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29 aprile, 2007

Dite a Jo che l'adoro.

Oh, sì, ci ha tenute per un pò con il fiato sospeso. Questo benedetto pacco non arrivava mai. Un Purple Meme fuori programma, privatissimo, solo per due fanatiche del colore viole in tutte le sue più deliranti declinazioni. Quello che abbiamo portato a termine nei giorni scorsi, la Jo e la scrivente, è quanto di più gradevole, elegante, sorprendente possa mai venire fuori dalla blogosfera. Alla fine il mio pacco è arrivato a lei, e il suo, eccolo qui. Una trousse di seta, carta per foderare i cassetti gusto lavanda, orecchini smaltati, incensi, una coperta di pile a cuoricini, e poi saponi e portacandele, un biglietto dalla sua collezione privata e una fila di perline decorative da mettere dove mi va. Bellissimo. Scoprire che, da qualche parte, c'è qualcuno che ha le tue stesse passioni, che ricama in modo dannato per ore, che compra a raffica oggetti improbabili viola purchè viola, è davvero una grande sorpresa, un regalo, non so come dire. La felicità viaggia attraverso le Poste Italiane. Colorata di viola, com'è ovvio.
Grazie, Johann.

12 aprile, 2007

Brutte ma...

...come dire, dei tipi. Da tenere d'occhio per la prossima stagione, anzi, da accaparrarsi subito e accantonare, per infilarle poi velocemente in valigia. Sia che siate diretti ai monti che ai mari, le Crocs, che belle non sono, vi daranno subito un'aria super trendy. Viste parecchio, in questo scorcio di gelida estate, e nei colori più vivaci. Bellissime arancioni e fucsia. E poi, al modello plain, ci si possono attaccare una serie di graziosi oggettini colorati che le renderanno uniche e personali. Certo non è che fanno il piedino fatato, ma ad una prima occhiata, mi sa proprio che la moda estiva di quest'anno sarà per la comodità. E per il colore. Come dire, brutte ma buone. E chicchissime. Da avere, al più presto.



Inutile dire che le vorrei...le vorrei....così!




13 marzo, 2007

M'illumino di brillo.


Siamo sul frivolo. Si imparano tante cose dalle giornate dove entreresti di buon mattino dal fornaio, non già per comprare caldi croissant e pane fragrante, quanto per farti regalare un sacchetto marroncino da infilarti sull testa, non prima di averci fatto i due canonici buchini per gli occhi. Si imparano tante cose dalle giornate in cui non ce n'è per nessuno, che sei serpe e medusa, imperatrice e lavandaia, in alternanza e che davanti a scuola ne hai avute per tutti, e le tue sagge amiche si son guardate di sottecchi, dicendosi mute, massì, domani le passa. Stamattina va decisamente meglio. E quel che ho imparato lo metto a disposizione dell'umanità tutta. Ci si alza e si comincia a saltellare, si respira a fondo, si accende la musica, non troppo forte, si svegliano i ragazzi a baci, si abbraccia forte il tuo sposo in cucina, si fan due o tre cosine indispensabili, una rassettata qui, una merenda di là, ci si veste non troppo da corsa, tacco basso, signora mia, che magari si avrà pure il tempo di una passeggiata, o di un'escursione in centro con la bicicletta del Comune, quelle arancioni con la chiave, pedalare con la zeppa è una tortura, non lo sapeva? E poi, al trucco, per ovviare un pochino al color nebbia della faccia, via, lasciamoci conquistare da una passata di terra sberluccica e translucente, e già che ci siamo, e per niente farci mancare, che male fa una passata di quel mascara di Capodanno, coi luccichini. Effetto Fata Turchina? E se anche fosse? Meglio brillare che aver lo sguardo perso nel vuoto e l'umore più nero del nero di seppia. Il brillo aiuta. Si saluta la prima infornata di figlioli con una bel sorriso, si accompagna la picci e le si scrive in un biglietto "E' lucente il tuo mattino se hai in tasca un Pavesino", e si inzia, brillantinose e allegre, la giornata che c'è. Voilà. E speriamo che nessuno scambi i brilli per congiuntivite. Già successo, signora cara, già successo.

03 marzo, 2007

Voglio lui.


Non sono dotata del minimo senso dell'orientamento. Riesco a perdermi dovunque. Nei parcheggi sotterranei, nelle metropolitane delle città straniere, qualche volta nei centri commerciali che non conosco. Io non so, io non ricordo strade e percorsi, io non memorizzo paesaggi e itinerari, io non so leggere le cartine, io non, insomma. Vado in giro a naso, o con qualche anima pia che mi accompagna. Mi diverto da morire, badate bene, sto persino organizzando un week end a Parigi toute seule,così posso girare e perdermi in santissima pace, non si ha idea di quanti posti insospettabili e meravigliosi si riescono a scoprire, a piedi, perdendosi in una città che ami. Quindi, a che mi serve un navigatore satellitare? A quasi nulla. E infatti, a nulla mi servirà Io, questo Buddy, lo comprerò solo perchè è troppo bello. Di un rosa ciclamino, metallizzato e con farfalle incise, direi che è un vero e proprio inno alla primavera. Mica lo userò nella sua vera funzione! Io, i navigatori satellitari, proprio non li sopporto. In macchina io voglio musica, o chiacchiere, o silenzio, e non prendere-la-seconda-uscita-a-destra, con quella voce metallica da professoressa di matematica perfettina che mi dà i nervi. E non li so neppure impostare, in verità. Solo, sulla mia macchina starà troppo bene. Farà un effettone. Ha soltanto in dotazione le mappe del Regno Unito, quindi, se cercassi un luogo dove fare una ceretta, che ne so, a Glasgow o a Dublino, lo troverei in pochissimi secondi. Ma dell'Italia, un bel niente. Però, è bellissimo. Lo acquisterò, lo appiccicherò sul cruscotto della mia automobile, lo terrò rigorosamente spento e continuerò a perdermi e a perdermi e a perdermi, per sempre. Però, lo farò con classe.

01 febbraio, 2007

Occhiali da luna.



No che non sono da sole. O forse anche. Ma questi occhiali, che vanno a impinguare la mia già ben nutrita collezione, sono occhiali speciali. Ricordano Stenmark e Thoeni, la Valanga Azzurra e quella Rosa. Bellissimi. Hanno quest'aria semplice e dimessa, eppure li trovo così esclusivi, sportivissimi eppure così eleganti, da ghiacciaio, forse, da neve, assolutamente. Da luna, ho deciso. Non importa se piena o a metà, se velata o limpidissima. Da luna, e basta. Per guardarla e sentirla più vicina. Per guardarla e dirsi ma che bella è. Per guardarla come si fa sempre, da sempre, che sia inverno e che sia estate. Per guardarla e pensare, anche qui, non importa a che cosa. Lei, intanto, guarda giù. Alberi e case, amori inventati e amori mai finiti, macchine e cose, musiche e poesie, risate e sospiri, fughe e sogni, sorrisi e promesse, baci e sguardi. Occhiali da luna. Assolutamente perfetti per stasera, che è luna piena. Il must, mi sembra ovvio.

31 gennaio, 2007

Oro, argento e bronzo.


Va bene, Natale è passato da un pezzo, siamo ai giorni della Merla, cara signora, non se ne era nemmeno accorta. E col Natale, via le luminarie, i lustrini e i lamè. Mica tanto, però. In questa giornata più grigia del grigio e più fredda del freddo, un giro per il centro, di sfuggita che siamo di corsa e che devo stirare, ohibò, che snob dire non che vado in palestra, vado a farmi un massaggio o dal parrucchiere, e invece no, signora mia, vado proprio a stirare, sìssì, con le acque profumate da cambiare a seconda dell'umore, oggi, per esempio, stiro alla Felce Azzurra, ogni pieghina un bacino d'amor. Beh, vabbè, mi lasci pure cantare una canzoncina alla sua portata, signora cara, che se mi metto a cantarle Bersani o Ligabue lei mi và in confusione. Insomma, un giro in centro. Un caffè alla nocciola con la mia Amica, qualche spesuccia innocente, e la baguette del Corso, che almeno si fa finta di essere a Parigi, Gliela Taglio? Mappercarità, sacrilegio tagliare in due una baguette. Il guaio è che la profumeria la piazzano proprio lì. E mica si può cambiare strada. Il richiamo di una sirena. E tu dici, massì, un giretto da niente, mi spruzzo un pò di profumi a caso, mi provo un rossetto, che male faccio, in fondo. E invece il male lo faccio eccome, adocchio una Limited Edition Chanel che ha turbato i miei sonni nelle ultime settimane da desperate housewife o presunta tale. Oro, argento e bronzo, nossignora, non sono medaglie, ma puro lusso dove tuffarcisi-vi-ci, una magica polverina, misteriosa quanto basta, lucente e perfetta per occhi fataturchinosi, per sguardi da cinema. E' mia. Da qualche ora, la Chanel Polverina fa bella mostra di sè sul ripiano del mio bagno. Usare con parsimonia. Un brillo qui, un altro là. Che stiriate o spazzate, di Pronto o di Vetril, almeno, che lo facciate con classe. Da medaglia.

22 gennaio, 2007

Passa in un attimo.



Non che sia un fiore di maggio, quest'oggi. Certo, nulla di grave, un raffreddore in piena regola, mi sento un pò scentrata e anche un pò rincoglionta, si può dire? anche perchè mi sono ostinata in questo inverno tardivo a circolare sulle strade del Monferrato senza calze. Vabbè, c'è di peggio. E dato che io appartengo a quella categoria di persone che non sta MAI male, neppure quasi partoriente e/o con nascituro pronto a diventare neonato, il fatto che io sia, come dire, fuori fase, rappresenta un'assoluta novità per me e per gli altri abitanti della mia casa. Coccolata, ecco. Mio marito è premurosissimo, acquista per me confettini per il mal di gola e si è offerto volontario di gestire tutte le transumanze dei figlioli, pur di compiacermi. ATTENZIONE. Questa magia durerà soltanto fino alla mezzanotte di oggi. Dopodichè, il mio sposo scuoterà l'amato capo e sentenzierà che forse non è il caso di farla tanto lunga per un raffreddore da niente, e che, cribbio, non era nemmeno il caso di andare in giro discinta in pieno inverno, e che forse, a quarant'anni e spingi, madre e moglie esemplarissima, un pò di sale in zucca lo dovrei testè apporre, no? Come dargli torto? Ma, signora mia, il collant è così out nella stagione invernale duemilasette! Che fare? Idea. Ho acquistato giorni orsono, in un anonimo discount, un termometro di rara bellezza, viola, appunto, bellissimo ma costantemente fermo sui 39 gradi. Dopotutto, per 1,99 euro, cosa pretendevo? ma ecco che mi accorre in soccorso. Mostrerò al mio sposo il termometro e dirò che sì, son cagionevole di salute, mi trascinerò caracollante al più vicino supermercato per fare la spesa, ma come vede, tale sforzo potrebbe essermi fatale. Non voglio uscire. Voglio stare qui, al caldo del divano, coi fazzoletti, i giornali, il pc e la tv, voglio fare il pieno di trasmissioni trash, cercando di resistere almeno una mezz'ora, voglio sorseggiare compunta thè fumanti e tisanine, spremute e bustine al sapore di menta. Coccolatemi ancora un pochino, vi scongiuro. Scriveranno per me Ode all'Amica Risanata, se soltanto Foscolo abitasse due isolati più in là, ma vi prego, lasciatemi soffrire in silenzio (buuuuu, per un raffreddorino?). Verò è che stanotte avevo un criceto che mi girava nelle orecchie e un riccio di mare al posto delle tonsille, ma nessuno in casa mia tollera di vedermi fuori fase per più di ore 24. Tanto per cominciare, domani ho un bell'appuntamentino a Milano. E la mia influenza, voilà, sarà già passata. Per amore o per forza. Ma, mi sovvien, non è forse ancora stagione di saldi? Molto bene benissimo, mi recherò con gioia. E farò incetta, manco a dirlo, di calze e collant. Di cachemire, però.

01 dicembre, 2006

Glitter.


Mi chiamano Gazza Ladra. Mi piacciono i brilli, i lustrini, le cose che luccicano. Le scarpe che splendono, i trucchi che illuminano, gli orologi impossibili, con il quadrante pieno di polverina argentata, che devi scuotere per vedere l'ora, e sembri un pò pazza Che Ora E'? e tu lì a dare colpetti sul quadrante per vedere le lancette. Mi piacciono i brillini sugli occhi, anche in pieno giorno, è una specie di magia, che copre le cose di tutti i giorni e le fa diventare un pò speciali, diverse, più belle, di sicuro. Mi piacciono le penne che scrivono in glitter, ci ho scritto lettere e auguri di Natale, le ho di mille colori, viola, in sovrannumero. Il brillio mi fa sentire bene, in ogni momento dell'anno e con qualsiasi temperatura. Col freddo, scalda. E' salutare. Permette di iniziare un fine settimana che sa un pò di festa, domani riede dall'ospedale il giovane Holden, saremo lì tutti a coccolarlo e a farci raccontare la sua mirabolante avventura.Il brillio ti fa sentire una diva anche se hai una faccia stanca, inespressiva e color sogliola, come dire, la tira sù. Una passata di terra sberluccicosa, un gloss da Fata Turchina e il mondo ti sembra già un luogo meno buio, i sorrisi più luminosi, il sole più brillante. Questo Primo Dicembre duemilasei non poteva cominciare meglio di così. D''oro e d'argento. Glitterato. Brillantissimo, anzichenò.

03 novembre, 2006

Dal sandalo al piumino.


Una bella botta. Arresa, alla fine. Al piumino, alla maglia a collo alto, e, sventurata, alla calza. Il sole beffardo è sempre qui, mi piacerebbe che ci fosse uno di quei tempi da lupi che avallerebbe la mia non più prorogabile decisione. Fa freddo, certo, ma c'è il sole e se guardi dalla finestra ti dici, ma come, io, con le calze? E sì certo, è il 3 di novembre, bellezza, e forse è ora, non foss'altro per quella sequela di starnuti nemmeno tanto chic che ha reso partecipe il resto della casa del tuo risveglio mattutino. e che ti ha accompagnato, scarruffata e barcollante e imprecante e amabilmente orribile in quella vestaglia a quadrettini rossi che hai comprato la settimana scorsa, che è tanto country e che ti fa tanta allegria ma se chiedi a tuo marito avrebbe magari preferito un effetto più Ti-Vedo-e-Non-Ti-Vedo che non quello, ahimè, Sciura-Marisa-Che-Fa-I-Mestieri. Va bene. Arresa, si diceva, alla calza coprente. Nera come la notte. Ci si concederà qualche divagazione sul tema, non son tipo da reggicalze se non per occasioni, come posso dire, da combattimento. Ah, signora mia, l'uomo, si sa, ama il reggicalze, se lo faccia dire da me che modestia a parte ne so qualcosa, una vera donna toglie e mette il reggicalze con disinvoltura, così come prepara la caffettiera. Che donna sarò mai, allora, se ci metto un quarto d'ora ad agganciarlo, e poi mi dà noia e poi la calza mi scende, tapina, fino a metà coscia, e poi mi verrebbe voglia, magari nel bel mezzo di una cena stra-importante, di correre a casa e infilarmi un bel paio di calzerotti di spugna, quelli da tennis, col pomponcino rosa dietro alla caviglia? Ma il tubino nero si impone, cara la mia bella contadinotta, e che la calza sia velata. Farò un giro da Calzedonia, cercherò quelle Pierre Mantoux di pizzo che impazzavano negli anni 80. Ma la calza coprente è il mio must. Semplice, nera, non so quanti denari, ma coprente. Che ha i suoi bei vantaggi. Uno su tutti, puoi anche scordare di prenotare la ceretta. Se si chiama coprente qualche cosa vorrà dire, no?

05 ottobre, 2006

Vitamine.


Fanno bene. Come il Cebion per il raffreddore, come la Citrosodina per la nausea. Illuminano, una faccia un pò disgustata, stamattina, un pò di ansia e un pò di agitazione, consolano per l'abbronzatura che và via per virare a un più triste color sogliola, tipico di questa stagione, fenomeno irreversibile per chi recalcitra a sottoporsi a lampade abbronzanti. Roba passata. Và il pallido, il lunare. Un giro di perle, meglio se tre o quattro, fa subito la sua bella figura. Rilassa. Scalda. Per non parlare del rumore, quel metallico discreto, quando si sgranano ad una ad una, come il più pagano dei rosari, sguardo perso nel vuoto, con una decisione da prendere e/o un'idea da farsi venire. Il rumore delle perle, è stato provato da recentissimi studi nell'università di casa mia, ha benefici poteri anche sull'umore, sullo stato delle cose, sui sospiri da fare per cancellare eventi sgraditi e alzare le spalle, senza girarsi, senza rimescolarsi troppo in pensieri che ci appiccicano e ci rendono fermi e pesanti. Le perle consolano. E il loro rumore celestiale tiene lontano da voi sortilegi maligni, incantesimi del lago, misteri, magie, apparizioni e sparizioni. Così, farneticando, monatti chic del nuovo millennio, con andatura elastica e tintinnio discreto, sfoggiatele con grazia. E se son fintissime, che male c'è.

04 ottobre, 2006

L'è un grand Milan.

Ci voleva una bella foto del Duomo.
Niente, questa mattina Blogger fa le bizze e niente succede se si cerca di pubblicare una foto. Mah!
Ieri sono stata in visita pastorale a Milano. In realtà è stata una faticosa e pesante giornata di lavoro indefesso, fino alla mezzanotte, quasi, essendosi conclusa con una cena, di lavoro anch'essa. Ma diciamo che mi sono presa le mie belle, piccole (?) innocentissime soddisfazioni. Tanto per cominciare un succulento succo di pomodoro ai tavolini traballanti di Cova, che già lì ti senti meglio anche se hai passato una mattinata d'inferno e ti è venuto il sedere quadrato a forza di star seduta in quelle odiose poltroncine delle insulse sale degli hotel adibite alle riunioni, dove non c'è niente di bello da vedere, e c'è un odore finto profumato e potrebbe anche venire una tromba d'aria nel frattempo, fuori, e che tu non te ne accorgeresti neppure, perchè tanto non c'è una finestra nemmeno a pagarla e anche se sei in un hotel a mille stelle è tutto squallidino e grigiolino e ti viene voglia, a tratti, di dire, signori carissimi, tante care cose ma io me ne vado, abbiate pazienza, ma sapete com'è, c'è un sole pallidino fuori, e se tanto mi dà tanto, è uno degli ultimi, siamo agli inizi di ottobre, vedete, e ci scommetto che domani ci sarà la nebbia e allora me ne vado, ossì, e voglio sfiancarmi di vedere vetrine e comprare cosine inutile e superflue, una magliettina, un quadernino, voglio andare da Feltrinelli e sfondarmi di libri da non sapere più dove mettere, e voglio entrare da Prada e provarmi le scarpe con il buchino sulla punta, quelle che aveva mia zia che io avevo sì e no anni 2. Bene, tutto ciò non si può fare. O meglio, non proprio tutto. Certo, si deve stare qui, ad ascoltare. Certo, si deve fare il proprio intervento. Certo, si devono gestire una serie di obiezioni e di domande assurde e di ovvietà e di attacchi al proprio operato, ma che fa. Che fa se poi a un certo punto si scappa davvero, un paio d'ore prima della cena, e si entra in un negozio a caso e si viene invitate testè a scegliere quello che più ti aggrada, in virtù del fatto che il giorno prima era il tuo compleanno e sembrava solo che fosse passato inosservato e invece no, eccoti qua, una signorina in tailleur nero tutta per te che ti consiglia, guida, specifica, abbina, decanta, descrive. Fatto. Ho avuto il mio regalo. Mai fuga, seppur breve, fu più fruttifera.

17 luglio, 2006

Il pareo.


Sembra che esistano 101 modi per annodare un pareo. Ne conosco due o tre, impararli tutti non è impresa che mi attira. Il pareo fa il suo ingresso negli armadi delle donne di età compresa tra i 9 e i 75 anni, diciamo verso la fine di maggio. Dopodichè, fino ai primi di settembre non si abbandona più o quasi. Il pareo abbatte in modo deciso la differenza tra l'essere vestita e non esserlo, tra il composto e il discinto. Risolve, ecco. Nasconde rotondità da occultare al popolo del bagnasciuga, fa sentire a posto nel breve o meno breve tragitto che separa il nostro asciugamano, lettino o scoglio selvaggio, dal più vicino luogo di ristorazione. Dona insospettata eleganza alla mamma che, a pagina 3 del suo nuovo romanzo, viene interrotta dall'infante piagnucoloso che ha smarrito la paletta. Soccorre, se la giornata al mare viene conclusa con una semplice pizza senza nemmeno passare da casa per una doccia, giusto il tempo per guardare il tramonto sulla spiaggia ormai deserta. Basterà tenerlo un pò più lungo e annodarlo con discrezione. Sembrerà una gonna. Il cassetto dei parei deve essere, per forza di cose, disordinato. Si sceglierà, in assoluta nuance con il costume del giorno e in base al meteo, mi sembra ovvio. Maestralata? Colori decisi. Brezza leggera e mare calmissimo? Il bianco, in assoluto. Qualche nuvola? Puntate sul fior di loto. Il mio pareo preferito è viola, ma pensa un pò, e con tanti gechi disegnati. E' un regalo, da Formentera. E ha fatto la sua bella figura in più di un'occasione. Ad ogni fine estate, lavandoli e riponendoli, i parei vi riparleranno dei luoghi dove li avete sfoggiati, lo scoglio sul quale lo avete steso, quella volta che vi era volato via, e quella invece che avete quasi pianto, pensando di averlo macchiato di olio solare. L'estate starà chiusa nel cassetto insieme a loro, fino al prossimo sole, al prossimo mare, al prossimo tramonto. Il pareo non dimentica. Quasi mai.

07 luglio, 2006

Mai più senza.


Credo che a tutti, dalla casalinga plurimamma ai single impenitenti, sarà almeno una volta nella vita, capitato di stilare una lista della spesa. Personalmente, la trovo rassicurante. Mi annoto infatti con precisione cosmica ogni cosa: latte, uova, ammorbidente. Magari su un bel cartoncino semirigido che non si sgualcisca, e con un bella penna ad inchiostro glitterato.. Magari, viola. Vediamo allora di stilare, in una mattinata di vento profumato, quel che serve per un'estate, per una piccola vacanza, anche solo per una cena su un terrazzo di città. Tralasciando un costumino grazioso, una ciabattina gioiello, un caftano, si aggiunga, senza tema di smentita, il Fluide de Beautè Paillette. Carita, ovvio. Ne avevamo già parlato, ma questo, care le mie signorine, è con i brilli. Lusso e scelleratezza. Abbronzante, doposole, nutriente, sui capelli, profumatissimo, per illuminarsi d'immenso dopo una giornata di sale e di vento. Che sa d'agrumi, già si sa. ma la vera magia è rappresentata dal fatto che i brilli, impalpabili e delicatissimi, non scivolano via con un crawl impeccabile o con un semplice sguazzo che sia. RImangono miracolosamente avvinghiate alla pelle già biscottata, donando riflessi lunari, stile Zeudi Araya, tanto per capirci. E gridolini di giubilo in chi vi annusa. Luminose e deliziose, sarete pronte per la cena all'agriturismo fra le rocce, rifuggendo, snobbissime, il clangore caciarone della vicinissima Costa Smeralda, il look tutto bianco, il sandalo a stiletto, la gonnina inguinale molto dopo il diciottesimo anno, il tettame gommoso, il gioiello vistoso. Luminose e deliziose, praticamente, perfette. Basterà una canottierina, jeans discreto, zeppa da viale e niente smalto. Il brillio incontrerà. Sconsigliato in caso di storie torbide e/o amorazzi estivi da nascondere. Il brillo, s'aggrappa. Dont' forget.

08 giugno, 2006

Egli.


Il consiglio è vecchio come il mondo. Vuoi tirarti sù? Fatti un giro dal parrucchiere. Risaputo, scontato, trito e ritrito ma sempre efficace. In linea di massima un giro dal parrucchiere, una, se deve proprio farlo, che lo faccia in grande stile. E che sia, in assoluto IL PARRUCCHIERE. Nella città che è stata la tua, e che ancora smodatamente ami, che hai girato questa mattina un pò da turista, le Olimpiadi lontane, regalandoti il privilegio sottile di fare anche qualche fotografia, a questa città intatta, pulitissima, un pò svizzera, anche. ma veniamo a Lui. Lui non taglia. Crea. Vuoi il caschetto così, la sfumatura così, la lunghezza così? Ma starai mica scherzando, vero? Sarai mica tu a decidere, cocca. Decide la moda, la tendenza, il tuo viso tondo che non si intona a caschetti Valentina style, ma come, se lo porto da mille anni? Appunto. Più che un salone di bellezza un opificio. Sono in tanti. Fanno pensare a un esercito napoleonico e il celere ubbidir qui proprio uno scherzo non è. Anche se ancora la differenza tra chi ha la Tshirt bianca e chi invece ce l'ha nera ancora non l'ho capita. La vera essenza di un parrucchiere di grido si vede già al lavatesta. Non scappa uno schizzo che sia uno, il massaggio per lo shampoo è a metà tra uno shiatsu e una terapia intensiva. La goduria vera. In più, alla fine, la signorina ti flauta sommessa, Facciamo Un Risciacquo ad Acqua Fredda? e lì è il delirio vero. Si passa poi nelle sue mani. Che muove peraltro con una grazia tutta sua, un pò Barnard un pò Michelangelo, che dire di più? Un taglio qua, accorciamo qui, alleggeriamo di là, la frangia và così, voilà, in cinque e tre otto l'Artista ha creato la sua opera. Sono uno schianto. Non importa se domani l'incanto svanirà, mi basta oggi. Un taglio ottimale devo essere splendido anche dopo mesi. E questo, che secondo i miei calcoli dovrebbe arrivare intonso fono ad ottobre inoltrato, modestamente lo sarà. Certi trattamenti, a ben pensarci, dovrebbe passarli la mutua.

01 giugno, 2006

Che sian squadrate!


Certo, son problemi. E seri, cara la mia signora. La mano, quest'anno, come sempre, del resto, la dice lunghissima sulla sua proprietaria. Ho già detto la mia sulla cura e pulizia degli arti inferiori, prima di sfoggiare zeppe dorate e sandalini capresi. Ma la mano, anche d'estate, deve avere la sua ribalta, il suo momento magico, la sua bella fetta di attenzione. Ma procediamo con ordine. L'unghia della mano non và in nessun caso mangiucchiata, nemmeno nei momenti più tremebondi della nostra esistenza. Molte impenitenti viziose ricorrono alla ricostruzione, che dona in effetti un aspetto curatissimo a mani in pietoso stato di abbandono al loro bieco destino. Ottima scelta. Ma a chi, come a me, piacciono le cose naturali, ecco che il dover squadrare, limare, dare insomma un aspetto glamourous alla nostra mano, diventa un vero e proprio momento di riflessione profonda. Come? Quanto? E soprattutto, ahinoi, di che colore? Molto semplice. Il non colore sarà in assoluto la nostra bandiera dello stile innato, del fascino e dell'eleganza. E non parlo di trasparente, lo si intenda bene. Parlo di lattiginoso, lunare, stellare. Magari, con l'aggiunta di qualche glitter che raggiungerà il suo massimo di visibilio con la prossima abbronzatura. Niente è più chic di un'unghia curata, squadrata, brillantinata il giusto. I rossi purpurei lasciamoli alle altre, o tutt'al più conserviamoli per un'occasione specialissima. Per le altre volte, Beige Naturel, e non se ne parli più. Completare con un gioiellino discreto, un anello di turchese, magari, portato con discrezione, nonchalance e un tantino di distacco. Per manine laboriose che, è risaputo, quante cose sanno far.

29 maggio, 2006

Di mandorla.

Forse è un pò stucchevole. Forse troppo dolce. Forse un tantino appiccicoso. Ma buono, buono, buono. E' il profumo che ho comprato quest'oggi, e che ho eletto Profumo Della Stagione Duemilasei. Mandorlo di Sicilia, Acqua di Parma. Tutto sommato un bel pomeriggio, alla ricerca di un degno regalo per un architetto stiloso, qualche vetrina con l'Amica, incedere ozioso e borse di paglia introvabili ma va bene uguale. Il Mandorlo se l'è cavata bene, ha il grande potere di farti sentire una fettina di torta, una granita, un dolcetto da assaggiare. Sei lì che ti annusi i polsi e l'avambraccio e dice mmmmmh, che buono. Costo dell'intera operazione poco più di 30 euro, e il solito tripudio di campioni e regalie. Un bel programma per la serata, le cose brutte sembrano lontane e, forse, un pò meno brutte, dai. Sospiro, sorriso allo specchio, dopo una mano santa sotto forma di doccia. Gusto mandorla, per forza di cose.

Must have.


E' vero, fa un pò spiaggia. Ma è il vero messaggio che serve, questa mattina. La sporta di paglia è da sempre il simbolo della bella stagione. Da ragazzina era un vero e proprio rito: ogni anno, si sceglieva il primo mercoledì di vacanza per un giro al mercato, a scegliere il cestino che avrebbe accompagnato la nostra estate quindicenne o giù di lì, lungo un fitto calendario di pomeriggi in piscina, a prendere il sole in campagna, sui greti del fiume, alla feste in collina. Da esibire, appeso al gancio del Ciao. Non è cambiato molto, nel contenuto. La borsa di una donna la dice lunghissima sulla donna medesima. Soldi e documenti, beh, ovvio. E poi, via alle scelleratezze. Fazzoletti di carta colorati,magari in un bella bustina tricot. Burrocacao dal gusto esotico, una scatola di Nivea, tonda e piatta, non il flacone, per carità. Aggiungerei un pareo colorato, l'Olio di Carita, abbronzante, protettivo, brillantinoso e profumatissimo, l'iPod e un libro nuovo. Può bastare. E vale per tutto. Per la spiaggia e per la panchina in città, sorvegliando un figliolo ai giardini o aspettando l'autobus. Stamattina, lunedì, giorno di mercato. Un cestino sciccoso è quello che ci vuole.

26 maggio, 2006

Diavolo di una scopa.

Come tutti, ho i miei feticci. I miei riti. La mie piccole manie, o grandi non so. Per esempio, ci sono giornate in cui mi rifiuto di avviare il cervello, perchè non voglio ascoltare le cose che ha da dirmi, vuoi perchè non ho soluzioni a riguardo, vuoi perchè troppe sono le questioni, vuoi che non ne ho voglia punto e basta. Giornate così non sono frequenti, fortunatamente, ma stamattina, modestia a parte, era una di quelle. Inutile cercare di combattere, sarebbe fatica sprecata. Meglio assecondare, docili e mansuete. Così, scatta l'operazione Stand By, per la quale non occorre pensare. Vado ad illustrare, nientemeno. Si deve cercare in qualche modo di avere un'ora o due assolutamente libere. Meglio se con il telefono staccato. Le più esperte possono anche lasciarlo suonare senza nemmeno guardare chi è, ma siamo già alla fase avanzata. Si scelga una strada, non troppo centrale, non troppo trafficata. SI inzia dal civico 1 e si arriva fino alla fine, o al contrario, come si gradisce. E via. Senza neppure saltare una vetrina che sia una. Macellerie, tintorie, tappezzieri, farmacie e parafarmacie non avranno più segreti. Potrete ammirare varie foggie di pane, pentole, stampelle, vernici, offerte immobiliari, calzolai, fruttivendoli, Money Transfer, tabaccherie, orologi, giornalai, cineserie, brocantage e ferramenta. Senza avere il minimo pensiero. Scollegate, semplicemente. Le vostre gambe vi guideranno, il vostro cervello avrà tempo di resettare e la vostra anima di tranquillizzarsi. Non importa COSA, importa QUANTO. Sarei quasi tentata di brevettare questa terapia della cui efficacia io sono testimonial. Dopo, si sta meglio. Soprattutto se, alla fine di questo Tour del Nulla, ci si imbatte in un oggettino di rara bellezza. Investire una piccola cifra e portarsi a casa una scopa sciccosissima sarà la dimostrazione che la terapia ha funzionato. Attenzione, però. Con Pasquale Bruni non va bene. E' l'unica lacuna. Dovrò lavorarci, mi sa.

21 maggio, 2006

Cadeaux.

Così, in francese. E' proprio il caso di dirlo. Sono oggettini di rara bellezza, a parer mio, e di squisita fattura. Francesi, appunto. Sono, nell'ordine: un pelapatate ( potrei lanciare un'altra idea, simile all'affaire del rigalimoni). E' a forma di giapponesino e ha una scopettina sulla testa. Delizioso. La grattugia invece, è una damina. Vero pezzo forte della questione tutta, la scopa e la paletta. Riduttivo chiamarle col loro nome, in realtà sono talmente belle che sarà difficile usarle per la loro vera funzione, e , qualora accadesse, sarebbe davvero un monumento alla sciccheria, all'eleganza, alla perfezione massima. Sono di Pylones, ovviamente, made in France. Regalati a me dalle mie Amiche, che condividono questa breve e splendida vacanza di tarda primavera o inizio estate, che dir si voglia. Le Amiche del cuore, quelle delle confessioni, dello scialo e del quotidiano, delle cene, dei viaggi e dei magoni, della spesa e del cinema, dei figli e della vita. Loro. Le ho ringraziate coi lucciconi, ci vuole poco, in realtà, mi commuovo sempre quando qualcuno ha un pensiero gentile e inaspettato per me. Mi conoscono come i loro cassetti. E come i loro cassetti, sanno che ogni tanto, anche io ho bisogno di una ripulita, una riassettata, una spolverata e via. Sanno, insomma. Tutto o quasi. E sanno che, alla prossima pastasciutta insieme, alla fatidica domanda Come Posso Aiutarti?, indicherò loro, con finta indifferenza, gli oggettini menzionati. La classe, ribadirlo non fa male, si vede anche sbucciando una patata. Sacrosanto.

13 maggio, 2006

Il sabato del massaggio.


Non è una cattiva idea. Anzi, non la è proprio per niente. Dedicare questo fine settimana a una piccola remise en forme, visti i precedenti e i successivi, ivi compresa l'imminente vacanza, è una cosa che fa bene al cuore, allo spirito, e perchè no, al giro coscia. Tornita dalle massacranti ore che abbiamo passato in piscina a sguazzare, in palestra a pestare, sollevare pesi e macinare chilometri sul tapiro, sotto lo sguardo assatanato del nostro Personal Trainer, la coscia non avrà che da ringraziarci se la cospargeremo prima di scrub, poi di fango alle alghe o a qualche altra diavoleria, e infine della sua bella cremina rassodante. Meglio sarà, a tale proposito, fuggire dal peccato incombente e dalla vanificazione pressochè totale di tale pratica: il Week End. Esso nasconde insidie ben note: l'aperitivo in terrazza, quello classico, olive e Martini a celebrare la semplicità e la classe, un Mamma Mi Fai Pane e Nutella, una focaccia di Recco, un dejeuner sur l'erbe...Fuggire, fuggire da simili barbare tentazioni, eroicamente. E se proprio non se ne può fare a meno, ma sì, un'oliva male non fa. Avendo cura di occultare furtivamente le prove. Il nòcciolo, accidenti!!!

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...