09 marzo, 2014

La Leggenda del Terrazzo Rinato.

Era stato un lungo inverno.
Lassù, nella Casa in Collina, forse non era ancora passato del tutto, o forse sembrava solo.
I vasi dei fiori erano stati accatastati in un angolo nemmeno troppo nascosto, non scòrto da nessuno, e dal cielo avevano preso acqua e neve e nebbia e gelo, e altro non erano che terra nera,radici tristi e foglie bagnate.
Un piccolo cactus, nemmeno tanto bello in realtà, non ce l'aveva fatta ed era stato buttato con cautela dall'altra parte della siepe. Via le spine da questo giardino.

Il terrazzo aveva bisogno di uno sprazzo di vita nuova, uno spruzzo di bellezza, di pulizia, anche, e di colore, dopo tanto grigio, dopo tanto nulla, dopo tanto tristissimo sopportare.

Quel giorno, il sole bello come soltanto il sole di marzo sa essere, invogliò alcuni abitanti della Casa in Collina a prendere atto che sì, era venuto il momento di fare qualcosa, di liberare il terrazzo dalle foglie, riordinare i vasi, buttare quelli diventati inservibili,  e dare a tutto un'aria di salute.
Per il Regio Orto c'era tempo ancora, e forse non sarebbe più stato orto ma cespugli di rose, siepi di lavanda, dalie e astri, chi  lo sa.

Ancora troppo presto per piantare i fiori nuovi, il solo fatto di avere le fioriere colorate di nuovo al loro posto, pulite anche se vuote, era un bel segnale per tutti.

Riordinare il terrazzo per cancellarne l'inverno era un gesto lampante. Si aveva voglia di cancellare una stagione, di rinascere forse un pochino, di spazzare via con lo spruzzo dell'acqua ogni residuo di malinconia, di pensieri stagnanti e pesantissimi, che si accantonavano sì, come i vasi non scòrti da nessuno, ma che ogni tanto si ritrovavano lì, intatti, al loro posto, ancora a stagnare e a pesare.

Il Terrazzo della Casa in Collina iniziava così a prendere forma, ad avere sempre più l'assetto primaverile e meraviglioso che aveva di solito, con la bella stagione: teatro di grandi cene e feste e di pomeriggi a chiacchierare e a leggere e a fare a maglia con le amiche, di sere profumate e silenziose a guardare le stelle.

Si aspettava di lì a poco la fioritura del ciliegio, e allora sì che sarebbe stata festa grande, ospite d'onore il pratino.

Guardo questo giardino rinascere poco a poco e mi faccio foglia piccola,  germoglio timido, sono erba nuova verdissima, sono violetta impertinente nell'aiuola delle rose ancora assonnate, sono gemma lucente sui rami grigi delle ortensie, fra non molto fiorirò.

E mi dimenticherò del gelo, del vento e della neve, della nebbia che mi ha avvolto e della pioggia che ha schiacciato me e i miei pensieri più belli.
Fiorirò, fra non molto.
Già, ma quando.




04 marzo, 2014

StellaLucente.


Sei stella lucente, per me.
Sei il mare e la luna e il sole e tutto il mondo
Lucente e perfetto, mai in disordine come qualche volta la tua stanza, mai triste come qualche volta tu.
Sei la parte di me che vedo, la sintesi perfetta delle cose belle, il garbo, la dolcezza,  sei bella perfino quando piangi, quando ti scontri con quel fratello grande che ti adora, quando guardi i film, somigli a me e piangi per nulla, lo so.

Ho cercato di insegnarti delle cose, sembrava le sapessi di già e mi meraviglia ogni volta vedere te che fai me,  non solo perché spesso hai i miei anelli e le mie borse  e i miei occhiali e ti dico Ti chiamano Laura Oggi? E tu ridi, ridi come me  e scuoti quei capelli di seta che hanno cambiato diciotto colori dal rosa al blu.

Sei la me che avrei voluto essere alla tua età, e che non sono stata.
Alla tua età, figlia, la vita mi ha chiesto di  smetterla con le cose da nulla e mi ha tolto tanto, portato via per sempre, e per sempre è mai, e mai è mai più e dai mai più non si torna indietro.

Hai giorni bellissimi e intatti davanti a te, in questi diciassette anni che fai oggi e che ho quel tuo faccino dolcissimo della prima volta che ti ho visto vicinissima e che mi hai sorriso, lo sai? e che è iniziato con te il mio viaggio di mamma di femmina, dopo tanti maschiacci meravigliosi.

La principessa di questa casa, la dolcezza , quella che canta e corre per le scale, che mi incanta con quei suoi occhi di mare, lo stesso mare che vorrei regalarti oggi, adesso, qui, anima piccola che mi stai nella mano, cuore dolcissimo grande come il cielo, che il mondo sia per te tutta la bellezza, tutta la musica, tutta le cose belle del mondo,  il mondo bello come te, figlia uguale, parte di me, stella lucente. 


28 febbraio, 2014

La Casa dei Bicchieri Spaiati.


Scaricare la lavastoviglie non è mestiere che amo.
Così come non mi piace stendere, credo che questa ritrosia ad entrambe le situazioni sia dovuto al mio senso dell'ordine, diciamo quasi nullo.
Essendo un lavoro che faccio per forza, mi ritrovo a distrarmi, a pensare ad altro, per rendere tutta l'operazione lievemente più gradevole.
Che pensieri strani mi vengono mentre mentre scarico la lavastoviglie.
Questa casa non ha più un servizio di bicchieri.
Cioè, sì.
Cioè, no, non ne ha uno che può chiamarsi tale, laddove si possano contare 6 bicchieri tutti uguali.
Dopo la dipartita degli ultimi calici disintegrati, non v'è stato modo di acquistare un servizio vero, degno di questo nome, come ogni casa dovrebbe avere.

La Casa dei Bicchieri Spaiati, però, è bella così com'è.
Accoglie e consola, cura e lenisce ogni tipo di tristezza e malinconico disagio.
La Casa dei Bicchieri Spaiati è una casa un pò speciale, a giorni alterni piena di gente o completamente silenziosa. E' bella in ogni momento della giornata, dalla radio sommessa del mattino presto al verso sera, quando si sente una voce che ripete storia.
Qualche volta, un urlo lacerante, spesso cori da stadio, canzonacce da osteria, delicate note di pianoforte, qualche abbaio da guardia poco convinta, qualche parolaccia sbattendo il ginocchio in quello spigolo malefico.Risate, tante, soprattutto quando i figlioli sono tutti e tutti lo saranno domenica questa, dopodomani.

La Casa dei Bicchieri Spaiati sarà nel suo fulgore maximo, con figlioli al completo e fidanzate al seguito, come e più che a Natale. Da vera donna di casa quale non sono, già ipotizzo menù ricchissimi, un dolce speciale, forse un vino bianco prezioso, che il mio Sposo mi verserà con la precisa intenzione di farmi ridereridereridere, che da giorni mi scruta preoccupato. Ero triste, sì.

La Casa dei Bicchieri Spaiati accoglierà questa famiglia chiassosa e lucente, sarà tutto un assegnare letti e a non sapere mai bene chi dorme dove, nonostante ognuno abbia ancora la sua stanza pinta e tratta, sebbene studi o viva lontano dalla casa paterna.

I Bicchieri Spaiati fanno di una casa la mia casa, in un disordine che amo perchè ci trovo me e tutta la mia storia, mi ha curato in silenzio in questi giorni passati quando nulla avevo da dare al mondo se non la mia tristezza, il mio disagio, il mio volere solo stare chiusa qui, a guardare il nulla, al di là delle cose, oltre la siepe.
I Bicchieri Spaiati sono i testimoni delle tante feste, motivate e non, della voglia di festeggiare non solo i compleanni e gli anniversari, ma anche le prime viole, i germogli delle ortensie, i pettirossi che non se ne vogliono andare.

Forse, non c'è modo di sfuggire alla tristezza che ti squassa, alla paura e alla malinconia,  ma ogni scusa è buona per una festa semplice, per far tintinnare due bicchieri e dirsi, va meglio, andrà meglio, è meglio di già.
E che i bicchieri siano spaiati, per forza di cose.


24 febbraio, 2014

Il cuore scomodo.

succede, ogni tanto.
di solito se si è più stanchi, più in ansia, più sospesi del solito.
una ragione vera non c'è.
Il cuore, invece di star morbido e sciallo al suo posto, ecco che decide di far esercizio, di arrotolarsi su se stesso, di girarsi e rigirarsi come a trovare la giusta posizione, da un lato, da un altro, a pancia in sù, a pancia in giù, come quando non si riesce a dormire. Il cuore non dorme, ma vaglielo a spiegare.

Sono stati quattro giorni di fatica e di bellezza, non so dire se più bellezza o più fatica, a tratti mi sembrava di essere su una stella luminosa, a tratti invece, il mondo, l'universo, il Creato tutto mi erano contro, come a schiacciarmi e niente, niente, niente che andasse per il giusto verso. 
Lontano da casa, poi, tutto sembra gigante e insormontabile.

In tutta questa faccenda, il cuore stava scomodo.

E lì a farsi domande, sul perchè e sul percome, i cuori come il mio tendono sempre a darsi un pò la colpa, anche quando colpa non ce n'è.

Ho un cuore maleducato e villano, dove villano era il mio insulto più temuto da bambina, Villana! mi si diceva, e io a chiedermi a 8 anni o poco più se fosse stato meglio di cretina o scema. Mi sfuggiva il significato e fra me pensavo che villana doveva essere proprio una specie di mostro, perciò me ne stavo zitta e buona, mortificata in un angolo per dieci minuti buoni, per poi tornare alle attività che mi erano valse quell'apostrofarmi, senza fare una piega. La mortificazione, alla fine, era di breve durata.

Ho un cuore villano e malandrino, che non si spiega molte cose, che si danna a capire e capire non sa, che fa fatica, che se ne sta rattrappito in un angolo, scomodo come sulle sedie di legno dei vecchi cinema, come sull'autobus strapieno, come in fila alla posta.

Ho bisogno di un divano morbido, un pò sfondato, di quelli di velluto liso ma  dove ci si sta così bene. Ho bisogno di un posto comodo per il mio cuore un pò stupito, un pò sorpreso e un pò ferito.
Ho bisogno di una coperta leggera e una tazza di bei pensieri lì vicino, una specie di sicurezza, non so dire, qualcosa che mi faccia dire che è tutto a posto, che va tutto bene, che tutto è bene e che andrà sempre tutto bene. Non sarà vero mai, ma ci si prova.

I cuori come il mio passano ad abbracciarti quando sei lontana da casa, non sanno che sei tu e ti parlano di te. E ti fanno sorridere e pensare alla grande fortuna che hai.
I cuori come il mio passano sopra a disavventure e ladri e tornano, tornano sempre.
I cuori come il mio ti portano monili e sassi dall'altra parte del mondo e sanno bene come vanno certe cose.

I cuori villani hanno la presunzione e la certezza che il mondo sia pieno di cuori uguali.
E che basta solo cercare un pò.

troverò un divano sfondato e liso per questo cuore scomodo che capire non sa.



17 febbraio, 2014

Aspetto.

Perfino le orchidee stanno ferme.
Ne ho una quantità sparsa per tutta la casa, alla ricerca di luoghi strategici. Nemmeno Brigida, che tante soddisfazioni mi ha dato in questi due anni, sembra ne voglia sapere di fiorire.
Bocciòli, un sacco. Fiori, nessuno.
Si dice che si debba aver pazienza, che le orchidee son delle tipe strane, non devi dar loro troppa attenzione, nè troppo poca.
Mi adeguerò.

E' un lunedì banale, da sei meno, indeciso, come i bocciòli delle ortensie.

Fuori, il clima senza slancio di una stagione che non sai, che non ami e non ti ama, che non hai decifrato ancora.
Dentro, il disordine compunto di una domenica già passata, delle Olimpiadi alla tv, ci si scopre un pò tutti esperti di curling e  pattinaggio su ghiaccio, per una mezz'ora almeno.
 E poi, progetti, alcuni davvero grandiosi, in primavera.

Più dentro, la sensazione di essere un pò in bilico, come a camminare su una fune, come appesi a un elicottero che vola e vola, come a guardar giù da una cascata, con la voglia di buttarsi dentro e la paura di caderci. 
Aspetto il sole, quello vero, non questo sciocco lumino che ogni tanto si fa vedere da dietro le nuvole, e illumina solo ma non scalda. Aspetto giorni lucidi con l'erba nuova, le viole, i pantaloni a fiori, le ballerine senza calze, la vespa. Aspetto, non so cosa e non so chi, sono come sospesa su un mare azzurrissimo, arrivo a sfiorarlo ma non mi ci tuffo, è pieno di pescecani là sotto, pieno di meduse magnifiche, trasparenti ed infide, le meduse sanno bene come incantarti, son come le sirene più o meno. Là sotto è pieno di scogli, e pezzi di legno e relitti affascinanti, anfore romane e tesori nascosti, uno scrigno di monete d'oro e tanti destini.

Aspetto, chissà, il tempo che passa, i giorni migliori, la prossima puntata, raccolgo piccole cose come i bollini dell'esselunga, e chissà quale sarà il mio premio, questa volta, raccolgo e metto lì, i momenti che rido e quelli che invece no, i giorni con la pioggia e quelli col sole, le cose belle e quelle meno, le volte che ho sbagliato e quelle che invece sono stata perfetta, già ma quando, che non mi ricordo.

Sul mio tavolo c'è una tazza di thè quasi gelato, una stilografica e tanti pensieri. Li annaffio come annaffio le orchidee, fioriranno prima loro, la prossima volta mi compro dei giacinti, sono quelli che fioriscono sempre, e nella sezione Delusioni non attaccherò nessun bollino.
Staremo a vedere.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...