ti resta dopo un esame, la sera del matrimonio, quella stanchezza felice che non vuoi assecondare per paura che svanisca tutto, come le bolle di sapone che guardi sì, ma che hai paura che fra un attimo, puff! colori e meraviglia diventan goccioline e niente.

Era stata una giornata fuori dall'ordinario, le luci rosa, i fiori e tanta gente, e abbracci e lucciconi, e lacrime di felicità, càpita così poco nella vita, di piangere ma di gioia.

Quella sera, la luna aveva deciso a modo suo di farle un sorriso, di abbracciarla un pò anche lei, che la guardava sempre, che la raccontava sempre. Facendosi grande nel cielo di quella sera senza nebbia, la luna aveva voluto dirle che sì, era stata brava, e che era giusto che fosse contenta, contenta di sè, per una volta, che riconoscesse il proprio impegno e tutto il lavoro e la fatica, e i giorni e le delusioni, anche. E tutto il bel lavoro che sarebbe venuto.
Quella sera era per lei.
Perciò, la luna si scrisse addosso un messaggio, così che lei potesse leggerlo tornando a casa, solo alzando gli occhi.

Era la Sera della Luna Gigante.
Una sera profumata e senza nebbia.
Fra le mani un mazzo enorme di rose e foglie grandi.

Guardando la luna vide scritto BELLA LI'.
Mai la strada verso casa le sembrò più luminosa.





Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...