08 ottobre, 2017

Ho fatto una torta.

                                                       ph.TheLittleCorner

Era da un pò che non la facevo, o forse sì, e magari nemmeno me lo ricordo.
Sono giorni che vanno veloci, che a volte stanno fermi immobili e non  ne vogliono sapere di passare. 
Sono giorni di mancanze e di scoperte. Non sempre belle, non sempre piacevoli.
Cambiamenti tanti, tantissimi, oramai ci posso fare una torta anche con loro, si cambia sempre tutto in qesta casa, cambia sempre tutto e troppo e io non so, non lo so se ne ho ancora voglia.

Ho fatto una torta con le cose che avevo nel mobiletto della cucina, che ho sistemato con cura, ho buttato via zafferani scaduti nel 2013 e caramelle gommose diventate di marmo. Le scatole del thè quelle no, ci ho fatto un buchino sotto e sono diventati dei vasi per le piantine. 
Ho fatto una torta con la farina integrale, lo zucchero di canna, la voglia che ho di tornare la me di sempre e non questa che sono certe volte, che non mi sopporto che non vado bene a fare niente, che mi guardo allo specchio e vedo solo i capelli lunghi, e due occhi strani, sono forse così gli occhi di chi ha capito le cose, di chi non ne ha più voglia, di chi ha coraggio? 

Ho fatto una torta con questo sole, con la luna piatta di ieri sera che mi seguiva in autostrada, ma il sole non fa altro che dirmi che ho i vetri sporchi e la luna di ieri, c'è da giurarci, scuoteva la testa e mi diceva Ma Come Fai ad Essere Così Scema.

La sono, sì.
Mi lascio andare, vacillo, barcollo, mi gira la testa e tutto il mondo intorno, e non so più niente, non capisco niente, ed è tutto pasticciato e scolorito e nemmeno si vede più il disegno, e nemmeno vale più, come certi cartelloni delle pubblicità delle sagre di luglio, li vedi a dicembre, Sagra delle Trofie al Pesto e ti viene da vomitare.

Così faccio una torta.
E' una bella domenica di sole regalato, è ottobre fitto, sarà un autunno calmo e io sono qui che lo aspetto, mi troverà coi capelli più lunghi, gli occhi limpidi  di chi ha finalmente capito e una torta tiepida sull'alzata di vetro.

E' sbeccata, ma non fa niente.






28 luglio, 2017

La Piantina dell'Ufficio Postale




S'era di luglio.
Aveva un vestitino a fiorellini piccoli, uno di quelli che lascia scoperte le gambe, che non si stirano, di quel cotone leggero che fa allegria.
Era diretta all'ufficio postale, a spedire a Firenze un pacchettino.

Non era un pacchettino qualsiasi.
Al suo interno infatti, ben protetta da una pellicola e con un fazzolettino bagnato che ne proteggeva il gambo, c'era una piantina. Una piantina viola.

L'Ufficio Postale era un edificio austero, di marmo bianco, con un mosaico bellissimo che spesso si incantava a guardare ma al quale nessuno sembrava fare caso.
Il temporale della notte aveva disegnato un cielo bellissimo, di un blu speciale.
Non che fosse una gran giornata, ma proprio in occasioni come quella, ella aveva messo a punto una strategia. Sorridere.

L'impiegata dell'Ufficio Postale aveva caldo. Forse, nemmeno molta voglia di essere lì. Avrebbe preferito essere che so, al fiume, c'è un fiume bellissimo a pochi chilometri dalla città, con un canyon e una inspiegabile spiaggia di sabbia fine. E' solo un torrente ma ha l'acqua cristallina e i ragazzi di qui ci vanno spesso, a tuffarsi dal canyon e a fare festa. E a guardare le stelle.

la Donna Col Vestito a Fiorellini consegno il pacchetto da spedire. 
- E' leggerissimo, disse all'impiegata distratta. 
C'è dentro solo una piantina.

L'Impiegata si illuminò.
- Una piantina? e di cosa?

Niente di illegale, sorrise la Donna, è una pianta viola che fa dei bei fiorellini rosa. Rosa, come i capelli della ragazza alla quale arriverà, e che se ne è innamorata subito. Ora, la pianterà in un vaso  a Firenze e lì crescerà.

L'Impiegata della Posta non aveva mai sentito, fra bollette e francobolli, una storia più bella.
Dietro di lei, una pianta dalla foglie verdi e lucide.
- Anche io faccio questi esperimenti, le disse, la vede questa pianta? l'ho portata io dalla Riviera.
Così dicendo, si alzò e con delicatezza staccò un rametto dalla Pianta Verde.

- Tenga, disse alla Donna, pianti anche questa vicino alla sua pianta viola. Vedrà che soddisfazione.

La Donna col Vestito a Fiori ne fu meravigliata e felice.
 Mai le era capitato di uscire dall'ufficio postale con qualcosa di più che una ricevuta.
Quel giorno, aveva con sè un rametto di foglie verdine che presto avrebbe trovato posto sul suo terrazzo, e già pensava, attraversando al piazza, che tipo di vaso, se quadrato o tondo, e dove l'avrebbe collocata.

E si rese conto che gran parte delle sue piante avevano affrontati lunghi viaggi per arrivare fino a lei. Gliene aveva inviate Alice, dalla Sardegna, aveva trafugato un geranio in montagna, e pochi giorni fa aveva portato con sè un pò di Sicilia sottoforma di piantina del terrazzo di Mari.
E che la stessa piantina viola, capostipite di una vera e propria selva in un' altra casa e in un'altra Isola, era stata raccolta in un giardino abbandonato molti anni prima, a Capri.

Nessuna cosa al mondo succede per caso, ogni sentimento, ogni sorriso, ogni carezza, financo ogni pianto  sanno sempre da dove vengono e hanno sempre un posto esatto dove andare.
E ogni cosa cura e solleva, accarezza e stringe migliaia di persone, e passi e chilometri  e distanze e destini e storie.
Ogni cosa.
Anche le piantine.
Soprattutto quelle regalate, una mattina di luglio, all'Ufficio Postale.






Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...