Con un titolo così complicato uno si aspetta chissà quale rivelazione, quale teorema, quale difficilissimo trattato. E invece no. Poche cose ti catturano come guardare gli spruzzi d'acqua che bagnano il prato. Non che abbia bisogno di uno bravo, o forse sì, ma stamattina mi sono incantata a guardare i giochi di luci, gli arcobaleni e tutti quei ghirigori che faceva l'acqua mentre bagnava il pratino di casa, come ogni mattina, intorno alle 8. Che scoperta, il pratino viene bagnato tutti i giorni sacrosanti, l'Illustrissimo Sposo ha messo a punto anni fa una sofisticatissima rete di tubicini e mini computer e timer e chissà cos'altro, affinchè ogni mattina, ogni sacrosanta mattina, alle ore 8 e qualcosa, ma sono io a non ricordare quel qualcosa, il timer lo ricorda benissimo, affinchè parta un gioco di spruzzi e rugiadine e gocciolamenti da far invidia alle migliori fontane del mondo. Stamattina, complice un sole di traverso, filtrato da nubi strane, non proprio minacciose ma lì, ferme, gli spruzzi del pratino hanno dato spettacolo, E io lì, sul terrazzo a guardarli rapita, come si è davanti al fuoco, o alle onde di Capo Testa, o a guardare la neve dai vetri. Nessun pensiero viene male a guardare le milionate di goccioline che fanno un giro nel cielo prima di atterrare sull'erba, nessun veleno, nessuna tristezza passa per la testa, inebriata da uno spettacolo così esclusivo, nessuna gocciolina è uguale a un'altra, e a guardare bene, nemmeno riesci a distinguere i colori dell'arcobaleno, sai che c'è, fine. Iniziare la mattina con un posto in prima fila ai giochi d'acqua del mio giardino è un privilegio semplice a cui rinunciare sarebbe un delitto. C'è tutto un mondo dentro una gocciolina illuminata da un sole opaco.
06 agosto, 2012
03 agosto, 2012
Quante volte.
Quante volte si deve tornare indietro, cancellare e rifare, strappare il foglio e ridisegnare. Quante volte si deve tornare sui propri passi, convincersi che è la strada giusta e invece non è vero. Quante volte ci si deve far coraggio da soli, tirarsi fuori, scavalcare cancelli e staccionate immaginarie e correre, correre, scansare le pozzanghere e i buchi nel terreno e correre correre, e far finta di nulla, che è quella la strada giusta, corri e corri che va così, non guardare da nessuna parte nè indietro nè avanti. Indietro no, perchè sarebbe un attimo e molleresti tutto, avanti nemmeno, che la strada è ancora così lunga e impervia e pericolosa e infida e piena di sassi e di vetri rotti e di spine e rottami, e cose, quante cose. E' fatica, è stanchezza, è qualcosa che non sai, sono lividi piccolissimi, non è mica niente, poco più grandi di una monetina, sono lividi immaginari che non vede nessuno, sono botte invisibili, appena appena, uno dopo l'altro a sommarsi, uno sull'altro ad aggiungersi, graffi sottili, non è niente, è solo un graffio, non serve nemmeno disinfettare, un giorno o due e non si vedrà più nulla, ma livido su livido fa un dolore grande, graffio su graffio una ferita.
30 luglio, 2012
La Raccolta dei Mirtilli.
La si era buttata lì giovedì scorso, Perchè Non Andiamo a Mirtilli Domenica, allettati anche dall'idea di passare due giorni con gli Amici di là, quelli di sempre; quelli delle feste, delle vacanze e delle cene e dei Natali, anche. Così si è partiti. In realtà, si sarebbe dovuti partire all'alba, ma visto il mio sguardo smarrito e la zero voglia anche degli altri, si è deciso così: Si Parte Quando Abbiamo Voglia. E la voglia è arrivata intorno alle 11, minuto più, minuto meno. In realtà ci si aspettava una camminata più leggera, ma si sa, non è che il mirtillo MI nasca così, a portata di mano e per trovarlo non è che si debba andare in piazza San Babila, ma si deve giocoforza salire un pochino. Ho detto un pochino. Io non sono un'amante della scarpinate, men che meno della fatica, abiuro le salite, le sudate, i ciottoli, il mal di gambe, le ortiche, gli insetti, il fiatone, lo sbatti. Bene. Questi ingredienti c'erano tutti, insieme, c'è da dirlo, al gruppo di amici adorati e glorificati, quelli per i quali ti butteresti nel fuoco, per dire. E quindi , oltre al fuoco, per loro ti rechi anche in montagna, ti inerpichi su sentieri scoscesi e impervi, stai in equilibrio sulle rive per raccogliere i mirtilli che la tua Amica della Pastiera ti ha sfranticato l'anima che vuole farne marmellata e gelatina congelarli pure. Bambina, te ne porto quanto vuoi, in deliziosi cestini verdini, in un bel sacchetto di cellophane con il prezzo sopra, comprati in meno di due minuti all'Esselunga, con l'aria condizionata e in tutta scioltezza. Nossignore. Ella vuole quelli del Monte Soglio. E perciò, poichè l'adoro, soffro e mi reco.
Da lassù, il panorama è una delizia.
Non è stato così tragico, alla fine. A lamentarmi ci ho provato un pochino, sempre l'ultima della fila, anche dopo i bambini, anche dopo un papà con 15 chili di bambina nello zaino, io dietro, zitta e compunta, a scrutare fra le foglie e cercare i benedetti mirtilli. Che Lui, il Mirtillo, non è che si palesa e dice Son Qua, no, esso si nasconde alla vista e ha il cattivo gusto di crescere e prosperare in mezzo ai rovi, fra le ortiche, fra le foglie di melissa e di menta, fra l'erica bianca meravigliosa e selvatica. e poi, ci vuole mestiere, Lui MI è delicato, non è una mela che prendi e tiri giù, Lui lo devi prendere con due dita e stare attenta a non schiacciarlo, sennò la marmellata la fai in loco, direttamente, lo devi posare con grazie nella scatoletta verdina che ha portato la Elena, o nel contenitore di Silviaeeugenio, se no è la fine.
Camminare in montagna non è poi tutta 'sta traGGedia, sono io che son noiosa ma con le Amiche giuste riesci pure a chiacchierare, e devi stare attenta a non scivolare dal troppo ridere giù per un dirupo. Di mirtilli ne abbiamo raccolti parecchi, forse non per barattolate di marmellata, ma di sicuro un bel pò di muffin verran fuori. E loro, le Canavesi, di cucina ne sanno, eccome se ne.
Cionondimeno la prossima volta mi organizzo.
Voi andate a mirtilli e io scialla a casa vi ricamo in pochissimo un bel quadretto.
E vi faccio pure una crostata.
Uhm....mi sa che mi urlano dietro, mi sa.
27 luglio, 2012
"Scrivi meno."
Così mi hanno apostrofato, ieri sera, le mie Amiche di Là. E non era un invito, anzi, una specie di rammarico, Perchè Scrivi Meno? ecco, il senso era più o meno così. E' vero, scrivo poco, scrivo niente, questa strana estate in città mi sorprende e mi impigrisce, non che non abbia cose da raccontare ma forse anche i miei pensieri si stanno prendendo una vacanza, in questi giorni di sole, di colazioni in terrazza, di amiche, di prove di figlia unica, di grandi letture, di knittaggi compulsivi e di poco altro. Si riscoprono così gli aperitivi al bar del vicolo, lunghissssssssimi, lentisssssssssimi, in una città quasi deserta, eppure, tutte le mie Amiche di Qui sono ancora qui, appunto, e ieri al knit del giovedì c'eravamo quasi tutte, Afef assente giustificata, ma le altre tutte. Sono giorni che di cucinare non se ne ha voglia, niente che non sia una bella insalata greca o al massimo una frittata superlativa. Anche da questo ci si prende una pausa di riflessione, giorni sabbatici, un pò alla moviola, non saprei dire come. Ma di sciocchezze, mi aiuti a dire, ne so a manciate, ieri la mia amica Lulu mi chiedeva lumi, è confortante sapere che per le cazzate più cazzate, e mi si perdoni il termine dacchè non ve n'è un altro più appropriato, confortante è sapere che si chieda alla scrivente non già questioni attineni a bosoni e neutrini, ma ad esempio quale colore di smalto, se la zeppa va di sughero o se quest'inverno sarà l'inverno dei loafer.
Così si chiacchierava mollemente ier sera, intorno alle 21, ciondolando per una bella città tiepida, a fare un pò i turisti, che gli stranieri in realtà non eravamo noi, ma il fascino del giardino di Palazzo Ghilini ha conquistato anche me che ci ho stazionato davanti 3 anni aspettando la Princi che uscisse dal Conservatorio e non ci sono mai entrata, per dire.
Che strana estate questa qua. Dal mare arrivano notizie frammentarie e confuse ma si sa che i figlioli colà sistemati si divertono un sacco tra feste in spiaggia e transumanze. Il numero dei coperti non è noto, ma è lì il suo bello.
Per il resto, si hanno molti programmi per i week end a venire. Una raccolta di mirtilli, per cominciare, e un giro in montagna, stavolta con le calzature adatte dacchè tutti ricordano perfettamente di quella volta che un buonuomo dovette prestarmi un paio di scarpe consone, essendomi io recata colà con due zeppe grigio perla che erano un amore. La fine di luglio in collina è densa di avvenimenti, si raccolgono le ultime albicocche del frutteto, ci si bea della straordinaria fioritura delle ortensie, si fanno scialli a una velocità indicibile, si legge al fresco sul divano, si pensa poco, e quel poco è già abbastanza.
Ogni tanto ci si chiede se tanta pigrizia, se tanta lentezza, se tanta beata indolenza possano in qualche modo nuocere, se ci si rifugia in cose consolidate e conosciute per scansare una volta per tutte i pensieri improvvisi, le fatalità, i mille dubbi dell'esistenza, la profezia Maya, le grane solite, la gente pesante cui si è diventati insofferenti, l'ignoranza cui si è da sempre intolleranti, le cose di tutti i giorni. La risposta arriva dalla porta, un'Amica di QuiQui, inteso come villaggio dove vivo, che ti suona il campanello Passavo di Qui. Allora, scopri che le cose belle del mondo sono davvero una quantità, che è del tutto inutile e financo dannoso stare lì a macerarsi l'anima con i Forse, con i Magari e con i Passati Remoti. Il mondo va per conto suo, le genti anche, e allora va bene così, e scusatemi tanto ma vado di fretta, ho giusto uno scialle color vinaccia che mi aspetta impaziente sui miei ferri circolari, ho una quantità di fanciulle che dorme in qualche stanza nella casa, ho ricette coi mirtilli da trovare e sperimentare. E ho uno smalto color del cielo, un libro che mi sta conquistando pagina dopo pagina, loafer sì, ma per ora quoto quel sughero arancione, Lulu. L'estate non è una stagione: è uno stato dell'anima.
19 luglio, 2012
L'estate lenta.
Mai avrei immaginato un'estate senza mare, senza il mio mare, ma forse a dar le cose per scontate ti fa perdere il valore, l'abitudine ammazza anche il più grande degli amori, anche quello per quel mare e quel profumo che mi tengo lì e che avrò tutto per me a settembre, forse, chissà. L'estate lenta della città è una cosa da scoprire, ci sono angoli che mai avresti detto che, mai avresti immaginato che. Mi piace l'andare lento di queste sere, i tavolini dei bar, gli aperitivi lunghissimi, i negozi aperti anche dopo cena, la gente che non ha fretta, che non scivola via, ma che si ferma con te a chiacchierare in piazzetta, magari in bici, Ancora in Città? Sì. Scopri angoli di casa tua che non conoscevi, in assetto di vacanza. Scopri che i gerani del terrazzo devo ritornare al loro posto, perchè lì il sole non arriva per bene e hanno un sacco di foglie, sì, ma i fiori forse hanno sofferto un pochino e allora è meglio che li riporti dov'erano. Scopri che le gite con le Amiche, le cene sotto i pergolati, le chiacchiere fitte fino a sera tardi hanno un bel sapore di fresco, la menta del vaso dà il meglio di sè dopo una certa ora, non è mai troppo tardi per andare a dormire, domani tanto si potrà dormire anche fino alle 8, volendo, o rimanere stesi a contemplare il cielo azzurrissimo che si vede dalla finestra. L'estate lenta è così, ci prova ogni tanto a portare pensieri spigolosi e pungenti, di quelli che ti si piantano sul cuore e non ne vogliono sapere. Ma ci sono tanti colori, l'erba verdissima del pratino, la certezza che il mio mare mi aspetterà, e questo profumo della menta del vaso, nessun pensiero che fa male ha mai avuto la meglio, sul profumo della menta.
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