01 agosto, 2018

Le Cartoline.

Nessuno le scrive più, oramai.
Se proprio vuol far sapere a qualcuno che lo pensi da un luogo di villeggiatura, meglio una foto del tramonto, o una granita, o un'immagine di te sul materassino. Arrivano subito e senza troppa poesia.

Ma a me, le cartoline piacciono sempre.
Mi fermo spesso a guardarle, qualche volta le compro anche, ma non le spedisco. Pensa alla faccia di chi riceve una cartolina, adesso.
Eppure, ne ho sempre scritte tantissime, e ricevute, ultimamente, qualcuna, dalla mia amica Renata, per esempio. Le ho conservate tutte.

Da ragazzina, passavo l'intera estate a Varigotti, in Liguria.
A una settimana dalla partenza, appena dopo aver finito i compiti delle vacanze, c'era, per mio fratello, mio cugino Maurizio e me, il Momento Cartoline.
Una noia mortale.
Ci si doveva ricordare del vicino di casa, della maestra, delle zie, della nonna...
Ma Cosa Le Scrivo Che La Vedo fra Poco?
Scrivi Che ti Diverti.
E poi tutti quei codici postali, mio nonno aveva un libriccino con tutti gli indirizzi possibili, ma non saprà mai che spesso, anzichè andarle a spedire alla buca rossa in vico Mendaro vicino al'Evelina, passavo prima dalla spiaggia a vedere chi c'era, e magari mi fermavo pure per il bagno o per giocare a pallavolo o chiacchierare. Le cartoline? Riportate a casa e consegnate a mano. 

Mi piacciono le cartoline e i loro espositori.
Quelli che girano, più di quelli fissi.
Mi piaceva farli girare, e trovare quella più adatta, sempre col sole, e senza scritte, spesso ci scrivevo un poema dietro e mio nonno mi diceva di stare molto attenta,  che il postino avrebbe letto tutto, allora cercavo di scrivere cose belle e in bella scrittura. Che scema.

L'espositore dell cartoline gira e gira. Lentamente se vuoi scegliere. Più forte se non sai che fare.
E càpita che,  a farlo girare troppo,  prenda una velocità supersonica, incontrollata, e giri e giri come una giostra immaginaria. E con la velocità, le cartoline scivolano fuori dai loro spazi, i tramonti, le spiagge, le barche, le luci, e SalutiDa vanno ovunque, sottili come sono e il vento le trascina, e le porta lontano, nei posti più impensati, e vanno e vanno e tu non riesci più a controllarle, e non sai più dove sono, e anche se le cerchi non le troverai e non potrai più metterle al loro posto, nell'espositore che gira.
Ormai, sono andate in giro per il mondo.

Così come certi amori, non sai più dove si sono cacciate.
Così come certe parole, che hai fatto uscire e disseminato per il marciapiede, sotto alle macchine, financo in cima alle palme di Vico Mendaro, non riesci a recuperarle per metterle al loro posto.
E arriverà l'inverno e le troverà, l'estate e le ritroverà, ingiallite dal sole, scolorite dalla pioggia, ma saranno sempre lì, sparse.

Scrivevo sempre Tanti Cari Saluti e Tanti Baci.
Chissà dove sono andati i baci che ho scritto sulle cartoline.
Chissà dove vanno le cartoline che spedisci nel mondo.
Restano sempre
Come certi amori, come certe parole.








20 luglio, 2018

Le Righe di Terza.


Ero sempre così concentrata nelle prove di bella scrittura. 
Stavo attenta a toccare tutte le righe, a pensare bene dove dovevo andare, quale riga dovevo toccare, se stare in quella sotto o superarla, o andare giù o fermarmi a metà. 
Niente ti insegna a scrivere bene come le righe di terza.

Ero una bambina coi capelli lunghissimi, il colletto di pizzo, il grembiule nero e lo scudetto al braccio con scritto III e avevo una compagna di banco che si chiamava Claudia. 
Una volta le nostre mamme ci comprarono senza saperlo le stesse scarpe di vernice col cinturino. Eravamo felicissime e ci sembrò un’ingiustizia quando la maestra ci cambiò di posto, avevamo le stesse scarpe, come osava. 

La mia terza elementare la ricordo a sprazzi, ero incaricata di ritirare i quaderni e cancellare la lavagna. Perché, spiegava la maestra a mia madre, Se Non la Faccio Alzare, Chiacchiera Troppo.

I miei pensierini  erano sempre quelli appesi nel Cartellone dei Pensierini che si faceva ogni mese.
Non sapevo fare i problemi, nemmeno quelli La mamma ha 2 dozzine di uova, e ne rompe 3 , per dire.
Ma scrivevo bene. Forse, era merito delle righe di terza.

Sono righe strane, non comuni, non so nemmeno se si usano ancora. Non ho più figlioli alle elementari e credo che l’ultima nemmeno li abbia usati a scuola, glieli facevo usare io a casa, affinchè si esercitasse a scrivere bene, con una bella grafia, che è importante scrivere ordinate e bene. Non so se ci sono riuscita, ma i messaggi di mia figlia sulla lavagna della cucina mi spiace sempre cancellarli.

Le righe di terza non è vero che ti fanno sacrificare le lettere, forse si schiacciano un pochino, ma tu devi dare alle lettere la giusta rotondità, perdonarti un pò quando non tocchi la riga in alto, e andare lentamente con la penna o con la stilo, in modo da pensare bene a quello che scrivi.
E prima di scrivere devi avere chiarissimo quello che devi dire, le parole hanno un senso, un peso, un colore e un modo. Feriscono, abbracciano, cullano e uccidono.  Sanno consolare e strangolare, sanno essere salvezza e condanna,  carezza e schiaffo, ambrosia e fiele.

Scrivo spesso a mano, scrivo biglietti e appunti e le poesie che so a memoria, una volta in treno ho scritto un pezzo dell’Adelchi che so a memoria, perché non avevo un libro e nessun lavoro a maglia, e credo che la mia vicina sbirciando avesse detto, Questa è Scema.

Le righe si terza mi hanno insegnato a scrivere meglio di quello che so per certo, con le maiuscole quando serve perché le maiuscole vogliono dire educazione, le minuscole invece sono un esercito di piccoli soldati che insieme fanno una pagina di sillabe e le sillabe parole e le parole pensieri e i pensieri quel che ti detta l’anima, il cuore, il sentimento e i suoi inganni, la vita stessa, la mente e i suoi disegni,  il mondo intero.

Ho trovato un quaderno mai usato, ho provato a scriverci e le mie parole sono rotonde, maiuscole e minuscole, non escono dai bordi, stanno a margine ordinate, scivolano fuori dalla penna, nascono dall’inchiostro come piccolissimi arabeschi, disegnano un romanzo mai scritto e obbligano a scrivere lentamente, anche ascoltando l’impercettibile fruscio del pennino sulla carta Fabriano.

Ho mille cose sparse in giro, alcune già caricate su un furgone, tutta la mia vita, quella dei miei figli e di tutte le cose che ho fatto, altre case, cartoline, feste, biglietti, fotografie nastrini e cose, il mio cappellino da sposa con i fiori rinsecchiti,  e ogni cosa un racconto, un'immagine di persone lontane o vicinissime e sensazioni e ho troppe cose e non posso fermarmi ma mi siederei qui, fra la scatola dell'Allegro Chirurgo e gli spartiti e i dizionari e farne  un racconto lunghissimo, scritto in bella scrittura, lentamente, su un quaderno a righe di terza.

10 luglio, 2018

La Collezione di Pastelli Viola.






Colorava il mondo così.
Possedeva una manciata di pastelli viola. Da anni.
Li aveva sottratti agli astucci in disuso dei figlioli alle elementari, ne aveva acquistato qualcuno, insieme alle matite da disegno, alle stilografiche, ai pennarelli, con la punta fine, spessa, media...viola, sempre.
E alle biro, quante biro viola sparse, i Tratto Pen, le penne a scatto.

ma i pastelli avevano un fascino speciale.
Ci colorava tutto, anche quello che colorare non si poteva, o che aveva perso lucentezza lungo la strada, lungo il cammino tortuoso e spesso infido che hanno certe cose

Aveva mano leggera, a colorare. e stava nei bordi. Diligente, iniziava prima dal centro, sempre nello stesso verso per dare omogeneità, e poi ai bordi, piano piano, con attenzione, girava il foglio per essere più comoda, e si fermava di tanto in tanto, storcendo un pò la testa di lato, e allontandosi un per vedere che effetto aveva tutto quel viola tutto insieme.

La Collezione di Pastelli Viola era preziosa, al pari di quell'altra, quella dei Pastelli Dimenticati, che però, erano di tutti i colori.

Colorava e colorava.
Giorni bui per farli più lucidi, giorni belli per farli ancora più lucenti, e case, strade nuove, l'insegna di un piccolo supermercato di città, non moderno, ma con la musica e le cassette di legno piene di insalata vera e non delle buste, e le offerte scritte a pennarello, Albicocche 2 Euro, con la scrittura bella che ti risulta con il pennarello a punta quadrata. Da professionisti.

 Colorava i vasi  per i balconi, e il campanello con i nomi nuovi di zecca,  il mazzo di chiavi sonnecchiava beato in fondo alla borsa, solo una targhetta, viola anch'essa, con il proprio nome, la cerimonia di consegna delle chiavi al resto della famiglia si sarebbe svolta fra qualche giorno. 

Colorava la farmacia, la piazza e la fontana, le mattonelle dell'ingresso e la cassetta della posta.

Coloro di viola queste scatole, queste lenzuola e questi piatti belli del giorno di Natale.
Coloro di viola i grembiulini dei miei figli, quelli col nome ricamato di lato, coloro le scarpe da calcio, le scarpette da danza e i costumi interi da piscina taglia 4 anni.

Coloro di viola il mio abito da sposa, il Monopoli del solaio, i biglietti dei compleanni di persone che non sono più nella mia vita. Coloro di viola gli zaini di scuola, gli sci, le tute di Amaranta, le tesine, i dizionari, la scatola del cucito, e le partecipazioni di nozze delle mie amiche. Che non ci sono più per davvero.

Coloro di viola anche i miei pensieri, che se sono viola sono più belli, ci faccio tutte le sfumature possibili, dal lillà al lavanda, che non è la stessa cosa, proprio no.

E poi, quando la punta è consumata, tempero piano, appena appena, per non sprecare nemmeno un pò di colore e con il merletto che esce dal temperino faccio il vestito di una ballerina che danza e danza sulle punte e gira su se stessa, e la testa non le gira mai, c'è una musica sottile e un palcoscenico immaginario, e coloro, coloro anche fuori dai bordi stavolta, la Collezione di Pastelli Viola la porterò con me ovunque andrò, la chiudo in una scatola, insieme alla ballerina, la musica era un carillon e il vestito solo matita temperata, i carillon non piacciono a nessuno e la ballerina è un pò rovinata, ma ha il vestito da ballo più bello del mondo e allora va bene.






Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...